Capitolo 12


Lo scinzi – Ontologia – L’accordo

Pistoriae, a.d. III Kal. Oct. 810 AUC

– Ecco, kyria, è tutto pronto. – Disse Ramaswami: – C’è voluto un po’ di tempo perché i materiali a disposizione qui non sono uguali a quelli a cui ero abituato, ma adesso posso darti una dimostrazione del procedimento.
Si trovavano in quello che, fino al mese prima, era stato uno dei magazzini della villa dei Mamilii e che adesso, dopo che l’indiano ne aveva preso possesso, era apparentemente immerso nel caos. Quasi un intero lato del locale era occupato da una grande vasca di rame piena d’acqua e il pavimento era coperto qua e là da balle di tessuti e di materiali grezzi. In mezzo alla stanza campeggiavano alcune grosse macchine dall’aspetto strano.
– Bene Ramaswami, spiegami come funziona tutto questo: – rispose Lydia – sono curiosa di scoprire se c’è la possibilità di sfruttarlo dal punto di vista economico.
– Certamente. Da questa parte, – cominciò a illustrare – abbiamo l’attrezzatura per tritare e sminuzzare la fibra grezza. Come vedi, abbiamo utilizzato diversi materiali: vecchi cordami da marina, pula di frumento, fibra grezza di cotone e stracci di panno di lino, cotone e canapa. Per queste prime prove abbiamo usato lame per sminuzzare, e mortaio e macina a mano per tritare la fibra, ma è un procedimento molto lungo e faticoso: per produrne quantità considerevoli sarebbe meglio usare un mulino ad acqua o qualcosa del genere.
– E questo che vedi qui, – indicando il contenuto di un sacco di tela – è il macinato. Questa specie di polvere di cotone e canapa viene sciolta nella vasca e lasciata a macerare per diversi giorni; il risultato è quest’acqua torbida che vedi qui.
– Dalla vasca raccogliamo con questo telaio, – mostrò l’oggetto, che consisteva in una pezza di leggerissimo tessuto di cotone montato su un’intelaiatura di legno – un sottile strato di impasto e lo muoviamo così finché lo spessore non diventa uniforme. A questo punto togliamo il telaio dall’acqua, lo lasciamo sgocciolare finché non smette di perdere acqua, e lo portiamo alla lavorazione successiva.
Ramaswami si spostò verso il tavolone accostato a un’altra parete del locale, sempre con il telaio in mano, seguito da Lydia: – Adesso dobbiamo compiere l’operazione più delicata. – Preso un panno di lana da una pila lì a fianco, lo appoggiò sul telaio e poi, con un singolo movimento fluido delle braccia, capovolse il tutto sul tavolo. Passò quindi ripetutamente uno strumento a forma di pettine, lungo però più di un piede, sul dorso del telaio, mentre con l’altra mano lo scuoteva leggermente.
Quando l’indiano sollevò dal tavolo il telaio, Lydia vide che sul panno di lana era rimasto il sottile strato di poltiglia che prima aveva aderito al telaio stesso. Ramaswami sollevò con cura il panno e lo posò in cima a una pila di panni uguali che si trovava in mezzo al pavimento.
– Adesso dovremmo ripetere tante volte l’operazione che hai appena visto, fino a formare una pila di panni alta circa quanto un uomo, ma visto che vuoi vedere tutte le fasi della produzione, useremo dei panni vuoti per risparmiare tempo. – Prese un paio di dozzine di altri panni di lana uguali al precedente, e li aggiunse alla pila centrale finché non fu soddisfatto dell’altezza raggiunta: – A questo punto comincia l’asciugatura e la pressatura dei fogli. Per ottenere dei fogli di spessore uniforme e di buona qualità, – spiegò – è necessario che la pila venga schiacciata da un grande peso, in modo che tutta l’acqua rimasta esca dai fogli e se ne vada attraverso la lana che li separa.
Spinse la pila in mezzo a una delle strane intelaiature che Lydia aveva già notato entrando e appoggiò sopra i panni una specie di coperchio di legno, sagomato in modo da scorrere perfettamente tra i pali della struttura.
Ecco a che cosa servivano tutte quelle spese di carpenteria. – Pensò Lydia, che aveva dovuto pagare le forniture.
Ramaswami cominciò ad accumulare sopra il coperchio una serie di blocchi squadrati di pietra, fino a raggiungere la massima altezza consentita dalla struttura di legno: – Adesso bisogna lasciare tutto a riposare per mezza giornata, mentre l’acqua esce attraverso la lana. Dopo di che i fogli devono essere stesi ad asciugare ancora per un’intera notte, su quella rastrelliera che vedi laggiù. Ma noi possiamo evitare di aspettare fino a domani, e continuare la dimostrazione con i fogli che vedi stesi e che sono già pronti, dato che sono lì da ieri sera.
Prese uno dei fogli dalla rastrelliera e lo passò a Lydia. – Vedi kyria, questo foglio è già quasi pronto. Ma se ci passi sopra le dita sentirai che la superficie è ruvida e troppo irregolare per scriverci sopra. Per rimediare a questo problema si usa questa macchina. – Indicò un marchingegno formato da due grossi rulli di legno, con una grande manovella su un lato. Preso il foglio, lo appoggiò nel punto di contatto fra i due rulli e fece segno allo schiavo che aspettava pazientemente. Questi fece girare la manovella e il foglio sparì tra i rulli uscendo dall’altra parte.
– Ecco kyria, adesso è perfetto. – Passò a Lydia il foglio di scinzi appena creato e lei lo studiò accuratamente. I bordi erano irregolari, naturalmente, quindi sarebbe stato necessario rifilarli prima di vendere il prodotto, ma la superficie del foglio era perfetta, più bianca e liscia della pergamena di prima qualità. – È un po’ spesso, Ramaswami, dici che potremo farne di più sottili? Per il resto, – aggiunse rapidamente – è assolutamente perfetto. Lasciami qualche foglio come campione e stasera discuteremo delle applicazioni pratiche di questa nuova meraviglia.


