Quando Hermione Granger si svegliò, si ritrovò distesa in un letto morbido e confortevole dell’infermeria di Hogwarts, con un quadrato di luce solare al tramonto che cadeva sul suo ombelico, abbastanza caldo attraverso la sottile coltre. La memoria le diceva che ci sarebbe dovuta essere una tendina schermante sopra di lei, o tirata intorno al suo letto o aperta, e che il resto dei domini di Madam Pomfrey ne sarebbe stato collocato al di là: gli altri letti, occupati o non occupati, e le luminose finestre impostate nella sinuosa pietra scolpita di Hogwarts.
Quando Hermione aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il volto della professoressa McGonagall, seduta sul lato sinistro del suo letto. Il professor Flitwick non era presente, ma ciò era comprensibile, era rimasto al suo fianco per tutta la mattina nella cella di detenzione, il suo corvo d’argento ulteriore guardia contro il Dissennatore e il suo piccolo viso severo rivolto sempre verso l’esterno in direzione degli Auror. Il Preside di Corvonero aveva sicuramente passato troppo tempo con lei, e probabilmente era dovuto tornare a tenere le sue lezioni, invece di vegliare su di una condannata per tentato omicidio.
Si sentiva terribilmente, terribilmente nauseata e non pensava che fosse a causa di qualche pozione. Hermione avrebbe iniziato a piangere di nuovo, solo che la gola le faceva male, gli occhi ancora bruciavano, e la sua mente si sentiva stanca. Non avrebbe sopportato di piangere ancora, non riusciva a trovare la forza per le lacrime.
“Dove sono i miei genitori?” sussurrò Hermione alla Preside di Casa Grifondoro. In qualche modo sembrava che affrontarli fosse la cosa peggiore del mondo, peggiore di qualsiasi altra cosa; eppure voleva ancora vederli.
La gentile espressione del volto della professoressa McGonagall si Trasfigurò in qualcosa di più triste. “Mi dispiace, signorina Granger. Sebbene non sia sempre stato così, abbiamo scoperto negli ultimi anni che è più saggio non parlare ai genitori dei Nati babbani di qualsiasi pericolo i loro bambini abbiano affrontato. Suggerirei anche a lei di rimanere in silenzio, se desidera restare a Hogwarts senza che loro le diano problemi”.
“Non sarò espulsa?” sussurrò la ragazza. “Per quello che ho fatto?”
“No. Signorina Granger… certamente lei ha udito… spero che abbia udito il signor Potter, quando ha detto che lei era innocente, giusto?”
“Diceva solo per dire”, rispose debolmente. “Per farmi liberare, voglio dire”.
La strega più anziana scosse la testa con decisione. “No, signorina Granger. Il signor Potter crede che lei sia stata sottoposta a Incantesimo di Memoria, che l’intero duello non sia mai avvenuto. Il Preside sospetta possano essere state in gioco magie persino più Oscure – che possa essere stata la sua mano a lanciare l’incantesimo, ma non la sua volontà. Anche il professor Snape ritiene la faccenda completamente incredibile, anche se può non essere in grado di dirlo pubblicamente. Si chiedeva se le potrebbero essere state somministrate droghe babbane”.
Gli occhi di Hermione continuarono a fissare con distacco la Professoressa di Trasfigurazione; sapeva che le era stato appena detto qualcosa di significativo, ma non riusciva a trovare l’energia per far propagare alcun cambiamento attraverso la propria mente.
“Certamente non ci crederà lei!” disse la professoressa McGonagall. “Signorina Granger, non può credere che ricorrerebbe all’assassinio!”
“Ma io –” La sua eccellente memoria ripeté servizievolmente la scena per la millesima volta, Draco Malfoy che le diceva con un ghigno che non l’avrebbe mai battuto quando non fosse stato stanco, e poi aveva proceduto a dimostrarlo, danzando come un duellista tra i trofei protetti mentre lei si era freneticamente mossa goffamente, e alla fine le aveva dato il colpo mortale con una fattura che l’aveva mandata a sbattere contro il muro e le aveva fatto uscire il sangue dalla guancia – e poi – lei aveva –
“Ma si ricorda di averlo fatto”, disse la strega più anziana, che la stava guardando con un’espressione di gentile comprensione. “Signorina Granger, non è necessario che una ragazza di dodici anni conservi tali terribili memorie. Me lo dica e sarò felice di rinchiuderle per lei”.
Fu come un bicchiere di acqua calda gettata sul suo volto. “Cosa?”
La professoressa McGonagall estrasse la bacchetta, un gesto così esperto e veloce che sembrò come puntare un dito. “Non posso offrirle di liberarla del tutto dei ricordi, signorina Granger”, disse la Professoressa di Trasfigurazione con la sua consueta precisione. “Potrebbero esserci fatti importanti lì sepolti. Ma c’è una forma dell’Incantesimo di Memoria che è reversibile, e sarò felice di lanciarla su di lei”.
Hermione fissò la bacchetta, provando i rimescolamenti della speranza per la prima volta in quasi due giorni.
Faccia in modo che non sia mai accaduto… l’aveva desiderato più e più volte, che le lancette del tempo tornassero indietro e cancellassero la scelta orribile che non sarebbe mai, mai potuta essere annullata. E se cancellare la memoria non era la stessa cosa, era comunque una specie di liberazione…
Guardò di nuovo il volto gentile della professoressa McGonagall.
“Davvero non pensa che l’ho fatto?” disse Hermione, con voce tremante.
“Sono abbastanza certa che non farebbe mai una cosa simile di sua volontà.”
Sotto le coperte, le mani di Hermione strinsero le lenzuola. “Harry non pensa che l’ho fatto?”
“Il signor Potter è del parere che i suoi ricordi siano completamente inventati. Posso comprendere abbastanza bene il suo punto di vista.”
Poi le dita di Hermione lasciarono andare le lenzuola che stringevano, ed ella si accasciò sul letto, dal quale si era parzialmente alzata.
No.
Non aveva detto nulla.
Si era svegliata e aveva ricordato quello che era successo la notte precedente, ed era stato come – come se – non riusciva a trovare le parole neppure nei propri pensieri per definire quella sensazione. Ma aveva saputo che Draco Malfoy era già morto, e non aveva detto nulla, non era andata a confessarlo dal professor Flitwick. Si era vestita ed era scesa a colazione e aveva cercato di comportarsi normalmente in modo che nessuno sapesse mai, e aveva saputo che era sbagliato e Sbagliato e terribilmente terribilmente sbagliato, ma era stata così, così spaventata –
Anche se Harry Potter avesse avuto ragione, anche se il duello con Draco Malfoy fosse stata una bugia, aveva compiuto quella scelta da sola. Non meritava di dimenticarlo, o di essere perdonata per quello.
E se avesse fatto la cosa giusta, se fosse andata dritta dal professor Flitwick, magari sarebbe stato – d’aiuto, in qualche modo, forse tutti allora avrebbero visto che lei se ne rammaricava, e Harry non avrebbe dovuto dare via tutto il suo denaro per salvarla –
Hermione chiuse gli occhi, stringendoli con forza, non poteva sopportare di ricominciare a piangere. “Sono una persona orribile”, disse con voce tremante. “Sono terribile, non sono per nulla eroica –”
La voce della professoressa McGonagall fu molto tagliente, come se Hermione avesse appena compiuto un terribile errore nei suoi compiti di Trasfigurazione. “La smetta di comportarsi da stupida, signorina Granger! Orribile è chiunque le abbia fatto questo. E quanto all’essere eroici – bene, signorina Granger, ha già sentito la mia opinione riguardo giovani ragazze che cercano di impegnarsi in queste cose prima che abbiano compiuto quattordici anni, quindi non le farò nuovamente quella predica. Dirò solo che lei ha appena avuto un’esperienza assolutamente terribile, alla quale è sopravvissuta meglio di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi strega del suo anno. Oggi le è permesso piangere quanto vuole. Domani lei tornerà di nuovo in classe”.
Fu allora che Hermione seppe che la professoressa McGonagall non poteva aiutarla. Aveva bisogno di qualcuno che la rimproverasse, non poteva essere assolta se non la si poteva incolpare, e la professoressa McGonagall non l’avrebbe mai fatto per lei, non avrebbe mai chiesto tanto ad una ragazzina Corvonero.
Era qualcosa per cui neppure Harry Potter l’avrebbe potuta aiutare.
Hermione si rigirò nel letto dell’infermeria, stringendosi in sé stessa, allontanandosi dalla professoressa McGonagall. “La prego”, sussurrò. “Vorrei parlare – al Preside –”
“Hermione.”
Quando Hermione Granger aprì gli occhi la seconda volta, vide il volto solcato da rughe di Albus Silente chino sul suo capezzale, sembrava quasi come se egli avesse pianto, sebbene fosse impossibile; e Hermione sentì un’altra fitta di senso di colpa per averlo fatto preoccupare così.
“Minerva ha detto che desideravi parlare con me”, disse il vecchio mago.
