Luna, sabato, 9 settembre 2023
Nella base lunare, Reinaldo si è appropriato dei quartieri della tribù Disa: nel corridoio la porta adesso ha l’indicazione:
DISA
01
Reinaldo Suarez
In realtà per il momento sta utilizzando solo due delle camere interne, una come camera da letto e l’altra come studio personale, mentre la Sala di Disa è diventata la centrale operativa per la preparazione del furto al Wild Boar.
In poche settimane Massimo e Myra hanno messo insieme una quantità impressionante di apparecchiature e le hanno programmate, controllate e collaudate fino alla nausea: Reinaldo aveva chiesto un sistema di monitoraggio che funzionasse bene, e loro l’hanno preso in parola.
Tanto per cominciare, una disgustata Myra ha eliminato tutto l’accrocchio di cavi che Reinaldo aveva messo insieme in cucina e, con l’aiuto dell’Osservatore e di un fornitore di materiale elettrico di Londra, ha realizzato un sistema di distribuzione elettrica soddisfacente. L’Osservatore stesso, dietro richiesta dettagliata da parte di lei, ha dichiarato di non aver problemi a fornire elettricità in maniera standard (380 Volt trifase a 50 Hertz) fino a un massimo di circa cento chilowatt.
– È molto o è poco? – Aveva chiesto Reinaldo a cui quella cifra diceva poco o niente.
– È abbastanza. – Era stata la risposta di Myra: – Per ora.
Ma l’idea più importante era stata quella di eliminare i cavi. O meglio, eliminare la lunghezza dei cavi. Dopo un paio di esperimenti, erano arrivati a una soluzione perfettamente adeguata; l’idea in sé era molto semplice: prendi una spina, una presa e un pezzo di cavo; normalmente li attaccheresti insieme per fare una prolunga, la cui lunghezza è limitata a quella del cavo disponibile. Se però all’interno della spina e della presa ancori le due estremità di un mini portale, puoi usarlo per far passare un pezzetto di cavo lungo pochi centimetri che collega la spina con la presa senza occupare spazio tra le due.
– È una specie di prolunga magica: – Aveva commentato Massimo – può avere la lunghezza che ti serve, senza che il cavo ti stia tra i piedi.
Dopo aver risolto il problema dei cavi e dell’alimentazione elettrica, si sono dedicati alla realizzazione del sistema di ascolto e sorveglianza.
Dodici cassette a tenuta stagna, impilate in un angolo, contengono ciascuna una telecamera e un microfono all’interno di un secondo contenitore stagno sospeso dentro il primo; nell’intercapedine tra i due contenitori c’è il vuoto, per assicurare l’isolamento acustico.
– Non vogliamo che dall’altra parte sentano i rumori di questa stanza uscire dal muro. – Spiega Myra a Reinaldo: – Naturalmente il fatto che gli apparecchi siano isolati così bene crea un problema termico: il calore prodotto dai circuiti della telecamera non può uscire. Per risolverlo abbiamo trovato questa soluzione: ogni telecamera lavora per nove ore consecutive, poi viene spenta e l’intercapedine viene riempita di CO2 proveniente da quel serbatoio; – indica una grossa bombola alta circa un metro e mezzo – l’espansione del gas fa raffreddare il contenitore interno e poi, dopo tre ore, apriamo un portale verso la superficie lunare per disperdere il gas e rifare il vuoto.
Reinaldo ci pensa un attimo e poi chiede: – In questo modo abbiamo nove telecamere in funzione contemporaneamente in ogni momento. Perché ci sono solo otto schermi? – Indica la parete dietro al “banco regia” dove due schermi LCD da 40 pollici sono divisi in quattro settori ciascuno.
