Capitolo 7


Una nuova moda – Il magister fabrum – Le macchine e il lavoro

Roma, prid. Kal. Sext. 809 AUC

–… e così, se tu mi potessi fare dei biglietti come quello, ma un po’ più grandi, diciamo lunghi e larghi il doppio, ci potremmo mettere sopra il mio nome, l’indirizzo del mio negozio e una descrizione della qualità dei miei prodotti. – Marco Porcio Latro era inarrestabile, un flusso di parole continuo in mezzo alle quali Emiliano non riusciva ad inserire neanche un commento. – Se me ne potessi produrre qualche centinaio li darei ai miei clienti quando vengono a comprare da me, e se loro li fanno vedere ai loro conoscenti questo per me significherebbe un notevole aumento di clientela…
– Capisco, Porcio. Di solito non imprimo biglietti così grandi: fino ad ora mi hanno sempre chiesto il solito formato, ma non credo che ci sia nessuna difficoltà a farli. L’unico problema – continuò Emiliano che aveva approfittato di un’interruzione del monologo per prendere la parola – è che al momento ho tanti ordini che faccio fatica ad accontentare tutti i clienti. Posso senz’altro realizzare i biglietti che mi chiedi, ma ci vorrà un po’ di tempo.
– Quanto tempo Caio Arrio? E quanto mi verranno a costare?
– Per il prezzo, dipende dalla quantità che desideri: se come dicevi prima ne vuoi cento o duecento esemplari, direi che te li posso fare a due assi ciascuno, cinquanta sesterzi al centinaio. – Emiliano esitò un attimo: – Per il tempo solo gli dei lo sanno! Con gli ordini che ho già adesso, potrei riuscire a imprimerli entro le Kalendae di September, ma potrebbe essere anche un po’ prima, perché sto allargando il nuovo laboratorio e, se trovo un paio di schiavi sufficientemente svegli, potremmo accelerare il lavoro.
– Beh, se questo è il meglio che si può fare andrà bene per forza. – Marco Porcio non sembrava molto soddisfatto: – Intanto ti lascio un appunto di cosa ci vorrei scritto sopra, – passando una tavoletta a Emiliano – ti sarei grato se mi facessi avere al più presto una bozza del disegno definitivo.
Dopo un paio di ulteriori convenevoli, Emiliano si liberò finalmente del macellaio.
La situazione stava diventando insostenibile! Tutta Roma sembrava impazzita per l’imprimitura: solo oggi, e non era ancora mezzogiorno, questa era la seconda richiesta di formati speciali, oltre a tre ordinazioni di codicilli ordinari.
Non che gli dispiacesse fare soldi, ma era difficile trovare schiavi in grado di fare un lavoro allo stesso tempo ripetitivo e delicato. Ogni errore, dovuto all’imperizia o alla distrazione, significava un biglietto da buttar via e questo aumentava sia il costo che il tempo necessario per finire un lavoro.
Sarebbe stato bello trovare un modo per sveltire l’imprimitura; è pur vero che era già un’operazione abbastanza veloce, ma richiedeva molta cura nello stendere l’inchiostro uniformemente e nel piazzare il foglio sulla matrice in modo preciso e al primo tentativo. Una volta appoggiata, la pergamena si sporcava istantaneamente di inchiostro, e se la posizione non era precisa non era più possibile correggerla.
– Eppure, – pensava Emiliano – ci dovrebbe essere un modo per posizionare il foglio prima di metterlo a contatto con la matrice. Non so come, ma ci deve essere. E poi, anche l’operazione di rullatura per imprimere l’inchiostro sul foglio è troppo delicata. Basta un movimento brusco e il foglio si sposta sulla matrice ed è da buttar via.


Subito dopo mezzogiorno Emiliano affidò il negozio al liberto Tito e si recò a trovare il citrarius: – Buon giorno Marco Lollio, – lo salutò entrando nel laboratorio – posso rubare un po’ del tuo tempo?
– Naturalmente Emiliano, – gli rispose Lollio, posando sul bancone il martello e lo scalpello che stava usando fino a un attimo prima – cosa ti porta da queste parti?
Emiliano si guardò un attimo intorno, nell’indaffarata confusione della bottega: – Ho ricevuto altri ordini per dei codices, sembra che stiano diventando popolari tra gli equites, e quindi volevo chiederti di farmi altre dieci custodie.