“Io –” Improvvisamente Hermione non sapeva affatto cosa dire. La gola si era bloccata, e tutto ciò che poteva fare era balbettare, “Mi – mi –”
In qualche modo il suo tono dovette comunicare l’altra parola, quella che non poteva più nemmeno pronunciare.
“Dispiace?” disse Silente. «Perché, per quale motivo dovresti essere dispiaciuta?”
Dovette far uscire a forza le parole dalla gola. “Stava dicendo a Harry – che non avrebbe dovuto pagare – quindi io non avrei – dovuto fare quello che diceva la professoressa McGonagall, non avrei dovuto toccare la sua bacchetta –”
«Mia cara”, disse Silente, “se non ti fossi giurata alla Casa di Potter, Harry avrebbe attaccato Azkaban da solo, e molto probabilmente avrebbe vinto. Quel ragazzo può scegliere con cura le sue parole, ma non l’ho ancora mai scoperto a mentire; e nel Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto vi è potere che il Signore Oscuro non ha mai conosciuto. Avrebbe davvero cercato di distruggere Azkaban, anche a costo della sua vita”. La voce del vecchio mago divenne più gentile, e dolce. “No, Hermione, non hai nulla di cui incolparti”.
“Avrei potuto convincerlo a non farlo.”
Negli occhi di Silente apparve un piccolo luccichio prima che si perdesse nella stanchezza. “Davvero, signorina Granger? Forse dovrebbe essere Preside al mio posto, perché io stesso non ho un tale potere sui ragazzini testardi”.
“Harry mi ha promesso –” La sua voce si fermò. Era molto difficile riferire quella terribile verità. “Harry Potter mi ha promesso – che non mi avrebbe mai aiutata – se gli avessi detto di non farlo”.
Ci fu una pausa. Hermione si accorse che i rumori lontani dell’infermeria, che avevano accompagnato la professoressa McGonagall, erano cessati quando Silente l’aveva svegliata. Da dove giaceva nel letto poteva vedere solo il soffitto e la parte superiore delle finestre di un muro, ma nulla nel suo campo visivo si muoveva, e se c’erano suoni, non poteva sentirli.
“Ah”, disse Silente. Il vecchio mago sospirò pesantemente. “Suppongo che sia possibile che il ragazzo avrebbe mantenuto la sua promessa”.
“Avrei – avrei dovuto –”
“Andare ad Azkaban di tua volontà?” chiese Silente. “Signorina Granger, è più di quanto avrei chiesto a chiunque di addossarsi”.
“Ma –” Hermione deglutì. Non poteva fare a meno di notare la scappatoia, chiunque volesse attraversare il ritratto-porta del dormitorio Corvonero imparava rapidamente a prestare attenzione alle parole precise. “Ma non è più di quanto pretenderebbe da sé stesso”.
“Hermione –” iniziò il vecchio mago.
“Perché?” disse la voce di Hermione, che sembrava funzionare senza la sua mente, ora. «Perché non sono riuscita ad essere più coraggiosa? Avevo intenzione di correre davanti al Dissennatore – per Harry – prima, voglio dire, a gennaio – allora perché – perché – perché non sono riuscita –” Perché il pensiero di essere mandata ad Azkaban l’aveva completamente scollata, perché aveva dimenticato tutto a proposito dell’essere Buoni –
“Mia cara ragazza”, disse Silente. Gli occhi blu dietro gli occhiali a mezzaluna mostravano una completa comprensione della sua colpa. “Non avrei fatto di meglio io stesso, nel mio primo anno a Hogwarts. Così come saresti gentile con gli altri, sii più gentile anche con te stessa”.
“Quindi ho fatto la cosa sbagliata”. In un certo senso aveva bisogno di dirlo, che le fosse detto, sebbene lo sapesse già.
Ci fu una pausa.
“Ascolta, giovane Corvonero”, disse il vecchio mago, “ascoltami bene, poiché ti rivelerò una verità. La maggior parte di coloro che compiono il male non pensano a sé stessi come a dei malvagi; anzi, la maggior parte si immagina come gli eroi delle storie che raccontano. Una volta pensavo che il male più grande in questo mondo fosse compiuto nel nome di un bene superiore. Avevo torto. Terribilmente torto. C’è del male in questo mondo che si riconosce come male, e odia il bene con tutte le forze. Esso desidera distruggere tutte le cose belle”.
Hermione rabbrividì nel proprio letto, in qualche modo sembrava molto reale, quando Silente lo diceva.
Il vecchio mago continuò a parlare. “Tu sei una delle cose belle di questo mondo, Hermione Granger, e così quel male odia anche te. Se fossi rimasta salda anche durante questo processo, ti avrebbe colpita più duramente e poi ancora più duramente, finché non fossi andata in pezzi. Non pensare che gli eroi non possano essere piegati! Siamo solo più difficili da piegare, Hermione”. Gli occhi del vecchio mago erano divenuti più severi di quanto li avesse mai visti. “Quando sei stato prostrato per molte ore, quando il dolore e la morte non sono una paura passeggera, ma una certezza, allora è più difficile essere un eroe. Se devo dire la verità – allora oggi, sì, non vacillerei di fronte ad Azkaban. Ma quando ero al primo anno di Hogwarts – sarei fuggito dal Dissennatore che tu fronteggiasti, poiché mio padre era morto ad Azkaban, e io li temevo. Sappi questo! Il male che ha colpito te avrebbe piegato chiunque, anche me stesso. Solo Harry Potter ha qualcosa dentro di sé per affrontare quell’orrore, quando entrerà pienamente in possesso del proprio potere”.
Il collo di Hermione non poté più fissare il vecchio mago; lasciò cadere la testa indietro, sul cuscino, da dove fissò il soffitto, assimilando quello che poté.
“Perché?” La sua voce tremava ancora. «Perché qualcuno vorrebbe essere così malvagio? Non capisco”.
“Anche io me lo sono chiesto”, disse la voce di Silente, una profonda tristezza in essa. “Per tre volte dieci anni me lo sono chiesto, e ancora non capisco. Tu ed io non capiremo mai, Hermione Granger. Ma almeno ora so che cosa direbbe il vero male di sé stesso, se potessimo parlargli e chiedergli perché è il male. Direbbe, perché no?”
Una breve fiammata di indignazione dentro di lei. “Ci devono essere un milione di motivi perché no!”
“Infatti”, disse la voce di Silente. “Un milione e più motivi. Conosceremo sempre quei motivi, tu e io. Se insisti a metterla in quel modo – allora sì, Hermione, il processo di oggi ti ha piegata. Ma ciò che succede dopo che sei crollata – anche quello fa parte dell’essere un eroe. Cosa che sei, Hermione Granger, e sarai sempre”.
Alzò di nuovo la testa, fissandolo.
Il vecchio mago si alzò vicino al suo letto. La barba d’argento si abbassò, mentre Silente le indirizzò un inchino solenne, e se ne andò.
Continuò a guardare la direzione in cui il vecchio mago se n’era andato.
Avrebbe dovuto significare qualcosa per lei, avrebbe dovuto toccarla. Avrebbe dovuto farla sentire meglio dentro, il fatto che Silente, che era sembrato così riluttante prima, l’aveva ora riconosciuta come un eroe.
Non sentiva nulla.
Hermione lasciò ricadere la testa sul letto, mentre Madam Pomfrey venne a farle bere qualcosa che bruciò le sue labbra come il retrogusto di un cibo piccante, e odorava ancora più piccante, e non sapeva proprio di niente. Non significava nulla per lei. Continuò a fissare le lontane lastre di pietra del soffitto.
Minerva stava aspettando, facendo del proprio meglio per non librarsi, accanto alle doppie porte dell’infermeria di Hogwarts, aveva sempre pensato a quelle porte come alle “porte infauste” quando era una bambina a Hogwarts, e oggi non poteva non ricordarlo. Troppe brutte notizie erano state date là –
Albus uscì. Il vecchio mago non si fermò mentre si allontanava dall’infermeria, continuò semplicemente a camminare verso l’ufficio del professor Flitwick, e Minerva lo seguì.
La professoressa McGonagall si schiarì la gola. “È fatta, Albus?”
Il vecchio mago annuì affermativamente. “Se qualche magia ostile le fosse lanciata contro, o se qualsiasi spirito la toccasse, lo saprei, e verrei”.
“Ho parlato con il signor Potter dopo la lezione di Trasfigurazione”, disse la professoressa McGonagall. “Era del parere che la signorina Granger frequenti Beauxbatons, invece che Hogwarts, d’ora in poi”.
Il vecchio mago scosse la testa. “No. Se Voldemort vuole veramente colpire la signorina Granger – egli è tenace oltre misura. I suoi servitori stanno tornando a lui, non avrebbe potuto recuperare Bellatrix da solo. Azkaban stessa non è al sicuro dalla sua malvagità, e per quanto riguarda Beauxbatons – no, Minerva. Non credo che Voldemort possa cimentarsi in tali possessioni così spesso, o contro bersagli più forti, o quest’anno sarebbe andato diversamente. E qui c’è Harry Potter, che Voldemort deve temere che lo ammetta o meno. Ora che l’ho protetta, la signorina Granger sarà più al sicuro all’interno di Hogwarts che fuori”.
