Capitolo 54 Stanford Prison Experiment, parte IV

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Una tenue scintilla verde si muoveva davanti per dare l’andatura, e dietro di essa seguiva una brillante figura d’argento, tutte le altre entità invisibili. Avevano attraversato cinque tratti di corridoio, e girato a destra cinque volte e salito cinque rampe di scale; e quando Bellatrix ebbe terminato la sua seconda bottiglia di latte al cioccolato, aveva ricevuto delle barrette di cioccolato solido da mangiare.
Fu dopo la terza barretta di cioccolato che strani rumori iniziarono a provenire dalla gola di Bellatrix.
Ci volle un momento a Harry per comprendere, per elaborare i suoni, non sembrava simile a nulla che avesse mai sentito prima; il ritmo era frantumato, quasi irriconoscibile, gli ci volle così tanto per capire che Bellatrix stava piangendo.
Bellatrix Black stava piangendo, l’arma più terribile del Signore Oscuro stava piangendo, ella era invisibile ma loro li si poteva udire, quei piccoli patetici suoni che cercava di sopprimere, anche in quel momento.
“È vero?” disse Bellatrix. La tonalità era tornata nella sua voce, non più un biascichio morto, e si innalzava alla fine per formare la domanda. “È reale?”
, pensò la parte di Harry che simulava il Signore Oscuro, ora taci –
Non riuscì a far uscire quelle parole dalle labbra, non poté e basta.
“Sapevo – che sarebbe – venuto da me – un giorno”, la voce di Bellatrix tremava e si spezzava quando prendeva un respiro per un singhiozzo sommesso, “sapevo – che lei era vivo – che sarebbe venuto – da me – mio Signore…” ci fu una lunga inalazione simile ad un rantolo prolungato, “e che anche – quando fosse giunto – ancora non mi avrebbe amato – mai – non avrebbe mai ricambiato il mio amore – ecco perché – non hanno potuto – portarmi via il mio amore – anche se non posso ricordare – ricordare tante altre cose – sebbene non sappia cosa ho dimenticato – ma mi ricordo quanto io l’ho amata, Signore –”
C’era un coltello che trafiggeva il cuore di Harry, non aveva mai udito qualcosa di così terribile, voleva dare la caccia al Signore Oscuro e ucciderlo solo per questo…
“Ha ancora – qualche modo di usarmi – mio Signore?”
“No”, sibilò la voce di Harry, senza che egli neppure pensasse, sembrava funzionare in automatico, “sono entrato ad Azkaban per un capriccio. Naturalmente ho il modo di usarti! Non fare domande stupide”.
“Ma – sono debole”, disse la voce di Bellatrix, e le sfuggì un singhiozzo pieno, sembrò troppo forte nei corridoi di Azkaban, “non posso uccidere per lei, mio Signore, mi dispiace, l’hanno mangiato tutto, mi hanno mangiata tutta, sono troppo debole per combattere, di che utilità posso esserle ora –”
Il cervello di Harry era disperatamente alla ricerca di qualche modo di rassicurarla, attraverso le labbra di un Signore Oscuro che non avrebbe mai pronunciato una singola parola premurosa.
“Brutta”, disse Bellatrix. La sua voce pronunciò quella parola come se fosse la sua condanna definitiva, la disperazione definitiva. “Sono brutta, hanno mangiato anche quello, non sono, non sono più bella, non sarà neppure, in grado, di usarmi, come ricompensa, per i suoi servitori – persino i Lestrange, non vorranno più, infliggermi dolore –”
La brillante figura d’argento smise di camminare.
Perché Harry aveva smesso di camminare.
Il Signore Oscuro, ha… La parte del sé di Harry che era delicata e vulnerabile stava gridando per l’orrore incredulo, cercando di respingere la realtà, di rifiutarsi di comprendere, anche mentre la parte più fredda e spietata completava il pensiero: Ella gli obbedì in quello come obbediva in tutte le cose.
La scintilla verde oscillò con urgenza, e si lanciò in avanti.
L’umanoide argenteo rimase lì dov’era.
Bellatrix stava singhiozzando più forte.
“Non, non sono, non posso essere, più, utile…”
Mani giganti stavano stritolando il petto di Harry, strizzandolo come un asciugamano, cercando di frantumargli il cuore.
“Per favore”, sussurrò Bellatrix, “mi uccida e basta…” La sua voce sembrò calmarsi, una volta che l’ebbe detto. “Per favore Signore, mi uccida, non ho nessuna ragione di vivere se non posso esserle di alcun aiuto… desidero solo che finisca… per favore mi faccia del male un’ultima volta, mio Signore, mi faccia del male finché non smetterò… io la amo…”
Era la cosa più triste che Harry avesse mai udito.