– Molto bene, sempre uguali a quelle dell’altra volta?
– Sì Lollio, ho pensato che uniformando le dimensioni dei codices dovrebbe essere più comodo per i miei clienti tenerli tutti insieme su uno scaffale. Inoltre, – aggiunse come per un ripensamento – ti ricordi della discussione che abbiamo avuto un paio di mesi fa, sulla questione del costo e di tutto il tempo che perdi nella realizzazione di questi oggetti?
– Certo che me ne ricordo! – Sbuffò Marco Lollio: – Ogni volta che mi chiedi di costruirti queste cose passo metà del mio tempo a seguire il lavoro fatto da Settimo, invece di occuparmi del mio.
– Ecco, è proprio di questo che volevo parlarti: – riprese Emiliano – ho pensato a quello che mi hai raccontato e ai problemi che hai avuto a far realizzare a Settimo i vari pezzi delle custodie. Se come mi hai detto il tuo schiavo è bravissimo a lavorare i singoli pezzi, ma non ha l’iniziativa sufficiente per decidere cosa fare dopo, pensavo che la soluzione migliore sarebbe fargli fare una singola lavorazione in tante copie e poi un’altra e così via.
– Scusa Emiliano, – lo interruppe Lollio – ma non vedo che vantaggio ci sarebbe…
– Eppure è semplice: se lo metti a tagliare e lucidare un pezzo, – spiegò Emiliano – quando ha finito ti viene ad interrompere e tu gli devi spiegare cosa fare dopo. Ma se invece gli fai tagliare e lucidare dieci pezzi tutti uguali tra loro sarà impegnato per una giornata, e domani gli darai da fare dieci copie di un altro pezzo e così via. In questo modo alla fine avrai dieci custodie complete, Settimo avrà lavorato per lo stesso tempo che a farle una per una. Forse anche meno, perché ripetendo più volte la stessa operazione probabilmente sarà anche più veloce nel farla, e avrà avuto bisogno della tua assistenza solo un decimo delle volte.
– Non so come ti vengono certe idee Emiliano, dev’essere la dea Minerva che parla per bocca tua! – Marco Lollio era sbalordito: – È un’idea fantastica, e potrebbe persino funzionare. Senti, facciamo così: tu mi ordini quei dieci pezzi e io ti garantisco di farteli a un prezzo comunque non superiore a quello dell’altra volta: sedici sesterzi ciascuna, se ricordo bene. Ma se la tua idea funziona ti farò uno sconto, sulla base del tempo che avrò effettivamente risparmiato. Sei d’accordo?
– Direi proprio di sì, – assentì Emiliano – mi fido della tua onestà e accetterò la tua parola quando mi presenterai il conto. L’unico inconveniente di questo modo di lavorare è che immagino che non potrai consegnarmele finché non saranno pronte tutte; quanto tempo pensi che ci vorrà?
– Beh, sì, lavorando i pezzi in questo modo ovviamente non posso consegnartele finché non le abbiamo pronte tutte. – Lollio si fermò a pensare per qualche istante: – Al momento ho un bel po’ di lavoro, direi che ci vorranno dai due ai tre mesi; quindi se sei fortunato potrebbero essere pronte agli inizi di October, nel peggiore dei casi direi entro i primi di November.
– Va bene, magari ripasso fra un paio di nundinae per vedere come vanno le cose. Pensi per allora di sapermi dare una data più precisa?
– Penso proprio di sì, – confermò Lollio – per allora dovrei anche saperti dire se la tua idea ha funzionato o no.
– Allora siamo d’accordo. – Concluse Emiliano: – Parlando d’altro, stavo ragionando su una cosa in questi giorni e mi domandavo se potessi darmi una mano: avrei bisogno di qualcuno, e spero che possa essere tu, in grado di costruire una specie di attrezzo o di macchina per imprimere più rapidamente quei biglietti che hai già visto una volta. Ho un’idea di come potrebbe funzionare ma è ancora molto approssimativa. Pensi che potresti aiutarmi a realizzarla?
Marco Lollio squadrò l’amico con aria dubbiosa: – Non credo: costruire macchine non è il mio campo. Io produco mobili e suppellettili, non mulini o scorpiones. – Ci pensò su ancora un momento: – Però potrebbe essere un lavoro adatto al mio amico Caio Vario Rufo, che è stato magister fabrum nella Legio IV Macedonica. È stato congedato dal servizio da qualche anno, e adesso vive a Roma e abita qui vicino. Se vuoi posso mandare uno dei miei schiavi a chiamarlo e te lo presento.