Più tardi Ramaswami e Quinto Novio si incontrarono nelle cucine della villa, entrambi alla ricerca di qualcosa da mangiare prima di cena.
– C’è una cosa che mi chiedo da un po’ Ramaswami, – lo interrogò Novio – ed è il significato del tuo nome.
– È semplice Novio, – rispose l’indiano – significa “Signore Rama” o anche “Rama è il mio Signore”. Se non lo sai, Rama è uno dei dieci avatar, o incarnazioni, di Vishnu, il dio supremo che vive al di fuori dell’universo mondo.
– Non sono sicuro di capire Ramaswami, cosa esattamente intendi quando dici che il dio supremo è al di fuori dell’universo. – Insistette Novio: – Il mondo, per definizione, contiene tutto ciò che esiste; se qualcosa non è nell’universo vuol dire che non esiste. Tu non stai implicando che il tuo dio supremo non esiste, vero?
– Naturalmente no! – Rispose Ramaswami offeso: – Ma forse la tua perplessità nasce dal fatto che non siamo d’accordo sui termini fondamentali: cosa significa “esistere” e cos’è il “mondo”. Dimmi Novio, cosa sapete voi delle terre di occidente sulla vera natura del mondo e sull’esistenza dell’Eterno?
– Non è una questione semplice amico mio, – rise Novio – esistono molte teorie sull’argomento e da molte centinaia d’anni i migliori filosofi cercano le risposte alla tua domanda. Io, personalmente, ho studiato da giovane all’Accademia di Atene e seguo quindi gli insegnamenti della scuola di Platone: questi, in contrasto con la posizione di Eraclito che sosteneva che tutto è mutamento, dichiara che la realtà ultima è assoluta, eterna e immutabile, e che quello che noi percepiamo come moto, mutamento e corruzione, non è altro che l’ingannevole riflesso di una realtà immutabile, non conoscibile direttamente dai nostri sensi.
– Bene, vedo che dopotutto non siete poi così lontani dalla verità. – Concesse Ramaswami: – Quindi anche voi riconoscete che quello che percepiamo con i sensi è maya, un’illusione, e che la realtà è qualcosa di completamente diverso.
– Certamente. Platone sostiene che quello che noi percepiamo non è altro che un’ombra proiettata dagli oggetti ideali sulle pareti della caverna della nostra mente tramite i sensi. – Prese dal tavolo un mestolo di legno e lo agitò davanti a sé: – Questo cucchiaio che io sto tenendo in mano non è un oggetto reale. L’esistenza è un attributo dell’idea di cucchiaio, che esiste fuori dal tempo, e priva di quelli che Aristotele chiamava gli accidenti della materia, quello che io e te vediamo è solo un’ombra, proiettata attraverso i nostri sensi imperfetti.
– Vedo, Novio, che siete arrivati abbastanza vicini alla verità, ma vi manca ancora un po’ di strada. – L’indiano stava scuotendo la testa: – Tu dici che l’idea del cucchiaio è eterna e reale, mentre il cucchiaio contingente è solo un’ombra. La verità, come noi la comprendiamo, è ancora più radicale: è vero che il cucchiaio è solo una proiezione dei nostri sensi, ma dietro il velo di maya non c’è un’idea astratta di cucchiaio. Oltre il mondo delle sensazioni, non c’è un altro mondo come il nostro, solo un po’ più perfetto; al di là del velo c’è l’unica cosa che è veramente reale: la mente eterna e immutabile di Vishnu, il Signore Supremo, qualcosa di assolutamente inconcepibile e inimmaginabile per un essere umano.
Ramaswami aveva l’aria sconsolata, mentre cercava di spiegare in termini semplici un concetto cardine della metafisica della sua religione: – Quando tu dici che il cucchiaio è un’ombra dell’idea di cucchiaio, pensi per analogia: “dietro l’angolo ci dev’essere il cucchiaio vero, io vedo solo il suo riflesso”. Quando io dico che il cucchiaio è un’illusione, intendo che è una metafora per un aspetto particolare del Tutto che è l’unica cosa reale. Tu pensi che il vero cucchiaio sia da un’altra parte, Novio; io so che il cucchiaio non esiste.