La brillante forma argentea del Patronus di Harry sfarfallò –
Tentennò –
Si ravvivò –
La furia che stava sorgendo in Harry, la sua rabbia contro il Signore Oscuro che aveva fatto questo, la rabbia contro i Dissennatori, contro Azkaban, contro il mondo che permetteva questo orrore, tutto sembrò riversarsi attraverso il suo braccio e nella sua bacchetta senza che vi fosse alcun modo di bloccarlo, cercò di volere di fermarlo e nulla accadde.
“Mio Signore!” sussurrò la voce alterata del professor Quirrell. “Il mio incantesimo sta sfuggendo al mio controllo! Mi aiuti, mio Signore!”
Splendeva il Patronus, sempre più brillante, si stava intensificando più velocemente che nel giorno in cui Harry aveva distrutto un Dissennatore.
“Mio Signore”, disse la sagoma con un sussurro terrorizzato. “Mi aiuti! Lo percepiranno tutti, mio Signore!”
Lo percepiranno tutti, pensò Harry. La sua immaginazione poteva figurarselo con chiarezza, i prigionieri nelle loro celle che si risvegliavano mentre il freddo e l’oscurità retrocedevano, rimpiazzati dalla luce guaritrice.
Ogni superficie esposta ora bruciava di riflesso come un sole bianco, le sagome dello scheletro di Bellatrix e dell’uomo giallastro chiaramente visibili nella vampata, gli incantesimi di Disillusione incapaci di tener dietro a quella brillantezza spettrale; solo il Mantello dell’Invisibilità dei Doni della Morte poté resistervi.
“Mio Signore! Deve porvi fine!
Ma Harry non poteva più avere la volontà di fermarsi, non voleva più fermarsi. Lo poteva percepire, il numero sempre crescente di scintille di vita dentro Azkaban che venivano protette dal suo Patronus, mentre si apriva come ali di luce solare che si dispiegano, l’aria trasformata in argento totale mentre lo pensava, Harry sapeva ciò che doveva fare.
La prego, mio Signore!
Le parole andarono inascoltate.
Erano molto lontani da lui, i Dissennatori nel loro pozzo, ma Harry sapeva che potevano essere distrutti anche da quella distanza se la luce avesse divampato sufficientemente luminosa, sapeva che la Morte stessa non poteva fronteggiarlo se avesse smesso di trattenersi, quindi dissigillò tutte le porte dentro di sé e fece sprofondare le sorgenti del suo incantesimo fino nelle parti più profonde del suo spirito, tutta la sua mente e tutta la sua volontà, e concesse assolutamente ogni cosa all’incantesimo –
E all’interno del sole, un’ombra solo leggermente più fioca si mosse in avanti, allungando una mano supplicante.
sbagliato
non farlo
L’improvvisa sensazione di sventura cozzò con la determinazione d’acciaio di Harry, timore e incertezza che lottarono contro l’obiettivo luminoso, null’altro l’avrebbe potuto raggiungere tranne quello. La sagoma fece un altro passo avanti e poi un altro, la sensazione di sventura che salì fino al livello di una terribile catastrofe; e inzuppato d’acqua fredda, Harry lo vide, comprese le conseguenze di ciò che stava facendo, il pericolo e la trappola.
Se si fosse stati a guardare dall’esterno, si sarebbe visto l’interno del sole che si ravvivava e si affievoliva…
Ravvivava e affievoliva…
… e infine si affievoliva, affievoliva, affievoliva fino ad un’ordinaria luce lunare in quello che sembrava per contrasto buio pesto.
Nell’oscurità di quella luce lunare stava un uomo giallastro con la mano distesa in segno di supplica, e lo scheletro di una donna, che giaceva sul pavimento, un’espressione perplessa sul suo volto.
E Harry, ancora invisibile, caduto in ginocchio. Il pericolo maggiore era passato, e ora Harry stava semplicemente cercando di non collassare, di mantenere in vita l’incantesimo al livello più basso. Aveva prosciugato qualcosa, e sperabilmente non perso qualcosa – avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto ricordarlo, che non era la pura e semplice magia ad alimentare l’Incantesimo Patronus –
“Grazie, mio Signore”, sussurrò l’uomo ingiallito.
“Folle”, disse la voce dura di un ragazzo che fingeva di essere un Signore Oscuro. “Non ti ho avvertito forse che l’incantesimo sarebbe potuto essere fatale se non fossi riuscito a controllare le tue emozioni?”
Gli occhi del professor Quirrell non si spalancarono, ovviamente.
“Sì, mio Signore, comprendo”, disse il servitore del Signore Oscuro con una voce malferma, e si girò verso Bellatrix –
Si stava già alzando dal pavimento, lentamente, come una vecchia, vecchia donna babbana. “Che buffo”, sussurrò Bellatrix, “sei stato quasi ucciso da un Incantesimo Patronus…” Una risatina che sembrò quasi soffiar via la polvere dai suoi condotti per le ristatine. “Potrei punirti, forse, se il mio Signore ti congelasse sul posto e io avessi dei coltelli…, forse posso essere utile dopo tutto? Oh, mi sento un po’ meglio ora, com’è strano…”
“Taci, cara Bella”, disse Harry con una voce gelida, “fino a quando non ti darò il permesso di parlare”.
