Capitolo 45 Umanesimo, parte III

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

La canzone di Fawkes si affievolì dolcemente fino al silenzio.
Harry si mise a sedere lì dove era stato disteso sull’erba appassita dall’inverno, Fawkes ancora arrampicato sulla sua spalla.
Rumori di aria inspirata provennero da tutto intorno a lui.
“Harry”, disse Seamus con voce vacillante, “stai bene?”
La pace della fenice era ancora dentro di lui, come il calore, lì dove Fawkes era abbarbicato. Calore, che si diffondeva attraverso di lui, e la memoria della canzone, ancora viva nella presenza della fenice. C’erano cose terribili che gli erano accadute, pensieri terribili che lo avevano attraversato. Aveva recuperato una memoria impossibile, per quanto il Dissennatore gliel’avesse fatta profanare. Una strana parola continuava a echeggiare nella sua mente. E tutto quello poteva essere messo in sospeso per dopo, mentre la fenice risplendeva ancora di rosso e oro sotto il sole al tramonto.
Fawkes gracchiò rivolto a lui.
“Qualcosa che devo fare?” disse Harry a Fawkes. “Cosa?”
Fawkes mosse la testa su e giù in direzione del Dissennatore.
Harry guardò l’orrore nascosto ancora nella sua gabbia, poi nuovamente la fenice, confuso.
“Signor Potter?” disse la voce di Minerva McGonagall da dietro di lui. “Va tutto bene?”
Harry si alzò aiutandosi con le mani e si girò.
Minerva McGonagall lo stava guardando, sembrando molto preoccupata; Albus Silente al suo fianco lo stava studiando attentamente; Filius Flitwick sembrava tremendamente sollevato; e tutti gli studenti lo stavano semplicemente fissando.
“Credo di sì, professoressa McGonagall”, disse con calma Harry. Aveva quasi detto Minerva prima di riuscire a fermarsi. Mentre Fawkes era sulla sua spalla, quanto meno, Harry stava bene; forse sarebbe collassato il momento dopo che Fawkes se ne fosse andato, ma in qualche modo pensieri come quello non sembravano importanti. “Penso di stare bene”.
Sarebbe dovuta esserci un’esultanza, o dei sospiri di sollievo, o qualcosa, ma nessuno sembrò sapere cosa dire, proprio nessuno.
La pace della fenice permase.
Harry si girò indietro. “Hermione?” disse.
Tutti coloro che avessero la più piccola briciola di romanticismo nel loro cuore trattennero il respiro.
“Non so davvero come ringraziarti con cortesia”, disse Harry pacatamente, “non più di quanto sappia come chiedere scusa. Tutto ciò che posso dire è che se ti stai chiedendo se fosse la cosa giusta da fare, sappi che lo era”.
Il ragazzo e la ragazza si guardarono negli occhi a vicenda.
“Mi dispiace”, disse Harry. “Per ciò che accadrà in seguito. Se c’è qualcosa che posso fare –”
“No”, rispose Hermione. “Non c’è. Va tutto bene, però”. Poi girò le spalle a Harry e si allontanò, lungo il percorso che conduceva nuovamente ai cancelli di Hogwarts.
Molte ragazze indirizzarono a Harry delle occhiate perplesse, e poi la seguirono. Mentre camminavano, si sarebbero potute sentire iniziare le domande eccitate.
Harry le osservò allontanarsi, poi si girò a guardare gli altri studenti. L’avevano visto sul terreno, urlante, e…
Fawkes gli strofinò il becco sulla guancia, brevemente.
… e quello li avrebbe aiutati a capire, un giorno, che il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto poteva anche essere ferito, poteva essere devastato. In modo che quando fossero stati feriti e devastati essi stessi, si sarebbero ricordati di aver visto Harry contorcersi per terra, e avrebbero saputo che il loro dolore e i loro problemi non significavano che non avrebbero mai raggiunto nulla. Il Preside l’aveva forse tenuto in considerazione, quando aveva permesso che gli altri studenti rimanessero a guardare?
