Il terzo incontro
(10:31, 17 aprile 1992)
La primavera era iniziata, l’aria della tarda mattinata ancora frizzante per le residue propaggini dell’inverno. Le giunchiglie erano fiorite in mezzo all’erba germogliata della foresta, i gentili petali gialli con i loro cuori dorati penzolanti mollemente dai loro steli, grigi e morti, feriti o uccisi da una delle improvvise gelate che spesso si vedevano in aprile. Nella Foresta Proibita ci sarebbero state forme di vita ancora più strane, centauri e unicorni quanto meno, e Harry aveva udito voci su lupi mannari. Sebbene stando a ciò che Harry aveva sentito sui lupi mannari nella vita reale, questo non aveva il minimo senso.
Harry non si arrischiò ad andare minimamente vicino al confine della Foresta Proibita, poiché non c’era ragione di correre il rischio. Camminò invisibilmente tra le forme di vita più ordinarie del bosco consentito, bacchetta in mano, un manico di scopa allacciato alla schiena per avervi accesso più facilmente, per ogni eventualità. Non aveva davvero paura; Harry pensava che fosse strano che non avesse paura. Lo stato di costante allerta, la prontezza a combattere o a fuggire, non riusciva a farsi sentire opprimente o neppure anomalo.
Ai confini del bosco consentito Harry camminava, i suoi piedi che mai deviavano verso il percorso battuto su cui sarebbe potuto essere facilmente scoperto, senza mai abbandonare la visuale delle finestre di Hogwarts. Harry aveva impostato l’allarme sul suo orologio meccanico per dirgli quando era ora di pranzo, poiché non poteva realmente guardare il proprio orologio, essendo invisibile e tutto il resto. Ciò faceva sorgere la domanda su come i suoi occhiali funzionassero mentre indossava il Mantello. Se era per quello, la Legge del terzo escluso sembrava implicare che o i complessi di rodopsina della sua retina stavano assorbendo i fotoni e li stavano trasducendo in picchi neurali, o altrimenti quei fotoni stavano attraversando il suo corpo uscendo dall’altra parte, ma non entrambi i casi. Sembrava davvero sempre più probabile che i mantelli invisibili ti permettessero di guardare verso l’esterno mentre eri tu stesso invisibile perché, a un qualche livello fondamentale, quello era il modo in cui il mago aveva – non voluto – ma implicitamente creduto – che l’invisibilità funzionasse.
Al che bisognava chiedersi se qualcuno avesse mai tentato un Incantesimo Confundus o la Legilimanzia su qualcuno in modo che credesse implicitamente e come dato di fatto che Ripara Omnia dovesse essere un facile incantesimo del primo anno, e poi cercasse di inventarlo.
O forse trovare un degno Nato babbano in un Paese che non identificava i figli di Nati babbani, e raccontargli qualche bugia dettagliata, fingere una storia di contorno e le prove corrispondenti, in modo che, sin dall’inizio, avesse un’idea diversa di cosa la magia potesse fare. Sebbene apparentemente avrebbe dovuto comunque imparare un certo numero di Incantesimi prima di diventare capace di inventare il proprio…
Avrebbe potuto non funzionare. Certamente c’era stato qualche mago biologicamente pazzo che aveva veramente creduto alla propria possibilità di raggiungere la condizione di divinità, e comunque non era riuscito a diventare dio. Ma persino il pazzo aveva probabilmente creduto che la magia per ascendere a quella condizione dovesse essere qualche grandioso e drammatico rituale e non qualcosa che si potesse fare con una composta contrazione della propria bacchetta e l’incantamento Diventa Deum.
Harry era già abbastanza sicuro che non sarebbe stato così facile. Ma allora la domanda era, perché no? Quale schema aveva imparato il suo cervello? Poteva predire la ragione in anticipo?
Allora un leggero accenno di apprensione strisciò dentro Harry, una sfumatura di ansietà, mentre contemplava questa domanda. La preoccupazione senza nome si acuì, divenne più grande –
Professor Quirrell?
“Signor Potter”, disse una voce sommessa da dietro di lui.
