13 maggio 1992
Il volto di Argus Filch appariva contorto alla luce della lampada a olio che reggeva, le ombre che danzavano sul suo viso. Dietro di loro le porte di Hogwarts si allontanavano rapidamente, e i terreni scuri si facevano più vicini. La pista che ora seguivano camminando era fangosa e indistinta.
Gli alberi, i rami precedentemente nudi a causa dell’inverno, non erano ancora completamente ricoperti dalla primavera; le loro diramazioni si allungavano verso il cielo come dita slanciate, scheletri visibili in mezzo al magro fogliame. La luna era luminosa, ma le nuvole che le passavano davanti li gettavano spesso nell’oscurità, illuminati solo dalle fiamme fioche della lampada di Filch.
Draco manteneva una presa ferma sulla propria bacchetta.
“Dove ci sta portando?” disse Tracey Davis. Era stata sorpresa da Filch insieme a Draco, mentre si recavano a un tentativo d’incontro dei Serpeverde d’Argento dopo l’ora del coprifuoco, e come lui era stata punita.
“Voi seguitemi e basta”, disse Argus Filch.
Draco si stava sentendo piuttosto infastidito dall’intera faccenda. I Serpeverde d’Argento sarebbero dovuti essere un affare scolastico riconosciuto. Non c’era ragione per cui una cospirazione segreta non avrebbe dovuto avere il permesso di incontrarsi dopo il coprifuoco, se era per il bene superiore di Hogwarts. Se quello fosse accaduto ancora una volta, avrebbe parlato con Daphne Greengrass e Daphne avrebbe parlato a suo padre e allora Filch avrebbe imparato la saggezza del guardare dall’altra parte quando erano coinvolti i Malfoy.
Le luci del castello di Hogwarts si erano attenuate in lontananza quando Filch parlò di nuovo. “Scommetto che ci penserete due volte a infrangere ancora una regola scolastica, no?” Filch girò la testa, allontanandola dalla lampada, in modo da poter sbirciare malevolmente i quattro studenti che lo seguivano. “Eh sì… lavoro duro e dolore sono i migliori insegnanti se me lo chiedete… È proprio un peccato che abbiano lasciato morire le vecchie punizioni… appendervi al soffitto per i polsi per qualche giorno, ho ancora le catene nel mio ufficio, le tengo ben oliate nel caso siano mai necessarie…”
“Ehi!” disse Tracey, una nota di indignazione che entrò nella sua voce. “Sono troppo giovane per sentire quel – quel genere di – lo sa! Specialmente se le catene sono ben oliate!”
Draco non stava prestando attenzione. Semplicemente Filch non era dello stesso livello di Amycus Carrow.
Dietro di loro, una dei due Serpeverde più grandi che li seguiva fece un risolino, sebbene non disse nulla. Al suo fianco c’era l’altro, un ragazzo alto con un’impronta slava sul volto, e che parlava ancora con un accento. Erano stati sorpresi per un’infrazione indipendente, che aveva a che fare col genere di cose di cui Tracey continuava a parlare, e sembravano essere nel loro terzo o quarto anno. “Pfah”, disse il ragazzo più alto. “A Durmstrang ti appendono a testa in giù per gli alluci. Per un alluce, se sei stato insolente. Hogwarts era molle persino nei tempi passati”.
Argus Filch rimase in silenzio per mezzo minuto, come se stesse cercando di pensare a una replica appropriata, e poi fece una risatina. “Vedremo cosa dirai… quando verrai a sapere cosa farai stanotte! Ah!”
“Ho detto, sono troppo giovane per quel genere di cose!” disse Tracey Davis. “Questa cosa dovrà aspettare finché sarò più grande!”
Davanti a loro c’era una casetta con le finestre illuminate, sebbene le proporzioni sembrassero sbagliate.
Filch fischiò, un suono acuto e tagliente, e un cane iniziò ad abbaiare.
Dalla casetta uscì una figura, che fece sembrare gli alberi attorno a lei troppo piccoli. La figura era seguita da un cane che a confronto appariva simile a un cucciolo, finché non lo si guardava separatamente dalla sagoma più alta e si comprendeva che il cane era enorme, più simile a un lupo.
Gli occhi di Draco si socchiusero, prima che potesse accorgersene. In quanto Serpeverde d’Argento non avrebbe dovuto avere pregiudizi contro esseri senzienti, specialmente non là dove altre persone potevano vederlo.
“Che roba è?” disse la figura, nella rumorosa voce roca del mezzo-gigante. Il suo ombrello si accese di un bagliore bianco, più luminoso della fioca lampada di Flich. Nell’altra mano reggeva una balestra; una faretra di corti dardi era legata alla parte superiore del braccio.
“Studenti che scontano una punizione”, disse Filch, ad alta voce. “Devono aiutarti a ispezionare la Foresta per… qualunque cosa li stia mangiando”.
“La Foresta?” gemette Tracey. “Non possiamo andarci di notte!”
“Giusto”, disse Filch, dando le spalle a Hagrid per lanciare loro un’occhiata. “È nella Foresta che state andando, e mi sbaglio di grosso se tornerete tutti d’un pezzo”.