Gli occhi di Harry tornarono all’alto mantello lacero, quasi distrattamente, e senza davvero essere cosciente di ciò di cui stava parlando, Harry disse, “Non dovrebbe esistere”.
“Ah”, disse una voce asciutta e precisa. “Immaginavo che potesse dirlo. Sono molto dispiaciuto di informarla, signor Potter, che i Dissennatori non possono essere uccisi. Molti ci hanno provato”.
“Davvero?” disse Harry, ancora distrattamente. “Cosa hanno provato?”
“C’è un certo incantesimo estremamente pericoloso e distruttivo”, disse il professor Quirrell, “che qui non nominerò; un incantesimo di fuoco maledetto. È ciò che userebbe per distruggere un antico congegno come il Cappello Smistatore. Non ha alcun effetto sui Dissennatori. Sono immortali”.
“Non sono immortali”, disse il Preside. Le parole miti, lo sguardo affilato. “Non posseggono la vita eterna. Sono ferite nel mondo, e attaccare una ferita la rende semplicemente più grande”.
“Uhm”, disse Harry. “Supponga di gettarlo nel Sole, lo distruggerebbe?”
Gettarlo nel Sole?” squittì il professor Flitwick, sembrando come se fosse sul punto di svenire.
“Sembra improbabile, signor Potter”, disse inespressivo il professor Quirrell. “Il Sole è molto grande, dopotutto; dubito che il Dissennatore gli causerebbe effetti significativi. Ma non è una prova che mi piacerebbe fare, signor Potter, per ogni eventualità”.
“Capisco”, disse Harry.
Fawkes gracchiò un’ultima volta, avvolse le sue ali attorno alla testa di Harry, e poi si lanciò via da lui. Si lanciò dritto contro il Dissennatore, emettendo un forte e penetrante urlo di disprezzo che echeggiò nella radura. E prima che chiunque potesse reagire all’evento, ci fu una vampata di fiamme, e Fawkes fu andato.
La pace si affievolì, un poco.
Il calore si affievolì, un poco.
Harry inspirò profondamente, e poi espirò.
“Già”, disse. “Sono ancora vivo”.
Ancora quel silenzio, ancora l’assenza di esultanza; nessuno sembrava sapere come rispondere –
“È bello sapere che è completamente guarito, signor Potter”, disse risolutamente il professor Quirrell, come per negare ogni altra possibilità. “Ora, credo che la prossima fosse la signorina Ransom, giusto?”
Quello diede il via ad una piccola discussione, in cui il professor Quirrell aveva ragione e tutti gli altri torto. Il Professore di Difesa sottolineò come, malgrado le comprensibili emozioni di tutte le persone coinvolte, la probabilità che un simile contrattempo accadesse a qualunque altro studente tendeva a essere infinitesimale; tanto più che ora sapevano come evitare infortuni con le bacchette. E nel frattempo, c’erano altri studenti che avevano bisogno di sfruttare la loro migliore opportunità di lanciare un Incantesimo Patronus corporeo, o altrimenti di imparare la sensazione di un Dissennatore in modo che potessero fuggire davanti a lui, e scoprire il proprio grado di vulnerabilità…
Alla fine risultò che Dean Thomas e Ron Weasley di Grifondoro erano gli unici rimasti che fossero ancora disposti ad avvicinarsi minimamente al Dissennatore, cosa che semplificò la discussione.
Harry diede un’occhiata in direzione del Dissennatore. La parola echeggiò nuovamente nella sua mente.
Va bene, pensò Harry rivolto a sé stesse, se il Dissennatore è un enigma, qual è la soluzione?
E all’improvviso, fu ovvio.
Harry guardò la gabbia ossidata e appena corrosa.
Vide cosa giaceva sotto l’alto mantello lacero.
Era così, dunque.