Harry piroettò, la mano che andò al Giratempo sotto il suo mantello; di nuovo il principio di essere in grado di fuggire con appena un istante di preavviso sembrò soltanto normale.
Lentamente, i palmi vuoti e rivolti all’esterno, il professor Quirrell stava camminando verso di lui all’interno delle zone periferiche della foresta, provenendo dalla generica direzione del castello di Hogwarts.
“Signor Potter”, disse di nuovo il professor Quirrell. “So che è qui. Lei sa che io so che lei è qui. Devo parlarle”.
Eppure Harry non disse nulla. Il professor Quirrell non aveva effettivamente detto di cosa si trattasse, e la camminata mattutina di Harry illuminata dal sole vicino al margine della foresta aveva prodotto in lui un umore silenzioso.
Il professor Quirrell fece un piccolo passo a sinistra, un passo in avanti, un altro a destra. Inclinò la testa con un’espressione calcolatoria, e poi camminò quasi dritto verso il punto in cui era Harry, fermandosi a pochi passi di distanza con la sensazione di sventura che si infiammò fino al massimo della tollerabilità.
“È ancora convinto del suo corso?” disse il professor Quirrell. “Lo stesso corso di cui ha parlato ieri?”
Di nuovo Harry non rispose.
Il professor Quirrell sospirò. “C’è così tanto che ho fatto per lei”, disse l’uomo. “Qualunque altra cosa lei possa dubitare di me, non può negare questo. Intendo riscuotere parte del debito. Mi parli, signor Potter”.
Non mi sento di farlo in questo momento, pensò Harry; poi: Oh, giusto.
Due ore più tardi, dopo che Harry ebbe ruotato il Giratempo una volta, ebbe annotato l’esatto momento e memorizzato la propria esatta posizione, ebbe passato un’altra ora camminando, fu entrato ed ebbe detto alla professoressa McGonagall che in quel momento stava parlando col Professore di Difesa nel bosco fuori da Hogwarts (giusto nel caso in cui gli accadesse qualcosa), ebbe camminato per un’altra ora, e poi fu tornato alla sua posizione originale esattamente un’ora dopo che se n’era andato ed ebbe girato il Giratempo un’altra volta –
“Cos’era quello?” disse il professor Quirrell, battendo le palpebre. “È forse appena –”
“Nulla di importante”, disse Harry senza togliersi il cappuccio del suo mantello invisibile, o spostare la mano dal suo Giratempo. “Sì, sono ancora convinto. A essere onesti, sto pensando che non avrei dovuto dire nulla”.
Il professor Quirrell inclinò la testa. “Un sentimento che le sarà utile nella sua vita. C’è qualcosa che è probabile che muti la sua idea?”
“Professore, se sapessi già dell’esistenza di un argomento che potesse cambiare la mia decisione –”
“Vero, per quelli come noi. Ma sarebbe sorpreso di sapere quanto spesso qualcuno sa cosa sta aspettando di sentire, eppure deve attendere di sentire che venga detto”. Il professor Quirrell scosse la testa. “Per dirla secondo i suoi termini… c’è un fatto vero, noto a me ma non a lei, del quale vorrei convincerla, signor Potter”.
Le sopracciglia di Harry si alzarono, sebbene l’istante successivo si ricordò che il professor Quirrell non poteva vederlo. “Sono effettivamente miei termini, va bene. Vada avanti”.
“L’intento che si è formato è molto più pericoloso di quanto si rende conto.”
Rispondere a questa affermazione sorprendente non richiese molta riflessione da parte di Harry. “Definisca pericoloso, e mi dica ciò che pensa di sapere e come pensa di saperlo”.
“Talvolta”, disse il professor Quirrell, “parlare a qualcuno di un pericolo può indurlo a spingersi dritto verso di esso. Non ho intenzione di farlo accadere questa volta. Si aspetta che le dica esattamente cosa non deve fare? Esattamente perché ho paura?” L’uomo scosse la testa. “Se fosse nato da maghi, signor Potter, saprebbe di dover prendere la cosa sul serio, quando un magus potente le dice soltanto di stare attento”.
