Capitolo 5


Un curioso biglietto – Un paradosso economico

Roma, a.d. V Kal. Mai. 809 AUC

Il biglietto diceva soltanto:

Caio Arrio Emiliano a Lucio Acilio Balbo eques, S.V.B.E.E.V.
Sono lieto di comunicarti che la copia dell’Iliade che mi hai commissionato il mese scorso è finalmente pronta.
Fammi sapere, con tuo comodo, quando posso farla consegnare.
Vale.

Il cavaliere Acilio Balbo lesse con soddisfazione il testo scritto sul bigliettino che gli era stato appena consegnato dal suo ostiarius. Caio Arrio Emiliano era sempre affidabile: se diceva che un lavoro sarebbe stato pronto per una certa data, si poteva contare sul fatto che avrebbe rispettato i termini per la consegna.
Guardando meglio il biglietto si stupì della precisione del disegno e della scritta riportata sul verso: con pochi tratti di inchiostro era rappresentato un libro parzialmente srotolato e di fianco la scritta su quattro righe:

C Arrius Æmilianus
Librarius
Argiletum
Roma

I caratteri erano incredibilmente precisi, in contrasto con la calligrafia rapida con cui erano state vergate le poche righe del messaggio scritto sul recto.
Nell’insieme c’era decisamente qualcosa di curioso in questo biglietto e Lucio Acilio Balbo decise di fare un salto alla taberna di Emiliano, tanto era praticamente sulla strada per andare al Foro.