“Ma –” disse Tracey. “Ci sono i lupi mannari, ho sentito, e i vampiri, e tutti sanno quello che succede quando ci sono una ragazza e un lupo mannaro e un vampiro tutti insieme!”
L’enorme mezzo-gigante era accigliato. “Argus, ciavevo pensato a te e qualche settimino. È inutile portarci aiuti se devo stare attento a loro tutto il tempo”.
Il volto di Argus si illuminò di crudele soddisfazione. “Questi sono affari loro, no? Avrebbero dovuto pensare ai lupi mannari prima di ficcarsi nei guai, no? Mandali fuori da soli. Non sarei così amichevole con loro, Hagrid. Sono qui per essere puniti, dopo tutto”.
Il mezzo-gigante emise un massiccio sospiro (suonò come se un a uomo normale una Fattura di Randellamento avesse fatto espellere tutta l’aria dai polmoni). “Hai fatto quello che avevi daffare. Da mo ci penzo io”.
“Tornerò all’alba”, disse Filch, “per quello che è rimasto di loro”, aggiunse con malignità, e si voltò e iniziò a tornare verso il castello, la sua lampada che andava su e giù nell’oscurità.
“Vabbé”, disse Hagrid, “ora, ‘scoltate bene, perché è pericoloso quello che facciamo stanotte e non voglio che qualcuno abbia rischi. Venite là con me per un attimino”.
Li condusse all’esatto limitare della Foresta. Tenendo alta la sua lampada indicò in basso verso una pista di terra stretta e serpeggiante che scompariva tra i fitti alberi neri. Una leggera brezza soffiava sopra la testa di Draco mentre guardava nella Foresta.
“C’è qualcheccosa là che sta magnando unicorni”, disse l’enorme uomo.
Draco annuì: ricordava vagamente di aver sentito qualcosa di simile un paio di settimane prima, verso la fine di aprile.
“Ci ha chiamati per scovare una scia di sangue argenteo fino a un unicorno ferito?” disse eccitata Tracey.
“No”, disse Draco, sebbene riuscì a fermare il sogghigno di riflesso. “Filch ci ha dato la nota di punizione oggi a pranzo, a mezzogiorno. Il signor Hagrid non aspetterebbe così tanto per trovare un unicorno ferito, e se stessimo cercando una cosa simile, cercheremmo di giorno, quando è illuminato. Allora”, Draco sollevò un dito, come aveva visto fare all’ispettore León negli spettacoli, “deduco che stiamo cercando qualcosa che viene fuori solo di notte”.
“Sì”, disse il mezzo-gigante, sembrando pensieroso. “Non sei come ti pensavo, Draco Malfoy. Proprio per niente come ti pensavo. E tu sei Tracey Davis, allora. Ho sentito di te. Una del gruppo della povera signorina Granger”. Rubeus Hagrid guardò verso i due Serpeverde più grandi, scrutandoli alla luce del suo ombrello luminoso. “E chi siete voi, allora? Non ricordo di averti visto spesso, ragazzo”.
“Cornelia Walt”, disse la strega, “e questo è Yuri Yuliy”, indicando il ragazzo dall’aspetto slavo che aveva parlato di Durmstrang. “La sua famiglia è in visita dalle terre ucraine, così è a Hogwarts solo per quest’anno”. Il ragazzo più grande annuì, un sorriso leggermente sprezzante adagiato sul suo volto.
“Questo è Zanna”, disse Hagrid, indicando il cane.
Tutti e cinque si misero in viaggio nel bosco.
“Cosa potrebbe uccidere gli unicorni?” disse Draco dopo che avevano camminato per qualche minuto. Draco conosceva qualcosa delle creature Oscure, ma non poteva ricordare nulla che fosse noto per cibarsi di unicorni. “Che genere di creatura fa una cosa simile, qualcuno lo sa?”
“Lupi mannari!” disse Tracey.
“Signorina Davis?” disse Draco, e quando ella lo guardò, egli puntò silenziosamente un dito verso la luna. Era crescente gibbosa, ma non ancora piena.
“Oh, giusto”, disse Tracey.
“No mannari nella Foresta”, disse Hagrid. “Sono normali maghi quasi tutto il tempo, ricordate. Non possono essere nemmanco lupi, non sono abbastanza veloci da acchiappare un unicorno. Potenti creature magiche, sono gli unicorni, mai saputo di qualcuno che può far male loro prima”.
Draco ascoltava, pensando all’enigma quasi suo malgrado. “Allora cosa è abbastanza veloce da catturare un unicorno?”
“Non è stata roba di velocità”, disse Hagrid, rivolgendo a Draco un’occhiata indecifrabile. “Non ci sta fine ai modi che le creature cacciano. Veleno, oscurità, trappole. I folletti non li vedi o senti o ricordi, anche quando cercavano di mangiarti la faccia tua. Ci sta sempre qualche cosa di nuovo da imparare”.
Una nuvola passò sopra la luna, gettando la foresta in un’oscurità illuminata solo dal bagliore dell’ombrello di Hagrid.