– Ottima idea Lollio! Naturalmente non vorrei essere troppo di disturbo per te e per lui…
– Nessun disturbo per me Emiliano. – E aggiunse: – Detto in confidenza, credo che a Vario Rufo non dispiacerebbe avere la possibilità di guadagnare qualche sesterzio.


Caio Vario Rufo era un uomo robusto, addirittura massiccio, sui cinquantacinque anni, con modi bruschi ma abbastanza amichevoli: – Allora Marco, è questo il tuo amico che volevi farmi conoscere? – Disse, entrando nella bottega.
– Buon giorno Vario Rufo, – disse Lollio senza prestare attenzione ai modi bruschi del nuovo arrivato – è da un pezzo che non ci vediamo. Sì, questo è Caio Arrio Emiliano, il librarius. Poco fa mi diceva che avrebbe bisogno di qualcuno che lo aiuti a progettare e costruire un qualche tipo di macchina, e naturalmente ho subito pensato a te.
– Interessante. E che tipo di macchina può servire a un librarius? – Rivolgendosi ironicamente a Emiliano: – Forse un onager per tirare pietre ai clienti che non pagano od un trispastos per sollevare le casse di libri?
– Ah ah! No, Vario Rufo, – rispose Emiliano – ho in mente una macchina che dovrebbe servire a imprimere scritte sulla pergamena, per ottenere questi. – E gli porse uno dei suoi famosi biglietti.
– Curioso. E come potrebbe essere fatta una macchina che ti aiuti a scrivere? – Chiese Vario.
Emiliano gli spiegò per filo e per segno la tecnica dell’imprimitura e vide, dall’espressione attenta dell’altro, che il vecchio soldato lo stava seguendo perfettamente. – … e così, penso che si potrebbe migliorare la tecnica se, invece di appoggiare il foglio sulla matrice e poi usare un rullo per premerlo con forza, avessimo il foglio steso sopra un solido piano, magari con una cornice che lo tenga in posizione, e gli premessimo sopra la matrice con un qualche sistema di leve o pulegge. Potremmo ottenere lo stesso effetto, ma più velocemente e con maggior precisione.
L’ex magister fabrum si mostrò entusiasta al progetto: – Mi sembra un’ottima idea! Potremmo usare un meccanismo a perno eccentrico, come quello usato per ricaricare il polybolos, e fare in modo che azionando una leva la matrice venga abbassata sul foglio e premuta in posizione. Però non ci sarebbe abbastanza spazio tra piano e matrice… bisognerebbe avere una tavola scorrevole per poter inserire il foglio… ma poi ci vorrebbe anche un meccanismo per bloccare la tavola in posizione… e come si fa a stendere l’inchiostro sulla matrice se questa è capovolta?… e bisogna anche impedire che la matrice cada dalla sua sede… – E andò avanti così per un bel pezzo, ragionando ad alta voce.
Emiliano guardò Lollio con l’aria di voler chiedere se l’altro era diventato matto. L’amico gli rispose con un’occhiata che diceva senza parole che no, era proprio sempre così.
Alla fine Vario Rufo smise di borbottare ragionamenti incomprensibili e si rivolse direttamente a Emiliano: – Si può fare. Avrò bisogno di vedere la tua attuale attrezzatura e magari anche fare qualche prova, ma penso di poter progettare la macchina che ti serve. Per la realizzazione conosco un carpentiere abbastanza capace da seguire un progetto senza cercare di fare di testa sua, e probabilmente avremo bisogno anche di un fabbro per realizzare alcuni particolari in ferro o in bronzo.
Emiliano capì che quest’uomo, che probabilmente conosceva a memoria il De Architectura di Vitruvio, si era immediatamente impadronito dell’idea e non l’avrebbe più mollata, come un cane che ha addentato un osso, finché non l’avesse realizzata. – Ti ringrazio Vario Rufo, vieni quando vuoi nella mia taberna sull’Argiletum e ti farò vedere tutto quello che ti può servire.
– Ma perché pensi che una macchina del genere potrebbe aiutarti, Emiliano? – Si intromise Marco Lollio. – Dopotutto avrai comunque bisogno di schiavi per farla funzionare.