Sarebbe stata una bugia affermare che Harry non era infastidito, ma neppure era un idiota; così Harry disse solo, “C’è qualcosa che possa dirmi?”
Con cura, il professor Quirrell si sedette sull’erba, ed estrasse la bacchetta, la mano che assunse una posizione che Harry riconobbe. Il respiro di Harry si interruppe.
“Questa è l’ultima volta che sarò in grado di farlo per lei”, disse sommessamente il professor Quirrell. Poi l’uomo iniziò a pronunciare parole che erano strane, di nessun linguaggio che Harry potesse riconoscere, un’intonazione che non sembrava del tutto umana, parole che sembravano scivolare via dalla memoria di Harry proprio mentre cercava di afferrarle, uscendo dalla sua mente tanto velocemente quanto erano entrate.
L’incantesimo fece effetto più lentamente, questa volta. Gli alberi sembrarono oscurarsi, macchiati da rami e foglie, come se visti attraverso un paio di occhiali da sole perfetti che sbiadivano e attenuavano la luce senza distorcerla. La volta blu del cielo si allontanò, l’orizzonte cui il cervello di Harry assegnava falsamente una distanza finita si ritirò mentre diventava grigio, e grigio più scuro. Le nuvole si fecero traslucide, trasparenti, divenendo sempre più tenui per permettere all’oscurità di brillarvi attraverso.
La foresta ombreggiò, sbiadì, si ridusse all’oscurità.
Il grande fiume celeste divenne nuovamente visibile, mentre gli occhi di Harry si adeguavano, divenivano capaci di vedere l’oggetto più grande che occhi umani potessero mai osservare come qualcosa di più di un punto, la circostante Via Lattea.
E le stelle, acutamente brillanti eppure remote, in mezzo a una vasta profondità.
Il professor Quirrell respirò profondamente. Poi alzò di nuovo la bacchetta (solo appena visibile, alla luce stellare senza sole né luna) e si batté sulla testa col suono di un uovo che si rompe.
Anche il Professore di Difesa sbiadì nel nulla, divenne similmente invisibile.
Un minuscolo disco di erba, illuminato da pochissima luce, vagava inoccupato all’interno dello spazio vuoto.
Per un po’ nessuno di loro parlò. Harry era contento di guardare le stelle, non distratto neppure dal suo stesso corpo. Per qualunque cosa il professor Quirrell l’avesse chiamato lì, sarebbe stata detta a tempo debito.
A tempo debito, una voce parlò.
“Non c’è guerra qui”, disse una voce morbida che emanava dall’interno del vuoto. “Nessun conflitto o battaglia, nessuna politica o tradimento, nessuna morte e nessuna vita. Tutto ciò è riservato alla follia degli uomini. Le stelle sono al di sopra di tale follia, inviolate da essa. Qui c’è pace, e silenzio eterno. Così pensavo una volta”.
Harry si girò per guardare verso là dove la voce aveva origine, e vide solo stelle.
“Così pensava una volta?” disse Harry, quando nessun’altra parola sembrò imminente.
“Non c’è nulla che sia oltre la portata del potere distruttivo di un’idiozia sufficientemente intelligente, neppure le stelle stesse. Mi sono dato davvero parecchio da fare per far durare per sempre una certa placca dorata. Non mi piacerebbe vederla distrutta dalla follia umana.”
Di nuovo gli occhi di Harry guizzarono di riflesso verso dove la voce sarebbe dovuta essere, di nuovo videro solo il vuoto. “Penso di poterla rassicurare a quel riguardo, Professore. Le armi nucleari non hanno una palla di fuoco che si estende all’infuori per… quanto è lontana la Pioneer 11? Più o meno intorno al miliardo di chilometri, forse? I Babbani parlano di armi nucleari che distruggono il mondo, ma ciò che intendono realmente è il leggero riscaldamento di parte della superficie della Terra. E il Sole è una gigantesca reazione di fusione e lui non vaporizza sonde spaziali distanti. Lo scenario peggiore per una guerra nucleare non si avvicinerebbe neppure a distruggere il Sistema Solare, non che questa sia una grande consolazione”.
