Strane nuove terre, nuovi popoli e nuove civiltà


Orbis Sufficit è la storia di un viaggio che si svolge per la maggior parte in territori che i romani non conoscevano affatto o di cui al massimo avevano qualche vaga cognizione.
Un problema ricorrente che ho dovuto affrontare nello scrivere questo racconto è dato dal fatto che anche noi sappiamo molto poco dei popoli che abitavano quei luoghi nell’antichità: a parte alcune eccezioni, le uniche informazioni che abbiamo vengono dall’archeologia, dall’antropologia e da fonti molto tarde, a volte addirittura di oltre mille anni successive al periodo in cui si svolgono i fatti riportati nel racconto.
È quindi inevitabile che la maggior parte delle mie affermazioni siano nel migliore dei casi basate su ipotesi e supposizioni, in altri casi su scelte assolutamente arbitrarie. In questa appendice cerco di dare al lettore la possibilità di distinguere tra quelle che provengono da dati storici, da ragionevoli ipotesi e da pure illazioni.
L’appendice segue prima il percorso della Inceptio intorno all’Africa e poi quello della Viatrix nel nord dell’Europa. Sarebbe meglio evitare di leggere questa appendice prima del racconto, in quanto alcune delle informazioni qui riportate ne anticipano la conclusione.

Le Insulae Fortunatae

Nel racconto utilizzo il termine “Insulae Fortunatae” per indicare l’arcipelago delle Canarie nell’Oceano Atlantico a qualche centinaio di chilometri dalle coste occidentali dell’Africa.
In questo, e nel nome delle singole isole, seguo la descrizione che ne dà Plinio in un breve (e abbastanza confuso) passo della Naturalis Historia, scritta intorno alla metà del primo secolo dC.
Con il nome Insulae Purpurariae, Plinio sembra riferirsi alle tre isole più orientali dell’arcipelago e io seguo il suo esempio: a sud Fuerteventura, a nord Lanzarote e in mezzo la piccola isola di Los Lobos; con il nome di Insula Canaria è indicata l’attuale Gran Canaria, mentre Insula Ninguaria è il nome usato per indicare Tenerife.
Che i romani conoscessero l’esistenza delle Canarie tra il primo e il secondo secolo è certo, che ci fossero andati è probabile. La creazione di una colonia romana, Aniaso, a Tenerife è invece una mia invenzione, basata sul presupposto che questa sia giustificata dalla differente situazione politica ed economica nella nostra Storia.
La mia colonia di Aniaso sorge approssimativamente nell’area dove si trova attualmente la capitale Santa Cruz de Tenerife e, se la colonia è inventata, il nome invece è storico: quando gli spagnoli occuparono l’arcipelago intorno al 1400, in quel sito esisteva un insediamento della popolazione indigena il cui nome, nei documenti spagnoli, viene riportato come Añazo.
Allo stesso modo il grande vulcano di Tenerife, che in spagnolo è chiamato El Teide, pare debba il suo nome al fatto che i nativi lo chiamavano Echeyde, nome che io ho latinizzato in Eceides, così come ho trascritto in Guanaci il nome della popolazione originale dell’isola, i Guanches.

Sahr, Asif e gli imazighen

Il Sahr è chiaramente il deserto del Sahara, mentre l’Asif è il fiume Senegal che ne segna il confine meridionale. Entrambi i nomi, insieme a diverse parole utilizzate nei tre capitoli relativi, vengono dalla lingua degli imazighen, il popolo che noi chiamiamo attualmente tuareg.
Il fatto che gli imazighen fossero lì all’epoca dei fatti raccontati, tra l’attuale Marocco e il deserto del Sahara, è certo. È anche molto probabile che parlassero una lingua simile a quella che parlano oggi, il tamazigh, anche se è impossibile sapere con certezza quanto questa sia cambiata negli ultimi duemila anni. Tutti i termini tamazigh che riporto vengono dalla lingua moderna dei tuareg del Sahara sudoccidentale; ho cercato nei limiti delle mie capacità di evitare parole che fossero evidenti prestiti dall’arabo, in quanto questi sono probabilmente successivi alla diffusione dell’Islam tra le popolazioni tuareg.
Azrur, che porta un onesto nome tuareg, è descritto nel racconto come un mazace di Tamusiga. L’esistenza della città di Tamusiga è attestata in fonti romane di epoca alto imperiale, approssimativamente nella posizione in cui la riporto, e anche il termine di “mazaci” era applicato all’epoca a popolazioni di lingua berbera che vivevano all’incirca in quell’area.
È invece una mia semplice supposizione la correlazione etimologica tra le parole amazigh (singolare di imazighen), mazace e il nome Tamusiga e, in particolare, la distinzione che ne fa Azrur alla fine dell’incontro con gli imazighen.
La favola del ragazzo delle stelle è un mio adattamento e semplificazione di un racconto riportato da una viaggiatrice francese dell’inizio del XX secolo, Jeanne Pillet, che ha raccolto e pubblicato le sue osservazioni sul folklore dei tuareg. Anche il proverbio citato da Azrur in quel contesto viene dalla stessa fonte.