– Certo, ma pensa alla differenza in termini di specializzazione: – cominciò a spiegare Emiliano – per fare il lavoro di imprimitura io adesso ho bisogno di uno schiavo che sappia tagliare la pergamena a misura, pulire e inchiostrare le matrici, e maneggiare i rulli con precisione e attenzione sufficienti a non rovinare il prodotto finito. Per non parlare della preparazione dell’inchiostro e dell’incisione delle matrici…
– Ma il costo degli schiavi sarebbe lo stesso, anche con questa macchina di cui state parlando, e in più dovresti sobbarcarti il costo della macchina stessa. – Obiettò il citrarius.
– È vero, ma il mio problema al momento non è tanto quello di abbassare i costi quanto di aumentare la produzione. Ho già più ordinazioni di quelle che riesco a soddisfare e non ho molte speranze di trovare uno o più schiavi adatti a fare questo lavoro: dopotutto non è che ci sia un mercato per schiavi esperti in imprimitura… – A Emiliano venne in mente un esempio per convincere l’amico. – Ti ricordi quello che mi dicesti tempo fa sul tuo schiavo Settimo, che praticamente lo consideri insostituibile per via della sua abilità nella lavorazione del legno? Pensa a cosa potresti fare se tu avessi un macchina che, tirando una leva, tagliasse, piallasse e lucidasse il legno con la stessa accuratezza di Settimo.
– Dubito molto che si possa costruire una macchina che faccia un lavoro del genere. – Ribatté Marco Lollio.
– Lo dubito anch’io, – ammise Emiliano ridendo – d’altra parte siamo qui a parlare di costruire una macchina per scrivere sulla pergamena, e fino a ieri avrei detto che anche questo fosse impossibile. Supponi comunque che la perizia del nostro Vario Rufo gli permettesse di costruire una macchina del genere, non saresti felice di poter delegare i lavori più delicati a un qualsiasi schiavo a malapena addestrato invece che dipendere da uno specialista come Settimo?
– Capisco il tuo punto di vista Emiliano, – ammise Lollio, – in effetti sarebbe un grosso vantaggio. Ma tu pensi seriamente che sia possibile sostituire la competenza e l’esperienza di un operaio ben addestrato con una semplice macchina?
– In linea di principio, perché no? – Si intromise Vario Rufo. – Dopotutto cos’è una ballista se non una macchina per sostituire la forza e l’addestramento di un arciere? Perché lo stesso principio non dovrebbe poter funzionare anche in altri campi?
– Inoltre, se non mi devo preoccupare dell’abilità degli operai, – aggiunse Emiliano, – posso organizzare meglio il lavoro: invece di avere uno schiavo che esegue in sequenza tutte le fasi del lavoro, tagliare, imprimere, stendere ad asciugare, potrei assegnare uno schiavo per ciascuna operazione distinta e questo aumenterebbe di sicuro la velocità e la precisione nel lavoro.
– Ma questo – obiettò Lollio, – può avere senso solo se hai un lavoro altamente ripetitivo e che dev’essere effettuato un grande numero di volte. Se hai poco lavoro non puoi permetterti di impegnare un operaio per ciascuna fase del lavoro, e se il lavoro non è ripetitivo non avrai molto vantaggio da questa suddivisione dei compiti, perché ciascun operaio dovrà ogni volta imparare a fare qualcosa di diverso.
– Giusta osservazione, Lollio, – ammise Emiliano – ma questa è esattamente la situazione in cui mi trovo io adesso: un mucchio di lavoro che, a parte la realizzazione delle matrici, richiede la continua ripetizione delle stesse operazioni. Inoltre, – aggiunse – ho notato qualche tempo fa una curiosa anomalia di questo tipo di lavoro: si tratta di un’attività in cui, al contrario di quanto succede normalmente, l’aumento della richiesta può far diminuire il costo della produzione, invece che farlo aumentare. Ne consegue che qualunque miglioramento che porti alla velocizzazione del lavoro, e quindi all’aumento della capacità di produzione, tenderà automaticamente a far abbassare ulteriormente i costi della produzione stessa.
– Se quello che dici è vero, Emiliano, – rise allora Marco Lollio, – non vedo l’ora che il nostro amico Rufo mi progetti una macchina che taglia, pialla e leviga il legno. Ne avrei proprio bisogno…
Si lasciarono così, con l’accordo che Vario Rufo si sarebbe recato l’indomani alla taberna libraria di Gaio Arrio per imparare tutto il possibile sull’imprimitura.

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