Capitolo 72 Auto-realizzazione, negabilità plausibile, parte VII

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Il sole invernale era ormai tramontato del tutto quando la cena terminò, e così fu in mezzo al luccichio della placida luce delle stelle, che scendeva giù dal soffitto incantato della Sala Grande, che Hermione si allontanò in direzione della Torre Corvonero insieme al suo compagno di studi Harry Potter, il quale ultimamente sembrava avere una quantità spropositata di tempo per studiare. Non aveva la minima idea di quando Harry facesse i suoi compiti veri e propri, se non che erano fatti, forse da elfi domestici mentre egli dormiva.
Quasi ogni singolo paio di occhi nell’intera Sala puntava su di loro mentre passarono attraverso le grandi porte della sala da pranzo, che erano più simili a porte d’assedio di un castello che a qualsiasi cosa attraverso cui degli studenti sarebbero dovuti passare al ritorno dalla cena.
Uscirono senza parlare, e camminarono finché il balbettio distante delle conversazioni degli studenti si fu tramutato in silenzio; e poi si inoltrarono un po’ di più per i corridoi di pietra prima che Hermione finalmente parlasse.
“Perché l’hai fatto, Harry?”
“Fatto cosa?” disse il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto in un tono distratto, come se la sua mente fosse altrove, pensando a cose enormemente più importanti.
“Voglio dire, perché non hai semplicemente detto loro di no?”
“Beh”, disse Harry, mentre le loro scarpe picchiettavano sulle piastrelle, “non posso dire semplicemente `no’ ogni volta che qualcuno mi chiede di qualcosa che non ho fatto. Voglio dire, supponi che qualcuno mi chieda, `Harry, hai appena fatto lo scherzo della pittura invisibile?’ e io dicessi `No’ e poi dicesse `Harry, sai chi ha manomesso il manico di scopa del Cercatore Grifondoro?’ e io dicessi `Mi rifiuto di rispondere a questa domanda’. Sarebbe come tradirsi”.
“E per questo”, disse con attenzione Hermione, “hai detto a tutti…” Si concentrò, ricordando le parole esatte. “Che se ipoteticamente ci fosse stata una cospirazione, non avresti potuto confermare o negare che il vero organizzatore della cospirazione fosse il fantasma di Salazar Serpeverde, e infatti non saresti neppure stato in grado di ammettere l’esistenza della cospirazione quindi la gente doveva smettere di farti domande a proposito”.
“Già”, disse Harry Potter, sorridendo un po’. “Questo insegnerà loro a prendere troppo sul serio scenari ipotetici”.
“E hai detto a me di non rispondere niente –”
“Potrebbero non credere a te, se lo negassi”, disse Harry. “Quindi è meglio non dire nulla, a meno che tu non voglia che pensino che sei una bugiarda”.
“Ma –” disse Hermione impotente. “Ma – ma ora la gente pensa che sto facendo cose per Salazar Serpeverde!” Il modo in cui i Grifondoro l’avevano guardata – il modo in cui i Serpeverde l’avevano guardata –
“Fa parte dell’essere un eroe”, disse Harry. “Hai visto quello che Il Cavillo dice di me?
Per una frazione di secondo Hermione immaginò i propri genitori leggere un articolo di giornale che parlasse di lei, e che invece di essere la storia della sua vittoria di una gara di compitazione o qualcuno degli altri modi in cui aveva immaginato di finire sui giornali, il titolo recitasse “Hermione Granger mette incinto Draco Malfoy”.
Era sufficiente per farti pensare due volte a proposito dell’intera faccenda delle eroine.
La voce di Harry divenne un po’ formale. “A proposito di questo, signorina Granger, come va la sua recente missione?”
“Beh”, disse Hermione, “a meno che il fantasma di Salazar Serpeverde non si faccia vivo sul serio e ci dica dove trovare i bulli, non penso che avremo molta fortuna”. Non che se ne dispiacesse.
Diede un’occhiata a Harry, e vide il ragazzo indirizzarle uno sguardo insolitamente intenso.
“Sai, Hermione”, disse sommessamente il ragazzo, come per assicurarsi che nessun altro al mondo sentisse, “penso che tu abbia ragione. Penso che alcune persone ricevano molto più aiuto di altre nel diventare eroi. E io penso anche che non sia giusto”.