– Per ridondanza. – Chiarisce Massimo: – In questo modo possiamo avere otto telecamere funzionanti anche se si dovesse guastare una delle dodici. Il PC là sopra – Aggiunge indicando un piccolo armadio rack a fianco del tavolo, stipato di computer: – si occupa di effettuare la rotazione tra funzionamento e raffreddamento e comunica con l’Osservatore che a sua volta sposta i portali di conseguenza. L’unico effetto visibile è che ogni tre ore un paio delle inquadrature tremola per una frazione di secondo, mentre viene cambiata la sua telecamera.
La reazione di Reinaldo è entusiasta: – Fantastico! Ed è già completamente operativo?
– Sì… Quasi. – Si corregge Myra: – Stiamo finendo di mettere a punto il software di registrazione. Gli altri PC nel rack dovrebbero registrare ciascuno il flusso audio e video proveniente da uno degli otto punti di ascolto attivi. Entro stasera dovremmo aver finito i controlli anche di quello.
– Comunque – aggiunge Massimo – tutto il resto è già operativo, guarda. Osservatore, attiva i portali di test da uno a otto sui canali da uno a otto nell’ordine.
Le otto finestre sui due schermi LCD si illuminano improvvisamente e Reinaldo vede la stanza in cui si trovano in questo momento ripresa da otto punti di vista differenti. Ogni finestra è ulteriormente divisa in due parti: un rettangolo mostra l’immagine ripresa dalla telecamera mentre a fianco un altro pannello bianco è vuoto, con solo alcuni comandi in basso.
Reinaldo si guarda intorno e poi finalmente indica un punto vicino al soffitto in cui si vede un puntino nero: – Ah, eccone uno. Se non avessi saputo dove guardare non l’avrei mai notato. Ottimo lavoro.
Mentre Reinaldo parla, nel riquadro a fianco della prima immagine compaiono delle scritte:
– Riconoscimento vocale! – Reinaldo è visibilmente stupito: – Non pensavo che avreste avuto abbastanza tempo per fare anche questo.
– In realtà abbiamo barato, – ammette Myra – il riconoscimento vocale lo sta facendo l’Osservatore e passa il testo direttamente al computer. Noi abbiamo dovuto solo scrivere il software per visualizzarlo nella finestra giusta.
– Avremmo potuto farlo noi, – puntualizza Massimo – ma i software che avremmo dovuto usare non sono molto affidabili, soprattutto se la voce è distorta o con accenti differenti da quelli per cui il programma è stato calibrato. L’Osservatore invece è in grado di capire correttamente qualsiasi accento e un sacco di lingue diverse.
– ¿I vostè diu que realment funciona?
E sul monitor ubbidiente compare la scritta:
– Sembra proprio di sì. – Risponde Massimo ridendo: – Naturalmente se le telecamere inquadrano luoghi differenti, ogni finestra riporta le cose che vengono dette nel locale corrispondente.
– Con questi comandi puoi ruotare il punto di vista, spostarlo, ingrandire e rimpicciolire l’immagine. – Myra gli mostra il funzionamento dei controlli: – L’ancoraggio di ciascun punto di osservazione lo devi definire tu a voce con l’Osservatore, ma poi puoi spostarti in giro come vuoi.
– Bene, direi che abbiamo qualcosa di buono. – Reinaldo è raggiante: – Appena avete finito con il software di registrazione cominceremo ad aprire portali all’interno del casinò e a studiare la situazione.
Luna, domenica 24 settembre 2023
Sono passate due settimane e al grande doppio schermo delle telecamere si è aggiunto un terzo monitor che riporta una mappa tridimensionale del Wild Boar Casino.
Il complesso è relativamente piccolo, almeno per gli standard di Las Vegas: un singolo edificio di quattordici piani sulla Strip, modernissimo ma senza essere troppo appariscente.
Gli otto piani superiori sono adibiti ad hotel mentre il quinto e il sesto ospitano una spa, e quindi sono poco interessanti per l’organizzazione del colpo; i piani dal primo al quarto sono occupati dal casinò vero e proprio, insieme al primo piano interrato dove si trovano le sale in cui si gioca forte e che sono aperte ventiquattrore su ventiquattro. Il pianterreno ospita la lobby e gli uffici mentre al secondo piano interrato ci sono il caveau e gli uffici contabili.