Non ci fu risposta, cosa che era un’obbedienza.
Il servitore fece levitare lo scheletro umano, e lo rese invisibile ancora una volta, evento seguito poco dopo dalla propria scomparsa col suono di un altro uovo che si rompeva.
Attraversarono i corridoi di Azkaban.
E Harry seppe che mentre passavano oltre, i prigionieri si stavano rigirando nelle loro celle poiché la paura si sollevava per un prezioso momento, forse percepivano persino un leggero tocco curativo quando la sua luce passava su di loro, per poi crollare nuovamente giù quando il freddo e l’oscurità riprendevano a premere.
Harry stava tentando molto intensamente di non pensarci.
Altrimenti il suo Patronus sarebbe arso fin quando non avesse bruciato ogni Dissennatore in Azkaban, divampando abbastanza luminoso da distruggerli anche da questa distanza…
Altrimenti il suo Patronus sarebbe arso fin quando non avesse bruciato ogni Dissennatore in Azkaban, prendendosi tutta la vita di Harry come combustibile.

Negli alloggiamenti degli Auror sulla sommità di Azkaban, un trio di Auror stava dormendo profondamente in camerata, un trio di Auror stava riposando nella sala ristoro, e un trio di Auror era in servizio nella sala comando, facendo la guardia. La sala comando era semplice ma ampia, con tre sedie sul retro dove i tre Auror sedevano, le loro bacchette sempre in mano per mantenere i loro tre Patronus, mentre le brillanti forme bianche si muovevano di fronte alla finestra aperta, riparando tutti loro dalla paura dei Dissennatori.
Loro tre di solito restavano sempre sul retro, a giocare a poker, e non guardavano fuori dalla finestra. Si sarebbe potuto vedere un po’ di cielo da lì, certamente, e c’era persino un’ora, o due, ogni giorno, in cui si sarebbe visto un po’ di sole, ma quella finestra dava anche sulla fossa centrale dell’inferno.
Giusto nel caso in cui un Dissennatore volesse salire su a parlarti.
Per nessun motivo Auror Li avrebbe acconsentito a prestare servizio qui, paga tripla o meno, se non avesse avuto una famiglia da sostenere. (Il suo vero nome era Xiaoguang, e tutti invece lo chiamavano Mike; aveva chiamato i suoi figli Su e Kao, sperando che quei nomi li avrebbero serviti meglio.) La sua sola consolazione, a parte il denaro, era che almeno i suoi compagni giocavano in maniera eccellente a Dragon Poker. Sebbene sarebbe stato difficile non farlo, giunti a questo punto.
Era la loro 5.366-esima partita e Li aveva ricevuto quella che sarebbe probabilmente stata la sua miglior mano tra le ultime cento. Era un sabato di febbraio e c’erano tre giocatori, cosa che gli permetteva di cambiare il seme a una delle sue carte personali eccetto per un due, un tre o un sette; e quello era sufficiente a fargli comporre un Corpo-a-corpo con unicorni, draghi e sette…
Dall’altra parte del tavolo rispetto a lui, Gerard McCusker alzò lo sguardo dalle carte sul tavolo in direzione della finestra, rimanendo a fissarla.
La sensazione di sprofondamento prese possesso dello stomaco di Li con sorprendente velocità.
Se il suo sette di cuori fosse stato colpito da un Modificatore Dissennatore e trasformato in un sei, sarebbe sceso direttamente a doppia coppia e McCusker avrebbe potuto batterlo –
“Mike”, disse McCusker, “cos’ha il tuo Patronus?”
Li girò la testa e guardò.
Il suo tasso d’argento aveva distolto lo sguardo dalla sua guardia sul pozzo e stava fissando qualcosa in basso che solo esso poteva vedere.
Un momento dopo, l’anatra di luce lunare di Bahry e il brillante formichiere di McCusker fecero lo stesso, fissando in basso nella stessa direzione.
Tutti loro si scambiarono delle occhiate, e poi sospirarono.
“Glielo dirò”, disse Bahry. Il protocollo richiedeva che i tre Auror che fossero fuori servizio ma non stessero dormendo fossero mandati a investigare qualunque anomalia. “Forse potrei sollevare uno di loro dall’incarico e imboccare la spirale C, se a voi due non dà noia”.
Li scambiò un’occhiata con McCusker, ed entrambi annuirono. Non era troppo difficile penetrare ad Azkaban, se eri abbastanza ricco da ingaggiare un mago potente, e abbastanza benintenzionato da assoldare qualcuno che potesse lanciare l’Incantesimo Patronus. Gente con amici in Azkaban l’avrebbero fatto, penetrare solo per dare a qualcuno mezza giornata di esposizione al Patronus, una possibilità di fare veri sogni invece di incubi. E lasciare loro una fornitura di cioccolata da nascondere nella cella, per incrementare la possibilità che sopravvivessero alla loro condanna. E gli Auror di guardia… beh, anche se fossi stato scoperto, avresti potuto convincere gli Auror a ignorare il fatto, in cambio della giusta mazzetta.