“Me”, continuò Hagrid, “penso che potremmo averci tra le mani un’idra di Parigi. Non sono pericolosi per un mago, devi solo tenerle lontane abbastanza tanto, e non puoi perdere mai. Cioè, non puoi letteralmente mai perdere finché ci continui a combattere. Il problema è che contro un’idra di Parigi, la maggior parte delle creature si arrende prima. Ci vuole assai per tagliarci tutte le teste, sapete”.
“Bah”, disse il ragazzo straniero. “A Durmstrang impariamo a combattere l’idra di Buchholz. Inconcepibilmente più noiosa da combattere! E intendo letteralmente, non è possibile concepirlo. I primini non ci credono quando diciamo loro che vincere è possibile! L’istruttore deve dare un secondo ordine, iterare finché non capiscono”.
Camminarono per quasi mezz’ora, sempre più in profondità nella Foresta, finché il sentiero non divenne quasi impossibile da seguire perché gli alberi erano molto fitti.
Poi Draco lo vide, in spessi schizzi sulle radici degli alberi, che baluginavano di un colore splendente sotto la luce della luna. “Quello è forse –”
“Sangue di unicorno”, disse Hagrid. La voce dell’enorme uomo era triste.
Nella radura davanti a loro, visibile attraverso i rami intrecciati di una grande quercia, videro la creatura caduta, distesa bellissima e triste al suolo, la terra attorno a lei che brillava di un colore argento lunare per la pozza di sangue. L’unicorno non era bianco, ma azzurro, o così appariva sotto la luna e il cielo notturno. Le sue gambe slanciate bloccate ad angoli inconsueti, ovviamente rotte, e la sua criniera sparsa sulle foglie scure, verde-nera ma con la lucentezza delle perle. Sul suo fianco c’era una piccola forma bianca simile a un’esplosione di stelle, un centro circondato da otto raggi dritti. Metà del suo fianco era stato strappato via, i margini lacerati come da segni di zanne, ossa e organi interni esposti.
Una strana sensazione si soffocamento nacque nella gola di Draco.
“È lei”, disse Hagrid, il suo triste sospiro tanto forte quanto la voce normale di un uomo. “Proprio dove l’ho trovata stamattina, morta come una maniglia morta. Lei è – era – il primo unicorno che ho incontrato in questi boschi. La chiamavo Alicorno, ma questo non le importa più, penso”.
“Ha chiamato Alicorno un unicorno”, disse la ragazza più grande. La sua voce era un po’ secca.
“Ma non ha ali”, disse Tracey.
“Un alicorno è il corno di un unicorno”, disse Hagrid, ora più forte. “Non capisco perché voi avete iniziato a pensare che vuol dire unicorno con le ali, non c’era mai una cosa così che io so. È proprio come chiamare Zanna un cane”, indicando l’enorme cane simile a un lupo che arrivava appena alle sue ginocchia. “Come la avreste chiamata voi? Hannah o qualcosa di simile? Le mettei il nome che significava qualcosa per lei. Normale gentilezza, la chiamo io”.
Nessuno disse nulla a proposito, e dopo un altro momento, l’enorme uomo fece un cenno secco. “Incominciamo la nostra cerca da qua, l’ultimo posto dove ha colpito. Ci dividiamo in due gruppi e seguiamo la traccia da due parti diverse. Voi due, Walt e Yuliy – voi andata da quella parte, e prendete Zanna. Non c’è niente che vive nella Foresta che vi fa male se siete con Zanna. Mandate in aria scintille verdi se trovate qualche cosa di interessante, e mandate in aria scintille rosse se qualcuno si ficca nei guai. Davis, Malfoy, con me”.
La Foresta era nera e silenziosa. Rubeus Hagrid aveva smorzato la luce del suo ombrello dopo che si erano avviati, così che Draco e Tracey dovevano orientarsi con la luce della luna, non senza sporadici inciampi e cadute. Passarono oltre un troncone d’albero coperto di muschio, il suono di acqua corrente che parlava di un ruscello da qualche parte lì vicino. Di tanto in tanto un raggio di luce lunare attraversava i rami là sopra e illuminava una macchia di sangue blu argento sulle foglie cadute; stavano seguendo la traccia di sangue, verso il luogo in cui la creatura doveva aver colpito inizialmente l’unicorno.
“Ci stanno voci su di te”, disse Hagrid a bassa voce dopo che ebbero camminato per un po’.
“Beh, sono tutte vere”, disse Tracey. “Tutte”.
“Non te”, disse Hagrid. “Hai veramente detto sotto Veritaserum che hai cercato di aiutare la signorina Granger, le tre volte che è stato?”
Per un po’ Draco soppesò le proprie parole, e infine disse, “Sì”. Non sarebbe stato utile sembrare troppo entusiasta di rivendicare il merito.
L’enorme uomo scosse la testa, i suoi grandi piedi che ancora battevano silenziosamente tra gli alberi. “Mi sorprende, a essere onesto. E tu pure, Davis, a cercare di mettere a posto i corridoi. Siete sicuri che il Cappello Smistatore vi ha messo al posto giusto? Non c’è una sola strega o un solo mago che è andato a male che non stava a Serpeverde, così si è sempre detto”.
“Questo non è vero”, disse Tracey. “Che mi dice di Xiaonan Tong il Corvo Nero, Spencer della Collina, e del Signor Kayvon?”
“Chi?”, disse Hagrid.