– Salve Arrio Emiliano, spero ti vada tutto bene. Sono passato a vedere i libri che mi hai preparato.
– Caro Acilio Balbo, che piacere vederti qui. – Emiliano, vedendo l’eques che era appena entrato nella sua bottega, accorse sorridendo per riceverlo: – Naturalmente non avevi bisogno di disturbarti, bastava che mandassi uno schiavo per ritirare i codices. – Aggiunse indicando con un gesto i due volumi poggiati sul bancone.
– Nessun disturbo amico mio, dovevo comunque passare vicino alla tua taberna per andare al Foro e la curiosità di vedere il lavoro che mi hai promesso è stata troppo forte per non fermarmi a fare un saluto. – Si avvicinò al banco e cominciò a esaminare i codices: – Sono veramente bellissimi, – disse aprendone uno e cominciando a sfogliarne le pagine – la pergamena è della migliore qualità e la calligrafia è ottima. Le custodie poi, come fai a rendere il legno così bello e lucido?
– Beh, su questo non posso certo prendere io il merito, – rispose Emiliano ridendo – le copertine sono state progettate e realizzate da Marco Lollio, il citrarius. Credo che per ottenere quell’effetto usi una tecnica che chiamano encaustum: prima tratta la superficie con polvere di pomice per togliere tutte le asperità lasciate dalla piallatura, e poi la lucida con cera bollente mescolata a polvere di cinabro, per darle quella sfumatura rossiccia. Tuttavia non posso negarlo, l’effetto è molto bello.
– Comunque, già che sono qui è meglio se ti pago subito il lavoro. Preferisco non lasciare in mano agli schiavi delle cifre così ingenti, sai com’è. Se non sbaglio avevamo concordato trecentoventi sesterzi per tutti e due i volumi, vero?
– Esattamente, – rispose Emiliano – anche se, naturalmente, non c’è nessuna fretta, Acilio Balbo: non sei certo un cliente della cui parola io possa dubitare. Se per te va bene, i volumi li faccio recapitare oggi stesso a casa tua.
– Va benissimo, – lo ringraziò Acilio mentre contava tre aurei e cinque denarii per saldare il conto – se non sarò ancora rientrato puoi farli lasciare direttamente al mio ostiarius.
– Parlando d’altro, – proseguì il cavaliere – sono molto incuriosito dalla strana fattura del biglietto che mi hai fatto recapitare stamattina: mentre su una faccia è scritto in una calligrafia normale, la scritta e il disegno riportati sull’altra sono talmente accurati che sembrano quasi scolpiti nella pietra. Mi domando perché mettere tanta cura e lavoro in un oggetto così umile e destinato a essere subito accantonato.
– Ah eques, in realtà quella scritta non mi è costata nessuna fatica, – rispose Emiliano mostrando al cavaliere la cassetta che pochi giorni prima aveva incuriosito Aquillio Tusco – si tratta di biglietti che preparo tutti assieme per usarli come tituli per i libri che copiamo; sono realizzati con una nuova tecnica che permette di produrne qualunque quantitativo con un impegno minimo di lavoro. Se la cosa ti interessa posso farti vedere come funziona, di là nel laboratorio.
– Certo che mi interessa: da quello che mi hai detto si direbbe opera di magia, – rise Acilio Balbo – e poiché io non sono superstizioso voglio vedere con i miei occhi questa meraviglia.
Emiliano guidò il cavaliere nel retrobottega: una stanza abbastanza ampia ma priva di finestre, scarsamente illuminata da alcune lucerne a olio. Su un banco, insieme ad alcuni attrezzi strani, c’era un blocchetto di legno di poco più di un palmo per lato; Emiliano puntò in quella direzione, seguito da Balbo.
– Ecco, questo è il mio laboratorio segreto, – scherzò Emiliano – ti prego solo di fare attenzione, perché gli inchiostri che usiamo qui macchiano la lana in maniera indelebile; non vorrei essere responsabile della rovina della tua bella toga nuova. Vedi, – continuò prendendo in mano la matrice – questo blocchetto è inciso sulla sua superficie in modo da lasciare affiorare le lettere e il disegno che tu hai visto sul mio biglietto… – Ma venne subito interrotto dal cavaliere:
– Ma questa incisione è tutta sbagliata! È scritta alla rovescia, come la scrittura degli abitanti della Iudaea.
– Hai ragione Acilio Balbo, l’incisione è effettuata capovolta rispetto al risultato che si vuole ottenere e fra un attimo vedrai il perché. – Detto questo prese dal banco un oggetto formato da un piccolo cilindro di lana pressata, con un manico dalla forma strana; bagnò il cilindretto in una bacinella bassa e larga lì vicino, che conteneva un liquido scuro e denso e poi, con un movimento preciso, fece scorrere il rullo sulla superficie incisa del blocchetto di legno.
Fatto questo prese un pezzetto di pergamena da una scatola che ne conteneva parecchi, tutti già tagliati uguali, lo appoggiò sopra il blocchetto e con un altro rullo, questa volta di legno rivestito di cuoio morbido, lo premette con forza.
Sollevò quindi di nuovo il foglietto e lo porse al cavaliere che aveva osservato con attenzione tutta la procedura, che non era durata più del tempo necessario a descriverla a parole. – È incredibile! – Disse questi: – È identico agli altri biglietti che abbiamo visto prima. E per realizzarlo sono bastati pochi attimi, mentre avrei potuto giurare che per fare un lavoro così accurato ci volesse almeno un quarto d’ora.
Emiliano era visibilmente orgoglioso del suo giocattolo. – Esattamente. Naturalmente ci sono un paio di inconvenienti: l’inchiostro che ho appena usato è molto costoso da realizzare, perché è basato su alcuni ingredienti rari, e inoltre anche se bastano pochi istanti per imprimere uno di questi biglietti, la realizzazione del blocchetto, la matrice, ha richiesto molte ore di lavoro a un artigiano specializzato.
– Quindi nel calcolare il costo del singolo biglietto, – ragionò Acilio Balbo ad alta voce – bisogna considerare anche il tempo necessario per la realizzazione della matrice, suddiviso per il numero di biglietti che imprimi con essa.
– Esatto, – Emiliano era sinceramente colpito dalla rapidità con cui il cavaliere si era impadronito del concetto – e questo porta a un curioso paradosso: sappiamo che il prezzo di una merce, qualsiasi merce, aumenta all’aumentare della richiesta e al diminuire dell’offerta; il prezzo del grano aumenta in anni di carestia in quanto l’offerta diminuisce, oppure durante le campagne militari quando aumenta la richiesta. Questa è sempre stata la legge fondamentale del commercio, ed è il motivo per cui lo Stato interviene con le leggi frumentarie per evitare speculazioni. Qui invece abbiamo un caso in cui la regola non funziona: se tu mi chiedessi di imprimerti uno di questi codicilli il prezzo sarebbe assolutamente proibitivo, dieci o quindici volte il costo che avrebbe se venisse realizzato a mano, nel modo tradizionale; se invece me ne chiedessi cento o duecento il prezzo calerebbe moltissimo, visto che il costo di realizzazione della matrice si dividerebbe tra tanti pezzi.
– Stai dicendo che abbiamo qui un caso in cui l’aumento della richiesta fa diminuire il prezzo invece che farlo aumentare? – Chiese allora il cavaliere sbalordito: – Sembrerebbe assurdo se non fosse che, da come l’hai spiegato, è assolutamente logico.
– Eppure è proprio così, almeno entro certi limiti. È chiaro che se tu mi chiedessi di imprimere un milione di questi codicilli subentrerebbero altri problemi: l’eccesso di richiesta farebbe aumentare i prezzi della pergamena e degli ingredienti necessari per realizzare l’inchiostro, quindi oltre un certo punto il prezzo tornerebbe a salire.
Acilio Balbo stette soprappensiero per qualche istante: – Beh, visto che hai sollevato tu l’argomento, che prezzo potresti farmi se ti chiedessi di fare… uhm… diciamo dodici dozzine di codicilli grandi come questo con sopra il mio nome, l’indirizzo e lo stemma che rappresenta la mia gens?
La richiesta colse Emiliano di sorpresa. Non aveva mai pensato che quei biglietti potessero avere un mercato! Nondimeno, da bravo mercante, fece rapidamente i suoi conti:
– Ah… direi che per un quantitativo del genere, potrei farteli per un asse l’uno, forse qualcosa di meno… vediamo… sì, direi che potrei farteli a due assi ogni tre pezzi, che vuol dire… due sesterzi alla dozzina, ventiquattro sesterzi per dodici dozzine di biglietti.
– Mi sembra un buon prezzo caro Arrio, ti farò avere fra qualche giorno un bozzetto dello stemma da riprodurre.
– Se mi è lecito chiederlo, eques, per che cosa pensi di usare tutti quei biglietti? Non che voglia lamentarmi per carità, gli affari sono affari, sono semplicemente curioso.
– Per Hercules! Non è ovvio? – Il cavaliere era stupito di dover spiegare una cosa così semplice: – Esattamente per la stessa cosa che ne hai fatto tu stamattina: usarli per mandare messaggi ad amici o inviti per gli ospiti, in un modo personalizzato e più originale e raffinato del solito. Tu capisci, Arrio, che nel mio ambiente la forma è spesso importante quanto o più della sostanza.
– Capisco, e ti assicuro che farò un lavoro accurato non appena mi farai avere il bozzetto.
– D’accordo Arrio Emiliano. Vale. – Salutò il cavaliere.