Insula Bioko e il popolo bubi

L’Insula Bioko è nota come Isola Bioko o Isola di Ferdinando Pò e si trova a pochi chilometri dalle coste del Camerun.
Il popolo dei bubi, che parla una lingua di ceppo Bantu, è attualmente indigeno dell’isola e si ritiene che sia arrivato in passato dalla terraferma in una migrazione come quella descritta nel racconto, anche se si pensa che il loro arrivo sia molto più tardo, probabilmente intorno all’ottavo secolo dC. D’altra parte non ci sono date certe di questa migrazione, quindi i bubi potrebbero essere su Bioko anche da molto tempo prima. Biabba è davvero il nome di una delle principali tribù dei bubi.
Il guoro di cui si parla nel racconto è la noce di cola, mentre l’habe è la radice di yam, tuttora estremamente importante nell’economia agricola di quelle popolazioni. Entrambi i termini sono presi dall’attuale lingua nigeriana.
Il pepe di cui si parla non è il pepe nero asiatico ma il seme del cosiddetto pepe della Guinea, aframomum melegueta, una pianta della famiglia dello zenzero; il seme essiccato è simile come sapore a quello del pepe nero che invece è di origine orientale e veniva importato dall’India. Ho usato per indicarlo semplicemente il nome “pepe” in quanto questa particolare spezia era già nota ai romani, Plinio la chiama “pepe africano”. Le carovane nomadi che attraversavano il Sahara compravano il pepe in Nigeria e lo rivendevano ai romani in Mauretania.

Il porco di mare

La strana bestia che ha tanto affascinato Arvind durante la sosta alle Insulae Anulares, nome di fantasia per indicare l’arcipelago delle Isole di Los, al largo della costa della Guinea, e che è stata battezzata porco di mare dall’equipaggio della Inceptio, non è altro che un lamantino, un mammifero adattato alla vita acquatica.

Hic sunt leones

Il popolo di cacciatori-raccoglitori incontrato due volte dall’equipaggio della Inceptio, prima in Angola e poi in Sudafrica, è modellato sui popoli San, un tempo detti anche Boscimani che occupavano buona parte dell’Africa a sud dell’equatore prima di venir raggiunti dall’espansione dei popoli di lingua Bantu. Nel periodo in cui si svolge il viaggio della Inceptio, l’espansione Bantu non è ancora arrivata così a sud.
Mi piace pensare che il disertore Rodulf, insegnando ai San le tecniche agricole e di allevamento del bestiame, sia il precursore dei popoli Khoi, affini ai San ma dediti alla pastorizia e a una forma rudimentale di agricoltura.

Oceanica

L’isola di Oceanica è naturalmente il Madagascar che, all’epoca dell’arrivo della Inceptio, era probabilmente del tutto disabitato. Le prime indicazioni a noi note di occupazione umana del Madagascar risalgono al sesto secolo dC.
L’enorme uccello che attacca due milites è un uccello elefante, della famiglia aepyornithidae, estinto nel diciassettesimo secolo, e quindi ancora vivente all’epoca dei fatti narrati. La specie di maggiori dimensioni superava davvero i tre metri di altezza e si stima che pesasse fino a quattro quintali. Le sue uova dovevano pesare circa dieci chilogrammi l’una.
I buffi animaletti che l’equipaggio chiama lemures, cioè “fantasmi”, sono lemuri dalla coda ad anelli, la più nota delle molte specie di lemuri presenti in Madagascar.
Il lemure dalla coda ad anelli non è veramente così socievole come l’ho presentato, anche se è possibile addomesticarlo; è solo una mia ragionevole ipotesi che l’attuale diffidenza dei lemuri sia effetto della presenza di umani nel loro territorio per millecinquecento anni e che in epoca romana fossero molto più amichevoli.

La costa orientale dell’Africa

Le città della costa orientale dell’Africa tra la Somalia e la Tanzania sono citate in un documento scritto in greco, di autore ignoto, risalente al primo secolo aC e noto come il Periplo del Mare Eritreo. Il Periplo descrive diversi porti sulla costa africana, compresi quelli che utilizzo nel racconto, indicando le merci che vi si potevano acquistare e i tempi di navigazione necessari per andare dall’uno all’altro.
Non si sa molto del regno di Punt citato nel racconto: si presume che occupasse all’incirca l’area del sud dell’attuale Somalia e si sa che commerciava con l’Egitto, soprattutto avorio, incenso e mirra, sin dal venticinquesimo secolo aC.

Hispania e Gallia

C’è poco da dire per quanto riguarda la parte iniziale del viaggio della Viatrix lungo le coste dell’Hispania e della Gallia (moderni Portogallo, Spagna, Francia e Paesi Bassi); i nomi moderni delle città indicate sono riportati nel glossario.
Olisipo corrisponde all’attuale Lisbona ed era il secondo porto ispanico sull’Oceano Atlantico, dopo Cadice. Non ho trovato molte informazioni sulla pianta della città e del porto in epoca romana, quindi la descrizione è per buona parte congetturale.
Portus Itius era effettivamente un porto sul Canale della Manica, presumibilmente fatto costruire o ampliare da Giulio Cesare per le sue spedizioni in Britannia, e sicuramente utilizzato nei secoli successivi. Si ritiene che si trovasse nei dintorni dell’attuale città di Boulogne-sur-mer, in Francia, a sua volta identificata con la romana Gesoriacum. All’epoca del viaggio della Viatrix è probabile che non esistesse una vera e propria città, ma solo un accampamento militare a difesa del porto.