“Il signor Potter sembrava dubitarne”, disse Minerva. Non riusciva a tener fuori la tensione dalla propria voce; c’era una parte di lei che concordava piuttosto energicamente. “Sembrava ritenere che sia buon senso che la signorina Granger continui la sua istruzione ovunque tranne che a Hogwarts”.
Il vecchio mago sospirò. “Temo che il ragazzo abbia trascorso troppo tempo tra i Babbani. Cercano sempre la sicurezza; immaginano sempre che la sicurezza possa essere ottenuta. Se la signorina Granger non è al sicuro al centro della nostra fortezza, non sarà più al sicuro lasciandola”.
“Non tutti sembrano pensarla così”, disse la professoressa McGonagall. Era stata quasi la prima lettera che aveva visto quando aveva dato una rapida occhiata alla propria scrivania; una busta della migliore pelle di pecora, sigillata con cera verde-argento, con incisa a rilievo l’immagine di un serpente che si era alzato e le aveva sibilato contro. “Ho ricevuto un gufo di Lord Malfoy che ritirava il figlio da Hogwarts”.
Il vecchio mago annuì, ma non interruppe i propri passi. “Harry lo sa?”
“Sì”. La sua voce vacillò, per un momento, ricordando l’espressione di Harry. “Dopo la lezione, il signor Potter si è complimentato per l’eccellente buon senso di Lord Malfoy, e ha detto che avrebbe scritto a Madam Longbottom consigliandole di fare lo stesso con suo nipote, nel caso in cui egli fosse il prossimo bersaglio. Nell’eventualità in cui la tutrice del signor Longbottom fosse così negligente da mantenerlo a Hogwarts, il signor Potter desidera che riceva un Giratempo, un mantello dell’invisibilità, un manico di scopa, e una borsa in cui trasportarli; anche un anello da dito del piede con un passaporta di emergenza per una destinazione sicura, nel caso qualcuno rapisca il signor Longbottom e lo porti fuori dalle protezioni di Hogwarts. Ho detto al signor Potter che non pensavo che il Ministero avrebbe acconsentito a tale uso dei nostri Giratempo, ed egli ha detto che non avremmo dovuto chiederlo. Mi aspetto che vorrà che la signorina Granger riceva le stesse cose, se rimanesse. E per sé il signor Potter vuole una scopa per tre persone da portare nella sua borsa”. Non era stata sbalordita dalla lista delle precauzioni. Colpita dall’intelligenza, ma non sbalordita, era la Maestra di Trasfigurazione, in fin dei conti. Tuttavia le causava comunque brividi di inquietudine, il fatto che Harry Potter ora ritenesse Hogwarts pericoloso tanto quanto la ricerca di incantesimi.
“Non si inganna a cuor leggero il Dipartimento dei Misteri”, disse Silente. “Ma per il resto –” Il vecchio mago sembrò crollare leggermente su sé stesso. “Tanto vale dare al ragazzo ciò che vuole. E proteggerò anche Neville, e scriverò ad Augusta di dirgli che dovrebbe restare qui per le vacanze”.
“E infine, il signor Potter dice che – queste sono le sue parole, Albus – qualunque genere di attrattore di Maghi Oscuri il Preside stia tenendo qui, deve portarlo fuori da questa scuola, ora”. Non poté tenere lontana la tensione dalla propria voce, neppure quella volta.
“Ho chiesto la stessa cosa a Flamel”, disse Albus, il dolore evidente nella sua voce. “Ma il Maestro Flamel ha detto – che anche egli non può più tenere al sicuro la Pietra – che crede che Voldemort abbia i mezzi per trovarla ovunque sia nascosta – e che non acconsente a che sia custodita in nessun luogo se non a Hogwarts. Minerva, mi dispiace, ma deve essere fatto – deve!”
«Molto bene», disse la professoressa McGonagall. «Ma quanto a me, credo che il signor Potter abbia ragione su ogni singolo punto”.
Il vecchio mago la guardò, e la sua voce si ingarbugliò mentre diceva, «Minerva, mi conosci da lungo tempo, e meglio di qualsiasi anima ancora viva – dimmi, mi sono già lasciato prendere dall’oscurità?”
“Cosa?” disse la professoressa McGonagall autenticamente sorpresa. Poi, “Oh, Albus, no!”
Le labbra del vecchio mago si strinsero ermeticamente prima che egli parlasse. “Per il bene superiore. Ho sacrificato così tanti, per il bene superiore. Oggi ho quasi condannato Hermione Granger ad Azkaban, per il bene superiore. E mi scopro – oggi, mi sono scoperto – a iniziare a infastidirmi per l’innocenza che non è più mia –” La voce del vecchio mago si interruppe. “Il male fatto nel nome del bene. Il male fatto nel nome del male. Qual è peggiore?”
“Ti stai comportando da stupido, Albus.”
Il vecchio mago le rivolse nuovamente un’occhiata, prima di rigirare gli occhi ancora sul loro percorso. “Dimmi, Minerva – ti sei fermata a soppesare le conseguenze, prima di dire alla signorina Granger di vincolarsi alla famiglia Potter?”
Ella fece involontariamente un respiro, quando capì ciò che aveva fatto –
“Allora non l’hai fatto”. Gli occhi di Albus si erano rattristati. “No, Minerva, non devi scusarti. È un bene. Per quello che di me hai visto oggi – se la tua prima lealtà è ora verso Harry Potter, e non verso di me, allora questo è giusto e doveroso”. Ella mosse le labbra per protestare, ma Albus continuò prima che potesse dire una parola. “Anzi – anzi – questo sarà necessario e più che necessario, se dopotutto il Signore Oscuro che Harry deve sconfiggere per entrare in possesso del suo potere non fosse Voldemort –”
“Ancora questa storia no!” disse Minerva. “Albus, è stato Tu-Sai-Chi, non tu, a segnare Harry come suo eguale. Non è in alcun modo possibile che la profezia stesse parlando di te!”
Il vecchio mago annuì, ma i suoi occhi sembravano ancora distanti, fissi solo sul percorso davanti a loro.
La cella di detenzione, nel bel mezzo del Dipartimento per l’Applicazione della Legge Magica, era lussuosamente arredata; più come conseguenza di ciò che i maghi adulti davano per scontato, che di qualche sentimento particolare per i prigionieri. C’era una sedia reclinabile auto-dondolante con sontuosi cuscini riccamente decorati e auto-riscaldanti. C’era una libreria contenente libri casuali recuperati da un cesto degli affari, e uno scaffale pieno di riviste antiche, tra cui una del 1883. Per quanto riguarda gli articoli da toeletta, beh, non erano esattamente lussuosi, ma c’era un incantesimo sulla stanza che sospendeva ogni faccenda; non potevi andare da nessuna parte in cui l’Auror di guardia non potesse vederti. Ma a parte questo, era una piccola cella abbastanza piacevole. Il Professore di Difesa di Hogwarts era trattenuto, non arrestato, neppure minacciato. Non c’erano prove per accusarlo… tranne il fatto che un crimine terribile e insolito era stato commesso presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e in base agli eventi precedenti le probabilità erano cinque contro uno che l’attuale Professore di Difesa vi fosse in qualche modo coinvolto. A ciò va aggiunto il fatto che nel dalm nessuno sapeva neppure chi fosse il Professore di Difesa, e che l’uomo aveva letteralmente starnutito a tutti i tentativi di scoprire la sua vera identità. Ebbene, no, non avevano ancora lasciato che `Quirinus Quirrell’ tornasse a Hogwarts.
Ripetiamolo per evidenziarlo:
Il Professore di Difesa.
Era trattenuto.
In una cella.
Il Professore di Difesa stava fissando l’Auror di guardia canticchiando un motivo a bocca chiusa.
Il Professore di Difesa non aveva pronunciato una singola parola da quando era arrivato in quella particolare cella. Aveva solo canticchiato.
Il canto era iniziato come una semplice ninnananna per bambini, quella che nella Gran Bretagna magica inizia con Lullaby, and goodnight…
Questo motivo era stato canticchiato, senza variazione, ancora e ancora, per sette minuti, per fissare lo schema di fondo.
Poi erano iniziate le elaborazioni sul tema. Frasi musicali canticchiate troppo lentamente, con lunghe pause inframmezzate, in modo che la mente dell’ascoltatore attenda e attenda ancora impotente la nota successiva, la frase successiva. E poi, quando quella frase successiva arriva, è di una tonalità così sbagliata, di una tonalità così incredibilmente e terribilmente sbagliata, non solo di tonalità sbagliata rispetto alle precedenti frasi ma cantata ad una tonalità che non corrisponde a nessuna chiave musicale, che si dovrebbe pensare che questa persona abbia passato delle ore ad esercitarsi intenzionalmente a canticchiare solo per acquisire una tale perfetta anti-tonalità.
Mostra la stessa somiglianza con la musica che la terribile voce morta di un Dissennatore mostra con la voce umana.
