Capitolo 90 Ruoli, parte I

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Un semplice Innervate del Preside aveva risvegliato Fred Weasley, seguito da un Incantesimo di guarigione preliminare per un braccio rotto e costole incrinate. La voce di Harry aveva parlato con distacco al Preside dell’acido Trasfigurato nella testa del troll (Silente aveva guardato giù dal bordo della terrazza e fatto un gesto prima di tornare) e poi del fatto che le menti dei gemelli Weasley erano state manipolate, portando avanti una conversazione indipendente che Harry ricordava ma non riusciva a elaborare.
Harry era rimasto fermo accanto al corpo di Hermione, non si era mosso da quel punto, pensando il più velocemente possibile dentro quella sensazione di dissociazione e di tempo frammentato, chiedendosi se ci fosse qualcosa che avrebbe dovuto fare in quel momento, qualche opportunità che stava passando irrevocabilmente. Qualche modo di ridurre la quantità di onnipotenza magica che sarebbe stata necessaria in seguito. Un effetto-faro temporale per segnare quell’istante in vista di un successivo viaggio nel tempo, se prima o poi avesse trovato un modo di viaggiare indietro nel tempo di più di sei ore. C’erano teorie sui viaggi nel tempo secondo la Relatività Generale (cosa che era sembrata molto meno plausibile prima che Harry si fosse imbattuto nei Giratempo) e quelle teorie dicevano che non si poteva andare indietro a prima che la macchina del tempo fosse stata costruita – una macchina del tempo relativistica manteneva in funzione un percorso continuo attraverso il tempo, non teletrasportava nulla. Ma Harry non trovò niente di utile che potesse fare usando gli incantesimi nel suo dizionario, Silente non era molto collaborativo, e in ogni caso tutto ciò stava avvenendo diversi minuti dopo la posizione critica all’interno del Tempo.
“Harry”, sussurrò il Preside, poggiando la mano sulla spalla di Harry. Era svanito da dove si trovava, in piedi vicino ai gemelli Weasley, ed era comparso a fianco a Harry; da dove era seduto George Weasley era stato teletrasportato in maniera discontinua fino a stare inginocchiato al fianco di suo fratello, e Fred stava ora giacendo dritto con gli occhi aperti e faceva delle smorfie quando respirava. “Harry, devi andartene da questo posto”.
“Aspetti”, disse la voce di Harry. “Sto cercando di pensare se ci sia qualcos’altro che posso fare”.
La voce del vecchio mago suonò debole. “Harry – so che non credi nelle anime – ma che Hermione ti stia guardando ora, o no, non penso che vorrebbe che tu stessi così”.
… no, era ovvio.
Harry puntò la sua bacchetta verso il corpo di Hermione –
“Harry! Cosa stai –”
– e riversò tutto giù per il suo braccio nella sua mano –
Frigideiro!
“– facendo?”
“Ipotermia”, disse Harry con distacco. Era stato uno degli incantesimi su cui egli e Hermione avevano fatto esperimenti, una vita fa, così era in grado di controllarlo con precisione, sebbene ci fosse voluta molta energia per interessare tutta quella massa. Il corpo di Hermione sarebbe dovuto essere ora a quasi esattamente cinque gradi Celsius. “Alcune persone sono state rianimate dall’immersione in acqua fredda dopo più di trenta minuti senza respirare. Il freddo ti protegge dai danni celebrali, sa, rallenta ogni cosa. C’è un detto dei dottori babbani, non sei morto finché sei caldo e morto – penso che raffreddino persino il paziente durante alcuni interventi chirurgici, se devono fermare il cuore di qualcuno per un po’”.
Fred e George iniziarono a singhiozzare.
Il viso di Silente era già solcato da lacrime. “Mi dispiace”, sussurrò. “Harry, mi dispiace, ma devi smetterla”. Il Preside prese Harry per le spalle e tirò.
Harry permise di essere allontanato dal corpo di Hermione, avanzò mentre il Preside lo spingeva via dal sangue. L’Incantesimo di Raffreddamento gli avrebbe procurato del tempo. Ore almeno, forse giorni se fosse riuscito a continuare a lanciare l’incantesimo su Hermione o se avessero conservato il suo corpo in qualche luogo freddo.
Ora era il momento di pensare.

Minerva aveva visto il volto di Albus e aveva saputo che c’era qualcosa di grave; c’era stato il tempo affinché si chiedesse cosa fosse accaduto, e persino chi fosse morto; la sua mente andò per un attimo ad Alastor, ad Augusta, ad Arthur e Molly, tutti i bersagli più verosimili all’inizio della seconda ascesa di Voldemort. Aveva pensato di essersi armata di coraggio, aveva pensato di essere pronta al peggio.