“Sono solo alcuni dei migliori Maghi Oscuri degli ultimi due secoli”, disse Tracey. “Probabilmente sono i migliori provenienti da Hogwarts che non erano di Serpeverde”. La sua voce si abbassò, perse il suo entusiasmo. “La signorina Granger mi diceva sempre che mi sarei dovuta documentare su qualunque cosa io –”
“A ogni modo”, disse rapidamente Draco, “questo non è molto rilevante, signor Hagrid. Anche se –” Draco ci lavorò su nella propria testa, cercando di tradurre la differenza tra probabilità di Serpeverde dato Oscuro e probabilità di Oscuro dato Serpeverde in linguaggio non-scientifico. “Anche se la maggior parte dei Maghi Oscuri provengono da Serpeverde, molti pochi Serpeverde sono Maghi Oscuri. Non ci sono così tanti Maghi Oscuri, quindi non tutti i Serpeverde possono esserne uno”. O, come aveva detto suo Padre, mentre ogni Malfoy avrebbe certamente dovuto conoscere gran parte della tradizione segreta, i rituali più… costosi sarebbe stato meglio lasciarli a utili sciocchi come Amycus Carrow.
“Quindi dici”, rispose Hagrid, “che molti Maghi Oscuri sono Serpeverde… ma…”
“Ma la maggior parte dei Serpeverde non sono Maghi Oscuri”, completò Draco. Aveva la sensazione spossata che stessero su quel punto da un po’, ma come quando si combatteva un’idra, la cosa importante era non arrendersi.
“Non ci ho mai pensato così”, disse l’enorme uomo, sembrando impressionato. “Ma, beh, se non siete tutti un nido di serpenti, allora perché – mettetevi dietro quell’albero!”
Hagrid afferrò Draco e Tracey e sollevandoli dal sentiero li spostò dietro una torreggiante quercia. Estrasse un dardo e lo inserì nella sua balestra, sollevandola, pronto a scoccare. Tutti e tre ascoltarono. Qualcosa stava strisciando sopra le foglie morte là vicino; emetteva il suono di mantello trascinato per terra. Hagrid stava strizzando gli occhi lungo il sentiero oscuro, ma dopo alcuni secondi, il suono si attenuò fino a scomparire.
“Lo sapevo”, mormorò Hagrid. “Ci sta qualcheccosa qua che non ci deve stare”.
Corsero nel posto da cui era provenuto il rumore frusciante, con Hagrid che li guidava e sia Tracey sia Draco che stringevano le loro bacchette in posizione, ma non trovarono nulla, malgrado cercassero all’interno di un cerchio sempre più grande con le orecchie che si sforzavano a udire il suono più debole.
Continuarono a camminare attraverso gli alberi fitti e oscuri. Draco continuò a guardarsi dietro le spalle, la sensazione di essere osservati che continuava ad assillarlo. Avevano appena superato una curva nel sentiero quando Tracey gridò e indicò.
In lontananza, una pioggia di scintille rosse illuminò l’aria.
“Voi due aspettate qui!” gridò Hagrid. “Rimanete dove state, torno a pigliarvi!”
Prima che Draco potesse dire una parola, Hagrid girò su sé stesso e si precipitò attraverso la bassa vegetazione.
Draco e Tracey rimasero a guardarsi l’un l’altra, finché non udirono nulla se non il fruscio di foglie intorno a loro. Tracey sembrava spaventata, ma cercava di nasconderlo. Draco si stava sentendo più infastidito che altro. Apparentemente Rubeus Hagrid, quando aveva concepito i propri piani per quella notte, non avesse passato neppure cinque secondi a visualizzare le conseguenze se qualcosa fosse andato davvero storto.
“E ora?” disse Tracey, la sua voce un po’ acuta.
“Aspettiamo che il signor Hagrid ritorni.”
I minuti passarono trascinandosi. Le orecchie di Draco sembravano più acute del solito, cogliendo ogni singolo alito di vento, ogni ramoscello spezzato. Tracey continuava a guardare in su verso la luna, come per rassicurarsi che non fosse ancora piena.
“Mi –” sussurrò Tracey. “Mi sto un po’ innervosendo, signor Malfoy”.
Draco ci pensò un po’. A essere onesti, c’era qualcosa… beh, non era che fosse codardo, o perfino spaventato. Ma c’era stato un omicidio a Hogwarts e se avesse visto sé stesso in un’opera teatrale, appena abbandonato nella Foresta Proibita da un mezzo-gigante, avrebbe provato la sensazione di gridare al ragazzo sul palcoscenico che doveva…
Draco infilò la mano nelle vesti, e ne estrasse uno specchio. Tamburellando sulla superficie apparve un uomo in vesti rosse, che si accigliò quasi immediatamente.
“Capitano Auror Eneasz Brodski”, disse chiaramente l’uomo, facendo sobbalzare Tracey per la fragorosità nel silenzio della foresta. “Cosa c’è, Draco Malfoy?”
“Mi richiami tra dieci minuti”, disse Draco. Aveva deciso di non lamentarsi direttamente della propria punizione. Non voleva sembrare un ragazzino viziato. “Se non rispondo, venga a prendermi. Sono nella Foresta Proibita”.