E questo orribile, orribile canticchiare è impossibile da ignorare. È simile ad una ninnananna conosciuta, ma devia da quello schema in modo impredicibile. Fa nascere delle aspettative e poi le vìola, mai adottando uno schema regolare che permetterebbe al motivo canticchiato di scivolare tra i rumori di fondo. Il cervello dell’ascoltatore non può impedirsi di aspettare che le frasi anti-musicali siano completate, né può impedirsi di notare le sorprese.
L’unica possibile spiegazione del modo in cui questa modalità di canticchiare sia comparsa è che sia stata intenzionalmente progettata da un qualche genio indicibilmente crudele che si svegliò un giorno, sentendosi annoiato dall’ordinaria tortura, e che decise di imporsi un handicap e di scoprire se fosse in grado di fare a pezzi la sanità mentale di qualcuno semplicemente canticchiando.
L’Auror ha ascoltato questo canticchiare inconcepibilmente orribile per quattro ore, mentre è stato fissato da una presenza enorme, fredda e letale che sembra ugualmente orribile sia che la guardi direttamente sia che la lasci fluttuare in un angolo del suo campo visivo –
Il motivo si interruppe.
Ci fu una lunga attesa. Tempo sufficiente affinché una falsa speranza sorgesse, e fosse schiacciata dal ricordo delle precedenti delusioni. E poi, mentre l’intervallo si allungava, e si allungava, quella speranza risorse nuovamente inarrestabile –
Il motivo riprese ancora una volta.
L’Auror crollò.
Dalla sua cintura, l’Auror prese uno specchio, vi batté sopra una volta, e poi disse, “È l’Allievo Auror Arjun Altunay che parla, richiedo codice rj-l20 sulla cella tre”.
“Codice rj-l20?” disse lo specchio in toni sorpresi. Ci fu un fruscio di pagine girate, poi, “Vuoi essere sollevato perché un prigioniero sta tentando un’aggressione psicologica e sta avendo successo?”
(Amelia Bones è davvero piuttosto intelligente.)
“Cosa ti ha detto il prigioniero?” chiese lo specchio.
(Questa domanda non fa parte della procedura rj-l20, ma sfortunatamente Amelia Bones ha omesso di includere un’istruzione esplicita che l’ufficiale comandante non dovrebbe porla.)
“Sta –” disse l’Auror, e diede un’occhiata alla cella. Il Professore di Difesa si era ora reclinato sulla sedia, sembrando piuttosto rilassato. “Mi stava fissando! E stava canticchiando!”
Ci fu una pausa.
Lo specchio parlò di nuovo. “E tu stai richiedendo un rj-l20 per una cosa simile? Sei sicuro che non stai solo cercando di farti sollevare dal turno di guardia?”
(Amelia Bones è circondata da idioti.)
“Non capisci!” gridò Auror Altunay. “Sta canticchiando in maniera tremenda!”
Lo specchio trasmise in sottofondo il suono di una risata attutita, apparentemente proveniente da più di una persona. Poi la voce riprese. “Signor Altunay, se non vuole essere degradato ad Allievo Auror di Seconda Classe, le suggerisco di mettersi d’impegno e tornare a lavorare –”
“Annulla”, disse una voce brusca, suonando un po’ remota a causa della sua distanza dallo specchio.
(Ragion per cui Amelia Bones spesso siede nel centro di coordinamento del dalm mentre si occupa delle scartoffie richieste dal Ministero.)
“Auror Altunay”, disse la voce brusca, suonando come se si stesse avvicinando allo specchio, “sarà sostituito a breve. Auror Ben Gutierrez, la procedura per rj-l20 non dice che deve chiedere le motivazioni. Dice che deve sostituire l’Auror che la chiama. Se scoprissi che gli Auror ne abusano, io modificherò la procedura per prevenirne gli abusi –” Lo specchio si interruppe bruscamente.
L’Auror tornò a guardare trionfante lì dove l’attuale Professore di Difesa di Hogwarts era appoggiato alla sua sedia imbottita.
Allora quell’uomo pronunciò le prime parole che avevano lasciato le sue labbra da quando era entrato nella cella.
“Arrivederci, signor Altunay”, disse il Professore di Difesa.
Alcuni minuti più tardi, la porta della cella di detenzione si aprì, ed entrò una donna dai capelli grigi, che indossava vesti della sfumatura di cremisi degli Auror senza alcun simbolo di grado o altro ornamento, e portava una cartella di cuoio nero sotto il braccio sinistro. “Lei è sollevato”, disse all’improvviso l’anziana donna.
Ci fu un piccolo ritardo mentre Auror Altunay cercò di spiegare cos’era accaduto. Questo tentativo fu interrotto da un cenno e da un austero e semplice dito puntato verso la porta.
“Buona sera, Madama Direttrice”, disse il Professore di Difesa.
Amelia Bones non ricambiò questo saluto, ma si sedette sbrigativamente nella sedia lasciata vuota. La vecchia strega aprì la cartella nera e il suo sguardo si abbassò sulle pergamene al suo interno. “Possibili indizi sull’identità dell’attuale Professore di Difesa di Hogwarts, compilati da Auror Robards”. La pergamena col titolo fu girata e spostata di lato “Il Professore di Difesa ha detto di essere stato Smistato in Serpeverde. Ha affermato che la sua famiglia fu uccisa da Voldemort. Ha detto di aver studiato in un centro di arti marziali dell’Asia babbana che fu distrutto da Voldemort. Una richiesta inoltrata al Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale ha identificato questo incidente come l’Affare Oni del 1969”. Un’altra pergamena fu girata di lato. “Sembra anche che questo Professore di Difesa abbia rivolto un discorso estremamente stimolante ai propri studenti, appena prima di Natale, censurando la generazione precedente per la sua disunione contro i Mangiamorte”. La vecchia strega alzò lo sguardo dalla cartella di cuoio. “Madam Longbottom ne è stata piuttosto colpita, e ha insistito che lo leggessi per intero. L’argomentazione mi è sembrata familiare, sebbene non sia stata in grado di identificarla all’epoca. D’altro canto, naturalmente, la credevo morto”.
L’ufficiale capo di polizia della Gran Bretagna magica stava ora fissando acutamente l’attuale Professore di Difesa di Hogwarts, dall’altra parte di un pannello di vetro rinforzato con incantesimi che li separava. L’uomo nella cella contraccambiò lo sguardo tranquillamente, senza allarme apparente.
“Non farò alcun nome”, disse la vecchia strega. “Ma racconterò una storia, per vedere se suona familiare”. Amelia Bones riabbassò lo sguardo, girando alla pergamena successiva. “Nato nel 1927, entrato a Hogwarts nel 1938, smistato in Serpeverde, diplomato nel 1945. Partito per un viaggio di diploma all’estero e scomparso mentre visitava l’Albania. Presunto morto fino al 1970, quando tornò nella Gran Bretagna magica altrettanto improvvisamente, senza alcuna spiegazione per i venticinque anni mancanti. Rimase separato dalla sua famiglia e dagli amici, vivendo in isolamento. Nel 1971, mentre visitava Diagon Alley, bloccò il tentativo di Bellatrix Black di rapire la figlia del Ministro della Magia, e utilizzò la Maledizione Mortale per uccidere due dei tre Mangiamorte che l’accompagnavano. Il seguito è noto a tutta la Gran Bretagna magica; devo continuare?” La vecchia strega alzò nuovamente lo sguardo dalla sua cartella. “Molto bene. Ci fu un processo davanti al Wizengamot, durante il quale questo giovane uomo fu prosciolto per l’uso della Maledizione Mortale, non ultimo grazie agli sforzi di sua nonna, la Lady della sua Casa. Si riconciliò con la sua famiglia, e poi organizzarono una riunione della Casa per celebrare il suo ritorno. L’ospite d’onore arrivò a quell’incontro per scoprire che la sua intera famiglia era stata massacrata dai Mangiamorte, persino gli elfi domestici; e che egli stesso, di linea cadetta, era ora l’ultimo rampollo rimasto di un’Antichissima Casa”.
Il Professore di Difesa non aveva minimamente reagito a nulla di tutto quello, a eccezione del fatto che i suoi occhi si erano mezzo chiusi, come se fosse stanco.
“Il giovane uomo occupò il seggio della sua famiglia nel Wizengamot, diventando una delle voci più decise contro Tu-Sai-Chi. Diverse volte condusse delle forze contro i Mangiamorte, combattendo con tattiche astute e poteri straordinari. La gente iniziò a parlare di lui come del prossimo Silente, e si pensò che potesse diventare Ministro della Magia dopo la caduta del Signore Oscuro. Il 3 luglio 1973 non si presentò a una votazione cruciale del Wizengamot, e non si seppe mai più nulla di lui. Presumemmo che Tu-Sai-Chi l’avesse ucciso. Fu un grave colpo per tutti noi, e le cose andarono molto peggio da quel giorno in poi”. Lo sguardo della vecchia strega fu interrogativo. “L’ho pianta io stessa. Cosa accadde?”