Poi Albus parlò, e tutto il coraggio la abbandonò.
Hermione no – no –
Albus le diede un po’ di tempo per piangere; e poi le disse che Harry Potter, il quale aveva visto morire la signorina Granger, si era seduto fuori dal magazzino dell’infermeria che ne ospitava i resti, rifiutando di muoversi da quel punto, e dicendo a tutti coloro che gli parlavano di andarsene in modo che potesse pensare.
L’unica cosa che avesse strappato una reazione qualunque al ragazzo era stato quando Fawkes aveva provato a cantare per lui; Harry Potter aveva gridato alla fenice di non farlo, che i suoi sentimenti erano reali, non voleva che la magia tentasse di guarirli come se fossero una malattia. In seguito Fawkes si era rifiutato di cantare ancora.
Albus pensava che fosse lei ad avere la migliore possibilità di arrivare a Harry Potter, ora.
Così dovette ricomporsi, e pulirsi il volto; ci sarebbe stato tempo in seguito per il dolore privato, quando i suoi bambini superstiti non avrebbero più avuto bisogno di lei.
Minerva McGonagall ricompose i pezzi separati di sé stessa, si asciugò le lacrime un’ultima volta, e appoggiò la mano sulla maniglia della sezione dell’infermeria il cui magazzino posteriore era ora usato, per la seconda volta in quel secolo e per la quinta volta da quando il castello di Hogwarts era stato fatto sorgere, come il luogo di riposo di un promettente e giovane studente.
Aprì la porta.
Gli occhi di Harry Potter la fissarono. Il ragazzo era seduto sul pavimento di fronte alla porta che dava sul magazzino posteriore, e reggeva la sua bacchetta in grembo. Se quegli occhi fossero in lutto, se fossero vuoti, se fossero persino soggiogati, non si poteva vederlo guardando il volto del ragazzo. Non c’erano lacrime seccate su quelle guance.
“Perché è qui, professoressa McGonagall?” disse Harry Potter. “Ho detto al Preside che vorrei essere lasciato solo per un po’”.
Non poté pensare a nulla da dire. Per aiutarti – non stai affatto bene – ma non sapeva cosa dire, non c’era nulla che potesse immaginare di dire e che avrebbe migliorato le cose. Non si era preparata in anticipo prima di entrare nella stanza, non essendo stata al suo meglio.
“A cosa sta pensando?” disse Minerva. Era l’unica frase che le venne in mente. Albus le aveva raccontato che Harry aveva detto, più e più volte, che stava pensando; e doveva far parlare Harry, in qualche modo.
Harry fissò per metà lei e per metà oltre lei, una certa tensione che gli salì sul volto, mentre ella tratteneva il respiro.
Ci volle un po’ prima che Harry parlasse.
“Sto cercando di pensare se vi sia qualcosa che dovrei fare in questo momento”, disse Harry Potter. “È difficile, però. La mia mente continua a immaginare modi in cui il passato sarebbe potuto andare in maniera diversa se avessi pensato più velocemente, e non posso escludere che là da qualche parte ci sia un’intuizione chiave”.
“Signor Potter –” disse esitante. “Harry, non penso che sia salutare per te – pensare in quel modo –”
“Non sono d’accordo. È non pensare che fa morire la gente”. Le parole furono pronunciate in un tono piano e a volume normale, come se recitasse frasi da un libro.
“Harry”, disse, pensando a malapena mentre lo diceva, “non c’è nulla che avresti potuto fare –”
Qualcosa baluginò nell’espressione di Harry. I suoi occhi sembrarono concentrarsi su di lei per la prima volta.
“Nulla che avrei potuto fare?” la voce di Harry salì sull’ultima parola. “Nulla che avrei potuto fare? Ho perso il conto di quanti sono i modi differenti in cui avrei potuta salvarla! Se avessi chiesto di dare a tutti noi degli specchi di comunicazione! Se avessi insistito che Hermione fosse portata fuori da Hogwarts e messa in una scuola che non sia folle! Se fossi uscito di nascosto immediatamente invece di cercare di discutere con persone normali! Se avessi ricordato il Patronus prima! Se avessi riflettuto bene sulle possibili emergenze e mi fossi allenato a pensare al Patronus prima! Anche proprio all’ultimo minuto sarebbe potuto non essere troppo tardi! Ho ucciso il troll e mi sono girato verso di lei e lei era ancora viva e mi sono semplicemente inginocchiato accanto a lei ad ascoltare le sue ultime parole come un idiota invece di lanciare di nuovo il Patronus e chiamare Silente perché mandasse Fawkes! O se avessi solo affrontato l’intero problema da un punto di vista differente – se avessi cercato uno studente con un Giratempo per mandare indietro nel tempo un messaggio prima di scoprire quello che le stava accadendo, invece di arrivare a un risultato che non può essere modificato – ho chiesto al Preside di tornare indietro e salvare Hermione e poi simulare il tutto, simulare il corpo morto, modificare i ricordi di tutti, ma Silente ha detto che ha provato una cosa simile in passato e non funzionò e invece perse un altro amico. O se avessi – se solo fossi andato con – se, quella notte –”
Harry si premette le mani sul volto, e quando le tolse di nuovo, il suo viso era calmo e composto ancora una volta.