E Harry afferrò le vesti da strega che le coprivano il braccio, e la spinse in una saletta laterale del corridoio che stavano attraversando, la bocca di lei che rimase spalancata per la sorpresa anche mentre la bacchetta di Harry gli comparve in mano, entrambi svoltarono un angolo della saletta ed era così stretto che stava quasi spingendo Harry e lei l’uno contro l’altra, mentre Harry puntò nella direzione da cui erano venuti e disse sommessamente “Quietus”, poi, un momento dopo, nell’altra direzione, “Quietus” ancora.
Il ragazzo guardò indagatorio attorno a loro, non solo da tutti i lati, ma anche in alto verso il soffitto e in basso verso il pavimento.
E poi Harry infilò una mano nella propria borsa e disse, “Mantello dell’invisibilità”.
Eeeh?” fece Hermione.
Harry stava già estraendo dalla mokeskin le falde di un tessuto nero luccicante. “Non ti preoccupare”, disse il ragazzo con un accenno di ghigno, “sono così rari che nessuno si è preso il disturbo di promulgare una regola scolastica per proibirli…”
E poi Harry le porse la trama scura e vellutata, e disse, la sua voce stranamente formale, “Io non consegno, ma presto te, mio mantello, a Hermione Jean Granger. Proteggila con cura”.
Fissò il velluto luccicante del mantello, una stoffa che assorbiva tutta la luce che vi cadeva sopra ad eccezione di quella che scintillava in piccole e strane riflessioni, un tessuto così perfettamente nero che avrebbe dovuto mostrare polvere o pelucchi o qualcosa che non mostrava, più a lungo lo si guardava più si aveva la sensazione che ciò che si vedeva non fosse realmente lì, ma poi si sbattevano nuovamente le palpebre ed era solo un mantello nero.
“Prendilo, Hermione.”
Quasi senza pensare, Hermione stese la mano per afferrare la stoffa; e poi appena il suo cervello si svegliò e cominiciò a ritirare la sua mano, Harry lasciò andare il mantello che iniziò a cadere ed ella lo afferrò senza pensarci. E l’istante che le sue dita toccarono e strinsero il mantello, sentì una scossa intangibile che l’attraversava come la prima volta che aveva raccolto la sua bacchetta; e fu come se udisse cantare una canzone, molto flebilmente, nei recessi della sua mente.
“Questo è uno degli oggetti che ho ottenuto nel corso della mia ricerca, Hermione”, disse Harry sommessamente. “È appartenuto a mio padre, e non è qualcosa che potrei rimpiazzare, se fosse perduto. Non prestarlo a nessun altro, non mostrarlo a nessuno, non dire a nessuno che esiste… ma se vuoi prenderlo a prestito per un po’, basta che tu venga da me a chiederlo”.
Finalmente Hermione staccò gli occhi dalle falde nere e senza fondo e fissò di nuovo Harry.
“Non posso –”
“Invece sì”, disse Harry. “Perché non c’è nulla di minimamente corretto nel fatto che io lo trovi in una scatola avvolta da carta da regalo di fianco al mio letto una mattina, e tu… no”. Harry si fermò a pensare. “A meno che tu abbia ricevuto il tuo mantello dell’invisibilità, nel qual caso dimentica tutto”.
Poi le implicazioni di mantello dell’invisibilità finalmente la illuminarono, e sconvolta puntò il dito verso Harry, sebbene fossero così vicini che non poteva stendere completamente il braccio, e la sua voce si alzò con considerevole indignazione mentre disse, “Quindi è così che sei scomparso dallo stanzino di Pozioni! E quella volta che –” e poi la sua voce si affievolì, perché anche con un mantello dell’invisibilità non poteva capire come Harry avesse…
Harry si lucidò le unghie sulle proprie vesti con fine disinvoltura, e disse, “Beh, sapevi che ci doveva essere qualche trucco, giusto? E ora l’eroina saprà misteriosamente dove e quando trovare i bulli – proprio come se avesse sentito i bulli che si organizzavano, anche se nessuno della sua età dovrebbe essere in grado di rendersi invisibile per spiarli”.
Ci furono una pausa e del silenzio.
“Harry –” disse. “Non – non sono più sicura che combattere i bulli sia una buona idea”.
Gli occhi di Harry rimasero fissi su quelli di lei. “Perché le altre ragazze potrebbero farsi male?”
Annuì, annuì e basta.