Le spalle del Professore di Difesa si mossero leggermente, una piccola scrollata. “Lei fa molte congetture”, disse a voce bassa il Professore di Difesa. “Per quanto mi riguarda, riterrei che quell’uomo sia morto anni fa. Ma se quell’uomo fosse nondimeno vivo – allora è chiaro che non desidera che questo fatto sia reso noto, e che ha ragioni sufficienti per questo silenzio. Quell’uomo è stato una volta di aiuto per lei, sembra”. Le labbra del Professore di Difesa si incurvarono in un sorriso cinico. “Ma non mi stupisco più quando la gratitudine si rivela effimera. C’è dell’altro che vorrebbe chiedergli?”
La vecchia strega si appoggiò allo schienale della sua sedia da osservazione, sembrando piuttosto stupefatta, forse persino ferita. “No –” disse dopo un momento. Le sue dita batterono sulla cartella di cuoio; nervosamente, si sarebbe potuto pensare, se si fosse creduto che Amelia Bones potesse essere mai nervosa. “Ma la sua Casa – non ci sono molte Antiche Case rimaste –”
“Importa poco a questo Paese che restino otto Antiche Case, o sette.”
La vecchia strega sospirò. “Cosa pensa Silente di questo?”
L’uomo nella cella di detenzione scosse la testa. “Non sa chi io sia, e ha promesso di non indagare”.
Le sopracciglia della vecchia strega si sollevarono. “In che modo l’ha identificata con le protezioni di Hogwarts, allora?”
Un accenno di sorriso. “Il Preside ha tracciato un cerchio, e ha detto a Hogwarts che colui che era all’interno era il Professore di Difesa. A tal proposito –” Il tono si abbassò, divenne più piatto. “Sto perdendo le mie lezioni, direttrice Bones”.
“Lei sembra – riposare, talvolta, in una maniera peculiare. Anche questo è stato riportato. E lei sembra riposare sempre più frequentemente, col passare del tempo”. Le dita della vecchia strega batterono nuovamente sulla cartella di cuoio. “Non riesco a ricordare di aver letto di un tale sintomo, ma quando qualcuno sente parlare di una cosa simile, si immagina… Maghi Oscuri combattuti, e terribili maledizioni ricevute…”
Il Professore di Difesa rimase inespressivo.
“Ha bisogno dell’aiuto di un guaritore?” chiese Amelia Bones. La sua maschera era scivolata via, mostrando chiaramente il dolore nei suoi occhi. “C’è qualcosa che può essere fatto per lei?”
“Ho acconsentito a insegnare Difesa a Hogwarts”, disse senza tono l’uomo nella cella. “Tragga le sue conclusioni, Madam. E sto saltando le mie lezioni, delle quali non ne sono rimaste molte. Vorrei tornare a Hogwarts, ora”.
Quando Hermione si svegliò per la terza volta (anche se le sembrò di aver chiuso gli occhi solo per un momento), il sole era ancora più basso nel cielo, quasi completamente tramontato. Si sentì un po’ più viva e, stranamente, persino più stanca. Questa volta era il professor Flitwick che si trovava vicino al suo letto e stava scuotendo la sua spalla, un vassoio di cibo fumante che fluttuava accanto a lui. Per qualche ragione aveva pensato che Harry Potter dovesse essere chinato sul suo letto, ma non era lì. L’aveva sognato? Non riusciva a ricordare di aver sognato.
Risultò (stando al professor Flitwick) che Hermione aveva saltato la cena nella Sala Grande, e veniva svegliata per mangiare. E poi sarebbe potuta tornare al dormitorio Corvonero, al suo letto personale, per dormire per il resto della notte.
Mangiò in silenzio. C’era una parte di lei che voleva chiedere al professor Flitwick se egli pensasse che ella fosse stata vittima di un Incantesimo di Memoria o se avesse tentato di uccidere Draco Malfoy di propria volontà –
– come si ricordava di aver fatto –
– ma la maggior parte di lei aveva paura di scoprirlo. La paura di scoprire era un segnale di avvertimento, secondo Harry Potter e i suoi libri; ma la sua mente si sentiva stanca, ammaccata, e non poteva raccogliere le forze per ignorarlo.
Quando lasciò l’infermeria insieme al professor Flitwick, trovò Harry Potter seduto a gambe incrociate fuori dalla porta, che leggeva silenziosamente un manuale di psicologia.
“Da qui in poi l’accompagnerò io”, disse il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. “La professoressa McGonagall ha detto che andrà tutto bene”.
Il professor Flitwick sembrò accettare la cosa, e se ne andò dopo un’occhiata severa indirizzata a entrambi. Ella non poté immaginare cosa dovesse significare l’occhiata severa, a meno che non fosse non cercate di uccidere altri studenti.
I passi del professor Flitwick sfumarono in lontananza, e loro due rimasero soli fuori dalle porte dell’infermeria.
Osservò gli occhi verdi del Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, i capelli scarmigliati che non riuscivano del tutto a nascondere alla vista la cicatrice sulla sua fronte; alzò lo sguardo sul ragazzo che aveva dato via tutto il proprio denaro per salvarla senza pensarci una seconda volta. C’erano delle sensazioni dentro di lei – colpa, vergogna, imbarazzo, anche altre cose – ma nessuna parola. Non c’era nulla che sapesse come esprimere.
“Allora”, disse improvvisamente Harry. “Ho dato una rapida scorsa ai miei libri di psicologia per vedere cosa dicessero sul disturbo postraumatico da stress. I libri vecchi dicevano che dovevi parlare subito dell’esperienza con uno psicoterapeuta. La ricerca più recente dice che quando hanno fatto davvero gli esperimenti, si è scoperto che parlarne subito dopo ha peggiorato la situazione. A quanto pare ciò che dovresti fare in realtà è dare retta all’impulso naturale della tua mente di reprimere i ricordi e non pensarci per un po’”.
Era così normale per il modo in cui ella e Harry solitamente parlavano che provò un’improvviso bruciore alla gola.
Non dobbiamo parlarne. Questo era quello che Harry aveva appena detto, più o meno. Le sembrava un inganno, forse persino una menzogna. Nulla era normale. Tutto ciò che era sbagliato continuava ad essere orribilmente sbagliato, tutto ciò che era stato lasciato non detto aveva ancora bisogno di essere detto…
“Va bene”, disse Hermione, poiché non c’era nient’altro da dire, proprio nient’altro da dire.
“Mi dispiace di non essere stato lì ad aspettarti quando ti sei svegliata”, disse Harry mentre iniziavano a camminare. “Madam Pomfrey non ha permesso che entrassi, quindi sono rimasto qui”. Fece una leggera e triste scrollata di spalle. “Suppongo che dovrei stare là fuori a limitare i danni con l’opinione pubblica, ma… onestamente non sono mai stato capace di farlo, finisco solo per parlare bruscamente alla gente”.
“Quanto è brutta la situazione?” Pensò che la sua voce sarebbe dovuta uscire in un sussurro, un gracidio, ma non lo fece.
“Beh –” Harry disse con palese esitazione. “La cosa che devi capire, Hermione, è che hai avuto molti difensori all’ora di colazione oggi, ma tutti quelli che erano dalla tua parte si stavano… inventando tutto. Tipo che Draco ha cercato di ucciderti per primo, e cose simili. Era Granger contro Malfoy, è così che la gente la vedeva, come un’altalena in cui spingere la sua parte verso il basso significava spingere la tua parte verso l’alto. Ho detto loro che probabilmente eravate entrambi innocenti, che entrambi siete stati vittima di un Incantesimo di Memoria. Non mi hanno ascoltato, ognuna delle due parti parte mi ha trattato come un traditore che si schiera nel mezzo. E poi hanno sentito che Draco ha testimoniato sotto Veritaserum che aveva cercato di aiutarti prima della battaglia – smettila di fare quell’espressione, Hermione, non gli hai fatto nulla in realtà. Ad ogni modo, tutti hanno compreso che era la fazione pro-Malfoy che aveva avuto ragione e la fazione pro-Granger che aveva avuto torto”. Harry fece un piccolo sospiro. “Gliel’ho detto che quando alla fine la verità verrà fuori saranno tutti in imbarazzo…”
“Quanto è brutta?” chiese ancora. Questa volta la sua voce uscì più debole.
“Ricordi l’esperimento sul conformismo di Asch?” disse Harry, girando la testa per rivolgerle un’espressione seria.
La sua mente fu lenta a ricordare per pochi secondi, cosa che la terrorizzò, ma poi il riferimento arrivò. Nel 1951, Solomon Asch aveva preso alcuni soggetti sperimentali, e ciascuno era stato messo in mezzo a una fila di altre persone che sembravano come loro, apparentemente altri soggetti sperimentali, ma in effetti complici dello sperimentatore. Era stato loro mostrata una linea di riferimento sullo schermo, etichettata x, vicina a tre altre linee, etichettate a, b e c. Lo sperimentatore aveva chiesto di quale linea x avesse la stessa lunghezza. La risposta corretta era stata palesemente c. Gli altri `soggetti’, i complici, avevano detto l’uno dopo l’altro che x era della stessa lunghezza di b. Il soggetto reale era stato disposto al penultimo posto dell’ordine, in modo da non far sorgere dei sospetti se fosse stato ultimo. L’esperimento era consistito nel vedere se il soggetto reale si sarebbe `uniformato’ alla risposta sbagliata b, o avrebbe espresso la risposta chiaramente corretta, c.
