Capitolo 9


La macchina – Techniké – Il senatore

Roma, prid. Id. Mai. 810 AUC

C’erano voluti quattro robusti schiavi per scaricare la macchina dal carro e trasportarla nel nuovo laboratorio di Emiliano. Adesso lui e Caio Vario Rufo stavano ammirando l’enorme marchingegno scaturito dalla mente di quest’ultimo, come Minerva da quella di Iupiter. Nell’insieme sembrava un solido blocco di travi di quercia, inchiavardate tra loro in maniera complessa, lungo e largo circa tre piedi e alto quasi il doppio, il punto più alto poco sopra la testa di Emiliano.
Vario Rufo gli stava illustrando tutti i dettagli del funzionamento della macchina ed Emiliano, che aveva contribuito alla progettazione e quindi ne conosceva già a grandi linee il funzionamento, ascoltava attento.
– Questa è la leva principale, – stava dicendo Rufo – che abbassa la matrice e la preme con forza sul foglio, mediante il perno eccentrico che vedi lì sotto; l’abbiamo dovuto rifare in bronzo, perché quello di legno quando abbiamo provato la macchina continuava a rompersi per lo sforzo.
– Questo è il carrello mobile su cui va messo il foglio, appoggiato in questa depressione che lo tiene in posizione; come vedi, – dimostrò – il carrello scorre dentro e fuori su rulli e la leva non si può muovere finché il carrello non è tornato dentro esattamente nella posizione giusta sotto la matrice; questi cavicchi qua dietro regolano la corsa del carrello e devono essere aggiustati ogni volta che monti una matrice diversa.
– Sei poi riuscito a trovare il modo di utilizzare la macchina per fogli di diversi formati? – Chiese Emiliano.
– Certo, come ti avevo promesso; questi telai – rispose il faber, mostrando un paio di cornici di legno di pioppo – si inseriscono perfettamente nella sede del carrello e la riducono alle dimensioni volute. È sufficiente scegliere il telaio corrispondente alla grandezza della matrice utilizzata.
– Quando la leva principale è sollevata, con quest’altra leva puoi far scorrere il tampone a rullo sulla matrice per inchiostrarla, – di nuovo fece vedere come usare il meccanismo – e con quest’altra fai scorrere la spazzola di setole per pulire la matrice dalla polvere e dai residui di inchiostro in eccesso. Naturalmente quando il rullo o la spazzola sono dentro la macchina, la leva principale è bloccata per evitare di rompere tutto.
– Per cambiare la matrice bisogna tirare qui, e poi qui, e poi qui. La testa della macchina si sfila così, e poi puoi togliere la matrice e metterne una nuova, oppure sostituire la testa con una per matrici di dimensioni diverse. Come d’accordo ho realizzato tre teste per i tre formati diversi di matrice e di foglio.
– Le matrici per una stessa testa devono avere tutte esattamente le stesse dimensioni e devono avere queste due scanalature che le bloccano in posizione. Ti consiglio di farti realizzare dal nostro amico Marco Lollio una serie di matrici in bianco che poi puoi far incidere man mano che ti serviranno.
Emiliano era assolutamente impressionato sia dalla complessità della macchina, che dalla competenza dimostrata da Vario Rufo nel progettarla e nel presiedere alla sua costruzione.
Un conto è ragionare su come si potrebbe fare una macchina, – pensava – vederla realizzata è una cosa completamente diversa. – E ad alta voce: – Bene Vario, è venuto il momento di provarla. Ho qui una matrice che ho fatto realizzare apposta per questa prova da Caio Duilio. – Prese il blocchetto e lo montò con movimenti un po’ impacciati nella testa della macchina, come gli aveva appena spiegato il faber, bagnò nell’inchiostro il tampone a rullo e lo rimontò nella macchina, inchiostrò la matrice tirando l’apposita leva, prese un biglietto nuovo da un contenitore e lo posò sul carrello, spinse il carrello in posizione e tirò la leva.
La testa della macchina si abbassò ubbidiente e tornò in posizione appena la leva venne rilasciata. Emiliano estrasse di nuovo il carrello, prese il biglietto e tirò un gran sospiro di sollievo: l’imprimitura era riuscita perfettamente. Il codicillum riportava:

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– Di cosa si tratta? – Chiese Vario Rufo incuriosito dal testo del biglietto.
– È solo una citazione da un testo di Cicerone che ho dato all’incisore per fare questa prova. Non ha importanza il testo, quella che mi interessava verificare era solo la qualità dell’imprimitura. – Emiliano provò a ripetere l’operazione più volte: foglio, carrello dentro, leva giù, leva su, carrello fuori, cambio biglietto…
Al sesto tentativo l’inchiostro cominciava a scarseggiare e le lettere sul biglietto erano un po’ sbiadite, quindi Emiliano lo buttò in un angolo, tirò avanti e indietro la leva dell’inchiostratore, e poi produsse altri cinque biglietti in rapida successione.
– È davvero una meraviglia Vario, – commentò Emiliano – non riesco a capire come hai potuto far funzionare così perfettamente, e al primo tentativo, una macchina così complicata!
– Complicata? – Rispose Vario Rufo ridendo: – Questa non è una macchina complicata! Ho servito trent’anni come faber sotto le Aquile: ho smontato, rimontato, costruito e a volte progettato un po’ di tutto: onagri, scorpiones, trispasti, polyspasti, torri d’assedio, arieti… Ho persino riparato dei polyboloi, quelle sì che sono macchine complicate! Se applicassimo i principi del polybolos alla tua macchina imprimitrice, potremmo costruire una macchina che prende da sé i fogli da una pila, li mette in posizione, inchiostra la matrice, li imprime e poi li butta fuori dall’altra parte in una pila ordinata, il tutto facendo girare una singola ruota.
– E come? – Chiese Emiliano: – Per magia?
– No, mediante l’arte di far funzionare le macchine, quella che i greci chiamano techniké. Prendi il lavoro che devi fare, lo scomponi in parti più semplici, costruisci una macchina per effettuare ciascuno di questi lavori e poi le colleghi tutte insieme. Quello che viene fuori è una macchina complicata che svolge un lavoro complicato.
– E allora perché non mi hai fatto subito una macchina così, Vario? – Chiese Emiliano.
– Perché non me lo hai chiesto; perché ci avrei messo un anno o forse più a progettarla e costruirla; perché ti sarebbe costata dieci volte più di questa e perché una macchina complicata richiede molta più manutenzione, riparazioni e regolazioni di una macchina più semplice. – Rispose prontamente Vario: – Alla fine ti saresti ritrovato con una macchina molto più veloce, con la quale avresti potuto imprimere mille o duemila biglietti in un’ora invece che tre o quattrocento, ma sarebbe stata così costosa e delicata da annullare tutto il vantaggio economico. Se tu avessi la necessità di produrre il doppio di biglietti, ti converrebbe costruire una seconda macchina e comprare un secondo schiavo per utilizzarla: ti costerebbe meno.
– A proposito di costo, Vario, qui c’è il saldo di quanto pattuito. – Disse Emiliano allungando all’amico una borsa di monete: – Naturalmente, se ci sono spese aggiuntive da coprire fammelo sapere, perché direi che la macchina è un pieno successo.
– No, no, la cifra che avevamo concordato andrà benissimo. Però, prima di parlare di successo, – aggiunse tra lo scherzoso e il preoccupato – aspetta di averla usata per produrre qualche centinaio di esemplari. Naturalmente io spero che non ci siano problemi, ma spesso le macchine hanno bisogno di essere riassestate un po’ dopo il primo utilizzo: il legno si ritira o si gonfia, i giunti si allentano… È un fenomeno normale e non ti deve preoccupare; però se dopo qualche giorno di utilizzo pieno vedi che la qualità del risultato peggiora, se le leve ballano nelle loro sedi o cose del genere, fammi chiamare che facciamo una revisione completa.