Germani

I riferimenti ai nomi delle varie tribù germaniche citate nel testo e la loro localizzazione approssimativa segue sostanzialmente quanto riportato nella Germania di Tacito, scritta nella seconda metà del primo secolo dC, con diverse semplificazioni e omissioni e qualche termine ripreso dalla Geografia di Strabone, scritta probabilmente all’inizio dello stesso secolo.
Il luogo in cui Peregrino trova i frammenti di ambra e che poi chiama Sinus Electrum, è il Golfo di Riga, dove attualmente sorge la città di Riga, capitale della Lettonia.
In effetti la zona del Baltico più ricca di ambra è più a sud, nella zona dell’attuale Kaliningrad, poco a est della foce della Vistola dove la Viatrix incontra i Burgundi. Comunque l’ambra era probabilmente presente in maggiore o minore quantità su tutte le spiagge del Mare Baltico, quindi la scoperta fatta da Peregrino era quantomeno possibile.

Suiones

Sia Tacito che Plinio il Vecchio parlano della tribù dei suiones localizzandola nell’attuale Danimarca, o nell’Isola di Scatinavia che sarebbe poi la penisola che noi oggi chiamiamo Scandinavia. Si ritiene che questi fossero gli antenati degli attuali svedesi.
Nel racconto ho utilizzato il termine suiones per indicare i popoli che abitavano nell’attuale Svezia, grosso modo fino alla latitudine del luogo sui cui ora sorge Stoccolma e dove io presumo l’esistenza del villaggio di Hæfn (che significa semplicemente “porto”).
La descrizione del tempio di Obsala (l’attuale Uppsala) si basa in parte sul resoconto fattone da Adamo da Brema nell’undicesimo secolo, ipotizzandone una versione molto più antica, di quasi nove secoli prima.
La descrizione degli dèi adorati a Obsala e dei riti praticati è basata su fonti molto tarde, ed è quindi onestamente improbabile che fosse applicabile nei dettagli all’epoca che ci interessa; d’altra parte esistono testimonianze storiche del culto di Wodan, Thor e Freyr in epoca romana, e quindi l’idea generale potrebbe non essere così azzardata.
Allo stesso modo il riferimento a quelli che Caio Segimondo chiama i “berserkiri”, i berserkr della tradizione nordica, è molto probabilmente anacronistica nei dettagli, a partire dal nome ma, forse, realistica nella sostanza.

Goutai

Ho scelto per semplicità di far usare a Peregrino il termine goutai, cioè goti, per i popoli che occupavano il sud dell’attuale Norvegia, probabilmente grosso modo fino alla latitudine dell’attuale Trondheim.
La descrizione del mercato sul promontorio è sostanzialmente di fantasia, anche se si basa sulla presenza nello stesso luogo (ma quasi mille anni più tardi) della città di Stavanger, uno dei più importanti centri del commercio norvegese medioevale.
Anche se non ho trovato nessuna documentazione precisa in merito, ritengo altamente probabile che all’epoca fosse già in uso la produzione dello stoccafisso come descritta nel racconto e che dovessero esistere mercati del genere, anche se difficilmente nello stesso luogo, per consentire gli scambi commerciali tra i villaggi della costa.

Sami, fenni e hyperborei

Dalla documentazione archeologica sembra probabile che il popolo che i romani chiamavano fenni occupasse all’epoca che ci interessa la maggior parte dell’attuale Finlandia e il nord della Norvegia e della Svezia. Peregrino li definisce hyperborei quando li incontra sulle coste del Mare di Barents, basandosi su una antica leggenda greca relativa a un popolo dell’estremo nord chiamato in questo modo.
È anche probabile che questi popoli fossero gli antenati degli attuali sami o saami, noti anche con il termine dispregiativo di lapponi. Per questo motivo ho deciso di chiamare con il nome di sami i pastori di renne incontrati dall’equipaggio della Viatrix dopo il naufragio e, di conseguenza, far usare loro termini dell’attuale lingua dei sami settentrionali.
La descrizione delle loro abitudini migratorie, del ruolo sociale del noaidi e del loro percorso stagionale è accurato nei limiti delle informazioni che sono riuscito a trovare sull’argomento.
Il funerale dell’orso è attestato dall’archeologia dei siti occupati dai sami, o dai proto-sami, anche se ovviamente ho dovuto inventare qualche dettaglio e, in particolare, la descrizione dei motivi della cerimonia è solo congetturale.

© Paolo Sinigaglia 2013-2017 – È proibita la riproduzione anche parziale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Chaos Legion wants you!