“È vero fintanto che parliamo di Babbani”, disse la voce bassa in mezzo alla luce stellare. “Ma cosa sanno i Babbani del vero potere? Non sono loro che mi spaventano. È lei”.
“Professore”, disse Harry attentamente, “mentre devo ammettere di essere incappato in qualche fallimento disastroso nella mia vita, c’è un po’ di differenza tra questo e mancare così clamorosamente un tiro-salvezza che la sonda Pioneer 11 ricada nel raggio dell’esplosione. Non c’è modo realistico di farlo senza far esplodere il Sole. E prima che lo chieda, il nostro Sole è una stella di sequenza principale di tipo G, non può esplodere. Qualunque energia vi fosse immessa farebbe semplicemente incrementare il volume del plasma di idrogeno, il Sole non ha un nucleo di materia degenere che potrebbe detonare. Il Sole non ha abbastanza massa per diventare una supernova, anche alla fine del suo ciclo di vita”.
“Quante cose sorprendenti i Babbani hanno imparato”, mormorò l’altra voce. “Come le stelle vivono, come sono preservate dalla morte, come muoiono. E non si chiedono mai se tale conoscenza potrebbe essere pericolosa”.
“In tutta sincerità, Professore, quel pensiero particolare non è mai venuto in mente neppure a me.”
“Lei è un Nato babbano. Non parlo di sangue, parlo di come ha passato gli anni della sua infanzia. C’è libertà di pensiero in quello, vero. Ma c’è anche saggezza nella cautela del mondo dei maghi. Sono passati trecentoventitré anni da quando i territori magici della Sicilia furono portati alla rovina dalla follia di un solo uomo. Tali incidenti erano più comuni negli anni in cui Hogwarts fu eretto. Ancora più comuni, nel periodo successivo a Merlino. Del periodo precedente a Merlino, poco resta da essere studiato.”
“Ci sono circa trenta ordini di magnitudine di differenza tra quello e far esplodere il Sole”, osservò Harry, poi si ricontrollò. “Ma questo è un inutile cavillo, mi scusi, far saltare in aria un paese sarebbe comunque male, concordo. A ogni modo, Professore, non prevedo di fare nulla di simile”.
“Una sua scelta deliberata non è necessaria, signor Potter. Se avesse letto più romanzi da maghi e meno storie babbane, lo saprebbe. Nella letteratura seria il mago la cui follia minaccia di scatenare i Dinoccolati Uomini-Ossa non sarà deliberatamente propenso a tale obiettivo, quello è per i libri da bambini. Questo mago veramente pericoloso sarà probabilmente propenso verso qualche progetto dal quale si aspetta grande rinomanza, e la certa prospettiva di perdere quella rinomanza e vivere tutta la vita nell’oscurità gli sembrerà più vivida che l’ignota prospettiva di distruggere il suo paese. O avrà promesso il successo a qualcuno che non sopporta di deludere. Forse ha dei figli indebitati. C’è molta saggezza letteraria in quelle storie. È nata dalla dura esperienza e da città in cenere. Il candidato più probabile per un disastro è un mago potente che, per qualsiasi ragione, non è in grado di fermarsi quando appaiono segnali di avvertimento. Sebbene egli possa parlare molto e rumorosamente di cautele, non sarà in grado di fermarsi davvero. Mi chiedo, signor Potter, ha mai pensato di provare qualcosa che Hermione Granger stessa le avrebbe detto di non fare?”
“Va bene, ho capito”, disse Harry. “Professore, sono ben cosciente che se salvassi Hermione al prezzo delle vite di due altre persone, avrei perso da un punto di vista utilitaristico globale. Sono estremamente cosciente che Hermione non vorrebbe che rischiassi di distruggere l’intero paese solo per salvarla. Questo è semplicemente buon senso”.
“Bambino che uccide i Dissennatori”, disse quella voce morbida, “se fosse solo un paese che temessi che possa mandare in rovina, sarei meno preoccupato. Inizialmente non avevo prestato fede al fatto che la sua conoscenza della scienza babbana e delle pratiche babbane potesse essere una fonte di grande potere. Ora vi presto più fede. Sono, in completa sincerità, preoccupato per la sicurezza di quella placca d’oro”.