All’interno dello specchio, le sopracciglia dell’Auror si inarcarono. “Cosa sta facendo nella Foresta Proibita, signor Malfoy?”
“Cerco il mangiatore di unicorni insieme al signor Hagrid”, disse Draco, e spense lo specchio battendovi, e lo rimise nelle proprie vesti prima che l’Auror potesse chiedere qualunque cosa sulle punizioni o dire qualunque cosa riguardo lo scontarle senza lamentarsi.
La testa di Tracey si girò verso di lui, sebbene fosse un po’ troppo buio per leggere l’espressione della ragazza. “Uhm, grazie”, sussurrò.
Le poche foglie che erano spuntate sui rispettivi rami frusciarono mentre un’altra brezza più fredda soffiò attraverso la foresta.
La voce di Tracey fu un po’ più forte quando parlò di nuovo. “Non doveva –” disse, ora sembrando un po’ timida.
“Non lo dica neanche, signorina Davis.”
La sagoma scura di Tracey portò la mano alla guancia, come per nascondere un rossore che comunque non era visibile. “Voglio dire, non per me –”
“No, seriamente”, rispose Draco. “Non lo dica. Per niente”. Avrebbe minacciato di prendere lo specchio e di ordinare al capitano Brodski di non salvare lei, ma aveva paura che ella potesse considerarlo un amoreggiamento.
La sagoma della testa di Tracey si girò allontanandosi da lui, guardò altrove. Infine ella disse, con una voce più bassa, “È troppo presto, vero –”
Un forte urlo echeggiò attraverso la foresta, un suono non-del-tutto-umano, l’urlo di qualcosa di simile a un cavallo; e Tracey strillò e corse via.
“No, testona!” gridò Draco, gettandosi dietro di lei. Il suono era stato così misterioso che Draco non era certo da dove fosse arrivato – ma pensò che Tracey Davis potesse, in effetti, stare correndo dritto verso la fonte di quel grido sinistro.
Dei rovi frustarono gli occhi di Draco, dovette tenere una mano di fronte al viso per proteggersi da loro, cercando di non perdere la traccia di Tracey poiché sembrava ovvio che, se quella fosse stata un’opera teatrale, e loro fossero finiti per separarsi, uno di loro sarebbe morto. Draco pensò allo specchio ben chiuso all’interno delle sue vesti ma in qualche modo sapeva che se avesse cercato di tirarlo fuori con una mano sola mentre correva, lo specchio sarebbe inevitabilmente caduto e sarebbe andato perduto –
Là davanti, Tracey si era fermata, e Draco si sentì sollevato per un istante, prima di vedere.
Un altro unicorno giaceva a terra, circondato da una pozza di sangue argenteo che si allargava lentamente, i margini del sangue che strisciavano sul terreno come mercurio versato. Il suo manto era viola, come il colore del cielo notturno, il suo corno esattamente dello stesso colore crepuscolare della sua pelle, il suo fianco visibile segnato da una chiazza rosa a forma di stella circondata da zone bianche. La visione lacerò il cuore di Draco, ancor più dell’altro unicorno perché gli occhi di questo stavano fissando vetrosi proprio lui, e perché c’era una –
– sfocata forma contorta –
– che si nutriva da una ferita aperta sul fianco dell’unicorno, come se stesse bevendo da essa –
– Draco non poteva capire, in qualche modo non poteva riconoscere ciò che stava vedendo –
– li stava osservando.
La sfocata, brulicante e irriconoscibile oscurità sembrò voltarsi a osservarli. Ne venne un sibilo, come il sibilo del più mortale serpente che fosse mai esistito, qualcosa di gran lunga più pericoloso di qualunque krait comune.
Poi tornò alla ferita nell’unicorno, e continuò a bere.
Lo specchio era nella mano di Draco, e rimase senza vita mentre il suo dito batteva meccanicamente sulla superficie, ancora e poi ancora.
Tracey stava ora reggendo la propria bacchetta, pronunciando parole come “Prismatis” e “Stupefy”, ma nulla stava accadendo.
Poi il profilo brulicante si sollevò, come un uomo che si alzasse in piedi solo che non era così; e sembrò muoversi freneticamente in avanti, spostandosi con uno strano mezzo-salto dall’altra parte delle zampe dell’unicorno morente, avvicinandosi a loro due.
Tracey gli tirò la manica e poi si voltò per correre, correre via da qualcosa che poteva dare la caccia agli unicorni. Prima che ella potesse fare tre passi, giunse un altro terribile sibilo, che gli arse le orecchie, e Tracey cadde a terra e non si mosse.
Da qualche parte nei recessi della sua mente, Draco sapeva che stava per morire. Anche se l’Auror avesse controllato il suo specchio proprio in quell’istante, non c’era modo che qualcuno potesse arrivare abbastanza velocemente. Non c’era tempo.
Correre via non aveva funzionato.
La magia non aveva funzionato.
Il contorno brulicante si avvicinò, mentre Draco cercava, nei suoi ultimi istanti, di risolvere l’enigma.
Poi una splendente palla di luce argentea si tuffò dal cielo notturno e rimase sospesa là, illuminando la foresta tanto intensamente quanto la luce del giorno, e il contorno brulicante saltò all’indietro, come terrorizzato dalla luce.