“È una loro scelta, Hermione, proprio come è tua. Io ho deciso di non fare la cosa scontata e stupida che tutti fanno nei libri, cercare di tenerti al sicuro e protetta e inetta, col risultato di farti infuriare con me, e farmi tenere a distanza mentre te ne vai da sola e ti metti in guai ancor più grossi, e poi eroicamente ne esci con successo, dopo di che finalmente ricevol la mia rivelazione e capisco che bla bla bla eccetera. So come va quella parte della storia della mia vita, quindi semplicemente la sto saltando. Se posso predire ciò che penserò in seguito, tanto vale precorrere i tempi e pensarlo ora. Ad ogni modo, il mio punto è che anche tu non dovresti soffocare le tue amiche allo scopo di tenerle al sicuro. Semplicemente di’ loro che prevedibilmente tutto andrà a finire orribilmente male, dopo di che, se vogliono continuare a essere delle eroine, va bene così.”
Era in momenti simili che Hermione si chiedeva se si sarebbe mai abituata al modo in cui Harry pensava. “Harry, davvero io”, la sua voce rimase bloccata per un secondo, “davvero, davvero non voglio che si facciano male! Specialmente per qualcosa che io ho cominciato!”
“Hermione”, disse seriamente Harry, “sono abbastanza sicuro che tu abbia fatto la cosa giusta. Non vedo cosa possa realisticamente accadere che per loro sia peggiore, alla lunga, di non provarci”.
“E se si facessero male in maniera grave?” disse Hermione. La sua voce le sembrò bloccarsi in gola; ricordò capitan Ernie raccontare come Harry aveva semplicemente fissato dritto negli occhi un bullo mentre il bullo gli stava piegando indietro un dito, prima che la professoressa Sprout arrivasse per salvarlo; e ci fu un altro pensiero che arrivò subito dopo, riguardo Hannah e le sue mani delicate con le unghie su cui metteva attentamente lo smalto giallo Tassofrasso ogni mattina, ma quello non era permesso immaginarlo. “E allora – non faranno mai più nulla di coraggioso, mai più –”
“Non penso che funzioni così”, disse fermamente Harry. “Anche se tutto andasse incredibilmente male, non penso che il cervello umano funzioni così. La cosa importante è credere di essere qualcuno che può superare i propri limiti. Provare e farsi male non può essere peggiore che restare… bloccato”.
“E se avessi torto, Harry?”
Harry si fermò per un momento, e poi scrollò le spalle un po’ tristemente, e disse, “E se avessi ragione?”
Hermione tornò a guardare il tessuto nero che scorreva nella sua mano. Dall’interno il mantello sembrava stranamente soffice eppure rigido sul suo palmo, come se stesse cercando di stringerle la mano in un abbraccio rassicurante.
Poi sollevò nuovamente il braccio, porgendo ancora il mantello a Harry.
Harry non si mosse per prenderlo.
“Io –” disse Hermione. “Voglio dire, grazie, grazie mille, ma ci sto ancora pensando, quindi puoi riprenderlo per ora. E… Harry, non penso sia giusto spiare le persone –”
“Neppure bulli conclamati, per salvare le loro vittime? Io non sono mai stato vittima di bullismo, ma ho partecipato ad una simulazione realistica, e non è sembrata molto piacevole. Sei mai stata vittima di prepotenze, Hermione?”
“No”, rispose con voce sommessa, e continuò a porgergli il mantello dell’invisibilità.
Alla fine Harry riprese il proprio mantello – ella provò un piccolo spasmo di perdita mentre la canzone inudibile svanì dai recessi della sua mente – e iniziò a infilare la stoffa nera di nuovo nella borsa.
Mentre la borsa mangiava l’ultima porzione di tessuto, Harry le girò le spalle, per interrompere la barriera Quietus
“E, uhm”, disse Hermione. “Quello non è il Mantello dell’Invisibilità, vero? Quello di cui abbiamo letto in biblioteca a pagina diciotto della traduzione di Paula Viera de Un rotolo illustrato sui dispositivi perduti di Gottshalk?”
Harry girò la testa, accennando un ghigno, e disse esattamente nello stesso tono di voce che aveva usato precedentemente con gli altri studenti a cena, “Non posso confermare o negare di possedere artefatti magici di incredibile potere”.

