Supponiamo che io trovi un barile, chiuso con il suo coperchio, ma con un buco abbastanza grande per far passare una mano. Frugo dentro, e sento un oggetto piccolo e curvo. Estraggo l’oggetto ed è blu – un uovo blu. Provo di nuovo e sento qualcosa di piatto e duro, spigoloso – quando lo estraggo vedo che è un cubo rosso. Estraggo 11 uova e 8 cubi, e ogni uovo è blu e ogni cubo è rosso.
Infilo di nuovo la mano nel buco e sento un altro oggetto a forma di uovo. Prima di estrarlo devo cercare di indovinare: che aspetto avrà?
L’evidenza non prova che ogni uovo nel barile sia blu e ogni uovo sia rosso. L’evidenza non lo suggerisce neanche in modo così forte: un campione di 19 oggetti non è molto grande. Nondimeno, immagino che questo oggetto a forma di uovo sarà blu – o come seconda possibilità, rosso. Se dovessi prevedere altro, ci sono tante possibilità quanti sono i colori distinguibili – tra l’altro, chi ha detto che l’uovo debba essere a tinta unita? Magari c’è dipinta sopra l’immagine di un cavallo.
Così dico “blu”, con una doverosa dose di umiltà. Perché io sono una persona sofisticata e razionale, e tengo traccia delle mie assunzioni e delle loro dipendenze – provo a indovinare, ma sono cosciente del fatto che sto tirando a indovinare… giusto?
Ma quando un grosso oggetto a strisce gialle e a forma di felino mi balza addosso dall’ombra, io penso: “Ohi! Una tigre!” Non, “Umm… gli oggetti con le caratteristiche di essere grandi, gialli, a strisce e a forma di felino, hanno spesso in precedenza posseduto anche le caratteristiche ‘affamato’ e ‘pericoloso’, e quindi, anche se non è logicamente necessario, potrebbe essere empiricamente una buona ipotesi che aaarrrhhhh CRUNCH CRUNCH GULP.”
Il cervello umano, per qualche strano motivo, sembra essersi adattato a fare questo tipo di correlazioni rapidamente e automaticamente, senza tenere traccia esplicita delle sue assunzioni.
E se io chiamo un oggetto blu a forma di uovo “blovo” (da blu-uovo) e il cubo rosso “rubo”, allora, quando allungo la mano e sento un oggetto a forma di uovo, posso pensare: Oh, è un blovo, invece che considerare tutta la faccenda del problema-della-induzione.
E un errore comune pensare che possiamo definire le parole come ci pare.
Questo sarebbe vero se il cervello trattasse le parole come costrutti puramente logici, classi aristoteliche, e non ne estraessimo mai più informazione di quella che ci mettiamo dentro.
Ma il cervello va avanti con il suo lavoro di categorizzazione, che noi siamo consciamente d’accordo o meno. “Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, quindi Socrate è mortale” – così dicevano gli antichi filosofi greci. Bene, se la mortalità è parte della tua definizione logica di “uomo”, non possiamo logicamente classificare Socrate come uomo finché non osserviamo che è mortale. Ma – e questo è il problema – Aristotele sapeva perfettamente che Socrate era un uomo. Il cervello di Aristotele metteva Socrate nella categoria “uomo” in modo altrettanto efficiente di come il tuo cervello categorizza tigri, mele e tutto il resto nel suo ambiente: rapidamente, silenziosamente e senza approvazione cosciente.
Aristotele aveva fissato delle regole secondo cui nessuno poteva concludere che Socrate è un “uomo” prima che morisse. Non di meno, Aristotele e i suoi studenti continuarono a concludere che la gente vivente era fatta di “uomini” e quindi mortali; vedevano caratteristiche distintive come facce umane e corpi umani, e i loro cervelli saltavano a proprietà inferite quali la mortalità.
Equivocare il funzionamento della tua mente non impedisce, per fortuna, alla mente di fare il suo lavoro. Altrimenti gli aristotelici sarebbero morti di fame, impossibilitati a concludere che un oggetto è commestibile solo perché ha l’aspetto e le caratteristiche di una banana.
Così gli aristotelici andarono avanti a classificare gli oggetti del loro ambiente sulla base di informazioni parziali, nel modo che la gente ha sempre fatto. Gli studenti di logica aristotelica continuarono a pensare esattamente nello stesso modo, ma avevano acquisito un’immagine sbagliata di cosa stavano facendo.
Se tu avessi chiesto a un filosofo aristotelico se Carla la fruttivendola era mortale, avrebbe risposto “Sì”. Se gli avessi chiesto come lo sapeva, ti avrebbe risposto “Tutti gli umani sono mortali, Carla è umana, quindi Carla è mortale”. Chiedigli se questa è un’ipotesi o una certezza, e ti risponderebbe che è una certezza (almeno se glie lo chiedi prima del sedicesimo secolo). Chiedigli come sa che tutti gli uomini sono mortali, e ti risponderà che è stabilito per definizione.
Gli aristotelici erano sempre la stessa gente, mantenevano la loro natura originale, ma avevano acquisito un convincimento errato sul loro stesso funzionamento. Guardavano nello specchio dell’auto-consapevolezza, e vedevano qualcosa di diverso dai loro veri sé: riflettevano in modo non corretto.
Il tuo cervello non tratta le parole come definizioni logiche senza conseguenze empiriche, e non dovresti farlo neanche tu. Il semplice fatto di creare una parola può far sì che la tua mente allochi una nuova categoria, e quindi inneschi inferenze inconsce di similitudine. O impedisca inferenze di similitudine; se creo due etichette posso spingere la tua mente ad allocare due categorie. Hai notato come ho detto “tu” e “il tuo cervello” come se fossero cose differenti?
Commettere errori sull’interno della tua testa non modifica cosa c’è veramente dentro; altrimenti Aristotele sarebbe morto quando concluse che il cervello era un organo per raffreddare il sangue. Gli errori filosofici in genere non interferiscono con le inferenze percettive automatiche.
Ma gli errori filosofici possono gravemente inficiare i processi deliberati di pensiero che usiamo per correggere le nostre prime impressioni. Se tu credi di poter “definire una parola come preferisci”, senza renderti conto che il tuo cervello va avanti a categorizzare senza la tua supervisione cosciente, non farai lo sforzo di scegliere saggiamente le tue definizioni.