Quattro manici di scopa discesero dal cielo, tre Auror con luminosi scudi multicolore e Harry Potter che reggeva alta la sua bacchetta, seduto dietro la professoressa McGonagall all’interno di uno scudo più grande.
“Se ne vada da qui!” ruggì la professoressa McGonagall –
– un istante prima che la cosa brulicante emettesse un altro terribile sibilo, e tutti gli incantesimi di protezione si spegnessero in un istante. I tre Auror e la professoressa McGonagall scivolarono dai loro manici di scopa e caddero pesantemente al suolo della foresta, giacendo immobili.
Draco non poteva respirare, la paura più intensa che avesse mai provato in vita sua gli stringeva tutto il petto, allungando dei viticci attorno al suo cuore.
Harry Potter, che era rimasto incolume, pilotò silenziosamente il suo manico di scopa verso il suolo –
– e poi saltò giù per porsi tra Draco e il contorno brulicante, interponendosi come uno scudo vivente.
“Corri!” disse Harry Potter, girando a metà la testa verso Draco. L’argentea luce lunare baluginò sul suo volto. “Corri, Draco! Lo tratterrò io!”
“Non puoi combattere quella cosa da solo!” gridò a squarciagola Draco. Provava nausea allo stomaco, una sensazione di contorcimento che, andando indietro con la memoria, sembrava allo stesso tempo simile e dissimile a un senso di colpa, come se provasse la sensazione ma non del tutto l’emozione.
“Devo”, disse Harry Potter risolutamente. “Va’!”
“Harry, mi – mi dispiace, per tutto – io” Sebbene in seguito, ripensandoci, Draco non riuscisse del tutto a ricordare per che cosa voleva scusarsi, forse era stato per aver progettato di rovesciare il complotto di Harry, tanto tempo prima.
La figura brulicante, ora apparentemente più nera e più terribile, si alzò per aria, levitando da terra.
“Va’!” gridò Harry.
Draco si girò e scappò via a gambe levate nella foresta, con i rami che gli frustavano la faccia. Dietro di sé, Draco udì un altro sibilo terribile, e la voce di Harry che si alzava, gridando qualcosa che Draco non poté distinguere da lontano; Draco girò la testa soltanto per un istante per guardarsi indietro, e in quel momento andò a sbattere contro qualcosa, battendo la testa duramente, e svenì.
Harry mantenne una presa ferma sulla propria bacchetta, con una Sfera Prismatica che gli risplendeva attorno. Guardò direttamente la brulicante e sfocata forma di fronte a lui, e disse, “Cosa diavolo sta facendo?”
Le sfocature brulicanti si sciolsero, si riformarono, e si rilassarono nuovamente in una forma incappucciata. Qualunque occultamento fosse stato in atto – un congegno piuttosto che un Incantesimo, ipotizzò Harry, dato che la magia era stata in grado di influenzarlo – aveva impedito alla sua mente di riconoscere la forma o persino che la forma era umana. Ma non aveva impedito a Harry di riconoscere l’acuta sensazione di sventura.
Il professor Quirrell era in piedi con del sangue argenteo su tutto il davanti del suo avvolgente mantello nero, ed emise un sospiro, guardando le forme cadute di tre Auror, Tracey Davis, Draco Malfoy, e della professoressa McGonagall. “Avevo sinceramente pensato”, mormorò il professor Quirrell, “di aver bloccato quello specchio senza far scattare un allarme. Che ci facevano due Serpeverde del primo anno da soli nella Foresta Proibita? Il signor Malfoy ha più buon senso di questo… Che fiasco”.
Harry non rispose. La sensazione di sventura era più forte di quanto Harry potesse mai ricordare, una sensazione di potere nell’aria così grande da essere quasi tangibile. Una certa parte di lui era ancora visceralmente traumatizzata per la velocità con cui gli scudi che circondavano gli Auror erano stati distrutti. Non era stato quasi in grado di vedere la successione di sferzate di colore che avevano fatto a pezzi gli scudi come fossero carta velina. Faceva del duello che il professor Quirrell aveva combattuto contro l’Auror ad Azkaban una specie di parodia, un gioco da bambini – sebbene il professor Quirrell avesse affermato, allora, che se avesse combattuto sul serio l’Auror sarebbe stato morto dopo pochi secondi; e Harry sapeva ora che anche quello era vero.
Quanto in alto saliva la scala del potere?
“Desumo”, disse Harry, riuscendo a mantenere salda la sua voce, “che il suo mangiare unicorni abbia qualcosa a che fare con il motivo per cui lei non sarà licenziato dalla sua posizione di Professore di Difesa. Suppongo che non le interessi spiegarlo molto dettagliatamente, giusto?”
Il professor Quirrell lo guardò. La quasi tangibile sensazione di potere nell’aria sembrò diminuire, ritirandosi all’interno del Professore di Difesa. “Mi spiegherò senz’altro”, disse il Professore di Difesa. “Ho bisogno di lanciare qualche Incantesimo di Memoria, prima, e poi potremo andarcene a discuterne, poiché non sarebbe saggio per me restare. Lei ritornerà a questo istante in seguito, come so”.