“Comunque”, disse Harry Potter, ora nuovamente monotono, “non voglio ripetere quell’errore, così passerò il tempo fino all’ora di cena pensando se vi sia qualcosa che dovrei fare. Se non avrò pensato a nulla per allora andrò a cena e mangerò. Ora la prego, se ne vada”.
In quel momento divenne cosciente che delle lacrime le scendevano lungo le guance, di nuovo. “Harry – Harry, devi credere che questa non sia colpa tua!”
“Ovviamente è colpa mia. Non c’è nessun altro qui che possa essere responsabile di qualcosa.”
“No! Tu-Sai-Chi ha ucciso Hermione!” Era a malapena cosciente di ciò che stava dicendo, di non aver schermato la stanza da coloro che fossero in ascolto. “Non tu! Non importa cos’altro avresti potuto fare, non sei stato tu a ucciderla, è stato Voldemort! Se non puoi crederlo diventerai pazzo, Harry!”
“Non è così che funziona la responsabilità, Professoressa”. La voce di Harry era paziente, come se stesse spiegando delle cose a un bambino che certamente non avrebbe capito. Non la stava più guardando, semplicemente fissava nel vuoto verso il muro alla destra di lei. “Quando compie un’analisi dei guasti, è inutile che attribuisca un guasto a una parte del sistema che in seguito non può cambiare, è come saltare giù da un precipizio e dare la colpa alla gravità. La gravità non cambierà la prossima volta. È inutile cercare di dare la responsabilità a persone che non modificheranno le loro azioni. Una volta che la guarda in questo modo, comprenderà che dare la colpa non serve mai a nulla a meno che non dia la colpa a sé stessa, perché lei è l’unica persona le cui azioni può cambiare assegnandole la colpa. Ecco perché Silente ha una stanza piena di bacchette rotte. Comprende questa parte, almeno”.
Una cerza zona remota della sua mente prese nota di attendere fino a molto più tardi e parlare aspramente col Preside di ciò che stava mostrando a dei giovani e impressionabili bambini. Avrebbe persino potuto gridargli contro questa volta. Aveva pensato di gridargli contro comunque, per via della signorina Granger –
“Tu non sei responsabile”, disse, sebbene la sua voce tremasse. “Sono i Professori – siamo noi che siamo responsabili per la sicurezza degli studenti, non tu”.
Gli occhi di Harry guizzarono verso di lei. “Lei è responsabile?” C’era una certa rigidità nella voce. “Vuole che la ritenga responsabile, professoressa McGonagall?”
Sollevò il mento e annuì. Sarebbe stato meglio così, di gran lunga, piuttosto che Harry desse la colpa a sé stesso.
Il ragazzo si alzò da dove stava seduto sul pavimento, e fece un passo avanti. “Va bene, allora”, disse Harry con voce monotona. “Ho cercato di fare la cosa sensata, quando ho visto che Hermione mancava e che nessuno dei Professori lo sapeva. Ho chiesto che uno studente del settimo anno venisse con me su di un manico di scopa e mi proteggesse mentre cercavamo Hermione. Ho chiesto aiuto. Ho implorato aiuto. E nessuno mi ha aiutato. Perché lei ha dato a tutti l’ordine tassativo di restare nello stesso posto o sarebbero stati espulsi, senza scusanti. Indipendentemente da cos’altro Silente sbagli, almeno pensa ai propri studenti come a persone, non come ad animali che devono essere ammassati in gabbie per impedirgli di girovagare. Lei sapeva di non essere affatto tagliata per prendere decisioni militari, la sua prima idea fu di farci camminare per i corridoi, sapeva che alcuni studenti lì erano migliori di lei in strategia e tattica, e comunque ci ha inchiodati in una stanza senza alcuna possibilità discrezionale. Così quando è accaduto qualcosa che non aveva previsto e avrebbe avuto perfettamente senso mandare fuori uno studente del settimo anno su di un manico di scopa veloce per cercare Hermione Granger, gli studenti sapevano che lei non avrebbe capito o perdonato. Non avevano paura del troll, avevano paura di lei. La disciplina, la conformità, la codardia che lei ha instillato in loro mi hanno ritardato il minimo indispensabile affinché Hermione morisse. Non che avrei dovuto chiedere aiuto a persone normali, naturalmente, e io cambierò e sarò meno stupido la prossima volta. Ma se fossi abbastanza stupido da assegnare responsabilità a qualcuno che non fossi io, questo è quello che direi”.