– Ricapitoliamo. – Reinaldo ha radunato la sua piccola squadra davanti alla mappa: – Il caveau è una camera blindata in acciaio e cemento armato, sei metri per quattro, con un’altezza di tre metri e venti; l’unico accesso è la porta blindata con serratura a tempo. Ci sono due bocchette all’altezza del soffitto, collegate al sistema di ventilazione centrale; sono protette da griglie metalliche non particolarmente robuste: chi ha progettato il caveau deve aver pensato che un’apertura di dieci per venti centimetri non costituisse un rischio. Ad ogni buon conto, all’interno del condotto sono saldate delle griglie di acciaio, una prima e una dopo ciascuna bocchetta. – Indica con la mano alcuni punti sulla mappa: – Ci sono quattro telecamere, posizionate agli angoli del soffitto, collegate ai monitor nella stanza della sicurezza a piano terra; ci sono anche due microfoni, anche questi monitorati dalle guardie. La luce nel caveau non viene mai spenta, neanche quando la porta blindata è chiusa.
– Per aprire il caveau servono due chiavi distinte: la prima la custodisce il capo contabile di turno, nel suo ufficio al secondo interrato, la seconda ce l’hanno le guardie della sicurezza interna, nel loro ufficio a piano terra. – Indica il caveau sulla mappa: – Ogni due ore una guardia scende nel seminterrato e insieme al direttore apre la porta blindata, il sistema a tempo permette l’apertura solo all’inizio delle ore pari; per aprire la porta fuori orario è necessaria anche una terza chiave che è sempre nella tasca di Moreno Alvarez, il proprietario, o del suo vice quando lui è assente. In due settimane è successo solo tre volte, quando dei clienti hanno vinto cifre superiori alle disponibilità delle casse – indica in mappa le casse distribuite nei quattro piani di casinò – e hanno chiesto il pagamento in contanti. Normalmente le casse non tengono più di qualche decina di migliaia di dollari ciascuna, mentre la cassa centrale nell’ufficio contabile ha una cassaforte che ne contiene mediamente duecentomila.
– Il giorno in cui si accumulano più soldi nel caveau sembra essere il sabato, e il massimo viene raggiunto in genere con il deposito effettuato alle due di notte. Alle quattro il contante in eccesso viene caricato su un furgone blindato per essere depositato in banca. Quindi tra le due e le quattro di mattina della domenica è il momento in cui ci possiamo aspettare che nel caveau ci sia il massimo del contante e per aprire la porta blindata servirebbero tutte e tre le chiavi.
– Continuo a pensare – interviene Massimo – che il tuo piano sia eccessivamente complicato. Nel caveau i soldi sono conservati dentro delle cassette di plastica chiuse: non potresti semplicemente aprire un portale dentro ciascuna cassetta e sfilare le banconote? Nessuno vedrebbe niente.
– Certo che potremmo farlo! – Risponde Reinaldo: – Ma cosa succederebbe dopo? Alle quattro andrebbero ad aprire le cassette per caricare i soldi sul furgone e le troverebbero vuote. È chiaro che la porta non è stata aperta, le telecamere di sorveglianza mostrano che nessuno è entrato, i soldi non ci sono; è praticamente certo che verrà incolpato qualcuno dell’ufficio contabile, probabilmente il capo contabile stesso, e siccome la polizia non troverà nessuna prova, il poveretto si ritroverà nell’oceano con un paio di scarpe di cemento.
– E come pensi di fare a rubare i soldi senza che nessuno sia sospettato? – Chiede Myra dubbiosa.
– Facendo in modo che sia evidente che c’è stata un’effrazione, ma lasciando tante di quelle false tracce che non sia possibile risalire a nessuno in particolare. Voglio che per loro questo sia un enigma così complicato da evitare la tentazione di trovare un capro espiatorio.