Con un atto di volontà, Harry fu in grado di vedere attraverso il Mantello che aveva domato; e seppe che un altro Harry stava a fianco a lui, nascosto dal proprio Dono della Morte. Allora Harry disse al proprio Mantello di nascondersi nuovamente da sé stesso, ed esso lo fece; essere in grado di percepire il proprio sé futuro significava dovere in seguito far corrispondere quel ricordo.
Allora la voce di Harry disse, suonando strana alle orecchie dell’Harry del presente, “Ha una spiegazione sorprendentemente buona”.
L’Harry del presente ricordò le parole il meglio che poté. Nulla di più fu detto tra loro.
Il professor Quirrell camminò fino alla forma di Draco, e pronunciò l’incantamento dell’Incantesimo del Falso Ricordo. Il Professore di Difesa rimase là per forse un minuto, sembrando perso nei suoi pensieri.
Harry aveva studiato Obliazione, in quelle ultime due settimane – anche se non avrebbe potuto aiutare a lanciare gli incantesimi, a meno che non fosse stato disposto a sfinirsi quasi completamente, e per qualche ragione avessero voluto che un Auror perdesse ogni singolo ricordo della sua vita che includesse il colore blu. Ma Harry aveva qualche idea, ora, della concentrazione che il di gran lunga più difficile Incantesimo del Falso Ricordo comportava. Dovevi cercare di rivivere l’intera vita dell’altra persona nella tua mente, almeno se volevi creare Falsi Ricordi con un rallentamento inferiore a sedici-a-uno mentre costruivi sedici tracce principali di ricordo. Poteva essere silenzioso, potevano non esserci segni esteriori; ma Harry sapeva qualcosa circa la difficoltà, ora, e sapeva di essere impressionato.
Il professor Quirrell terminò, e continuò su Tracey Davis, poi i tre Auror, e infine la professoressa McGonagall. Harry attese, ma l’Harry del futuro non protestò. Era possibile che persino la professoressa McGonagall, se fosse stata sveglia, non avrebbe protestato. Non erano ancora alla fine dell’anno scolastico, e apparentemente ci sarebbe stata una spiegazione sorprendentemente buona.
Con un gesto, il corpo stordito di Draco fu sollevato e mandato poco lontano tra gli alberi, prima di essere deposto con cura a terra. E poi un ultimo gesto del professor Quirrell strappò un enorme pezzo del fianco dell’unicorno, lasciando dei margini lacerati; la carne cruda fluttuò nell’aria, poi ondeggiò e Svanì.
“Fatto”, disse il professor Quirrell. “Devo abbandonare questo luogo, ora, signor Potter. Venga con me, e resti qui”.
Il professor Quirrell si allontanò a grandi passi, e Harry lo seguì e restò indietro.
Camminarono in silenzio attraverso il bosco per un po’, prima che Harry udisse deboli voci in lontananza. Il successivo gruppo di Auror, presumibilmente, dopo che il primo aveva perso i contatti. Ciò che il suo futuro sé stava dicendo, Harry non lo sapeva.
“Non ci troveranno, né udiranno il nostro discorso”, disse il professor Quirrell. La sensazione di potere e di sventura attorno al Professore di Difesa era ancora forte. L’uomo si sedette su di un troncone d’albero, uno dove la luce della luna quasi piena cadeva interamente su di lui. “Dovrei innanzitutto dire che quando parlerà con gli Auror, in futuro, dovrà dir loro che ha spaventato e fatto fuggire la brulicante oscurità, proprio come col Dissennatore. È ciò che il signor Malfoy ricorderà di aver visto”. Il professor Quirrell emise un piccolo sospiro. “Potrà generare qualche allarme, se concludessero che qualche orrore simile ai Dissennatori, e forte abbastanza da infrangere gli scudi degli Auror, è libero per la Foresta Proibita. Ma non ho potuto pensare a cos’altro fare. Se la foresta fosse meglio vigilata dopo di questo – ma con un po’ di fortuna ho già consumato ciò di cui ho bisogno. Le dispiacerebbe dirmi come è arrivato così velocemente? Come sapeva che il signor Malfoy era in pericolo?”
Dopo che il capitano Brodski aveva saputo che Draco Malfoy era nella Foresta Proibita, apparentemente in compagnia di Rubeus Hagrid, aveva iniziato a indagare per scoprire chi avesse autorizzato la cosa, e non era stato ancora in grado di scoprirlo quando Draco Malfoy aveva mancato la sua chiamata. Malgrado le proteste di Harry, il Capitano Auror, che era stato autorizzato a venire a conoscenza dei Giratempo, si era rifiutato di permettere il dispiegamento prima del momento della mancata risposta; c’erano delle procedure ordinarie che riguardavano il Tempo. Ma Brodski aveva dato a Harry ordini scritti che lo autorizzavano a tornare indietro e dispiegare un trio di Auror che arrivasse un secondo dopo il momento della mancata risposta. C’era voluto un Incantesimo Patronus per localizzare Draco, che Harry era riuscito a desiderare che prendesse la forma di una palla di pura luce argentea, e il volo degli Auror era arrivato puntuale al secondo.