La professoressa McGonagall venne a parlare a Harry. Non aveva assistito alla parte peggiore, quindi c’era solo un leggero luccichio di lacrime nei suoi occhi. Harry le disse che aveva bisogno di parlarle, dopo, e che doveva farle una domanda che aveva messo da parte da un po’, ma che non era necessario che fosse subito, se lei era impegnata. C’era una certa espressione in lei che suggeriva che fosse stata allontanata da qualcosa di importante; Harry glielo disse, e le disse che onestamente non doveva sentirsi in colpa ad andarsene. Questo gli guadagnò una certa occhiata acuta, ma poi se ne andò, di fretta, con la promessa che avrebbero parlato in seguito.
Dean Thomas lanciò nuovamente il suo orso bianco, anche alla presenza del Dissennatore; e Ron Weasley mise su un accettabile scudo di nebbia scintillante. Cosa che pose fine alla giornata, per quanto riguardava tutti gli altri, e il professor Flitwick iniziò a muovere gli studenti come un gregge di ritorno a Hogwarts. Quando fu chiaro che Harry voleva restare indietro, il professor Flitwick lo guardò interrogativo; e Harry, da parte sua, diede un’occhiata significativa a Silente. Harry non sapeva cosa il professor Flitwick ne dedusse, ma dopo un’acuta occhiata di avvertimento, il Preside della sua Casa se ne andò.
E così rimasero solo Harry, il professor Quirrell, il preside Silente, e un trio di Auror.
Sarebbe stato meglio liberarsi del trio come prima cosa, ma Harry non poté pensare ad un buon modo di farlo.
“Va bene”, disse Auror Komodo, “riportiamolo indietro”.
“Mi scusi”, disse Harry. “Mi piacerebbe fare un altro tentativo col Dissennatore”.

La richiesta di Harry incontrò una certa quantità di resistenza della varietà sei completamente folle, sebbene fosse stato solo Auror Butnaru a dirlo ad alta voce.
“Fawkes mi ha detto di farlo”, disse Harry.
Quello non superò tutte le opposizioni, malgrado l’espressione di turbamento che produsse sul volto di Silente. La discussione proseguì, e stava iniziando a logorare i contorni della restante pace della fenice, cosa che infastidì Harry, sebbene solo un po’.
“Ascoltate”, disse Harry, “sono abbastanza sicuro di sapere cosa stavo facendo nel modo sbagliato, prima. C’è un tipo di persona che deve usare un genere differente di pensiero affettuoso e felice. Fatemi provare e basta, va bene?”
Neanche quello si dimostrò persuasivo.
“Penso”, disse infine il professor Quirrell, fissando Harry con gli occhi socchiusi, “che se non gli permettessimo di farlo sotto supervisione, potrebbe, prima o poi, andare di nascosto a cercarsi un Dissennatore tutto per lui. L’accuso falsamente, signor Potter?”
Ci fu una pausa inorridita. Sembrava un buon momento per giocare la sua carta vincente.
“Non ho nulla in contrario a che il Preside mantenga attivo il suo Patronus”, disse Harry. Poiché sarò alla presenza di un Dissennatore comunque, Patronus o no.
Questo fu seguito da una certa confusione, persino il professor Quirrell sembrò confuso; ma il Preside finalmente acconsentì, poiché non sembrava verosimile che Harry potesse essere raggiunto attraverso quattro Patronus.
Se il Dissennatore non potesse attraversare il tuo Patronus a qualche livello, Albus Silente, non vedresti un uomo nudo doloroso da guardare…
Quello Harry non lo disse ad alta voce, per ovvie ragioni.
E iniziarono a camminare verso il Dissennatore.
“Preside”, disse Harry, “supponga che la porta di Corvonero le ponesse questo enigma: Cosa giace al centro di un Dissennatore? Cosa direbbe?”
“Paura”, disse il Preside.
Era un errore abbastanza semplice. Il Dissennatore si avvicinava, e la paura ti sopraffaceva. La paura faceva male, sentivi la paura che ti indeboliva, volevi che la paura andasse via.