Per Li, la giusta mazzetta tendeva ad essere intorno a due zellini e un siclo d’argento. Odiava questo posto.
Ma Bahry il Monco aveva una moglie e la moglie aveva le parcelle del guaritore, e se potevi permetterti di assoldare qualcuno che potesse penetrare ad Azkaban, allora potevi permetterti di oliare generosamente il palmo restante di Bahry, se era lui a prenderti.
In base ad un accordo implicito – nessuno di loro si tradì proponendolo per primo – terminarono prima la loro mano a poker. Li vinse, poiché nessun Dissennatore si era davvero fatto vedere. E per allora i Patronus avevano smesso di fissare ed erano tornati al loro solito giro di guardia, quindi probabilmente non era niente, ma la procedura era procedura.
Dopo che Li ebbe rastrellato il piatto, Bahry indirizzò loro dei cenni formali, e si alzò dal tavolo. I lunghi riccioli bianchi dell’uomo anziano sfregarono contro le sue adorne vesti rosse, e le sue vesti sfregarono sul pavimento di metallo della sala comando, mentre Bahry attraversò la porta di separazione che conduceva dagli Auror precedentemente fuori servizio.
Li era stato smistato in Tassofrasso, e talvolta si sentiva un po’ nauseato a proposito di questo genere di affari. Ma Bahry aveva mostrato loro tutte le foto, e bisognava lasciare che un uomo facesse tutto il possibile per la sua povera moglie malata, specie quando aveva appena sette mesi prima della pensione.

La tenue scintilla verde fluttuò per i corridoi di metallo, e l’umanoide d’argento, ora apparentemente un po’ più fioco, la seguì da presso. Talvolta la figura luminosa divampava, specie quando passavano davanti a una delle grandi porte di metallo, ma poi ogni volta si attenuava di nuovo.
Semplici occhi non avrebbero potuto vedere gli altri invisibili: l’undicenne Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, e lo scheletro vivente che era Bellatrix Black, e il Professore di Difesa di Hogwarts sotto effetto della pozione Polisucco, tutti che attraversavano insieme Azkaban. Se quello era l’inizio di una barzelletta, Harry non ne conosceva la battuta finale.
Avevano salito altre quattro rampe di scale prima che la voce roca del Professore di Difesa dicesse, semplicemente e senza enfasi, “Auror in avvicinamento”.
Ci volle troppo tempo, un intero secondo forse, affinché Harry capisse, affinché la scossa di adrenalina fosse pompata nel suo sangue, e affinché egli ricordasse ciò che il professor Quirrell aveva già discusso con lui e gli aveva detto di fare in un caso simile, e allora Harry girò sui tacchi e corse indietro nella direzione da cui erano arrivati.
Harry raggiunse la rampa di scale, e freneticamente si distese sul terzo gradino dalla sommità, la sensazione fredda e metallica forte anche attraverso il mantello e le sue vesti. Cercare di alzare la testa, di sbirciare sopra il bordo delle scale, mostrò che non poteva vedere il professor Quirrell; e quello significava che Harry era fuori dalla linea di tiro di ogni colpo vagante.
Il suo splendente Patronus lo seguì, e si distese al suo fianco sul gradino appena sotto al suo; poiché anch’esso non doveva essere visto.
Ci fu un suono debole simile a un alito di vento o a un fruscio, e poi il suono del corpo invisibile di Bellatrix che giungeva a posarsi su di un gradino ancora più in basso, ella non aveva alcun ruolo in questo eccetto –
“Resta immobile”, disse il freddo sussurro, “resta in silenzio”.
Ci fu immobilità, e silenzio.
Harry premette la sua bacchetta contro il lato del gradino metallico appena sopra al proprio. Se fosse stato chiunque altro avrebbe avuto bisogno di prendere uno zellino dalla tasca… o strappare un lembo di tessuto dalla sua veste… o mordersi una delle unghie… o trovare un granello di roccia abbastanza grande da poterlo vedere e abbastanza solido da restare nello stesso posto e con lo stesso orientamento mentre lo toccava con la sua bacchetta. Ma con l’onnipotente facoltà della Trasfigurazione parziale, questo non era necessario; poteva saltare quel particolare passo dell’operazione e usare qualunque materiale vicino alla sua mano.
Trenta secondi dopo Harry era l’orgoglioso neo-possessore di uno specchio curvo, e…
Wingardium Leviosa”, sussurrò Harry il più sommessamente possibile.
… lo stava facendo fluttuare appena sopra i gradini, e stava guardando, in quella superficie curva, quasi l’intero corridoio in cui il professor Quirrell attendeva invisibile.
Harry lo udì in lontananza, allora, il suono dei passi.
