Il piano
Porto di Ostia, a.d. XVIII Kal. Feb. 811 AUC
– Volevo chiederti, Demetrios, in nome della nostra antica amicizia, se puoi farmi un grosso favore… – cominciò Emiliano un po’ esitante.
– Chi devo ammazzare? – Chiese ridendo l’omone: – No, seriamente, è una faccenda in cui c’è da rischiare la miniera o le bestie? Perché tu sai che adesso sono un cittadino rispettabile e non vorrei rovinarmi la reputazione.
– Stai tranquillo vecchio pirata, quello di cui ho bisogno è una faccenda perfettamente legale… – Cominciò a dire Emiliano, venendo immediatamente interrotto dalla risata dell’altro.
– Legale? Ma sei sicuro di essere proprio tu? Francamente, Emiliano, da te mi sarei aspettato come minimo un progetto per vuotare le casse dell’erario.
– No, sono passati i tempi di Alexandria, adesso sono anch’io un rispettabile cittadino, e ti assicuro che si tratta di una cosa legale, senza nessun rischio. Adesso ti spiego tutto…
Pistoriae, a.d. V Kal. Feb. 811 AUC
Emiliano si presentò alla villa rustica dei Mamilii intorno all’ora terza e venne accolto da Tito Arruntio. Si presentò come Gregorios, mercante di Alexandria, e chiese di poter parlare con Mamilia Lydia per trattare una fornitura di scinzi.
– Mi dispiace, ma domina Mamilia è assente; difficilmente viene qui alla villa in questa stagione. – Gli rispose il vilicus: – Però, se si tratta di una questione che riguarda lo scinzi, posso sentire se il suo socio Ramaswami può aiutarti.
Ramaswami ricevette il greco nel tablinium della villa. L’uomo che diceva di chiamarsi Gregorios era un greco-egiziano alto quasi sei piedi, con una gran barba nera e una folta chioma di capelli ricci; indossava un chitone in stile greco, ricamato con eleganza ma senza ostentazione e una lacerna con cappuccio per proteggersi dai rigori dell’inverno. I calcei che portava ai piedi erano di fattura inconsueta ma eccellente.
– Il buon Tito Arruntio mi dice che sei arrivato sin da Alexandria per incontrarmi, Gregorios. – Lo accolse l’indiano: – Posso chiederti da cosa deriva il tuo interesse nello scinzi?
– Arruntio ha forse esagerato un po’, – rispose l’egiziano – è vero che sono venuto sin qui per chiedere informazioni sullo scinzi, ma non sono venuto apposta da Alexandria, bensì da Ostia.
– Ma tu sei greco, vero? – Insistette Ramaswami: – Sapessi il piacere che provo a poter parlare di nuovo in una lingua civile: qui intorno tutti parlano solo latino e sembrano persino orgogliosi della loro provinciale limitatezza.
– Sì, kyrie, – confermò Gregorios – io sono greco e vengo effettivamente da Alexandria. Il mio socio Demetrios e io siamo arrivati pochi mesi fa al porto di Ostia con la nostra nave, e contiamo di ripartire per la Grecia e l’Egitto all’incirca alle Nonae di Maius. A Ostia abbiamo sentito parlare di questo nuovo materiale, ne abbiamo visto qualche campione e abbiamo saputo che siete voi a produrlo. Saremmo interessati a comprarne una piccola quantità, diciamo un migliaio di librae… – vide Ramaswami impallidire leggermente al sentire la cifra, e finse di fraintendere la sua reazione: – Sì, capisco che non è molto, ma sarebbe solo un acquisto, diciamo così, esplorativo. Se il materiale dovesse essere apprezzato e il suo costo fosse conveniente, Alexandria potrebbe essere un mercato interessante sia per noi che per voi: se riuscissimo a interessare la Biblioteca, penso che si potrebbe arrivare a parlare di ordini di almeno venti o trentamila librae all’anno.
– Interessante… – L’indiano stava cercando, inutilmente, di nascondere la propria eccitazione all’idea. – Spero che potremo trovare un accordo.