Quella notte, quando Hermione si mise a letto, stava ancora cercando di decidere. La sua vita era stata più semplice all’ora di cena, quando non c’era stato alcun modo pratico per loro di trovare i bulli; e ora doveva scegliere ancora; non per sé stessa, questa volta, ma per le sue amiche. Nella sua immaginazione continuava a vedere il viso rugoso di Silente e la pena che non aveva del tutto nascosto, e nelle sue orecchie continuava a sentire la voce di Harry che diceva `È una loro scelta, Hermione, proprio come è tua’.
E la sua mano aveva continuato a ricordare la sensazione del mantello sulle sue dita, provandola ancora e ancora nella sua mente. C’era un potere in quella sensazione che obbligava i suoi pensieri a ritornarvi sopra, e nella canzone che aveva udito – che non aveva udito – in una porzione della sua mente e una magia che ora giaceva silenziosa ancora una volta.
Harry aveva parlato al mantello come se fosse una persona, dicendogli di proteggerla con cura. Harry aveva detto che il mantello era appartenuto a suo padre, che non poteva rimpiazzarlo se fosse andato perduto…
Ma… Harry non l’avrebbe fatto realmente, no?
Darle uno dei tre Doni della Morte creati secoli prima di Hogwarts?
Poteva dire di sentirsi lusingata, ma questo andava ben oltre il sentirsi lusingati, fino a farle chiedere cosa lei fosse per Harry, esattamente.
Forse Harry era il genere di persona che se ne andava in giro a prestare antichi artefatti magici perduti a chiunque considerasse un amico, ma –
Ma quando pensò a quale parte della propria vita Harry aveva detto di aver saltato, la parte in cui cercava di tenerla al sicuro e protetta…
Hermione fissò il soffitto del dormitorio Corvonero. Da qualche parte oltre il suo letto, Mandy e Su stavano parlando. Alzò il suo incantesimo Quietus fino al livello in cui non poté udire le parole precise, ma solo il debole mormorio; c’era qualcosa di confortante nel dormire in un dormitorio con le altre ragazze. Sapeva che Harry alzava del tutto il suo Quietus.
Stava iniziando a chiedersi se magari a Harry effettivamente, beh…
Come dire…
Lei piacesse.
Ci volle molto tempo prima che Hermione Granger si addormentasse quella notte.
E quando si svegliò il mattino dopo c’era un piccolo frammento di pergamena che spuntava da sotto il suo cuscino che diceva
Alle dieci e mezza troverai un bullo nel quarto passaggio alla sinistra del corridoio uscendo dall’aula di Pozioni – S.

Quella mattina, quando Hermione entrò nella Sala Grande, il suo stomaco era in subbuglio come se contenesse degli Avvincini; persino mentre si avvicinava alla tavolata di Corvonero per fare colazione non aveva ancora deciso cosa fare.
C’era un posto vuoto vicino a Padma, notò. Era lì che si sarebbe dovuta sedere, se aveva intenzione di dirlo a Padma e poi chiederle di dirlo a Daphne e Tracey.
Hermione camminò verso il posto vuoto vicino a Padma.
C’erano delle parole che attendevano nella sua gola, Padma, ho ricevuto un messaggio misterioso –
E poteva sentire un grosso muro di mattoni dentro di sé, che impediva alle parole di uscire. Avrebbe messo Hannah e Susan e Daphne in pericolo. Le avrebbe prese e portate per mano dritto nei guai. Quello era Sbagliato.
O avrebbe potuto semplicemente cercare di gestire il bullo da sola, senza dire nulla alle sue amiche, e quello, in maniera piuttosto scontata, era altrettanto Sbagliato.
Hermione sapeva di trovarsi davanti un Dilemma Morale, proprio come tutti quei maghi e quelle streghe di cui aveva letto nelle storie. Solo che nelle storie le persone avevano sempre una scelta giusta e una scelta sbagliata, non due scelte sbagliate, il che sembrava un po’ ingiusto. Ma aveva la sensazione, in qualche modo – forse veniva dalla maniera in cui Harry parlava sempre di come i libri di storia li avrebbero visti – di avere davanti una Decisione Eroica, e che la sua intera vita sarebbe potuta finire in un modo o nell’altro, a seconda di cosa avesse scelto proprio in quel momento, quella mattina.