E vide la forma (un po’ difficile da distinguere nello specchio) di una persona con vesti rosse, che scendeva dalle scale, ed entrava nel corridoio apparentemente vuoto; accompagnato da un piccolo Patronus animale che Harry non poté proprio distinguere.
L’Auror era protetto da un luccichio blu, era difficile distinguere i dettagli ma quello Harry poteva vederlo, l’Auror aveva degli scudi già alzati e consolidati.
Cacchio, pensò Harry. Secondo il Professore di Difesa, l’arte essenziale del duello consisteva nel cercare di alzare difese che fermassero qualsiasi cosa qualcuno verosimilmente ti lanciasse contro, al contempo cercando a propria volta di attaccarlo con modalità che verosimilmente penetrassero l’insieme corrente delle sue difese. E il modo di gran lunga più facile di vincere ogni genere di combattimento reale – il professor Quirrell l’aveva detto più e più volte – era quello di colpire il nemico prima che avesse innalzato uno scudo, o da dietro o da una distanza così corta che non potesse schivare o reagire in tempo.
Sebbene il professor Quirrell potesse ancora avere l’opportunità di un colpo da dietro, se –
Ma l’Auror si fermò dopo aver fatto tre passi nel corridoio.
“Bella Disillusione”, disse una dura voce maschile che Harry non riconobbe. “Ora mostrati, o sarai davvero nei guai”.
La forma dell’uomo giallastro e barbuto divenne allora visibile.
“E tu col Patronus”, disse la voce dura. “Vieni fuori anche tu. Ora”.
“Non sarebbe intelligente”, disse la stridula voce dell’uomo giallastro. Non era più la voce terrorizzata del servitore del Signore Oscuro; era improvvisamente diventata l’intimidazione professionale di un criminale competente. “Tu non vuoi vedere chi ci sia dietro di me. Fidati, non vuoi. Cinquecento galeoni, soldi in mano, se ti giri e te ne vai. Un grosso problema per la tua carriera se non lo fai”.
Ci fu una lunga pausa.
“Ascolta, chiunque tu sia”, disse la voce dura. “Sembri un po’ confuso su come funzionino queste cose. Non mi importa se c’è Lucius Malfoy dietro di te o Albus fottuto Silente. Voi tutti uscite allo scoperto, io vi esamino tutti quanti, e poi parliamo di quanto questo vi costerà –”
“Duemila galeoni, offerta finale”, disse la voce stridula, assumendo un tono di avvertimento. “È dieci volte la tariffa corrente e più di quanto tu guadagni in un anno. E credimi, se tu vedessi qualcosa che non dovresti, rimpiangerai di non averli presi –”
“Stai zitto!” disse la voce dura. “Hai esattamente cinque secondi per lasciar cadere quella bacchetta prima che io faccia cadere te. Cinque, quattro –”
Cosa sta facendo, professor Quirrell? Harry pensò freneticamente. Attacchi per primo! Lanci uno scudo almeno!
“– tre, due, uno! Stupefy!

Bahry restò a fissarlo, un brivido che correva lungo la sua schiena.
La bacchetta dell’uomo si era mossa così velocemente che era come se si fosse Materializzata in posizione, e il colpo stordente di Bahry stava scintillando docilmente alla sua estremità, non intercettato, non deviato, catturato come una mosca nel miele.
“La mia offerta è ridiscesa a cinquecento galeoni”, disse l’uomo con una voce più fredda e formale. Fece un sorriso sarcastico, e quel sorriso sembrò fuori posto su quel volto barbuto. “E avrai bisogno di accettare un Incantesimo di Memoria”.
Bahry aveva già scambiato le armoniche dei suoi scudi in modo che il suo stesso stordente non potesse ritornare indietro, aveva già inclinato la bacchetta in una posa difensiva, aveva già alzato la sua mano artificiale indurita in posizione per bloccare tutto ciò che fosse bloccabile, e stava già pensando incantesimi senza parole per aggiungere altri strati ai suoi scudi –
L’uomo non stava guardando Bahry. Invece stava giocherellando curiosamente con lo stordente di Bahry mentre questo stava ancora fluttuando all’estremità della sua bacchetta, estraendone scintille rosse e gettandole via con le dita, disassemblando lentamente la fattura come un rompicapo da bambini.
L’uomo non aveva alzato alcuno scudo proprio.
“Dimmi”, disse l’uomo con una voce disinteressata che non sembrava essere del tutto adatta a quella gola ruvida – Polisucco, Bahry avrebbe detto, se avesse pensato che chiunque potesse verosimilmente compiere magie così delicate dall’interno del corpo di qualcun altro – “cos’hai fatto nell’ultima guerra? Ti sei messo in mezzo al pericolo, o sei stato lontano dai guai?”
“In mezzo al pericolo”, disse Bahry. La sua voce mantenne la calma ferrea di un Auror con quasi cento interi anni di servizio, a meno di sette mesi dal pensionamento obbligatorio, Malocchio Moody non avrebbe potuto dirlo con maggiore durezza.