– Quali false tracce? Cosa vuoi che vedano e come evitiamo che possano risalire a noi?
– Dovremo bloccare le telecamere, se non vogliamo essere visti. – Ragiona Massimo: – Come minimo, dobbiamo evitare che vedano il portale.
– Sì, la prima cosa da fare è tagliare i cavi delle telecamere.
– Aspetta un attimo, – interviene Myra – se vuoi complicare loro la vita, perché limitarci a tagliare i cavi? Potremmo fare la stessa cosa che abbiamo fatto con le nostre telecamere, aprirgli davanti un portale che mostra l’interno di una scatola nera. Così non riusciranno mai a capire come le abbiamo sabotate…
– Buona idea, Myra. Adesso vi spiego il mio piano; ci serviranno alcune altre attrezzature, ma è poca roba, dovremmo essere pronti per la settimana prossima…
Las Vegas, domenica 1 ottobre 2023, ore 2:00
– Bene, è il momento. – Commentò, inutilmente, Reinaldo: – Myra, sei sempre decisa ad andare tu?
– Assolutamente sì, è la scelta più logica. – Risponde lei tranquillamente: – Se qualcosa dovesse andare storto e io venissi identificata… beh non sarebbe un grosso problema, al momento non ho grandi possibilità di tornare sulla Terra e fare una vita normale. Mentre voi avete ancora un’identità terrestre utilizzabile, e sarebbe sciocco bruciarla.
– Va bene, allora procediamo come stabilito: io resto qui alla regia, voi vi spostate nella sala di Hulva, la numero due, da cui aprirò i portali verso il caveau. Dal momento in cui si aprono i portali non dite una parola per nessun motivo! I microfoni registrerebbero le vostre voci e non vogliamo che abbiano la certezza, neanche a posteriori, che ci sono stati esseri umani lì dentro. Ricordate che io vi posso vedere sugli schermi e voi mi sentirete attraverso gli auricolari; se avete bisogno di qualcosa indicate a gesti.
Myra e Massimo si spostano nell’altra sala e cominciano a prepararsi, mentre Reinaldo si concentra sugli schermi e sui comandi, osservando cosa succede all’interno del Wild Boar. Due schermi mostrano l’interno del caveau, uno inquadra la porta blindata vista dall’esterno, un altro inquadra la Sala di Hulva, la numero due, dove Myra e Massimo sono pronti a cominciare; altri due sono puntati sulla stanza della sicurezza, uno segue Moreno Alvarez tenendolo sempre inquadrato e l’ottavo è per il momento vuoto.
Ore 2:16:30
Gli impiegati hanno finito il loro lavoro nel caveau e stanno chiudendo la porta blindata; sulla parete di fondo venti cassette di plastica chiuse a chiave sono allineate sopra degli scaffali, Reinaldo sa che le prime dodici sono piene di mazzette di banconote da cento, per un totale di ventiquattro milioni di dollari, mentre le altre contengono banconote di taglio inferiore.
La guardia con la seconda chiave sta ritornando di sopra, inquadrata adesso dall’ottava telecamera, nella stanza della sicurezza quattro delle altre cinque guardie stanno giocando a carte mentre l’ultima sorveglia annoiata la parete di monitor.
Moreno Alvarez è nel suo ufficio a piano terra e sta facendo qualcosa sul suo computer, a Reinaldo non interessa sapere se sta leggendo email o guardando un film porno: lo tiene inquadrato aspettando il momento giusto per iniziare l’azione.
Ore 2:27:12
Alvarez si alza dalla sua poltroncina e si dirige al suo bagno privato, il suo telefono è appoggiato sulla scrivania. È l’occasione che Reinaldo aspettava: – State pronti ragazzi, fra pochi secondi si comincia. Da adesso, silenzio assoluto.