Lacrime stavano scorrendo giù per le guance di lei.
“Questo è quello che le direi, se pensassi che possa essere responsabile di qualcosa. Ma la gente normale non sceglie sulla base delle conseguenze, si limita a interpretare dei ruoli. Nella sua testa c’è l’immagine di un educatore severo e lei fa qualsiasi cosa farebbe quell’immagine, che abbia senso o no. Un educatore severo ordinerebbe agli studenti di tornare nelle loro stanze, anche se vi fosse un troll che scorazza per i corridoi. Un educatore severo ordinerebbe agli studenti di non lasciare la Sala sotto la minaccia di espulsione. E la piccola immagine della professoressa McGonagall che ha nella sua testa non può imparare dall’esperienza o cambiare sé stessa, dunque questa conversazione è inutile. Le persone come lei non sono responsabili di nulla, le persone come me lo sono, e quando noi falliamo non c’è nessun altro a cui dare la colpa.”
Il ragazzo avanzò a grandi passi per mettersi direttamente davanti a lei. La sua mano guizzò sotto le proprie vesti, estrasse la sfera dorata che era il guscio protettivo fornito dal Ministero per il suo Giratempo. Parlò con una voce spenta, atona e senza alcuna enfasi. “Questo avrebbe potuto salvare Hermione, se fossi stato in grado di usarlo. Ma lei ha pensato che fosse suo compito vincolarmi e intralciarmi. Nessuno è morto a Hogwarts in cinquant’anni, ha detto così quando l’ha bloccato, ricorda? Avrei dovuto chiederlo di nuovo dopo che Bellatrix Black è fuggita da Azkaban, o dopo che Hermione fu incastrata per tentato omicidio. Ma l’ho dimenticato perché sono stato stupido. La prego di aprirlo ora prima che muoia qualcun altro dei miei amici”.
Incapace di parlare, alzò la sua bacchetta ed eseguì, sciogliendo l’incantesimo a tempo che aveva vincolato alla serratura del guscio.
Harry Potter aprì il guscio dorato, guardò la minuscola clessidra di vetro all’interno dei suoi cerchi, annuì, e poi chiuse di scatto l’involucro. “Grazie. Ora vada via”. La voce del ragazzo si incrinò di nuovo. “Devo pensare”.

Chiuse la porta dietro di sé, un suono terribile eppure per lo più soffocato che le sfuggì di gola –
Albus tornò a esistere con un luccichio a fianco a lei, assumendo brevemente una tonalità sgargiante mentre il Disillusionamento svaniva.
Ella non sobbalzò, quasi. “Te l’ho detto, non farlo più”, disse Minerva. La sua voce suonò monotona alle sue stesse orecchie. “Era una conversazione privata”.
Albus mosse rapidamente le dita verso la porta dietro di lei. “Temevo che il signor Potter potesse farti del male”. Il Preside fece una pausa, poi disse sommessamente, “Sono molto sorpreso che tu sia rimasta lì a incassare quel colpo”.
“Tutto ciò che dovevo dire era `signor Potter’, e si sarebbe fermato”. La sua voce era scesa quasi a un sussurro. “Solo quello, e si sarebbe fermato. E poi non avrebbe avuto più nessuno a cui dire quelle cose orribili, proprio nessuno”.
“Ho pensato che le osservazioni del signor Potter fossero completamente ingiuste e immeritate”, disse Albus.
“Se fossi stato tu, Albus, non avresti minacciato di espellere chiunque avesse lasciato la stanza. Puoi onestamente dirmi altrimenti?”
Le sopracciglia di Albus s’inarcarono. “Il tuo ruolo in questo disastro è stato minuscolo, le tue decisioni piuttosto sensate al momento in cui sono state prese, ed è solo il perfetto senno di poi di Harry Potter che gli permette di immaginare le cose in maniera diversa. Certamente sei abbastanza saggia da non accusarti di questo, Minerva”.
Sapeva perfettamente bene che Albus avrebbe messo un’immagine di Hermione in quella sua orribile stanza, che avrebbe occupato un posto d’onore. Albus avrebbe ritenuto responsabile sé stesso, ne era certa, anche se non era stato neppure a Hogwarts in quel momento. Ma non lei.
Quindi anche tu non pensi che valga la pena considerarmi responsabile…
Si accasciò contro il muro più vicino, cercando di non permettere alle lacrime di emergere di nuovo; non aveva mai visto piangere Albus se non tre volte. “Hai sempre creduto nei tuoi studenti, come io non ho mai fatto. Non avrebbero avuto paura di te. Avrebbero saputo che avresti capito”.