Il 75% dei soggetti si erano `uniformati’ almeno una volta. Un terzo dei soggetti si erano uniformati più di metà delle volte. Alcuni avevano affermato in seguito di aver creduto realmente che x fosse della stessa lunghezza di b. E questo era avvenuto in un caso in cui i soggetti non conoscevano nessuno dei complici. Se attorno a loro si disponevano persone che appartenevano al loro stesso gruppo, come una persona sulla sedia a rotelle vicino ad altre persone sulla sedia a rotelle, l’effetto di conformismo diventava ancora più forte…
Hermione provava una sensazione di nausea riguardo a dove tutto quello andasse a parare. “Ricordo”, sussurrò.
“Ho sottoposto la Chaos Legion a un addestramento anti-conformismo, sai? Ho fatto mettere ciascun Legionario nel mezzo e gli ho fatto dire `Due volte due fa quattro!’ oppure `L’erba è verde!’ mentre tutti gli altri della Chaos Legion li chiamavano idioti o si prendevano gioco di loro – Allen Flint è molto bravo a schernire – o persino rivolgevano loro un’espressione disinteressata per poi andarsene via. Quello che devi ricordare è che solo la Chaos Legion ha fatto mai pratica di una cosa simile. Gli altri a Hogwarts non sanno neppure cosa sia il conformismo.”
“Harry!” La sua voce stava tremando. Quanto è brutta?”
Harry fece un’altra scrollata di spalle dall’apparenza triste. “Tutti nel secondo anno e oltre, poiché non ti conoscono. Tutti nel Dragon Army. Tutta Serpeverde, naturalmente. E, beh, la maggior parte del resto della Gran Bretagna magica, credo. Ricorda, Lucius Malfoy controlla La Gazzetta del Profeta”.
“Tutti?” sussurrò. Le sue membra avevano iniziato a sembrare fredde, come se fosse appena uscita da una piscina non riscaldata.
“Ciò a cui la gente crede davvero non le sembra un’opinione, sembra il modo in cui il mondo è. Tu e io siamo in una piccola bolla privata dell’universo in cui Hermione Granger è stata vittima di un Incantesimo di Memoria. Tutti gli altri stanno vivendo nel mondo in cui Hermione Granger ha cercato di uccidere Draco Malfoy. Se Ernie Macmillian –”
Il respiro le si bloccò in gola. Il capitano Macmillian –
“– pensa che gli sia moralmente proibito di essere tuo amico ora, beh, sta cercando di fare la cosa giusta per come la capisce, nel mondo in cui pensa di vivere”. Gli occhi di Harry erano molto seri. “Hermione, mi hai detto molte volte che io guardo troppo dall’alto in basso le altre persone. Ma se mi fossi aspettato troppo da loro – se mi fossi aspettato che la gente capisse le cose in modo corretto – li odierei sul serio, allora. Idealismo a parte, gli studenti di Hogwarts non conoscono effettivamente abbastanza scienza cognitiva da assumersi la responsabilità per il modo in cui funzionano le loro menti. Non è colpa loro se sono pazzi”. La voce di Harry era stranamente gentile, quasi come quella di un adulto. “So che sarà più difficile per te di quanto lo sarebbe per me. Ma ricorda, alla fine il vero colpevole viene inchiodato. La verità esce fuori, tutti coloro che sono stati fiduciosamente nel torto finiscono imbarazzati”.
“E se il vero colpevole non viene preso?” disse con voce tremante.
… o se si scopre che sono io, dopo tutto?
“Allora lasci Hogwarts e te ne vai all’Istituto delle Streghe di Salem in America.”
“Lasciare Hogwarts?” Non aveva mai neppure pensato a quella possibilità se non come alla massima punizione.
“Io… Hermione, penso che tu possa volerlo fare comunque. Hogwarts non è un castello, è una follia provvista di mura. Devi avere altre scelte.”
“Io…” balbettò. “Dovrò… pensarci…”
Harry annuì. “Almeno nessuno cercherà di lanciarti una fattura, non dopo quello che il Preside ha detto a cena questa sera. Oh, e Ron Weasley è venuto da me, apparentemente molto serio, e mi ha detto che se ti avessi visto per primo, ti avrei dovuto dire che è dispiaciuto per aver pensato male di te, e che non parlerà mai più male di te”.
“Ron crede che sono innocente?”
“Beh… non crede che tu sia innocente, di per sé…”
L’intero dormitorio Corvonero divenne silenzioso quando loro due entrarono.
Fissandoli.
Fissando lei.
(Aveva avuto degli incubi simili.)
E poi, una per una, le persone distolsero lo sguardo.
Penelope Clearwater, il prefetto del quinto anno incaricato di gestire i ragazzi del primo anno, guardò altrove lentamente e intenzionalmente, ruotando la testa per fissare in un’altra direzione.
Su Li e Lisa Turpin e Michael Corner, seduti tutti e tre insieme a un tavolo, tutti e tre che aveva aiutato con i loro compiti in un’occasione o in un’altra, tutti e tre guardarono altrove, i loro volti improvvisamente nervosi, nel momento in cui ella cercò di incrociare i loro sguardi.
Una strega del terzo anno di nome Latisha Randel, che la spues aveva salvato due volte da bulli Serpeverde, si chinò nuovamente sulla sua scrivania e riprese a fare i compiti.
Mandy Brocklehurst distolse lo sguardo.
Se Hermione non scoppiò in lacrime, allora, fu solo perché se l’era aspettato, l’aveva vissuto nella sua mente più e più volte. Almeno non le stavano urlando contro o spingendola o lanciandole delle fatture. Stavano solo distogliendo lo sguardo –
Hermione camminò molto dritta fino alla scala che portava al dormitorio delle ragazze del primo anno. (Non vide Padma Patil o Anthony Goldstein che la guardavano, le due uniche teste che si girarono per seguirla mentre usciva.) Dietro di sé udì Harry Potter dire con un tono molto calmo, “Alla fine la verità dovrà uscire fuori. Quindi se siete tutti così convinti che sia colpevole, posso chiedere a tutti voi di firmare questo foglio, per dichiarare che se in seguito dovesse scoprirsi che è innocente, avrà il diritto di dirvi `Ve l’avevo detto’ e poi potrà rinfacciarvelo per il resto delle vostre vie? Fatevi avanti tutti quanti, non siate codardi, se lo credeste davvero non dovreste aver paura di scommettere –”
Era a metà scala quando si accorse che ci sarebbero state altre ragazze anche nella sua stanza del dormitorio.
Le stelle non erano sorte ancora del tutto, solo una o due delle più luminose erano visibili attraverso la foschia violaceo-rossastra dell’orizzonte, sebbene il sole fosse completamente tramontato.
Le mani di Hermione grattavano la dura roccia del parapetto che proteggeva il piccolo balcone, dove si era defilata uscendo dalle scale dopo aver compreso che –
– non poteva andarsene semplicemente a letto –
– le parole echeggiarono nella sua mente come `Non puoi tornare a casa’ sarebbe dovuto suonare.
Fissò i terreni vuoti, il tramonto che si andava spegnendo, l’erba germogliante così in basso.
Stanca, era stanca, non riusciva a pensare ora, aveva bisogno di dormire. Il professor Flitwick le aveva detto che aveva bisogno di dormire, e c’era stata ancora un’altra pozione con la sua cena. Forse era il modo in cui la società dei maghi trattava i traumi orribili nelle giovani ragazze innocenti, le faceva semplicemente dormire parecchio.
Sarebbe dovuta andare nella sua stanza a dormire, ma aveva paura di stare in un posto in cui vi fossero altre persone. Paura di come l’avrebbero potuta guardare, o distogliere lo sguardo.
Frammenti di pensiero si inseguivano in una mente troppo esausta per completarli o collegarli, mentre la notte maturava.
Perché –
Perché è successo tutto questo –
Tutto andava bene una settimana fa –
Perché –
Da dietro di lei venne il suono cigolante di una porta che si apriva.
Si girò a guardare.
Il professor Quirrell era appoggiato al vano d’ingresso da cui era entrata, simile a una sagoma di cartone ritagliata dalla luce delle torce di Hogwarts accese dietro di lui, all’interno della porta aperta. Non poté vedere la sua espressione, sebbene il vano dietro di lui fosse illuminato; i suoi occhi, il suo volto, tutto ciò che poteva vedere da dove si trovava era nell’ombra della notte.
Il Professore di Difesa di Hogwarts, numero uno nella lista delle persone che avrebbero potuto fare tutto quello. Non si era neppure accorta di avere una lista dei sospetti fino a quel momento.
L’uomo rimase all’interno di quel vano, non dicendo nulla; ed ella non poté vedere i suoi occhi. Tanto per cominciare, cosa ci stava facendo lì –
“È qui per uccidermi?” disse Hermione Granger.
La testa del professor Quirrell si inclinò in risposta.
Allora il Professore di Difesa iniziò a muoversi verso di lei, la sagoma scura che sollevò una mano lentamente e intenzionalmente, come per spingerla giù dalla torre di Corvonero –
“Stupefy!”