“Hai combattuto qualche Mangiamorte?”
Ora un sorriso arcigno adornò il volto di Bahry. “Due in una volta sola”. Due dei guerrieri-assassini personali di Tu-Sai-Chi, addestrati personalmente dal loro padrone oscuro. Due Mangiamorte insieme contro il solo Bahry. Era stato il più difficile combattimento della vita di Bahry, ma aveva tenuto loro testa, e se n’era andato con la sola perdita della sua mano sinistra.
“Li hai uccisi?” L’uomo sembrò svogliatamente curioso, mentre continuava a estrarre filamenti di fuoco dal molto assottigliato colpo stordente, ancora bloccato all’estremità della sua bacchetta, le sue dita che ora intrecciavano brevi motivi con la magia di Bahry prima di allontanarla col dito per disperderla.
Il sudore comparve sulla pelle di Bahry sotto le sue vesti. La sua mano di metallo si mosse rapidamente verso il basso, strappò lo specchio dalla sua cintura – “Bahry a Mike, ho bisogno di rinforzi!”
Ci fu una pausa, e silenzio.
“Bahry a Mike!”
Lo specchio giaceva spento e senza vita nella sua mano. Lentamente, Bahry lo riattaccò alla cintura.
“È passato diverso tempo da quando ho avuto un combattimento impegnativo con un avversario impegnativo”, disse l’uomo, che ancora non guardava Bahry. “Cerca di non deludermi troppo. Puoi attaccare non appena sei pronto. O puoi andartene con cinquecento galeoni”.
Ci fu un lungo silenzio.
Poi l’aria urlò come metallo che taglia il vetro mentre Bahry la frustò muovendo la sua bacchetta verso il basso.

Harry poteva vedere a malapena, poteva distinguere con difficoltà qualunque cosa tra le luci e i lampi, la curva del suo specchio era perfetta (in precedenza avevano fatto pratica con quella tattica nella Chaos Legion), ma la scena era ancora troppo piccola, e Harry ebbe la sensazione che non sarebbe stato in grado di capire anche se fosse stato a guardarla da un metro di distanza, tutto stava accadendo troppo velocemente, esplosioni rosse deviate da scudi blu, barre di luce verdi che si scontravano a vicenda, forme indistinte che comparivano e sparivano, non poteva neppure dire chi stesse lanciando che cosa, eccetto che l’Auror stava gridando incantesimo dopo incantesimo e schivando freneticamente mentre la forma Polisucco del professor Quirrell restava al suo posto e faceva guizzare la sua bacchetta, per lo più silenziosamente, ma di tanto in tanto pronunciando parole in lingue misteriose che abbagliavano completamente lo specchio, il quale poi mostrava metà dello scudo dell’Auror strappato via mentre egli indietreggiava barcollando.
Harry aveva assistito a esibizioni di duelli tra i più forti studenti del settimo anno, e questo era talmente al di sopra che la mente di Harry sembrava intorpidita, mentre vedeva quanto lontano dovesse ancora andare. Non c’era un singolo studente del settimo anno che sarebbe potuto durare mezzo minuto contro l’Auror, tutti e tre gli eserciti del settimo anno messi insieme sarebbero potuti non essere in grado di scalfire il Professore di Difesa…
L’Auror era caduto al suolo, un ginocchio e una mano che lo sostenevano mentre l’altra mano compiva gesti frenetici e la sua bocca gridava parole disperate, i pochi incantesimi che Harry riconosceva erano tutti scudi, mentre uno stormo di ombre girava intorno all’Auror come un turbinio di rasoi.
E Harry vide la forma Polisucco del professor Quirrell puntare volutamente la sua bacchetta verso il luogo in cui l’Auror era in ginocchio e combatteva gli ultimi istanti della sua battaglia.
“Arrenditi”, disse la voce stridula.
L’Auror sbraitò qualcosa di inenarrabile.
“In questo caso”, disse la voce, “Avada –
Il tempo sembrò muoversi molto lentamente, come se vi fosse tempo per udire le singole sillabe, Ke, e Da, e Vra, tempo per guardare l’Auror che iniziava a gettarsi disperatamene di lato; e anche se stava tutto accadendo così lentamente, in qualche modo non c’era tempo di fare nulla, non c’era tempo per Harry per aprire le labbra e gridare no, non c’era tempo per muoversi, forse non c’era tempo persino per pensare.
Ci fu solo tempo per un unico disperato desiderio che un uomo innocente non morisse –
E una fiammeggiante figura argentea fu davanti all’Auror.
Restò lì appena una frazione di un secondo prima che la luce verde giungesse a bersaglio.