“Beh, se la fantascienza mi ha insegnato qualcosa”, disse Harry, “mi ha insegnato che distruggere il Sistema Solare non è moralmente accettabile, specialmente se lo si fa prima che l’umanità abbia colonizzato qualche altro sistema stellare”.
“Allora rinuncerà a questo –”
“No”, disse Harry senza neppure pensare prima di aprire la bocca. Dopo un momento, aggiunse, “Ma comprendo cosa sta cercando di dirmi”.
Silenzio. Le stelle non si erano spostate, neppure come avrebbero dovuto fare in un cielo notturno della Terra, col passar del tempo.
Un fruscio molto leggero, di qualcuno che spostava il proprio corpo. Harry comprese che era rimasto in piedi per un po’ nella stessa posizione, e si lasciò cadere sul circolo di erba quasi impercettibile che era ancora sotto di lui, attento a non toccare le estremità dell’incantesimo.
“Mi dica”, disse la voce morbida. “Perché quella ragazza è così importante per lei?”
“Perché è mia amica.”
“Secondo l’uso normale del linguaggio, signor Potter, la parola `amico’ non è associata a un disperato sforzo di far risorgere i morti. Ha l’impressione che sia il suo vero amore, o qualcosa di simile?”
“Oh, anche lei no”, disse stancamente. “Anche lei come tutti gli altri no, Professore. Va bene, siamo amici per la pelle, ma è tutto qui, chiaro? Questo è sufficiente. Gli amici non permettono agli amici di restare morti”.
“La gente ordinaria non fa altrettanto, per coloro che chiama amici”. La voce sembrò più distante, ora, astratta. “Neppure per coloro che dicono di amare. I loro compagni muoiono, ed essi non vanno in cerca del potere per risuscitarli”.
Harry non poté impedirselo. Guardò di nuovo là, sebbene sapesse che sarebbe stato futile, e vide solo altre stelle. “Mi faccia indovinare, da questo lei deduce che… alla gente non importa davvero dei loro amici tanto quanto finge di fare”.
Una breve risata. “Difficilmente potrebbe fingere che gliene importi di meno”.
“Gli importa, Professore, e non solo dei loro veri amori. I soldati si gettano sulle granate per salvare i loro amici, le madri corrono dentro case in fiamme per salvare i loro bambini. Ma se si è un Babbano non si pensa che vi sia una cosa simile alla magia per riportare in vita qualcuno. E i maghi normali non… pensano in modo creativo. Voglio dire, la maggior parte dei maghi non sta cercando il potere per rendere sé stessi immortali. Questo dimostra forse che non gli importa delle loro vite?”
“È come dice lei, signor Potter. Certamente io stesso considererei le loro vite inutili e senza il minimo valore. Forse, da qualche parte nei recessi dei loro cuori, anche loro credono che la mia opinione su di loro sia quella corretta.”
Harry scosse la testa, e poi, infastidito, gettò all’indietro il cappuccio del suo Mantello, e scosse di nuovo la testa. “Questa sembra una visione del mondo piuttosto forzata, Professore”, disse la testa fiocamente illuminata di un ragazzo, fluttuante senza un sostegno su di un circolo di erba scura nel mezzo delle stelle. “Cercare di inventare un incantesimo di risurrezione non è qualcosa a cui penserebbe la gente normale, quindi non può dedurre nulla dal fatto che non scelgano questa opzione”.
Un momento dopo, il contorno fiocamente illuminato di un uomo seduto sul cerchio di erba fu similmente visibile.
“Se gli stessero veramente a cuore i loro presunti cari”, disse sommessamente il Professore di Difesa, “ci penserebbero, no?”
“I cervelli non funzionano in questo modo. Non sovralimentano improvvisamente il turbo quando la posta in gioco sale – o se lo fanno, è all’interno di stretti vincoli. Non potrei calcolare la millesima cifra decimale di pi greco se la vita di qualcuno dipendesse da ciò.”