Ramaswami venne interrotto dall’arrivo di Lucio Arruntio, uno dei figli di Tito, trafelato: – Perdonami se ti disturbo, domine, ma abbiamo un problema ai maceri: sembra che il canale scolmatore della seconda vasca si sia intasato, e l’acqua minaccia di tracimare.
– Mi domando come hanno fatto questi Romani a conquistare mezzo mondo, – commentò sprezzante Ramaswami in greco, all’indirizzo di Gregorios – se ogni volta che c’è un problema, invece di pensare a una soluzione, corrono a cercare qualcuno che glielo risolva. – E al giovane, in latino: – D’accordo Lucio Arruntio, vengo a vedere.
Alla fine andarono tutti e tre, l’indiano il romano e il greco, a ispezionare il canale difettoso.
Mentre Ramaswami e Lucio discutevano su come ripristinare l’efficienza dello scolmatore, e se fosse necessario o meno mandare qualcuno a chiudere l’afflusso dell’acqua alle vasche, Emiliano si guardava attorno: i maceri erano costituiti da tre vasche rettangolari molto grandi, di dieci o venti piedi di lato, con le pareti rivestite in opus caementicium; a prima vista sembrava che il lavoro di muratura fosse molto recente, o quanto meno ristrutturato da poco.
Le vasche erano piene d’acqua stagnante estremamente torbida e, dietro le vasche stesse, si vedevano dei cumuli di materiale coperto da teloni di protezione. Mentre Gregorios guardava, un paio di servi stavano scaricando nella vasca più a monte qualcosa che da lontano poteva sembrare segatura o pula di frumento, presa con pale di legno da uno dei cumuli.
– Cos’è quella roba che stanno spalando nell’acqua, Ramaswami? È possibile che sia quello ad avere intasato il canale? – Chiese con noncuranza.
– Sono fibre macinate, – rispose brevemente Ramaswami – si tratta di uno degli ingredienti per la realizzazione dello scinzi; e, no, non dovrebbero arrivare a intasare gli scolmatori, ci sono dei filtri apposta.
Mentre ritornavano verso la villa, dopo aver risolto la piccola crisi, Gregorios osservò interessato i mucchi di stracci e le balle di quello che sembrava fieno accumulati vicino al muro orientale, e notò anche il sentiero che dai maceri portava alla villa, proseguendo in direzione di un magazzino sul retro della stessa, che sembrava anch’esso di realizzazione recente.
Non appena rientrati nel tablinium, ripresero la discussione: – Prima di venir interrotti dal vilicus mi stavi parlando di un ordine di mille librae di scinzi. La nostra produzione è in fogli quadrati di circa sei piedi quadri di superficie e in una libra ci stanno circa dieci fogli. Quindi mille librae corrispondono a circa diecimila fogli da sei piedi quadri. Il prezzo normale a cui vendiamo i fogli è di due sesterzi… – Notando l’espressione dell’altro, l’indiano cambiò immediatamente direzione: – … ma vista l’entità del tuo ordine, posso sicuramente scendere a un sesterzio e mezzo per foglio.
– Quindi circa un asse a piede quadro. – L’espressione di Gregorios era di evidente delusione: – Considerando il costo e i rischi connessi per il trasporto fino ad Alexandria, oltre al nostro ragionevole guadagno come intermediari, dubito che potremmo essere concorrenziali rispetto alla produzione locale di papiro…
– Naturalmente, – concesse Ramaswami – nel caso di ordini per quantitativi ingenti come quello di cui parlavi prima, il prezzo potrebbe scendere ancora. – Meditò ancora un poco: – Facciamo così, Gregorios, ed è l’offerta migliore che posso farti: mi impegno a consegnarti, entro le Kalendae di Maius, diecimila fogli di scinzi da sei piedi quadri ciascuno, per un peso complessivo di circa mille librae al prezzo di assoluto favore di un sesterzio al foglio, di cui metà anticipati. Per gli ordini successivi rivaluteremo il prezzo, sulla base dell’entità degli ordini e delle condizioni di consegna, mantenendo comunque un prezzo non superiore ai sei assi al foglio.