Bahry si stava contorcendo freneticamente da una parte, non sapendo se ce l’avrebbe fatta in tempo –
I suoi occhi erano concentrati sul suo avversario e sulla propria morte che avanzava, quindi Bahry vide solo brevemente il contorno della sagoma brillante, il Patronus più luminoso che avesse mai visto, e lo vide soltanto appena a lungo da riconoscerne la forma impossibile, prima che la luce verde e quella argentea collidessero ed entrambe le luci svanissero, entrambe le luci svanissero, la Maledizione Mortale era stata bloccata, e poi le orecchie di Bahry furono perforate mentre vide il suo terribile avversario gridare, gridare, gridare, stringersi la testa e gridare, iniziare a cadere mentre Bahry stava già cadendo –
Bahry urtò a terra, a causa del suo stesso balzo frenetico, e la sua spalla sinistra slogata e la costola rotta gridarono in protesta. Bahry ignorò il dolore, riuscì a rialzarsi in ginocchio, alzò la bacchetta per stordire il suo avversario, non capiva cosa stesse accadendo ma sapeva che era la sua unica occasione.
Stupefy!
Il lampo rosso aggredì il corpo dell’uomo in caduta, e fu fatto a pezzi a mezz’aria e dissipato – e non da uno scudo. Bahry poteva vederla, la fluttuazione nell’aria che circondava il suo avversario caduto e urlante.
Bahry lo percepì simile a una pressione mortale sulla sua pelle, il flusso di magia che cresceva e cresceva e cresceva verso qualche terribile punto di rottura. I suoi istinti gli urlarono di correre via prima che arrivasse l’esplosione, questo non era un Incantesimo, non era una Maledizione, era stregoneria incontrollata, ma prima che Bahry potesse persino finire di alzarsi in piedi –
L’uomo gettò la propria bacchetta lontano da sé (gettò via la bacchetta!) e un secondo dopo, la sua forma divenne sfocata e svanì completamente.
Un serpente verde giaceva senza muoversi sul terreno, immobile persino prima che il successivo incantesimo stordente di Bahry, lanciato per puro riflesso, lo colpisse senza resistenza.
Mentre l’orribile flusso e la pressione iniziarono a dissiparsi, mentre la stregoneria incontrollata tornò a scemare, la mente stupefatta di Bahry notò che l’urlo stava continuando. Solo sembrava differente, come l’urlo di un giovane ragazzo, proveniente dalle scale che conducevano giù al livello inferiore.
Anche quell’urlo terminò strozzandosi, e allora ci fu silenzio a eccezione del frenetico respiro affannoso di Bahry.
I suoi pensieri erano lenti, confusi, scompigliati. Il suo avversario era stato follemente potente, quello non era stato un duello, era stato come il suo primo anno da recluta Auror cercando di combattere Madam Tarma. I Mangiamorte non erano stati bravi un decimo di quello, Malocchio Moody non era così bravo… e chi, cosa, come nel nome delle palle di Merlino qualcuno aveva bloccato una Maledizione Mortale?
Bahry riuscì a raccogliere l’energia necessaria a premere la bacchetta contro la propria costola, borbottare l’incantesimo di guarigione, e poi premerla nuovamente sulla sua spalla. Gli portò via più di quanto avrebbe dovuto, gli sottrasse realmente troppo, la sua magia era ad appena un respiro dal completo sfinimento; non ne aveva altra per i tagli meno importanti e i lividi o persino per rafforzare i rottami rimasti del suo scudo. Tutto ciò che poteva fare era impedire al suo Patronus di spegnersi.
Bahry respirò profondamente e pesantemente, rese regolare il proprio respiro quanto più possibile prima di parlare.
“Tu”, disse Bahry. “Chiunque tu sia. Vieni fuori”.
Ci fu silenzio, e a Bahry venne in mente che chiunque fosse potesse essere svenuto. Non riusciva a capire cosa fosse appena successo, ma aveva udito l’urlo…
Bene, c’era solo un modo di metterlo alla prova.
“Vieni fuori”, disse Bahry, rendendo la propria voce più dura, “o inizierò a usare incantesimi ad effetto di zona”. Probabilmente non sarebbe riuscito a produrne uno anche se ci avesse provato.
“Aspetti”, disse la voce di un ragazzo, la voce di un ragazzo giovane, alta e sottile e tremante, come qualcuno che stesse cercando di trattenere la fatica o le lacrime. La voce ora sembrava provenire da più vicino. “La prego, aspetti. Sto – sto uscendo –”
“Rimuovi l’invisibilità”, ringhiò Bahry. Era troppo stanco per darsi la pena di usare Incantesimi anti-Disillusione.
Un momento dopo, il volto di un giovane ragazzo emerse dall’interno di un mantello dell’invisibilità che si dispiegava, e Bahry vide i capelli neri, gli occhi verdi, gli occhiali, e la cicatrice a forma di fulmine rossa e furente.
Se avesse avuto vent’anni di esperienza in meno avrebbe potuto sbattere gli occhi. Invece semplicemente sbraitò qualcosa che probabilmente non avrebbe dovuto dire di fronte al Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto.
