L’argomento dell’Uso Comune

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky
13 Febbraio 2008

Seguito di: Sentire il significato.

Parte della Discussione Standard sulle Definizioni suona così:

Albert: “Guarda, supponiamo che io abbia lasciato un microfono nella foresta che ha registrato le vibrazioni acustiche provocate dalla caduta dell’albero. Se lo riproduco per qualcuno, lo chiamerebbero un ‘suono’! Questo è l’uso comune del termine! Piantala di inventarti delle definizioni speciose!”

Barry: “Primo, posso definire una parola come preferisco, fintanto che la uso in maniera coerente. Secondo, il significato che ho dato è nel dizionario. Terzo, chi ha dato a te il diritto di decidere cos’è ‘uso comune’ e cosa no?”

Non tutte le discussioni sulle definizioni arrivano fino al punto di considerare la nozione di uso comune. Più spesso, credo, qualcuno prende un dizionario perché crede che le parole abbiano un significato, e che il dizionario registri fedelmente questi significati. Alcune persone sembrano addirittura credere che il dizionario determini il significato — che i curatori di un dizionario siano i Legislatori della Lingua. Forse perché al tempo delle scuole elementari, il loro insegnante-autorità ha detto che dovevano ubbidire al dizionario, era una regola assoluta o opzionale?

I curatori dei dizionari leggono quello che altri scrivono, e registrano quello che le parole sembrano significare; sono degli storici. L’Oxford English Dictionary può essere esauriente, ma certo non autoritativo.

Ma ci dovrà essere un imperativo sociale ad usare le parole in un modo condiviso e comprensibile? La nostra telepatia umana, la nostra importante capacità di usare il linguaggio, non poggia forse per funzionare su una mutua coordinazione? Forse dovremmo volontariamente trattare i curatori dei dizionari come arbitri supremi — anche se loro preferiscono considerarsi come degli storici — allo scopo di mantenere la cooperazione su cui si basa il parlato.

La frase “dizionario autoritativo” non è quasi mai usata correttamente; un esempio di uso proprio può essere il Dizionario Autoritativo degli Standard IEEE. L’IEEE è un’organizzazione di membri votanti che hanno la necessità professionale di un accordo preciso su termini e definizioni, e quindi il Dizionario Autoritativo degli Standard IEEE e un’effettiva legislazione concordata, che esercita qualsiasi autorità uno riconosca all’IEEE.

Nella vita di tutti i giorni, il linguaggio condiviso non nasce in genere da un accordo deliberato, come nel caso dell’IEEE. È più una questione di contagio, man mano che le parole vengono inventate e si diffondono in una cultura. (Un “meme”, potremmo dire, seguendo la definizione data da Richard Dawkins trent’anni fa — ma tu sai già cosa voglio dire, e in caso contrario puoi cercarlo su Google, e dopo anche tu sarai stato contagiato).

Eppure, come mostra l’esempio dell’IEEE, l’accordo sul linguaggio può anche essere una cosa di pubblica utilità stabilita cooperativamente. Se io e te vogliamo usare il linguaggio per scambiarci dei pensieri, la telepatia umana, allora è nel nostro mutuo interesse che usiamo la stessa parola per concetti simili — preferibilmente concetti simili fino al limite della risoluzione della loro rappresentazione nel nostro cervello — anche se non abbiamo nessun ovvio interesse mutuo a usare una parola in particolare per un dato concetto.

Non abbiamo nessun ovvio interesse a usare la parola “oto” per indicare i suoni, o “suono” per indicare oto; ma abbiamo un mutuo interesse a usare la stessa parola, quale che sia. (Preferibilmente, le parole che usiamo di frequente dovrebbero essere corte, ma per ora non addentriamoci nella teoria dell’informazione).

Ma, anche se abbiamo un mutuo interesse, non è strettamente necessario che tu e io usiamo internamente le stesse etichette; è solo conveniente. Se io so che per te “oto” significa suono — cioè che tu associ “oto” a un concetto molto simile a quello che io associo a “suono” — posso dire “Accartocciare la carta produce un oto scricchiolante”. Richiede un lavoro mentale aggiuntivo, ma posso farlo se voglio.