Era naturale pensare che la paura fosse il problema.
Quindi avevano concluso che il Dissennatore era una creatura di pura paura, che non c’era nulla da temere se non la paura stessa, che il Dissennatore non ti avrebbe potuto far del male se non fossi stato impaurito…
Ma…
Cosa giace al centro di un Dissennatore?
Paura.
Cos’è così orribile che la mente si rifiuta di vederlo?
Paura.
Cos’è impossibile da uccidere?
Paura.
… non sembrava calzare, una volta che ci pensavi.
Sebbene fosse abbastanza chiaro perché la gente fosse riluttante a guardare oltre la prima risposta.
La gente comprendeva la paura.
La gente sapeva cosa avrebbe dovuto fare con la paura.
Quindi, di fronte a un Dissennatore, non sarebbe stato esattamente confortevole chiedere: `E se la paura fosse solo un effetto collaterale e non il problema principale?’
Erano arrivati molto vicini alla gabbia del Dissennatore vigilata da quattro Patronus, quando giunsero le nette inspirazioni dei tre Auror e del professor Quirrell. I volti di tutti si girarono a guardare il Dissennatore, quasi stessero ascoltando; e ci fu orrore sul volto di Auror Goryanof.
Poi il professor Quirrell alzò la testa, il suo volto duro, e sbraitò contro il Dissennatore.
“Non gli è piaciuto che la sua preda gli sia stata sottratta, suppongo”, disse Silente con calma. “Bene. Se si rendesse necessario, Quirinus, ci sarà sempre un rifugio per te a Hogwarts”.
“Che cosa ha detto?” disse Harry.
Tutte le teste si girarono a guardarlo.
“Non l’hai sentito…?” disse Silente.
Harry scosse la testa.
“Mi ha detto”, disse il professor Quirrell, “che mi conosce, e che mi darà la caccia un giorno, ovunque cercherò di nascondermi”. Il suo volto era rigido, e non mostrava paura.
“Ah”, disse Harry. “Non mi preoccuperei di questo, professor Quirrell”. Non è che Dissennatori possano effettivamente parlare, o pensare; la struttura che hanno è presa in prestito dalla vostra mente e dalle vostre aspettative…
Ora tutti gli stavano rivolgendo espressioni molto strane. Gli Auror lanciavano occhiate nervose tra di loro, al Dissennatore, a Harry.
E furono proprio di fronte alla gabbia del Dissennatore.
“Sono ferite nel mondo”, disse Harry. “È solo un’ipotesi, ma ipotizzo che colui che l’ha detto sia stato Godric Grifondoro”.
“Sì…” disse Silente. “Come lo sapevi?”
È un errore comune, pensò Harry, che tutti i migliori razionalisti siano Smistati in Corvonero, non lasciandone nessuno per le altre Case. Non è così; essere Smistato in Corvonero indica che la tua virtù più forte è la curiosità, chiedersi e desiderare di conoscere la vera risposta. E questa non è l’unica virtù di cui ha bisogno un razionalista. A volte devi lavorare duramente su di un problema, e dedicartici per un po’. A volte è necessario un piano ingegnoso per risolverlo. E a volte quello che ti serve più di ogni altra cosa per vedere una risposta, è il coraggio di affrontarla…
Lo sguardo di Harry andò a ciò che c’era sotto il mantello, l’orrore di gran lunga peggiore di qualsiasi mummia in decomposizione. Rowena Corvonero potrebbe anche averlo saputo, perché era un enigma abbastanza evidente una volta che lo vedevi come un enigma.
Ed era anche ovvio perché i Patronus erano animali. Gli animali non sapevano, e così erano al riparo dalla paura.
Ma Harry sapeva, e avrebbe sempre saputo, e non sarebbe mai stato in grado di dimenticare. Aveva cercato di insegnare a se stesso ad affrontare la realtà senza batter ciglio, e anche se Harry non aveva ancora imparato quell’arte, pure quei solchi erano stati tracciati nella sua mente, il riflesso acquisito di guardare verso il pensiero doloroso invece che lontano da esso. Harry non sarebbe mai stato in grado di dimenticare pensando ad affettuosi pensieri felici che riguardassero qualcos’altro, ed era per questo che l’incantesimo non aveva funzionato per lui.