Vede nello schermo Massimo e Myra alzare una mano in segno di assenso; lui con in mano una mazza da cinque chilogrammi a manico lungo, lei imbacuccata in una tuta antipolvere, come quelle che Reinaldo usava in laboratorio, per accedere alla camera pulita.
Reinaldo attiva un comando e, nella stanza della sicurezza, quattro schermi diventano improvvisamente neri.
2a guardia: Che c’è, Jack?
Jack: Tutti gli schermi della sala blindata si sono spenti!
2a guardia: Può essere un guasto?
Jack: Tutte le telecamere che si guastano insieme? Mi sembra fottutamente improbabile.
2a guardia: OK, chiamo giù l’ufficio per vedere se loro ne sanno qualcosa.
Mentre le guardie si stanno cominciando ad agitare, Reinaldo ha già aperto un portale davanti a Massimo che gli mostra una delle griglie di areazione vista dall’interno del condotto. Massimo alza la mazza e l’abbatte sulla griglia che salta via senza quasi opporre resistenza.
Non ha però tenuto conto di una cosa: la mazza sembra abbastanza leggera nella gravità lunare, ma conserva tutta l’inerzia dei suoi cinque chili e, soprattutto, il suo momento angolare dovuto alla notevole lunghezza del manico. La mazza sfonda la grata e, nonostante gli sforzi di Massimo che non riesce a trattenerla, continua ad andare avanti; il manico urta contro il bordo del portale e viene tagliato di netto in due senza offrire la minima resistenza. La testa della mazza finisce con un gran fracasso sul pavimento di cemento del caveau.
Massimo resta per un attimo a guarda come inebetito il mozzicone di manico che gli è rimasto in mano, ma Reinaldo interviene prima che l’altro si lasci scappar detto qualcosa: – Silenzio! Continuiamo come previsto. La mazza la può recuperare Myra; adesso apro il portale principale.
Davanti a Myra si apre un portale di due metri per due che dà direttamente nel caveau. Lei entra, prende da terra la mazza, la butta attraverso il portale e si mette a lavorare sulle cassette dei contanti.
Ore 2:27:56
Reinaldo continua a controllare la situazione sugli schermi: la guardia con la chiave del caveau (si sono rivolti a lui chiamandolo Reg) sta scendendo verso il secondo seminterrato; un’altra guardia, Jack, sta cercando di telefonare a Moreno Alvarez, gli altri guardano gli schermi con aria indecisa.
In ufficio, il capo contabile sta guardando la porta blindata, perfettamente chiusa, con la sua chiave in mano e l’espressione di quello che preferirebbe essere da un’altra parte; qualsiasi altra parte andrebbe benissimo.
Alvarez è ancora in bagno, il suo telefono suona sulla scrivania ma lui non l’ha ancora sentito.
Myra è nel caveau. Ha aperto la prima cassetta tagliando la serratura con una smerigliatrice elettrica a batteria che porta appesa alla cintura, ha buttato il coperchio in un angolo della stanza ed è corsa al portale con la cassetta aperta, vuotandone il contenuto in un sacco tenuto aperto da Massimo dall’altra parte. Appoggia la cassetta vuota sotto la feritoia di areazione sfondata e passa alla cassetta successiva.
– Ventuno secondi, – le dice Reinaldo nell’auricolare – buono ma sarebbe meglio se riuscissi a migliorare un po’. – Lei reprime una risposta scurrile, solo perché sono in silenzio radio.
Ore 2:29:12
Myra sta forzando la serratura della sesta cassetta. Le cinque precedenti sono impilate, vuote, una dentro l’altra sotto la feritoia.
Nell’ufficio fuori dalla porta blindata Jack e il contabile stanno discutendo animatamente: il primo cerca di convincere il secondo che sta succedendo qualcosa di strano, mentre l’altro è scettico. Reinaldo li ignora, tanto senza la chiave di Alvarez non possono fare niente.