“Mi, mi”, disse la voce tremante del ragazzo, il suo giovane viso sembrava spaventato e stanco e le lacrime stavano ancora scorrendo giù per le sue guance, “mi ha rapito, per farmi lanciare il mio Patronus… mi aveva detto che mi avrebbe ucciso se non l’avessi fatto… solo che non potevo permettergli di ucciderla…”
La mente di Bahry era ancora stupefatta, ma le cose stavano lentamente iniziando ad andare al loro posto.
Harry Potter, l’unico mago che fosse mai sopravvissuto ad una Maledizione Mortale. Bahry sarebbe potuto essere in grado di schivare la morte verde, di certo ci aveva provato, ma se la questione fosse arrivata al Wizengamot, avrebbero decretato che fosse un debito di vita verso una Nobile Casa.
“Capisco”, disse Bahry con un ringhio molto più gentile. Iniziò a camminare verso il ragazzo. “Figliolo, mi dispiace per quello che hai passato, ma ho bisogno che tu faccia cadere il mantello e la tua bacchetta”.
Il resto di Harry Potter emerse dall’invisibilità, mostrando le vesti bordate di blu di Hogwarts zuppe di sudore, e la sua mano destra che stringeva una bacchetta di agrifoglio così strettamente che le sue nocche erano bianche.
“La tua bacchetta”, ripeté Bahry.
“Mi scusi”, bisbigliò il ragazzo undicenne, “eccola”, e la porse a Bahry.
Bahry riuscì a malapena ad impedirsi di sbraitare al ragazzo traumatizzato che aveva appena salvato la sua vita. Invece ignorò l’impulso con un sospiro, e semplicemente allungò la mano per prendere la bacchetta. “Ascolta, figliolo, davvero non dovresti puntare una bacchetta contro –”
L’estremità della bacchetta si contrasse leggermente sotto la mano di Bahry giusto mentre il ragazzo sussurrò “Somnium”.

Harry fissò il corpo accartocciato dell’Auror, non c’era alcun sensazione di trionfo, solo un’opprimente sensazione di disperazione.
(Anche allora poteva non essere troppo tardi.)
Harry si girò a guardare verso il luogo in cui il serpente verde giaceva immobile.
Maesstro?” sibilò Harry. “Amico? Per favore, ssei vivo?” Una paura tremenda stava afferrando il cuore di Harry; in quel momento aveva completamente dimenticato di aver appena visto il Professore di Difesa cercare di uccidere un agente di polizia.
Harry indirizzò la sua bacchetta verso il serpente, e le sue labbra iniziarono persino a dare forma alla parola Innervate, prima che il suo cervello lo raggiungesse e gli urlasse contro.
Non osava usare la magia sul professor Quirrell.
Harry l’aveva sentito, il dolore bruciante e lacerante nella sua testa, come se il suo cervello stesse per spaccarsi in due. Le aveva percepite, la sua magia e la magia del professor Quirrell, accoppiate e anti-armonizzate nella realizzazione di una sventura. Quella era la cosa misteriosa e terribile che sarebbe accaduta se Harry e il professor Quirrell si fossero mai avvicinati troppo l’uno all’altro, o se si fossero lanciati magie l’uno sull’altro, o se i loro incantesimi si fossero mai toccati, le loro magie sarebbero risuonate fuori controllo –
Harry fissò il serpente, non era in grado di dire se stesse respirando.
(Gli ultimi secondi ticchettarono via.)
Si voltò a fissare l’Auror, che aveva visto il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, che sapeva.
L’intera grandezza del disastro schiacciò Harry come mille pesi da cento tonnellate, era riuscito a stordire l’Auror ma ora non c’era altro da fare, nessun modo di recuperare la situazione, la missione era fallita, tutto era fallito, egli aveva fallito.
Traumatizzato, sgomento, disperato, non ci pensò, non comprese l’ovvio, non ricordò da dove le sensazioni impotenti provenissero, non capì che doveva ancora lanciare nuovamente il Vero Incantesimo Patronus.
(E allora era già troppo tardi.)

Auror Li e Auror McCusker avevano ridisposto le loro sedie intorno al tavolo, e quindi lo videro allo stesso tempo, l’orrore nudo e scheletricamente magro che salì a fluttuare fuori dalla finestra, il mal di testa che li colpì già solo alla sua vista.
Entrambi udirono la voce, come se un cadavere morto da lungo tempo avesse pronunciato delle parole e quelle parole stesse fossero invecchiate e morte.
Il discorrere del Dissennatore ferì le loro orecchie mentre diceva, “Bellatrix Black è fuori dalla sua cella”.
Ci fu una frazione di secondo di silenzio terrorizzato, e poi Li si strappò dalla propria sedia, si diresse al comunicatore per richiedere rinforzi dal Ministero, mentre McCusker afferrò il proprio specchio e iniziò freneticamente a cercare di avvertire i tre Auror che erano andati in pattuglia.

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