Congedato Vario Rufo, Emiliano tornò verso l’Argiletum. La consegna della nuova macchina era ovviamente una buona notizia, a maggior ragione se si tenevano in considerazione i recenti sviluppi.
Naturalmente, quando quasi un anno prima Mamilia Lydia si era messa in società con Asinio Gallo, la notizia si era diffusa rapidamente e quindi Emiliano non si era meravigliato più che tanto all’apprendere che il suo vicino e collega aveva iniziato anche lui a produrre codicilli impressi. Ricordava di aver fatto vedere a Lydia come funzionava l’imprimitura, ben prima che questa diventasse un’attività remunerativa in quanto tale, e probabilmente le aveva anche detto come si realizzava l’inchiostro speciale, seguendo la formula del suo vecchio mestro Gregorios. Non si era quindi mai fatto troppe illusioni sul fatto che il suo “inchiostro segreto” rimanesse a lungo tale.
All’inizio la concorrenza non era stata particolarmente preoccupante: la domanda per i biglietti impressi era molto forte, tanto che Emiliano stentava a soddisfare tutte le richieste, e Asinio aveva cominciato con una produzione assai modesta.
Negli ultimi mesi invece le cose erano peggiorate: Asinio aveva aumentato molto la produzione, e contemporaneamente aveva abbassato i prezzi; Emiliano aveva ancora, solo a malapena, abbastanza lavoro da giustificare il nuovo laboratorio che aveva costruito, ma i clienti contrattavano sempre più ferocemente e minacciavano di passare alla concorrenza che offriva prezzi più bassi.
Emiliano sperava quindi di poter usare la nuova macchina per ristabilire l’equilibrio, producendo di più con meno spesa; era molto probabile che Asinio stesse lavorando all’imprimitura in perdita, sostenuto dai sesterzi e dal desiderio di ripicca di Lydia, ma ci doveva essere un limite oltre il quale non avrebbe potuto, o voluto, scendere.
Arrivato alla taberna, trovò ad attenderlo un giovane schiavo che non aveva mai visto prima: – Caio Arrio Emiliano? – Chiese il visitatore, e al cenno di conferma di Emiliano continuò: – Il mio padrone, il senatore consolare Lucio Cassio Longino, vorrebbe incontrarti al più presto per motivi di affari. Chiede se ti sarebbe possibile raggiungerlo nella sua domus sul Palatino all’ora ottava.
– Naturalmente. Riferisci al senatore che sono onorato della richiesta, e sarò da lui puntuale all’ora ottava di oggi.