La testa fiocamente illuminata si inclinò. “Ma c’è un’altra possibile spiegazione, signor Potter. È che la gente interpreta il ruolo dell’amico. Fanno quanto quel ruolo richiede loro, e nulla di più. Mi sovviene il pensiero che forse la differenza tra lei e loro non è che a lei importi più che a loro. Perché dovrebbe essere nato con sentimenti così insolitamente forti di amicizia, che lei solo tra tutti i maghi è ossessionato dal far risorgere Hermione Granger dopo la sua morte? No, la differenza più verosimile non è che a lei importi di più. È che, essendo una creatura più logica di loro, lei solo ha pensato che interpretare il ruolo dell’Amico le richiede questo”.
Harry fissò le stelle. Avrebbe mentito se avesse affermato di non essere scosso. “Questo… non può essere vero, Professore. Potrei fare una dozzina di esempi da romanzi babbani di persone ossessionate dal’idea di far risorgere i loro amici morti. Gli autori di quelle storie capivano chiaramente il modo in cui mi sento riguardo a Hermione. Anche se lei non li avrà letti, credo… forse Orfeo ed Euridice? Quello non l’ho letto davvero ma so di cosa parla”.
“Tali storie sono narrate anche tra i maghi. C’è la storia dei fratelli Elric. La storia di Dora Kent, che fu protetta da suo figlio Saul. C’è Ronald Mallet e la sua sfida al Tempo destinata a fallire. In Italia prima della sua caduta, il dramma di Precia Testarossa. In Giappone raccontano di Akemi Homura e del suo amore perduto. Ciò che queste storie hanno in comune, signor Potter, è che sono tutte finzioni. I maghi della vita reale non cercano di fare le stesse cose, anche se la nozione chiaramente non è al di là della loro immaginazione.”
“Perché non pensano di poterlo fare!” salì di volume la voce di Harry.
“Vogliamo andare a raccontare alla buona professoressa McGonagall della sua intenzione di trovare un modo di far risorgere la signorina Granger, e vedere cosa ne pensa lei? Forse semplicemente non le è mai venuto in mente di considerare quell’opzione… Ah, ma lei esita. Sa già quale sarebbe la sua risposta, signor Potter. Sa perché la conosce?” Nella voce si poteva udire il sorriso gelido. “Una tecnica deliziosa, questa. Grazie per avermela insegnata”.
Harry era cosciente della tensione che si era sviluppata sul suo volto, le parole gli vennero fuori come smozzicate. “La professoressa McGonagall non è cresciuta con l’idea babbana del potere sempre crescente della scienza, e nessuno le ha mai detto che quando la vita di un amico è in gioco è il momento in cui hai bisogno di pensare molto razionalmente –”
Anche la voce del Professore di Difesa si stava alzando. “La Professoressa di Trasfigurazione sta leggendo da un copione, signor Potter! Quel copione le richiede di piangere e affliggersi, che tutti possano sapere quanto le stesse a cuore. La gente normale reagisce male se suggerisce loro di deviare dal copione. Come lei sa già!”
“È buffo, potrei giurare di aver visto la professoressa McGonagall deviare dal copione ieri a cena. Se la vedessi deviare dal copione altre dieci volte potrei davvero cercare di parlarle a proposito del far risorgere Hermione, ma in questo momento è un’esordiente in questa pratica e ha bisogno di fare esperienza. In fin dei conti, Professore, ciò a cui sta cercando di dare una spiegazione definendo l’amore e l’amicizia e tutto il resto solo delle bugie è semplicemente il fatto che gli esseri umani non sanno un granché.”
La voce del Professore di Difesa salì di tono. “Se fosse stato lei a essere stato ucciso da quel troll, a Hermione Granger non verrebbe mai in mente di fare ciò che sta facendo lei! Non verrebbe in mente a Draco Malfoy, né a Neville Longbottom, né a McGonagall o qualunque altro dei suoi preziosi amici! Non c’è una sola persona in questo mondo che ricambierebbe l’attenzione che sta mostrando verso di lei! Allora perché? Perché lo fa, signor Potter?” Vi fu una strana e selvaggia disperazione in quella voce. “Perché essere l’unico al mondo che si impegna in tal modo per tenere in piedi la finzione, quando nessuno di loro farà mai lo stesso per lei?”