“Minerva –”
“Non sono adatta a succederti come Preside. Lo sappiamo entrambi.”
“Ti sbagli”, disse sommessamente Albus. “Quando giungerà il momento, sarai la quarantacinquesima Preside di Hogwarts e farai un lavoro eccellente”.
Scosse la testa. “E ora che facciamo, Albus? Se non darà retta a me, allora a chi?”

Era passata forse una mezz’ora. Il ragazzo faceva ancora la guardia alla porta che dava sul luogo dove giaceva il corpo della sua migliore amica, seduto vigile. Stava fissando in basso, verso la bacchetta posata tra le sue mani. Talvolta il suo volto si contorceva mentre pensava, altre volte si rilassava.
Sebbene la porta non si fosse aperta, e non vi fosse stato alcun rumore, il ragazzo alzò lo sguardo. Ricompose il proprio volto. La sua voce, quando parlò, fu monotona. “Non voglio compagnia”.
La porta si aprì.
Il Professore di Difesa di Hogwarts entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé, prendendo attentamente posizione in un angolo tra due muri, quanto più lontano dal ragazzo permettesse la stanza. Una netta sensazione di catastrofe era nata nell’aria tra loro due, e incombette là senza variare.
“Perché si trova qui?” disse il ragazzo.
L’uomo inclinò leggermente la testa. Occhi chiari esaminarono il ragazzo come se fosse un esemplare di vita da un pianeta distante, e proporzionalmente pericoloso.
“Sono venuto a scusarmi, signor Potter”, disse sommessamente l’uomo.
“Scusarsi per cosa? Perché, cosa avrebbe potuto fare lei per impedire la morte di Hermione?”
“Avrei dovuto pensare di verificare la presenza sua, del signor Longbottom, e della signorina Granger, tutti prossimi e scontati obiettivi”, disse il Professore di Difesa senza esitazione. “Il signor Hagrid non era mentalmente preparato per comandare il contingente degli studenti. Avrei dovuto ignorare la richiesta della Vicepreside di tacere, e dirle di lasciarsi dietro il professor Flitwick, che sarebbe stato maggiormente capace di difendere gli studenti da qualsiasi minaccia, e che avrebbe potuto mantenere le comunicazioni via Patronus”.
“Giusto”. La voce del ragazzo era tagliente come un rasoio. “Avevo dimenticato che c’era qualcun altro a Hogwarts che potesse essere responsabile per qualcosa. Allora perché non ci ha pensato, Professore? Perché non credo che lei fosse stupido”.
Ci fu una pausa, e le dita del ragazzo sbiancarono sulla sua bacchetta.
“Non ci ha pensato neppure lei, signor Potter, in quel momento”. C’era della stanchezza nella voce del Professore di Difesa. “Sono più intelligente di lei. Sono più veloce di lei. Sono più esperto di lei. Ma il divario tra noi due non è lo stesso divario che c’è tra noi e loro. Se lei può lasciarsi sfuggire qualcosa, allora può accadere anche a me”. Le labbra dell’uomo si contorsero. “Vede, ho dedotto subito che il troll era solo un diversivo da qualche altra cosa, e di non molta importanza di per sé. Fintanto che nessuno avesse mandato gli studenti a girovagare inutilmente per i corridoi, o avesse spedito incurante i giovani Serpeverde in quegli stessi sotterranei in cui il troll era stato visto”.
Il ragazzo non sembrò rilassarsi. “Suppongo che sia plausibile”.
“Ad ogni modo”, disse l’uomo, “se c’è qualcuno che può essere ritenuto responsabile per la morte della signorina Granger, sono io, non lei. Sono io, non lei, che avrei dovuto –”
“Mi rendo conto che ha parlato con la professoressa McGonagall e che lei le ha dato un copione da seguire”. Il ragazzo non si preoccupò di mantenere lontana l’amarezza dalla sua voce. “Se ha qualcosa da dirmi, Professore, la dica senza finzioni”.
Ci fu una pausa.
“Come desidera”, disse impassibilmente il Professore di Difesa. Gli occhi chiari rimasero sagaci e acuti. “Mi dispiace davvero che la ragazza sia morta. Era una buona studentessa del mio corso di Difesa, e in futuro sarebbe potuta essere una sua alleata. Vorrei consolarla per la sua perdita, ma non riesco a capire cosa fare per riuscirci. Naturalmente, se trovassi i responsabili li ucciderei. Se volesse partecipare sarebbe il benvenuto, circostanze permettendo”.
“Commovente”, disse il ragazzo, la sua voce glaciale. “Non sta sostenendo che Hermione le piacesse, allora?”