Così Harry avrebbe pensato ad un affettuoso pensiero felice che non riguardasse qualcos’altro.
Harry estrasse la sua bacchetta che il professor Flitwick gli aveva restituito e mise i piedi nella posizione iniziale per l’Incantesimo Patronus.
Nella sua mente, Harry abbandonò gli ultimi resti della pace della fenice, mise da parte la calma, lo stato onirico, ricordò invece il grido lacerante di Fawkes, e si incitò alla battaglia. Chiamò tutte le parti e gli elementi di sé stesso a risvegliarsi. Suscitò dentro di sé tutta la forza a cui l’Incantesimo Patronus avrebbe mai potuto attingere, per mettersi nel giusto stato d’animo per il pensiero affettuoso e felice definitivo; ricordò tutte le cose luminose.
I libri che suo padre gli aveva comprato.
Il sorriso di Mamma quando Harry aveva realizzato a mano il biglietto per la festa della mamma, una cosa elaborata che aveva richiesto l’uso di due etti di parti elettroniche di ricambio prese dal garage per emettere luci e suonare un motivetto, e che gli aveva impegnato tre giorni interi per essere realizzato.
La professoressa McGonagall che gli diceva che i suoi genitori erano morti bene, proteggendolo. Come avevano fatto.
Rendersi conto che Hermione era al passo con lui e andava persino più veloce, che potevano essere veri rivali e amici.
Persuadere Draco a uscire fuori dall’oscurità, guardarlo muoversi lentamente verso la luce.
Neville e Seamus e Lavender e Dean e tutti gli altri che guardavano a lui, tutti coloro per proteggere i quali avrebbe combattuto se qualunque cosa avesse minacciato Hogwarts.
Tutto ciò che rendeva la vita degna di essere vissuta.
La sua bacchetta si sollevò nella posizione iniziale per l’Incantesimo Patronus.
Harry pensò alle stelle, l’immagine che aveva quasi fermato il Dissennatore anche senza un Patronus. Solo che questa volta, Harry aggiunse l’ingrediente mancante. Non l’aveva mai visto davvero, ma aveva visto le foto e i video. La Terra, divampante di blu e bianco per la luce solare riflessa mentre restava appesa nello spazio, nel mezzo del nero vuoto e dei luminosi puntini di luce. Il suo posto era quello, all’interno di quell’immagine, perché era ciò che dava a tutto il resto il suo significato. La Terra era ciò che rendeva significative le stelle, che le rendeva qualcosa di più che reazioni di fusione incontrollate, perché era la Terra che avrebbe un giorno colonizzato la galassia, e mantenuto la promessa del cielo notturno.
Sarebbero stati ancora tormentati dai Dissennatori, i figli dei figli dei figli, i lontani discendenti dell’umanità mentre si sarebbero mossi a grandi passi da stella a stella? No. Ovviamente no. I Dissennatori erano solo piccole seccature, che sbiadivano nel nulla alla luce di quella promessa; non immortali, non invincibili, neppure lontanamente. Dovevi farci l’abitudine con le piccole seccature, se eri uno dei pochi fortunati e sfortunati ad essere nati sulla Terra; sull’Antica Terra, come sarebbe stata ricordata un giorno. Anche quello faceva parte di ciò che significava essere vivi, se eri uno della piccola manciata di esseri senzienti nati all’inizio di tutte le cose, prima che la vita intelligente fosse giunta nel pieno del proprio potere. E il molto più vasto futuro dipendeva da ciò che facevi qui, ora, nei primi giorni dell’alba, quando c’era ancora molta oscurità da combattere, e seccature temporanee come i Dissennatori.