“Credo che lei sia concretamente in errore, Professore”, rispose pacatamente Harry. “A proposito di diverse cose, in effetto. Quanto meno, il suo modello delle mie emozioni è fallato. Perché non mi comprende minimamente, quando pensa che se tutto ciò che dice fosse vero, questo mi fermerebbe. Tutto nel mondo deve iniziare da qualche parte, ogni evento deve accadere una prima volta. La vita sulla Terra è dovuta iniziare con qualche piccola molecola auto-replicante in una pozza di fango. E se io fossi la prima persona nel mondo, nessun –”
La mano di Harry fece un ampio gesto, per indicare i punti di luce terribilmente distanti.
“– se io fossi la prima persona nell’universo che abbia mai tenuto a qualcun altro, cosa che tra parentesi non sono, allora sarei onorato di essere quella persona, e cercherei di rendervi giustizia.”
Ci fu un lungo silenzio.
“Lei ci tiene davvero a quella ragazza”, disse dolcemente il fioco contorno dell’uomo. “Ci tiene a lei nel modo in cui nessuno di loro è capace di tenere alle proprie vite, per non dire l’uno dell’altro”. La voce del Professore di Difesa era diventata strana, piena di una qualche indecifrabile emozione. “Non lo capisco, ma so quanto sarà disposto a fare a causa di questo. Sfiderà la morte stessa, per lei. Nulla la devierà da questo”.
“Mi importa abbastanza per fare uno sforzo effettivo”, disse pacatamente Harry. “Sì, questo è giusto”.
La luce delle stelle iniziò lentamente a fratturarsi, il mondo che brillava attraverso le crepe; squarci attraverso la notte mostravano tronchi d’albero e foglie brillanti alla luce del sole. Harry alzò una mano, sbattendo le palpebre, mentre la luminosità che tornava colpì violentemente i suoi occhi adattati all’oscurità; e i suoi occhi andarono automaticamente al Professore di Difesa, giusto nel caso un attacco avesse avuto luogo mentre era accecato.
Quando tutte le stelle se furono scomparse e rimase solo la luce del dì, il professor Quirrell era ancora seduto sull’erba. “Bene, signor Potter”, disse con voce normale, “se le cose stanno così, allora le darò qualunque aiuto posso, finché posso”.
“Lei farà cosa?” disse involontariamente Harry.
“La mia offerta così come l’ho formulata ieri è ancora valida. Chieda e risponderò. Mi mostri gli stessi libri di scienza che ha reputato adatti al signor Malfoy, e li studierò e le dirò cosa mi viene in mente. Non sembri sorpreso, signor Potter, difficilmente la lascerei da solo con i suoi congegni.”
Harry lo fissò, i condotti lacrimali che si inumidivano ancora per l’improvvisa luce.
Il professor Quirrell gli restituì lo sguardo. Qualcosa di strano scintillò negli occhi chiari. “Ho fatto ciò che potevo, e ora temo debba congedarmi da lei. Buona –” e il Professore di Difesa esitò. “Buona giornata, signor Potter”.
“Buona –” iniziò Harry.
L’uomo seduto sull’erba cadde, la sua testa che colpì il suolo con un leggero tonfo. Allo stesso tempo la sensazione di sventura diminuì così acutamente che Harry saltò in piedi, il cuore improvvisamente in gola.
Ma la figura a terra si risollevò lentamente in una posizione strisciante. Si girò a guardare verso Harry, occhi vuoti, bocca floscia. Cercò di alzarsi in piedi, ricadde a terra.
Harry fece un passo avanti, un istinto puro che gli disse di porgere una mano, sebbene quello fosse sbagliato; l’apprensione che crebbe dentro di lui, per quanto debole, parlava di un pericolo continuo.
Ma la figura caduta sussultò allontanandosi da Harry, e poi lentamente iniziò a strisciare via da lui, nella generica direzione del distante castello.
Il ragazzo in piedi in mezzo alla foresta seguì con lo sguardo.