Dopo cena, Lydia e l’indiano si incontrarono nuovamente nel tablinium della villa. – Allora Ramaswami, – esordì Lydia – ho fatto un po’ di prove con il nuovo scinzi e con diversi tipi di inchiostro e direi che è pienamente soddisfacente. A questo punto possiamo parlare di affari: i fogli che hai prodotto sono quadrati, di circa due piedi e mezzo di lato, supponendo di mantenere questo formato dovremmo cercare di determinare quanto costa produrli e quanti ne possiamo produrre. Tu hai già delle idee in proposito?
– Beh, direi che con una libra di materiali – cominciò a dire l’indiano – si possono ottenere da sei a otto fogli, a seconda dello spessore che vogliamo ottenere e dello scarto: quando puliamo la vasca, si perde sempre un po’ di materiale insieme all’acqua. Per quanto riguarda il lavoro e i tempi, direi che con cinque persone dovremmo poter produrre circa trenta fogli al giorno; aumentando a quindici il numero degli operai potremmo arrivare a cento fogli al giorno.
– Molto bene: se contiamo quindici persone, – calcolò Lydia – possiamo contare su una produzione di almeno duemilacinquecento fogli al mese, quindicimila piedi quadrati. Ti interesserebbe entrare come socio in questa impresa?
– Certamente, kyria, sembra un’idea interessante. – Rispose Ramaswami: – Quali condizioni hai in mente?
– Pensavo di offrirti i due decimi degli utili, in cambio delle tue capacità come supervisore dell’attività, – Propose Lydia – mentre io ci metterei il capitale iniziale e lo spazio qui sui miei terreni. Dagli incassi lordi togliamo il costo delle materie prime, il mantenimento degli schiavi e le spese di costruzione o riparazione delle attrezzature. Di quello che rimane i due decimi vanno a te e il rimanente a me.
– Veramente penso che sarebbe più equa una divisione degli utili in parti uguali, – ribatté pronto l’indiano – soprattutto considerando che sono io a conoscere i segreti della lavorazione dello scinzi.
– Questo è vero, – ammise Lydia – ma sono io che rischio il capitale: se dovesse andare tutto storto, tu non ci rimetteresti nulla. Diciamo che potrei arrivare a darti un quarto dell’utile. Calcola che un piede quadro di pergamena oggi costa circa due assi e mezzo, se vogliamo che il nostro prodotto si venda nonostante sia nuovo e non ancora apprezzato, dovremo venderlo a circa la metà di quel prezzo, diciamo a un asse e mezzo. Questo fa… – scribacchiò qualche numero su una tavoletta – circa cinquemilaseicento sesterzi al mese. Tolto il costo di cinquecento librae di cotone e canapa grezzi e del mantenimento di quindici schiavi per un mese, – altri conti sulla tavoletta – dovrebbero rimanere circa quattromila sesterzi, la tua parte sarebbe di mille sesterzi al mese. Più di mezzo talento d’argento all’anno! Non mi sembra un’offerta che si possa rifiutare facilmente.
Andarono avanti a contrattare così per un pezzo e, alla fine, si accordarono per un terzo dell’utile netto a Ramaswami e due terzi a Lydia.


Mamilia Lydia era raggiante. L’esperimento era andato benissimo, Ramaswami aveva dimostrato di conoscere davvero il segreto dello scinzi e l’inchiostro speciale da imprimitura funzionava perfettamente sul nuovo materiale. Se tutto andava bene, all’inizio di Ianuarius avrebbero avuto la prima produzione da vendere: – E allora vedremo che faccia farai, Caio Arrio Emiliano.

© Paolo Sinigaglia 2013-2017 – È proibita la riproduzione anche parziale

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