Mamma e Papà, l’amicizia di Hermione e il viaggio di Draco, Neville e Seamus e Lavender e Dean, il cielo blu e il sole brillante e tutte le cose luminose, la Terra, le stelle, la promessa, tutto ciò che l’umanità era e tutto ciò che sarebbe divenuta…
Sulla bacchetta, le dita di Harry si mossero nelle loro posizioni iniziali; era pronto, ora, a pensare al genere giusto di pensiero affettuoso e felice.
E gli occhi di Harry fissarono direttamente ciò che giaceva sotto il mantello lacero, guardarono dritto ciò che era stato chiamato Dissennatore. Il nulla, il vuoto, il buco nell’universo, l’assenza di colore e spazio, lo scarico aperto attraverso cui il calore defluiva dal mondo.
La paura che esso trasudava rubava tutti i pensieri felici, la sua vicinanza prosciugava il tuo potere e la tua forza, il suo bacio avrebbe distrutto tutto ciò che eri.
Ti conosco, pensò Harry mentre la sua bacchetta si contraeva una, due, tre e quattro volte, mentre le sue dita scivolarono esattamente alle distanze giuste, comprendo la tua natura, tu simbolizzi la Morte, per mezzo di qualche legge della magia sei un’ombra che la Morte proietta nel mondo.
E la Morte non è qualcosa che io accetterò mai.
È solo qualcosa di infantile, di cui la specie umana non si è ancora liberata crescendo.
E un giorno…
Guariremo da essa…
E le persone non dovranno mai più dire addio…
La bacchetta si alzò e si allineò dritta contro il Dissennatore.
Expecto Patronum!
Il pensiero esplose dentro di lui come una diga che si rompe, crebbe giù per il suo braccio fino alla sua bacchetta, proruppe da essa come un’accecante luce bianca. Luce che divenne corporea, che assunse forma e sostanza.
Una figura con due braccia, due gambe, e una testa, in posizione eretta; l’animale Homo sapiens, la forma di un essere umano.
Risplendette sempre più brillante mentre Harry riversava tutta la sua forza nell’incantesimo, fiammeggiante di una luce incandescente più luminosa del tramonto morente, gli Auror e il professor Quirrell si schermarono trasecolati gli occhi –
E un giorno quando i discendenti dell’umanità si saranno sparsi di stella in stella, non racconteranno ai loro figli la storia dell’Antica Terra fintanto che non saranno abbastanza vecchi da poterla sopportare; e quando impareranno, piangeranno all’udire che una volta sia esistita una cosa come la Morte!
La figura dell’umano splendeva ora più brillante del sole a mezzogiorno, così radiosa che Harry poté sentire il suo calore sulla propria pelle; e Harry inviò tutto il proprio disprezzo all’ombra della Morte, aprendo tutte le cateratte dentro di sé per far splendere quella forma brillante ancora più brillante, sempre più brillante.
Non sei invincibile, e un giorno la specie umana ti metterà fine.
Io ti metterò fine se posso, col potere della mente e della magia e della scienza.
Non indietreggerò per la paura della Morte, non quando ho una possibilità di vincere.
Non permetterò che la Morte mi tocchi, non permetterò che la Morte tocchi coloro che amo.
E anche se tu mettessi fine a me prima che io metta fine a te,
Un altro prenderà il mio posto, e poi un altro,
Finché la ferita del mondo non sia infine guarita…
Harry abbassò la propria bacchetta, e la luminosa figura di un umano si spense.
Lentamente, espirò.
Come se si stesse svegliando da un sogno, come se stesse aprendo gli occhi dopo il sonno, lo sguardo di Harry si allontanò dalla gabbia, guardò intorno e vide che tutti lo stavano fissando.
Albus Silente lo stava fissando.
Il professor Quirrell lo stava fissando.
Il trio di Auror lo stava fissando.
Tutti lo stavano guardando come se l’avessero appena visto distruggere un Dissennatore.
Il mantello lacero giaceva vuoto all’interno della gabbia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Chaos Legion wants you!