“Le sue attrattive non avevano effetto su di me, sospetto. Non formo più legami simili così facilmente.”
Il ragazzo annuì. “Grazie per essere stato onesto. Tutto qui, Professore?”
Ci fu una pausa.
“Il castello è segnato da cicatrici, ora”, disse l’uomo che stava nell’angolo.
“Cosa?”
“Quando un certo congegno antico in mio possesso mi ha informato che la signorina Granger era sul punto di morire, ho lanciato quell’incantesimo del fuoco maledetto del quale ho parlato una volta. Ho bruciato muri e pavimenti in modo che il mio manico di scopa potesse prendere una rotta più diretta”. L’uomo continuò a parlare in maniera inespressiva. “Hogwarts non rimarginerà facilmente tali ferite, sempre che ci riesca. Suppongo che sarà necessario rattoppare i buchi con magie minori. Me ne rammarico ora, poiché sono arrivato in ogni caso troppo tardi”.
“Ah”, disse il ragazzo. Chiuse brevemente gli occhi. “Allora voleva salvarla. Lo voleva tanto intensamente che ha fatto un qualche sforzo effettivo. Suppongo che la sua mente, se non le loro, sarebbe stata in grado di farlo”.
Un breve sorriso ironico da parte dell’uomo.
“Grazie per questo, Professore. Ma vorrei essere lasciato da solo ora fino all’ora di cena. Lei, più di tutti, comprenderà. È tutto qui?”
“Non proprio”, disse l’uomo. Una punta di ironia sardonica ricomparve allora nella sua voce. “Vede, sulla base di recenti esperienze, sono preoccupato che lei possa ora aver intenzione di fare qualcosa di estremamente stupido”.
“Del tipo?”
“Non ne sono del tutto sicuro. Forse ha deciso che un universo senza la signorina Granger sia privo di valore, e debba essere distrutto per gli insulti che le ha rivolto.”
Il ragazzo sorrise senza alcuna allegria. “Affiorano le sue stesse questioni, Professore. In realtà non condivido l’interesse per questo genere di cose. Lei l’ha fatto, in passato?”
“Non esattamente. Non ho grande affetto per l’universo, ma vivo qui.”
Ci fu una pausa.
“Cosa sta progettando, signor Potter?” disse l’uomo nell’angolo. “Lei ha raggiunto una qualche decisione significativa, sebbene stia cercando di nascondermela. Cosa ha intenzione di fare ora?”
Il ragazzo scosse la testa. “Sto ancora pensando, e vorrei essere lasciato solo per farlo”.
“Ricordo un’offerta che lei mi ha fatto una volta, alcuni mesi fa”, disse il Professore di Difesa. “Vuole qualcuno di intelligente con cui parlare? Capirò se non sarà piacevole starle vicino”.
Il ragazzo scosse di nuovo la testa. “No, grazie”.
“Bene, allora”, disse il Professore di Difesa. “Che ne dice di qualcuno che sia potente e non particolarmente vincolato da ingenui scrupoli?”
Ci fu un’esitazione, e poi il ragazzo scosse un’altra volta la testa.
“Qualcuno che si intende di molte tradizioni segrete, e di magie che taluni potrebbero considerare innaturali?”
Ci fu un accenno di restringimento delle palpebre del ragazzo, così impercettibile che qualcun altro avrebbe potuto non –
“Capisco”, disse il Professore di Difesa. “Proceda col farmi delle domande, allora. Le do la mia parola che non ripeterò nulla di questo agli altri”.
Al ragazzo ci volle un po’ per parlare, e quando lo fece fu con un una voce rotta.
“Ho intenzione di riportare indietro Hermione. Perché non c’è una vita dopo la morte, e non ho intenzione di lasciarla semplicemente – semplicemente non essere –”
Il ragazzo si premette le mani sul viso, e poi le tolse, ancora una volta sembrò tanto freddo quanto l’uomo che stava nell’angolo.
Gli occhi del Professore di Difesa erano astratti, e appena perplessi.
“Come?” disse infine l’uomo.
“In qualunque modo debba farlo.”
Ci fu un’altra pausa.
“Indipendentemente dai rischi”, disse l’uomo nell’angolo. “Indipendentemente da quanto sia pericolosa la magia richiesta per riuscirci”.
“Sì.”
Gli occhi del Professore di Difesa erano pensierosi. “Ma quale approccio generale ha in mente? Presumo che trasformare il suo cadavere in un Infero non sia ciò che lei –”
“Sarebbe in grado di pensare?” disse il ragazzo. “Il suo corpo si decomporrebbe comunque?”
“No e sì.”
“Allora no.”