Lucio Cassio Longino, senatore di Roma, console nell’anno 800 AUC, proconsole in Africa due anni dopo, era un uomo di bell’aspetto sulla cinquantina. Ricevette Emiliano quasi subito nel tablinium della sua domus e si dimostrò persona pratica e dai modi schietti.
– Caio Arrio, mi dicono che Roma sembra non poter più fare a meno di questa novità che tu hai introdotto, i codicilli impressi. – Esordì il senatore.
– Questa console è forse una piccola esagerazione da parte tua, – si schermì Emiliano – però devo ammettere che si tratta di un’idea che ha rapidamente preso piede.
– E io devo dire che è un’idea interessante. Questo tuo metodo per produrre molte copie a basso costo di un documento, – proseguì il senatore con aria distratta – potrebbe avere delle interessanti applicazioni pratiche, invece di essere utilizzata come giocattolo per ricchi.
Non sapendo dove il senatore volesse andare a parare, Emiliano cominciava a essere un po’ sulle spine: – Forse hai ragione, ma l’alto costo della pergamena rende poco pratiche alcune applicazioni a cui avevo pensato. D’altra parte, – proseguì – forse tu hai in mente qualcosa di specifico?
– Effettivamente sì, Caio Arrio. – Il senatore sembrava non avere nessuna fretta di arrivare al punto: – Forse hai già saputo che, dopo il proconsolato in Africa, ho deciso di candidarmi alle elezioni del prossimo anno per la carica di censore.
– Non lo sapevo console, ma ovviamente ti auguro il massimo successo.
– È proprio per questo che ti ho convocato qui oggi, Caio Arrio, – riprese Cassio Longino – vorrei che tu mi aiutassi ad ottenere questo successo.
– Perdonami console, ma io sono solo un liberto e non so niente di questioni politiche. Non vedo proprio come potrei aiutarti.
– È semplice: vorrei proporti di lavorare per me come suffragator, procacciatore di voti. E credo proprio – qui lo sguardo del senatore si era fatto più acuto – che tu, e la tua nuova idea dell’imprimitura, siate esattamente quello di cui ho bisogno.
– Non credo di… – Cercò di interromperlo Emiliano.
– Senti, la mia idea è semplice: voglio sostituire le usuali scritte murali con il loro equivalente su piccoli biglietti impressi. Dovremo individuare il maggior numero possibile di categorie di possibili sostenitori: i fornai dell’Aventino, le popinae del Gianicolo, e così via. Per ciascuno di questi gruppi manderò qualcuno, a questo ci penseranno altri, a contattarli personalmente uno per uno. – il senatore adesso si stava davvero infervorando: – Diciamo che tra i fornai dell’Aventino ce ne siano dieci disposti a sostenere la mia elezione: il tuo compito sarà quello di imprimere… diciamo sessanta dozzine di codicilli con le solite formule del tipo “I fornai dell’Aventino vogliono L Cassio Longino come censore…” eccetera, e distribuirli a loro.
– Ma se non tutti i fornai dell’Aventino fossero disposti a sostenerti? – Chiese Emiliano perplesso: – Mi sembra difficile ottenere l’appoggio di un’intera categoria…
– Non importa, – rise Longino, – in queste faccende un po’ di esagerazione è nella norma. L’importante è che quei dieci fornai vengano riforniti di un numero sufficiente di codicilli da far leggere e da distribuire ai loro clienti.
– Capisco. Questo però significa che dovremo imprimere probabilmente migliaia di codicilli, e che saranno di molti tipi diversi, almeno uno per ciascuna categoria. – Adesso Emiliano stava cominciando a entrare seriamente nella parte: da una conversazione su problemi di cui sapeva poco, si era passati agli aspetti più tecnici: – A parte il costo, che sarà considerevole, ci vorrà del tempo: l’imprimitura di per sé è abbastanza rapida, ma per preparare tutte quelle matrici gli incisori dovranno lavorare molto.
– Per il costo non preoccuparti: per quest’operazione contavo di metterti a disposizione almeno ventimila sesterzi. Pensi che possano bastare?
– Direi proprio di sì: con una cifra del genere – calcolò Emiliano – dovrei poter imprimere e far distribuire quaranta, forse cinquantamila codicilli. Sono più preoccupato per i tempi dell’operazione: entro quale data dovrebbero essere distribuiti?
– Entro la fine del mese di Ianuarius. I comitia – rispose pronto il senatore – saranno convocati nel mese di Martius, dopo l’insediamento dei nuovi consoli: avresti quindi a disposizione circa otto mesi di tempo.
– Uhm… La distribuzione non mi preoccupa, diciamo che si può sbrigare in un mese e potremmo comunque finire di imprimere le ultime serie di codicilli mentre distribuiamo le prime. – Meditò Emiliano: – Invece la realizzazione di un centinaio di matrici, e cinquantamila impressioni, è sì fattibile in otto mesi, ma è troppo vicina al limite delle nostre capacità per farmi stare tranquillo: non vorrei che un qualsiasi imprevisto ci facesse ritardare.
– Allora dovrai trovare un qualche modo per ridurre i tempi. Dopotutto Caio Arrio, – aggiunse il senatore con tono divertito – sei tu il mago che ha creato l’imprimitura: questo è il momento buono per inventare qualcosa d’altro.
Se Emiliano aveva una debolezza era proprio quella di non saper rifiutare una sfida diretta alla sua ingegnosità: – Allora siamo d’accordo console, accetto l’incarico.
– Bene, ci contavo. E ricorda, – lo congedò Lucio Cassio Longino – che chi mi conosce sa che so premiare adeguatamente chi mi aiuta a raggiungere i miei obiettivi.

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