– D’accordo, kyrie, – approvò il mercante – mi sembrano condizioni accettabili. – Contò cinquanta aurei dalla sua borsa per saldare l’anticipo richiesto: – A primavera verrà il mio socio, Demetrios di Alexandria, a ritirare la merce e a completare il pagamento. Poiché la strada da qui a Ostia è piuttosto lunga, ti pregherei di provvedere tu a organizzare il trasporto, ovviamente a spese nostre.
– Benissimo. – concluse Ramaswami: – Otto giorni prima delle Kalendae di Maius, Demetrios di Alexandria troverà qui ad attenderlo un carro pronto a partire per Ostia. Naturalmente, – aggiunse tra sé e sé, – quest’ordine assorbirà tutta la nostra produzione dei prossimi tre mesi, e anche la maggior parte delle scorte che abbiamo a magazzino; Asinio Gallo non ne sarà contento, ma dovrà adattarsi alle circostanze: questo è un cliente troppo importante per rischiare di perderlo.
Pistoriae, a.d. VIII Kal. Mai. 811 AUC
– Benvenuto Demetrios di Alexandria, – Mamilia Lydia accolse cordialmente il nuovo arrivato – spero che il viaggio sia andato bene.
– Perfettamente, kyria, grazie. – Demetrios era un uomo enorme: alto più di sei piedi, e largo in proporzione, con un’ampia barba nera da egiziano; era decisamente una figura imponente. Era arrivato a cavallo, da solo, alla villa di Pistoriae; dopo i normali convenevoli, e avendo avuto il tempo di rinfrescarsi e cambiarsi, era stato ricevuto di persona dalla padrona di casa.
– Naturalmente conosco i dettagli dell’accordo concluso tra Ramaswami e il tuo socio Gregorios, – continuò Lydia – e ti confermo che abbiamo mantenuto la nostra parte del patto: lo scinzi che avete ordinato è pronto per la spedizione.
– Molto bene kyria. – La ringraziò Demetrios: – Se avete anche predisposto per il trasporto della merce, col tuo permesso io ripartirei domattina stessa. La partenza della nostra nave per Alexandria è prevista fra quindici giorni, quindi dovremmo riuscire senza problemi ad arrivare ad Ostia per tempo. Nel frattempo, – Demetrios prese la borsa che portava in cintura – questo è il saldo del prezzo pattuito.
– Grazie Demetrios, – rispose Lydia intascando le monete – e non preoccuparti per il trasporto: domattina all’alba le casse di scinzi saranno già caricate sul carro che le porterà fino a Ostia, con Quinto e Lucio Arruntio che ti accompagneranno come scorta.
Veii, Kalendae Mai. 811 AUC
– Non mi avevi detto che avremmo dovuto fare anche i facchini! – Brontolò Demetrios: – Non potevi portare con te un paio di schiavi per fare il lavoro pesante?
– Meglio di no amico: – ribatté Emiliano – meno persone sono a conoscenza di quello che stiamo facendo qui e meglio è. Comunque sono solo dieci casse, dovremmo sbrigarcela in poco più di un’ora.
I due uomini si trovavano nella stalla di una mansio sulla via Cassia, poche miglia a nord di Veii, e stavano faticosamente sostituendo il contenuto delle casse del carro di Demetrios, diecimila fogli di prezioso scinzi, con il carico del carretto coperto di Emiliano, consistente soprattutto in balle di tessuto.
Il lavoro non era particolarmente pesante, in totale si trattava di poco più di mille librae di merce, ma era reso difficoltoso dalla necessità di evitare qualsiasi rumore e dalla quasi totale oscurità: era già iniziata da un pezzo la terza vigilia e solo la luce della luna illuminava debolmente la scena attraverso un’apertura nella parete della stalla.
– Certo che hai avuto una bella faccia tosta ad andare tu a Pistoriae a trattare con quell’indiano. – Commentò Demetrios: – Cosa avresti fatto se qualcuno ti avesse riconosciuto?