Moreno Alvarez esce dal bagno e sente finalmente il telefono che sta suonando. Risponde senza fretta ma dopo pochi secondi si fa improvvisamente attento. Reinaldo segue il dialogo su due finestre di testo, una di fianco all’inquadratura di Jack, l’altra a quella di Alvarez:
Alvarez: Che tipo di rumori?
Jack: Prima un botto, come se qualcosa di pesante fosse caduto per terra. Poi dei rumori come di una sega o di un trapano… non so bene… ecco che comincia di nuovo, è già la quinta o sesta volta, ogni volta dura pochi secondi…
Alvarez: E non siete andati a vedere cosa sta succedendo?
Jack: Reg è giù in ufficio e dice che lì è tutto normale. La porta blindata è chiusa, e per aprirla fuori orario ci vuole anche la sua chiave, signore.
Alvarez: Vado subito. Manda giù altri tre uomini, ma tu e Alex restate lì, potrebbe essere un diversivo, magari qualcuno sta cercando di attirarci tutti laggiù per fare una rapina alle casse.
Jack: OK, signor Alvarez, ricevuto.
È il momento di rallentare di nuovo Alvarez. Con un comando si fa aprire una serie di piccoli portali, dietro ciascuno di essi si vede un pezzo di circuito elettrico. Con la punta di un cacciavite Reinaldo tocca uno per uno tutti i contatti, poi chiude di nuovo i portali.
Nella lobby, tutti gli ascensori partono contemporaneamente per l’ultimo piano.
Ore 2:32:45
Moreno Alvarez arriva trafelato nell’ufficio contabile: non è riuscito a prendere l’ascensore perché erano tutti in movimento ai piani alti, cosa di per sé molto sospetta a quest’ora della notte, e ha dovuto fare di corsa due piani di scale. Viene accolto da Reg e dal contabile e, dopo una breve discussione, tira fuori la sua chiave.
Myra ha appena vuotato nel sacco di Massimo il contenuto dell’ultima cassetta. Mentre Alvarez di là dalla porta sta inserendo la sua chiave nella serratura, lei si precipita ad appoggiare la cassetta vuota sopra le altre, incitata da Reinaldo che le urla di fare in fretta, lascia cadere a terra una carta che toglie dalla tasca e si lancia di là dal portale.
Ore 2:32:55
Nel caveau il portale principale si chiude su comando di Reinaldo e, contemporaneamente, si chiudono i quattro portali che oscuravano le telecamere di sorveglianza.
Nella stanza della sicurezza, due guardie allibite vedono riaccendersi le immagini sui quattro schermi, che mostrano il caveau saccheggiato, con le cassette sfondate e i coperchi ammucchiati in un angolo.
La porta blindata si apre e quattro guardie entrano con pistole e mitra spianati, solo per trovarsi in una stanza vuota: nessuno scassinatore, nessun rapinatore, ma qualcuno è chiaramente stato qui. Alvarez entra e comincia a bestemmiare in spagnolo in maniera così veemente da mettere alla prova anche le capacità di traduzione dell’Osservatore.
Una delle guardie raccoglie la carta lasciata cadere da Myra e la consegna ad Alvarez: è una carta da gioco, un Jack di cuori, a cui è stato fissato con una graffetta un biglietto dattiloscritto:
I O U
$24,000,000
Bilbo Baggins
Sulla Luna, ora che i portali sono chiusi, si comincia a festeggiare.
Luna, domenica 1 ottobre 2023, ore 4:12
– Ti sei ricordato di lasciare le false tracce nel condotto di ventilazione? – Chiede ad un certo punto Massimo.
Reinaldo è già alla quinta pinta di birra e risponde in modo un po’ esitante: – Certo che sì. Mentre voi impacchettavate i soldi ho tagliato una delle griglie dentro il condotto, lasciando apposta degli spuntoni affilati, ci ho fatto strisciare contro un sacco di juta pieno di carta straccia, in modo che si strappasse e lasciasse giù qualche filo e poi ci ho messo vicino una mazzetta di banconote un po’ strappata e stropicciata.