La scarica di adrenalina travolse ogni cosa, estrasse la sua bacchetta senza pensarci, le sue labbra formarono la parola spontaneamente, il lampo stordente saltò fuori dalla sua bacchetta e –
– rallentò fino a fermarsi di fronte alla mano alzata del professor Quirrell, ondeggiando a mezz’aria come se stesse ancora cercando di volare e producendo un leggero suono sibilante.
Il bagliore rosso illuminò il volto del professor Quirrell per la prima volta, mostrando uno strano sorriso affezionato.
“Meglio”, disse il professor Quirrell. “Signorina Granger, lei è ancora una studentessa del mio corso di Difesa. In tale qualità, se mi considera una minaccia, non mi aspetto che lei si limiti a guardarmi tristemente e a chiedermi se sono qui per ucciderla. Meno due punti-Quirrell”.
Fu completamente incapace di articolare parole.
Noncurante, il Professore di Difesa diede un colpetto con l’indice al lampo stordente sospeso, sparando indietro la fattura al di sopra della sua testa, lontano nella notte, in modo che rimasero nuovamente nell’oscurità. Allora il professor Quirrell uscì da sotto la porta, che si richiuse dietro di lui; e una morbida luce bianca spuntò attorno a loro, così che poté nuovamente vedere il volto di lui, ancora con quello strano sorriso affezionato.
“Cosa – cosa ci fa qui?”
Qualche altro passo portò il professor Quirrell in una sezione più elevata del parapetto del balcone, dove mise i gomiti sulla pietra, e vi si appoggiò pesantemente, alzando lo sguardo alla notte.
“Sono venuto qui direttamente dopo essere stato rilasciato dagli Auror, non appena ho terminato di riferire al Preside”, disse il professor Quirrell con voce bassa, “perché sono il suo insegnante, e lei è la mia studentessa, e io sono responsabile per lei”.
Hermione comprese, allora; ricordando ciò che il professor Quirrell aveva detto a Harry nella seconda lezione di Difesa dell’anno, a proposito del controllare la sua rabbia. Si sentì arrossire per la vergogna fin giù al petto. Le ci volle un momento dopo di quello perché la conoscenza sopravanzasse la mortificazione, affinché potesse obbligare le parole a uscire –
“Io –” disse Hermione. “Harry pensa – che io non abbia – perso il controllo, voglio dire –”
“Così ho sentito”, disse il professor Quirrell con toni piuttosto aridi. Scosse la testa, come se si stesse rivolgendo alle stelle. “Il ragazzo è fortunato che, nei riguardi della sua auto-distruttività, io abbia passato il confine dalla seccatura alla pura curiosità per cosa farà ora. Ma concordo con il giudizio del signor Potter sui fatti. Questo omicidio è stato accuratamente pianificato per sfuggire al rilevamento sia da parte delle protezioni di Hogwarts sia da parte dello sguardo reattivo del Preside. Naturalmente, in un omicidio così meditato, qualche innocente sarebbe stato collocato in modo da esserne incolpato”. Un breve sorriso ironico attraversò le labbra del Professore di Difesa, sebbene non stesse guardando lei. “Per quanto riguarda l’idea che lei l’abbia fatto da sola – mi considero un insegnante di talento, ma persino io non potrei insegnare un tale intento assassino a uno studente così ostinato e privo di talento come Hermione Granger”.
La parte del suo cervello che disse Cosa? per l’indignazione non fu neppure lontanamente forte abbastanza da raggiungere le sue labbra.
“No…” disse il professor Quirrell. “Non è per questo che sono qui. Lei non ha fatto alcuno sforzo per nascondere la sua avversione per me, signorina Granger. La ringrazio per la sua mancanza di simulazione, poiché preferisco di molto il vero odio al falso amore. Ma lei è ancora una mia studentessa, e ho una parola da dirle, se vorrà ascoltarla”.
Hermione lo guardò, cercando ancora di tenere a bada i postumi dell’adrenalina precedente. Sembrava che il Professore di Difesa stesse semplicemente guardando in su verso il cielo scuro, nel quale le stelle iniziavano a diventare visibili.
“Volevo diventare un eroe, una volta”, disse il professor Quirrell, continuando a guardare verso l’alto. “Può crederlo, signorina Granger?”
“No.”
“Grazie ancora, signorina Granger. Ciononostante è vero. Molto tempo fa, prima di lei o di Harry Potter, c’era un uomo che fu salutato come salvatore. L’erede predestinato, uno tale che chiunque l’avrebbe riconosciuto dalle leggende, che reggeva la giustizia e la vendetta come bacchette gemelle contro la sua esecrabile nemesi”. Il professor Quirrell emise una risata bassa e amara, guardando in su verso il cielo notturno. “Sa, signorina Granger, all’epoca pensavo di essere già cinico, eppure… beh”.
Il silenzio si allungò, nel freddo e nella notte.
“In tutta onestà”, disse il professor Quirrell, guardando in su verso le stelle, “ancora non lo capisco. Avrebbero dovuto sapere che le loro vite dipendevano dal successo di quell’uomo. Eppure fu come se cercassero di fare tutto ciò che potevano per rendere la sua vita sgradevole. Collocando ogni possibile ostacolo sulla sua strada. Non ero ingenuo, signorina Granger, non mi aspettai che i detentori del potere si schierassero con me così rapidamente – non senza che vi fosse qualcosa per loro. Ma anche il loro potere era minacciato; e così fui scioccato da come sembrassero contenti di fare un passo indietro, e di lasciare a quell’uomo tutti gli oneri della responsabilità. Schernirono le sue prestazioni, commentando tra di loro che avrebbero fatto meglio al suo posto, sebbene non si abbassarono a farsi avanti”. Il professor Quirrell scosse la testa come se fosse confuso. «E fu una cosa stranissima – il Mago Oscuro, l’esecrabile nemesi di quell’uomo – beh, coloro che servivano lui si precipitavano a compiere i propri incarichi. Il Mago Oscuro divenne più crudele con i propri seguaci, ed essi lo seguirono ancora di più. Uomini combatterono per avere l’opportunità di servire lui, proprio mentre coloro la cui vita dipendeva da quell’altro uomo si sentirono liberi di rendere la sua vita più difficile… Non potevo capirlo, signorina Granger». Il volto del professor Quirrell era in ombra, mentre guardava in alto. «Forse, accettando la maledizione dell’agire, quell’uomo la sottrasse a tutti gli altri? Fu per questo che essi si sentirono liberi di ostacolare la sua battaglia contro il Mago Oscuro che li avrebbe ridotti tutti in schiavitù? Credere che gli uomini agissero nel proprio interesse non fu cinismo, risultò in seguito, ma ottimismo della varietà più pura; in realtà gli uomini non soddisfano un requisito così elevato. E così, col tempo, egli comprese che avrebbe potuto ottenere risultati migliori combattendo il Mago Oscuro da solo, piuttosto che con seguaci tali dietro di sé».
«Così –» la voce di Hermione risuonò strana nella notte. «Ha lasciato i suoi amici indietro dove sarebbero stati al sicuro, e ha cercato di attaccare il Mago Oscuro tutto da solo?»
«Beh, no. Ho smesso di cercare di essere un eroe, e me ne sono andato a fare qualcos’altro che trovassi più piacevole.»
«Cosa?» disse Hermione senza pensarci affatto. «Questo è orribile!”
Il Professore di Difesa distolse lo sguardo dal cielo per guardare in basso verso di lei; ed ella vide, alla luce della porta, che egli stava sorridendo – o almeno che metà del suo volto stava sorridendo. «Ha intenzione di dirmi, signorina Granger, che sono una persona terribile? Bene, forse lo sono. Ma allora la gente che non prova mai neppure a essere un eroe è ancora peggiore? Se non avessi mai fatto assolutamente nulla, avrebbe avuto un’opinione migliore di me?»
Hermione aprì la bocca e poi scoprì che, ancora una volta, non aveva nulla da dire. Non era giusto smettere di essere un eroe, non si poteva farlo e basta, ma non voleva dire che tutti coloro che non erano eroi erano nulla, quello era Quirrell-pensiero…
Il sorriso, o mezzo-sorriso, era scomparso. “È stata sciocca», disse pacatamente il Professore di Difesa, «ad aspettarsi qualsiasi gratitudine duratura da coloro che ha cercato di proteggere, una volta che si è identificata come un’eroina. Proprio come lei si è aspettata che quell’uomo continuasse a essere un eroe, e l’ha definito orribile per essersi fermato, quando mille altri non hanno mai alzato un dito. Ci si aspettava che lei combattesse i bulli. Era una tassa di cui era debitrice, ed essi l’hanno accettata come prìncipi, trattandola con scherno per il ritardo nel suo pagamento. E ha già fatto esperienza, scommetto, che il loro affetto è svanito come polvere al vento una volta che non era più nel loro interesse associarsi con lei…»
Il Professore di Difesa si raddrizzò lentamente dal balcone, ergendosi quasi dritto, girandosi a guardarla frontalmente.