“Mi dispiace di non poterlo dire”, rispose Harry pacatamente. Il professor Quirrell era ancora uno dei principali sospettati, ed era un bene per lui che non conoscesse i dettagli. “Allora, perché sta mangiando gli unicorni?”
“Ah”, fece il professor Quirrell. “Per quanto riguarda quello…” L’uomo esitò. “Stavo bevendo il sangue degli unicorni, non li stavo mangiando. La carne mancante, i segni delle lacerazioni sul corpo – quelli dovevano oscurare il caso, farlo sembrare un qualche altro predatore. L’uso del sangue di unicorno è troppo ben noto”.
“Non lo conosco”, disse Harry.
“So che non lo sa”, disse bruscamente il Professore di Difesa. “O non mi importunerebbe chiedendomelo. Il potere del sangue di unicorno è di preservare la tua vita per un po’, anche se sei proprio sul punto di morire”.
Vi fu un periodo in cui il cervello di Harry sostenne di essersi rifiutato di elaborare le parole, il che ovviamente era una bugia, perché non potevi conoscere il significato che non ti era permesso di elaborare, senza averlo prima elaborato.
Una strana sensazione di vacuità colse Harry, un’assenza di reazione, forse era questo quello che le altre persone provavano quando qualcuno usciva dal copione, e non potevano dire o pensare di fare nulla.
Era ovvio che il professor Quirrell stesse morendo, e non fosse solo occasionalmente ammalato.
Il professor Quirrell sapeva di stare morendo. Si era offerto volontario per la posizione di Professore di Difesa a Hogwarts, dopo tutto.
Ovviamente era peggiorato durante l’intero anno scolastico. Ovviamente le malattie che continuavano a peggiorare avevano una destinazione predicibile alla fine del loro percorso.
Il cervello di Harry l’aveva certamente già saputo, da qualche parte al sicuro nei recessi della sua mente dove poteva rifiutarsi di elaborare cose che aveva già elaborato.
Ovviamente era questo il motivo per cui il professor Quirrell non sarebbe stato in grado di insegnare Magia da Battaglia l’anno successivo. La professoressa McGonagall non avrebbe neppure dovuto licenziarlo. Sarebbe semplicemente –
– morto.
“No”, disse Harry, la sua voce un po’ malferma. “Deve esserci un modo per –”
“Non sono stupido né particolarmente desideroso di morire. Ho già verificato. Ho dovuto spingermi fino a questo semplicemente per completare il mio programma di lezioni, avendo meno tempo di quanto pensassi, e –” La testa dell’oscura figura illuminata da luce lunare si girò dall’altra parte. “Penso di non volerne sentire parlare, signor Potter”.
Il respiro di Harry si inceppò. Troppe emozioni stavano traboccando dentro di lui contemporaneamente. Dopo il diniego venne la rabbia, secondo un rituale che qualcuno aveva appena inventato. Eppure sembrava sorprendentemente appropriato.
“E perché –” il respiro di Harry si inceppò di nuovo. “Perché il sangue di unicorno non è un componente consueto dei pacchetti di guarigione, allora? Per tenere in vita qualcuno, anche se è proprio sul punto di morire perché le sono state mangiate via le gambe?”
“Perché ci sono effetti collaterali permanenti”, disse pacatamente il professor Quirrell.
“Effetti collaterali? Effetti collaterali? Che genere di effetti collaterali sono peggiori dal punto di vista medico della morte?” La voce di Harry si alzò sull’ultima parola finché non si trovò a strillare.
“Non tutti la pensano come noi, signor Potter. Sebbene, per correttezza, il sangue deve provenire da un unicorno vivo e l’unicorno deve morire durante la bevuta. Mi troverei qui, altrimenti?”
Harry si girò, fissò gli alberi attorno. “Tenete una mandria di unicorni al St. Mungos. Mandate là i pazienti via Metropolvere, o usate dei passaporta”.
“Sì, così funzionerebbe.”
Il volto di Harry si tese, l’unico segno esteriore oltre alle sue mani tremanti di tutto ciò che stava montando dentro di lui. Aveva bisogno di gridare, aveva bisogno di qualche sfogo, aveva bisogno di qualcosa che non era in grado di definire e infine Harry puntò la bacchetta contro un albero e gridò “Diffindo!”
Vi fu l’acuto suono di una lacerazione, e un taglio apparve sul legno.
“Diffindo!”
Un altro taglio. Harry aveva imparato l’Incantesimo solo dieci giorni prima, dopo che aveva iniziato a fare sul serio con l’auto-difesa. Era teoricamente un incantesimo del secondo anno, ma la rabbia che si riversava attraverso di lui non sembrava conoscere limiti, ne sapeva abbastanza da non sfiancarsi e aveva ancora del potere.
“Diffindo!” Stavolta Harry aveva puntato contro un ramo, ed esso era precipitato a terra col rumore di ramoscelli e foglie.
Non sembravano esserci lacrime dentro di lui, solo una pressione senza sfogo.
“Lascio la cosa a lei”, disse sommessamente il professor Quirrell. Il Professore di Difesa si alzò dal suo troncone d’albero, il sangue dell’unicorno ancora illuminato dalla luna sul mantello nero che indossava, e calcò di nuovo il cappuccio sulla propria testa.