“Che ne dice della Pietra della Resurrezione di Cadmus Peverell, se potesse procurarsela?”
Il ragazzo scosse la testa. “Non voglio un’illusione di Hermione tratta dai miei ricordi. Voglio che lei sia in grado di vivere la sua vita –” la voce del ragazzo si incrinò. “Non ho ancora deciso la direzione d’attacco a livello di obiettivo. Se dovrò risolvere il problema di forza bruta acquisendo abbastanza potere e conoscenza per farlo accadere, lo farò”.
Un’altra pausa.
“E per intraprendere questo”, disse l’uomo nell’angolo, “userà il suo strumento preferito, la scienza”.
“Naturalmente.”
Il Professore di Difesa espirò, quasi come se sospirasse. “Suppongo che questo spieghi tutto”.
“È disponibile ad aiutarmi, o no?” disse il ragazzo.
“Che aiuto cerca?”
“La magia. Da dove viene?”
“Non lo so”, disse l’uomo.
“E neppure nessun altro?”
“Oh, la situazione è ancora peggiore di così, signor Potter. Non c’è quasi un solo studioso dell’esoterico che non abbia svelato la natura della magia, e ciascuno di loro crede in qualcosa di differente.”
“Da dove vengono i nuovi incantesimi? Continuo a leggere di qualcuno che ha inventato un incantesimo per fare questo o quello ma non vi è menzione del come.”
Una scrollata di spalle coperte da vesti. “Da dove vengono i nuovi libri, signor Potter? Quelli che leggono molti libri talvolta diventano capaci di scriverli a loro volta. Come? Nessuno lo sa”.
“Ci sono libri sulle tecniche di scrittura –”
“Leggerli non la renderà un drammaturgo famoso. Dopo aver preso in considerazione tutti i consigli simili a questo, ciò che resta è un mistero. L’invenzione di nuovi incantesimi è un mistero simile di forma più pura”. La testa dell’uomo si inclinò. “Tali imprese sono pericolose. Il detto è che uno dovrebbe non avere figli, o altrimenti attendere fino a dopo che sono cresciuti. C’è una ragione per cui così tanti innovatori sembrano venire da Grifondoro, piuttosto che da Corvonero come ci si potrebbe aspettare”.
“E le varietà di magia più potenti?” disse il ragazzo.
“Un mago leggendario può inventare un rito sacrificale in tutta la sua vita, e passarne la conoscenza ai suoi eredi. Cercare di inventarne cinque sarebbe un suicidio. Ecco perché i maghi col vero potere sono quelli che hanno acquisito antiche tradizioni.”
Il ragazzo annuì assorto. “La soluzione diretta è esclusa, allora. Sarebbe stato bello inventare un incantesimo per `Resuscita Morti’, `Diventa Dio’ o `Evocazione Finale’. Sa qualcosa di Atlantide?”
“Solo ciò che ogni studioso sa”, disse l’uomo con una punta d’ironia. “Se volesse sentir parlare delle prime diciotto teorie consuete – non mi rivolga uno sguardo truce, signor Potter. Se fosse così semplice, l’avrei fatto molti anni fa”.
“Capisco. Mi scusi.”
Ci fu un momento di silenzio. Lo sguardo del Professore di Difesa si posò sul ragazzo, il ragazzo fissò apparentemente il nulla.
“Ci sono alcune magie che ho intenzione di imparare. Incantesimi che avrei potuto usare prima, oggi, se avessi pensato a studiarli per tempo”. La voce del ragazzo era fredda. “Incantesimi di cui avrò bisogno, se questo genere di cose continuerà ad accadere. Per la maggior parte mi aspetto di poterli semplicemente andare a leggere. Per alcuni mi aspetto di non poterlo fare”.
Il Professore di Difesa inclinò la testa. “Le insegnerò quasi ogni magia che lei desideri conoscere, signor Potter. Ho davvero alcuni limiti, ma può sempre chiedere. Ma in particolare cosa cerca? Lei manca del potere puro per la Maledizione Mortale e la maggior parte degli altri incantesimi ritenuti proibiti –”
“Quell’incantesimo del fuoco maledetto. Suppongo che non sia un rituale sacrificale che persino un bambino possa usare, se osasse farlo, giusto?”
Le labbra del Professore di Difesa si contrassero. “Richiede il sacrificio permanente di una goccia di sangue; il suo corpo sarebbe più leggero di quella goccia di sangue, da quel giorno in poi. Non è il genere di cose che qualcuno vorrebbe fare spesso, signor Potter. È richiesta forza di volontà affinché il fuoco maledetto non si rivolti contro di lei e la consumi; la pratica consueta è di mettere prima alla prova la propria volontà in prove minori. E sebbene non sia un elemento primario del rituale, temo che richieda in effetti più magia di quanta lei possiederà per qualche altro anno”.