Emiliano rimase per un bel po’ a meditare sulla cosa: sapeva bene che, dopo la riforma dell’ordo equestris voluta da Augusto, i cavalieri si erano fatti se non proprio arroganti quantomeno baldanzosi. La loro era adesso praticamente una classe ereditaria, con poteri e dignitas inferiori ma paragonabili a quelli della classe senatoria, che invece diventava di anno in anno gradualmente sempre meno importante politicamente.
Gli equites guadagnavano sempre più prestigio e denaro, ma avevano ancora una certa soggezione nei confronti della vecchia nobiltà senatoria e non perdevano occasione per affermare la loro importanza, anche ricorrendo a espedienti puramente di facciata come questo.
Emiliano era felice di questo inaspettato interessamento del buon Acilio Balbo per i suoi biglietti impressi e delle possibili implicazioni della cosa: non appena il cavaliere avesse cominciato a utilizzarli per mandare messaggi ai suoi pari, questi si sarebbero probabilmente precipitati a chiedergli di produrne anche per loro.
Se questo si fosse verificato, se il cavaliere avesse lanciato davvero una nuova moda, Emiliano rischiava di trovarsi sommerso da una quantità di ordini che avrebbe potuto difficilmente soddisfare con l’attrezzatura di cui disponeva; forse era il caso di cominciare da subito a pensare all’allestimento di un nuovo laboratorio specializzato in questo nuovo settore.
Gli sarebbero serviti dei locali più ampi, attrezzi per la preparazione dell’inchiostro e per il taglio della pergamena, almeno un paio di nuovi schiavi da addestrare nella pratica dell’imprimitura. Forse addirittura gli sarebbe stato necessario impiantare un piccolo laboratorio per l’incisione del legno, con uno o due schiavi specializzati…
Basta! Inutile mettere il carro davanti ai buoi. Per il momento avrebbe aspettato l’ordine promesso dal cavaliere e poi le cose sarebbero andate come avrebbero voluto gli dei. – È veramente un peccato che Lydia mi abbia mandato all’Orco qualche giorno fa. – Pensò Emiliano. – In questo momento avrei proprio bisogno di parlare con lei di questa nuova idea, lei saprebbe sicuramente cosa fare.
Lei sapeva sempre cosa fare.

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