“Ma lei non è obbligata a essere un eroe, signorina Granger”, disse il professor Quirrell. “Può smettere quando vuole”.
Quell’idea…
… le era venuta in precedenza, diverse volte negli ultimi due giorni.
Le persone diventano coloro che sono destinate a essere, facendo ciò che è giusto, le aveva detto il preside Silente. Il problema era che sembravano esserci due cose diverse da fare. C’era una parte di lei che diceva che giusto era continuare a essere un’eroina e restare a Hogwarts, non sapeva cosa stava accadendo ma un’eroina non sarebbe scappata.
E c’era anche la voce del buon senso che diceva che i bambini non sarebbero mai dovuti restare vicini al pericolo, che quello era il motivo per cui esistevano gli adulti; la voce di ogni manifesto scolastico che diceva di non accettare caramelle dagli sconosciuti. Anche quello era giusto.
Hermione Granger rimase lì su quel balcone, osservando il professor Quirrell contornato dalle stelle sorgenti, e non capiva; non capiva come il Professore di Difesa potesse guardarla col suo volto che mostrava preoccupazione; non capiva la nota di pena nella voce del Professore di Difesa che le si era attaccata addosso; non capiva perché le veniva raccontato tutto ciò.
“Non le piaccio neppure, Professore.”
Un accenno di sorriso guizzò sul volto del professor Quirrell. “Suppongo che potrei proseguire dicendo quanto sono arrabbiato per il fatto che questa faccenda mi abbia sottratto tempo prezioso e interrotto le mie lezioni di Difesa. Ma principalmente, signorina Granger, lei è la mia studentessa, e qualunque altra professione io abbia avuto in passato, penso di essere stato un buon insegnante a Hogwarts, non è vero?” Improvvisamente gli occhi del professor Quirrell sembrarono molto stanchi. “Come suo insegnante, allora, la informo che lei ha altre opzioni di carriera. Non mi piacerebbe vedere qualcun altro seguire il mio percorso”.
Hermione deglutì. Era un lato del professor Quirrell che non aveva mai visto né immaginato, e stava erodendo i suoi pregiudizi.
Il professor Quirrell la osservò per un momento, e poi distolse di nuovo lo sguardo, tornando a guardare in su verso le stelle. Quando parlò la sua voce era più bassa. “Qualcuno qui l’ha presa di mira, signorina Granger, e io non posso più proteggerla come ho protetto il signor Malfoy. Il Preside l’ha impedito, per quelle che sostiene essere buone ragioni. È facile affezionarsi a Hogwarts, io lo so, poiché anche io vi sono affezionato. Ma in Francia hanno un’opinione differente da quella britannica riguardo alle Antiche Case; e Beauxbatons non la tratterebbe male, credo. Qualunque cosa lei immagini di me, le giuro che se mi chiedesse di farla arrivare sana e salva a Beauxbatons, farei tutto ciò che è in mio potere per permetterle di raggiungere quel luogo”.
“Non posso semplicemente –” disse Hermione.
“Ma lei può, signorina Granger”. Ora gli occhi azzurro pallido la guardarono intenti. “Qualsiasi cosa lei desideri fare della sua vita, non può ottenerla a Hogwarts, non più. Per lei questo luogo è irrimediabilmente compromesso, ora, anche lasciando da parte tutte le altre minacce. Chieda a Harry Potter di ordinarle di andare a Beauxbatons e di vivere la sua vita in pace. Se resta qui, egli è il suo padrone agli occhi della Gran Bretagna e delle sue leggi!”
Non ci aveva neppure pensato, e impallidiva decisamente a confronto con l’essere mangiata dai Dissennatori; era stato importante per lei in precedenza, ma ora tutto sembrava infantile, irrilevante, inutile, allora perché i suoi occhi bruciavano?
“E se questo non riesce a convincerla, signorina Granger, consideri anche che il signor Potter ha, proprio oggi all’ora di pranzo, minacciato Lucius Malfoy, Albus Silente e l’intero Wizengamot perché non riesce a usare il buon senso quando qualcosa minaccia di portarla via da lui. Non è spaventata da quello che farà la prossima volta?”
Era ragionevole. Terribilmente ragionevole. Drasticamente, orribilmente ragionevole.
Era troppo ragionevole –
Non sarebbe stata in grado di descriverlo a parole, ciò che le innescò l’illuminazione, a meno che non fosse la pura pressione che il Professore di Difesa stava esercitando su di lei.
Se dietro quell’intera faccenda ci fosse stato il Professore di Difesa – allora il professor Quirrell l’avrebbe fatto solo per toglierla di mezzo ai suoi piani per Harry.
Senza alcuna decisione cosciente, spostò il proprio peso sull’altro piede, il corpo che si allontanò dal Professore di Difesa –
“Quindi pensa che sia io il responsabile?” disse il professor Quirrell. La sua voce sembrò un po’ triste mentre lo disse, e il cuore di lei quasi si fermò a sentirlo. “Suppongo non possa darle alcuna colpa. Sono il Professore di Difesa di Hogwarts, dopotutto. Ma signorina Granger, anche presumendo che io sia suo nemico, il buon senso dovrebbe comunque dirle di allontanarsi da me molto rapidamente. Non può usare la Maledizione Mortale, quindi la tattica corretta è Materializzarsi altrove. Non mi dispiace essere il cattivo nella sua immaginazione se ciò rende le cose più chiare. Lasci Hogwarts, e lasci me a coloro che possono gestirmi. Organizzerò il trasporto affinché sia effettuato attraverso qualche famiglia di buona reputazione, e il signor Potter saprà di dover incolpare me se lei non arrivasse sana e salva”.
“Io –” Sentiva freddo, l’aria della notte che raffreddava la sua pelle, o forse che veniva raffreddata da essa. “Devo pensarci
Il professor Quirrell scosse la testa. “No, signorina Granger. Avrò bisogno di un po’ di tempo per organizzare la sua partenza, e mi rimane meno tempo di quanto possa pensare. Questa decisione può essere dolorosa per lei, ma non dovrebbe essere ardua; vi sono grossi pesi sui piatti di questa bilancia, ma non sono equamente distribuiti. Devo sapere questa notte se intende andare o meno”.
E in caso contrario –
Il Professore di Difesa la stava forse avvertendo intenzionalmente? Che se non fosse corsa via, avrebbe colpito di nuovo?
Perché sarebbe dovuto essere così importante, ciò che il professor Quirrell voleva fare di Harry?
Hermione Granger, sarò meno sottile di quanto sia solito per un misterioso vecchio mago, e le dirò apertamente che non può immaginare quanto possano andare a finire male le cose se gli eventi riguardanti Harry Potter dovessero mettersi per il verso sbagliato.
Glielo aveva detto il mago più potente del mondo, mentre parlava di quanto fosse importante che ella non smettesse di essere amica di Harry.
Hermione deglutì, ondeggiò un po’ sul posto, sul balcone in pietra di un castello magico. Improvvisamente l’intera assurdità mortale della situazione sembrò sorgere e afferrarla alla gola, le ragazze dodicenni non sarebbero dovute essere in pericolo, non avrebbero dovuto pensare a cose simili, Mamma avrebbe voluto che fuggisse e suo padre avrebbe avuto un infarto se avesse anche solo saputo che sua figlia doveva fronteggiare una situazione simile.
Ed ella seppe, allora, poiché Harry e Silente avevano entrambi cercato di avvisarla, che tutto ciò che aveva mai pensato riguardo all’essere un’eroina era stato un errore. Che in realtà non c’erano cose come gli eroi, al di fuori delle storie. C’erano solo pericoli orribili, e arresti da parte degli Auror e detenzioni in celle vicine ai Dissennatori, dolore e paura e –
“Signorina Granger?” disse il Professore di Difesa.
Non disse nulla. Tutte le parole erano bloccate nella sua gola.
“Ho bisogno di una decisione, signorina Granger.”
Tenne la mascella bloccata, non permise ad alcuna parola di uscire.
Infine il Professore di Difesa sospirò. Lentamente la luce bianca si spense, e lentamente la porta dietro di lui si aprì, così che fu ancora una volta una sagoma nera contro l’apertura. “Buona notte, signorina Granger”, disse, e le voltò le spalle, ed entrò dentro Hogwarts.
Ci volle un po’ prima che il suo respiro tornasse regolare. Qualunque cosa fosse accaduta lì quella notte, non sembrava affatto una vittoria. Aveva combattuto duramente solo per impedirsi di dire Sì di fronte alle pressioni del Professore di Difesa, e ora non sapeva neppure se aveva fatto la cosa giusta.
Quando anche lei tornò camminando nella luce (dopo che la spossatezza aveva superato ogni cosa e il sonno era ancora una volta una possibilità), pensò di averlo udito mentre era nel vano della porta, da dietro di lei e da sopra di lei, un lontano grido gracchiante.
Ma non era per lei, lo sapeva, così iniziò a salire le scale verso il suo dormitorio.
Le altre ragazze sarebbero state ormai addormentate, e non avrebbero guardato lei, o guardato altrove –
Sentì spuntare le lacrime, e questa volta non le fermò.