“Peccato”, disse il ragazzo. “Sarebbe stato bello vedere l’espressione sul volto del nemico la prossima volta che avessero usato un troll”.
Il Professore di Difesa inclinò la testa, le sue labbra che si contrassero di nuovo.
“Che mi dice degli Incantesimi di Memoria? I gemelli Weasley si stavano comportando in maniera strana e il Preside ha detto che pensa che siano stati Obliati. Sembra che sia uno dei trucchi preferiti del nemico.”
“Regola Otto”, disse il Professore di Difesa. “Ogni tecnica che è abbastanza buona da sconfiggermi una volta, è abbastanza buona affinché io stesso la impari”.
Il ragazzo sorrise senza allegria. “E una volta ho sentito di un adulto che ha lanciato un’Obliazione quando era quasi completamente spossato, quindi non deve richiedere troppa magia per essere lanciata. Non è neppure considerata Senza perdono, sebbene non riesca a immaginare perché. Se avessi potuto far ricordare al signor Hagrid un insieme differente di ordini –”
“Non è così semplice”, disse il Professore di Difesa. “Lei non è abbastanza potente da usare l’Incantesimo del Falso Ricordo, e anche una semplice Obliazione metterà alla prova fino al limite la sua resistenza attuale. È un’arte pericolosa, illegale se usata senza l’autorizzazione del Ministro, e io l’avvertirei di non usarla in circostanze in cui sarebbe svantaggioso cancellare per sbaglio dieci anni della vita di qualcuno. Mi piacerebbe poterle promettere che otterrò uno di quei tomi altamente vigilati provenienti dal Dipartimento dei Misteri, e che glielo passerò con una copertina falsa. Ma ciò che devo veramente dirle è che troverà i consueti testi introduttivi negli scaffali di nord-nordovest della biblioteca principale di Hogwarts, archiviati sotto la m”.
“Sul serio”, disse il ragazzo piattamente.
“Certo.”
“Grazie per le sue indicazioni, Professore.”
“La sua creatività è diventata parecchio più pratica, signor Potter, da quando l’ho conosciuta.”
“Grazie per il complimento”. Il ragazzo non alzò lo sguardo puntato in basso verso la bacchetta tenuta tra le sue mani. “Mi piacerebbe tornare a pensare ora. La prego di spiegar loro da parte mia cosa accadrebbe se fossi disturbato”.

La porta del magazzino si aprì schioccando, e il professor Quirrell uscì. Il suo volto aveva un’espressione spenta, impassibile; ella avrebbe detto che le ricordava Severus, sebbene Severus non le avesse mai dato un’impressione del tutto simile.
Proprio mentre la porta si richiudeva schioccando, Minerva aveva sollevato silenziosamente una barriera Quietus. Le parole le uscirono rapidamente: “Com’è andata – è stato dentro per un po’ – Harry sta parlando ora?”
Il professor Quirrell avanzò agilmente attraverso la stanza, verso il muro più lontano nei pressi dell’ingresso, e si girò a guardarla. L’impassibilità scivolò via dal suo volto, come se si stesse togliendo una maschera, lasciandosi dietro qualcuno molto triste. “Ho parlato al signor Potter nel modo in cui egli si aspettava che parlassi, e ho evitato di dire cose che l’avrebbero infastidito. Non credo che l’abbia consolato. Non credo di averne la capacità”.
“Grazie – è un bene anche solo che parli –” Esitò. “Cos’ha detto il signor Potter?”
“Ho paura di avergli promesso di non parlarne. E ora… penso di dover fare visita alla biblioteca di Hogwarts.”
“La biblioteca?
“Sì”, disse il professor Quirrell. Un’insolita tensione si era fatta largo nella sua voce. “Intendo rafforzare la protezione sulla Sezione Riservata con certe precauzioni di mia ideazione. Le protezioni attuali sono uno scherzo. E il signor Potter deve essere tenuto lontano dalla Sezione Riservata ad ogni costo”.
Fissò il Professore di Difesa, il cuore improvvisamente in gola.
Il professor Quirrell continuò a parlare. “Lei non dirà al ragazzo che le ho riferito queste cose. Confermerà a Flitwick e a Vector deve essere sviato per mezzo delle solite divagazioni se dovesse porre domande precoci sulla creazione di incantesimi. E sebbene non sia mia materia di competenza, Vicepreside, se c’è qualsiasi modo che lei possa immaginare per impedire al ragazzo di sprofondare ulteriormente nel suo dolore e nella sua follia – qualunque modo per dissipare tutte le decisioni a cui sta giungendo – allora le suggerisco di farvi ricorso immediatamente”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Chaos Legion wants you!