– Volevo ispezionare di persona il luogo di produzione dello scinzi. Conciato com’ero, con barba e capelli finti e i calcei speciali con le suole rialzate, non mi avrebbe riconosciuto neanche Lydia; comunque mi ero informato in anticipo, e sapevo che alla villa non c’era nessuno che mi avesse già incontrato. Dimmi tu piuttosto, – aggiunse in tono più serio – sei sicuro che ai giovanotti della tua scorta non salterà in mente di venire a controllare il carro o i cavalli mentre siamo qui al lavoro?
– Stai tranquillo, – rise il greco – prima di raggiungerti qui ho pagato abbondantemente da bere, con la scusa di festeggiare l’arrivo alle porte di Roma, e ho anche notato le occhiate che entrambi i ragazzi lanciavano alle serve della mansio: sono certo che avranno altro a cui pensare per buona parte della notte, piuttosto che preoccuparsi del carro e dei cavalli.
– Molto bene. Domattina voi partirete presto, mentre io aspetterò il tramonto per non raggiungervi lungo la strada. Ricorda, – aggiunse Emiliano – che i ragazzi devono rimanere con te fino alla fine delle operazioni di carico.
– Naturalmente: vedranno esattamente quello che vogliamo che vedano, mi conosci, no? Se qualcuno glielo dovesse chiedere, i giovani Arruntii potranno giurare di avermi visto caricare sulla nave lo scinzi; vedrai che il tuo piano riuscirà alla perfezione.
Porto di Ostia, Nonae Mai. 811 AUC
Quinto e Lucio Arruntio erano con Demetrios di Alexandria al porto di Ostia, sul molo a cui era ormeggiata la nave da carico di Demetrios; i due ragazzi guardavano sbigottiti l’enorme muriophorio, la nave più grande che avessero mai visto, della stazza di diecimila anfore.
Demetrios stava illustrando loro le operazioni di carico della grande nave: – Vedete come è semplice caricare e scaricare le navi in un porto bene attrezzato? – Indicando la struttura di travi e corde che stava sollevando metà del loro carico tutto insieme: – Quella macchina è in grado di sollevare dal molo fino a mille librae di carico per volta e depositarle nella stiva della nave in un batter d’occhio, e tutto questo con solo tre persone che la manovrano!
Il greco era così entusiasta che si sarebbe quasi detto che la gru a base girevole fosse una sua personale invenzione. – Ecco, quella è l’ultima cassa di scinzi: le abbiamo caricate per prime così saranno sotto il resto del carico, più protette dall’acqua nel caso dovessimo incontrare mare grosso.
I due ragazzi stavano ancora ammirando a bocca aperta la grande macchina, che adesso stava caricando sulla nave una rete piena di anfore di vino. Probabilmente sarebbero rimasti lì a guardare per tutto il giorno se il mercante non li avesse richiamati: – Bene ragazzi, il vostro compito è terminato. Adesso però è meglio spostare dal molo il carro, perché potrebbe intralciare le operazioni di carico. – Passò loro una manciata di monete: – E se tornando indietro vi fermate di nuovo a quella mansio a Veii, bevete alla mia salute, ma con moderazione! – E con questo tornò a occuparsi del carico della sua nave, congedandoli sorridendo.
Roma, a.d. VI Non. Mai. 811 AUC
Emiliano entrò a Roma dalla Porta Fontinalis con il suo carro coperto allo scoccare della seconda vigilia e si diresse subito al suo laboratorio sull’Aventino. Qui scaricò le casse di scinzi e le stivò nel magazzino.
Riportò il carro e i cavalli alle stalle fuori città dove li aveva noleggiati, anche se dovette sbraitare un bel po’ prima di riuscire a svegliare uno degli schiavi e convincerlo a venire a prenderli in consegna.
Ritornò a casa sua a piedi e, finalmente, si mise a letto.
Erano state due giornate, e due notti, di lavoro intenso; ma avevano dato i loro frutti: tutto stava andando come previsto. – Adoro i piani ben riusciti! – Pensò Emiliano prima di addormentarsi.