– Bene, – commenta Myra – a uno sguardo non troppo esigente sarà evidente che qualcuno ha manomesso il condotto e ha fatto uscire da lì i soldi trascinando dei sacchi pieni di banconote. Certo che aprire tutte quelle cassette con il flessibile è stata una faticaccia!
– Ci credo. – Commenta Reinaldo: – D’altra parte non potevamo portarcele via: sono troppo grosse per passare dal condotto di ventilazione, forzandole e lasciandole lì vuote abbiamo corroborato quella falsa traccia.
– Mi domando solo – aggiunge Massimo – cosa si inventeranno per spiegare che qualcuno è passato per un condotto così stretto: non credo che ci passerebbe neanche uno scimpanzé…
– In realtà non ha nessuna importanza. – Taglia corto Reinaldo: – Il punto è proprio di lasciarli nell’incertezza: ci sono un sacco di tracce e di indizi, ma non portano da nessuna parte.
– Non mi è piaciuto per niente quello che è successo al manico della mazza, – commenta dopo un po’ Massimo rabbrividendo – se al suo posto ci fosse stato il mio braccio…
– Te l’ho pur detto che il bordo dei portali è pericoloso!
– Sì ma… – Myra ha l’aria dubbiosa: – Abbiamo visto cosa succede, ma non sappiamo perché succeda. L’Osservatore ti ha dato delle spiegazioni su questo fenomeno?
– Beh, no… – ammette Reinaldo – effettivamente non glie l’ho nemmeno mai chiesto. Però possiamo rimediare. Shibboleth!
– In realtà la spiegazione è semplice, Reinaldo. – Risponde l’Osservatore: – Quando Massimo ha fatto intersecare il bordo del portale con la traiettoria seguita dal manico della mazza, la parte distale del manico è passata dall’altra parte, nel caveau, mentre la parte prossimale è rimasta qui sulla Luna. È chiaro che a quel punto l’oggetto era diviso in due parti distinte.
– Ma… – prova ad obiettare Massimo – non ho sentito nessuna resistenza! Semplicemente a un certo punto è venuto a mancare il peso della mazza, e io avevo in mano un troncone di manico.
– Naturalmente. Non c’era nulla che potesse fare resistenza al tuo movimento: il portale non ha una consistenza fisica, il suo bordo non può opporsi all’inerzia di qualcosa che lo intersechi. In realtà un minimo di resistenza c’è stata, ma troppo piccola perché fosse sensibile: ogni legame molecolare che hai dovuto spezzare per separare i due pezzi, quello che è passato di là da quello che è rimasto di qua, ha sottratto qualcosa all’energia cinetica della mazza, ma stiamo parlando complessivamente di una frazione di Joule, troppo poco per essere percepibile come una resistenza meccanica.
– Quindi il bordo di un portale si comporta come una lama con un filo infinitamente sottile? – Chiede Myra.
– Non proprio infinitamente, – precisa l’Osservatore – ma è come se avesse uno spessore di poche lunghezze di Planck.
– Una lama sottile che apre passaggi tra mondi diversi… – Commenta Massimo distrattamente.
– Come dici?
– Niente, sono ubriaco. Stavo pensando a un vecchio romanzo fantasy… Comunque, adesso abbiamo in tasca ventiquattro milioni di dollari. – Massimo sembra tornare sobrio: – Cosa ne facciamo?
– Che domande! Li spendiamo. – Myra è uscita dall’esperienza decisamente euforica.
– Guarda, se vado al pub e cerco di pagare con una banconota da cento dollari, come minimo mi ridono in faccia. E non è che possiamo andare in banca a depositare quattro valigie di dollari, soprattutto dopo che si saprà del colpo di stanotte…
– Lo so, – ammette Reinaldo – è un problema e non ho ancora una soluzione precisa. Ma ho delle idee, che però possono tranquillamente aspettare domani.
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