Allo stesso modo, se tu dici “Cos’è il bastone di una palla da bowling che cade sul pavimento?” e io so quale concetto tu associ alle sillabe “bastone”, posso capire cosa intendi. Può richiedere qualche momento per pensarci, perché io normalmente associo “bastone” a un concetto diverso. Ma posso farcela tranquillamente.

Quando gli uomini vogliono davvero comunicare tra loro, siamo difficili da fermare! Se fossimo naufraghi su un’isola deserta senza un linguaggio comune, prenderemmo delle bacchette per fare disegni nella sabbia.

L’appello di Albert all’Argomento dell’Uso Comune parte dal presupposto che l’accordo sul linguaggio sia un bene pubblico stabilito cooperativamente. Eppure Albert usa questo assunto al solo scopo di accusare retoricamente Barry di aver rotto l’accordo e aver messo in pericolo il bene pubblico. A questo punto la discussione sull’albero che cade ha fatto tutta la strada dalla botanica, alla semantica, alla politica; e quindi Barry risponde sfidando l’autorità di Albert a definire le parole.

Un razionalista, con l’esercizio della disciplina di abbracciare l’interrogativo, noterebbe che la conversazione è andata ampiamente fuori dal seminato.

Oh, caro lettore, è veramente necessario tutto questo? Albert sa cosa intende Barry per “suono”. Barry sa cosa intende Albert per “suono”. Sia Albert che Barry hanno accesso a parole, come “vibrazioni acustiche” o “esperienza uditiva”, che associano già agli stessi concetti, e che possono descrivere gli eventi nella foresta senza ambiguità. Se fossero naufraghi su un’isola deserta, cercando di comunicare tra loro, il loro compito sarebbe già finito.

Quando entrambe le parti sanno quello che l’altra parte vuole dire, ed entrambe le parti accusano l’altra di abbandonare “l’uso comune”, qualunque cosa sia che stanno facendo chiaramente non è cercare un modo di comunicare tra loro. Ma questo è proprio l’intero vantaggio dell’uso comune.

Perché dovremmo discutere sul significato di una parola, due parti che cercano di forzarlo da una parte e dall’altra? Se è solo un conflitto formale che è esploso fuori controllo, e non c’è altro in ballo, allora basta semplicemente che le due parti generino due nuove parole e le usino coerentemente.

Eppure spesso la categorizzazione ha l’effetto di una inferenza nascosta e di una distinzione mascherata. L’ateismo è una “religione”? Se qualcuno sostiene che il metodo di ragionamento usato dall’ateismo è equivalente a quello usato dall’ebraismo, oppure che ateismo e islam sono equivalenti quanto alla possibilità di causare violenze pericolose, allora avrà un chiaro interesse argomentativo nell’ammucchiare tutto insieme in un’indistinta area grigia chiamata “fede“.

O consideriamo la lotta per fondere insieme neri e bianchi come “gente”. Questo non sarebbe il momento per generare due parole — quello che è in gioco è esattamente l’idea che non dovremmo fare una distinzione morale.

Ma quando è in gioco una qualsiasi affermazione empirica, o qualsiasi affermazione morale, non si può più fare appello all’uso comune.

Se la domanda è come raggruppare insieme cose simili allo scopo di inferenza, le predizioni empiriche dipenderanno dalla risposta; il che significa che le definizioni possono essere sbagliate. Un conflitto di predizioni non può essere risolto da un sondaggio di opinione.

Se vuoi sapere se l’ateismo dev’essere raggruppato con le religioni supernaturalistiche, al fine di qualche specifica inferenza empirica, il dizionario non può risponderti.

Se vuoi sapere se i neri sono persone, il dizionario non può risponderti.

Se tutti credono che la luce rossa nel cielo sia Marte, il Dio della Guerra, il dizionario definirà “Marte” come il Dio della Guerra. Se tutti credono che il fuoco sia dovuto alla fuoriuscita di flogisto, il dizionario definirà “fuoco” come fuoriuscita di flogisto.

C’è un’arte nell’usare le parole; anche se le definizioni non sono letteralmente vere o false, sono spesso più o meno sagge o sciocche. I dizionari sono solo storie dell’uso passato; se li consideri i supremi arbitri del significato, ti leghi alla saggezza del passato, impedendoti di fare meglio.

Quindi abbi cura di assicurarti (se devi abbandonare la saggezza del passato) che la gente possa immaginare quello che stai cercando di nuotare.

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