Hermione si sedette a tavola senza guardare da nessuna parte, semplicemente fissando il piatto e il servizio in argento come se potessero avere delle risposte nascoste dentro di loro, pensando più intensamente di quanto avesse mai fatto, e alcuni secondi dopo udì la voce di Padma sussurrarle quasi nell’orecchio, “Daphne dice di sapere dove ci sarà un bullo oggi alle dieci e trenta”.

Spacciate.
Erano tutte spacciate, secondo l’opinione di Susan Bones.
Talvolta la Zia raccontava storie che iniziavano come questa, persone che facevano qualcosa che sapevano essere stupida, e le storie generalmente terminavano con qualcuno che finiva spacciato sul pavimento e le pareti e sporcava le scarpe della Zia.
“Ehi, Padma”, biascicò Parvati, la sua voce a malapena udibile sopra i passi attutiti di otto ragazze che camminavano in punta di piedi lungo il corridoio che conduceva all’aula di Pozioni, “tu sai perché Hermione sta sospirando da questa mattina –”
“Fate silenzio!” sibilò Lavender, il severo sussurro che risuonò molto più forte del biascichio di Parvati. “Non potete mai sapere quando il Male potrebbe ascoltarvi!”
Shhh!” fecero altre tre ragazze ancora più forte.
Completamente, totalmente, alquanto estremamente spacciate.
Mentre si avvicinavano al quarto passaggio alla sinistra dell’aula di Pozioni, dove l’informatore misterioso di Daphne aveva detto che l’incidente sarebbe accaduto, tutte e otto si mossero più lentamente, il rumore dei loro piedi divenne più sommesso, e infine il generale Granger fece il gesto che significava Ferme, darò un’occhiata.
Lavender alzò una mano, allora, e quando Hermione si girò a guardarla, Lavender, apparentemente perplessa, indicò direttamente la fine del corridoio, fece un gesto verso sé stessa, e poi tentò di segnalare qualcos’altro che Susan non comprese –
Il generale Granger scosse la testa, e di nuovo, questa volta con movimenti più lenti e più esagerati, fece il segno Ferme, darò un’occhiata.
Lavender, sembrando ancora più confusa, indicò indietro dalla direzione da cui stavano venendo, e fece il gesto di rimbalzare con l’altra mano.
Ora tutte le altre stavano sembrando ancor più confuse di Lavender, e Susan pensò con una certa asprezza che evidentemente l’ora di esercitazione che avevano fatto due giorni prima non era abbastanza per ricordare un nuovo insieme di segnali in codice.
Hermione indicò Lavender, poi il pavimento sotto i piedi di Lavender, l’espressione sul suo volto che spiegava molto chiaramente che il significato inteso fosse Tu. Resti. Qui.
Lavender annuì.
Doom doom doom, facevano le parole della canzone di marcia della Chaos Legion nella mente di Susan, doom doom doom doom doom doom
Hermione mise una mano nelle proprie vesti, e ne estrasse un piccolo bastone con un oculare e uno specchio all’estremità. Silenziosamente, davvero molto silenziosamente, la ragazza Corvonero si mosse lungo il muro, proprio vicino a dove il passaggio deviava dal corridoio, e fece spuntare solo la punta dell’oculare oltre l’angolo.
Poi un po’ di più.
Poi un po’ di più.
Poi il generale Granger allungò con circospezione la testa oltre l’angolo.
Il generale Granger si girò verso di loro, annuì, e fece il gesto con la mano che stava per seguitemi.
Susan si sentì un po’ meglio mentre avanzava silenziosamente. La parte del Piano che prevedeva che arrivassero trenta minuti prima del bullo aveva, apparentemente, avuto successo. Forse erano solo leggermente spacciate…?

Alle dieci e ventinove, quasi in punto, il bullo fece la sua comparsa. Se qualcuno fosse stato presente per ascoltare – sebbene il corridoio fosse apparentemente vuoto – avrebbe udito le sue scarpe ticchettare sul pavimento del corridoio principale, entrare nel passaggio, camminare verso il punto in cui il passaggio compiva la sua prima svolta, girare quell’angolo, e poi fermarsi in qualche modo sorpreso vedendo che il passaggio ora terminava in un solido muro di mattoni là dove prima non c’era stato un muro.
Poi il bullo scrollò le spalle e si girò dall’altra parte, mentre si appoggiava al muro per guardare il passaggio principale appena oltre l’angolo.
Quello era il castello di Hogwarts, dopo tutto.
Dietro i pannelli sottili frettolosamente Trasfigurati che avevano assemblato nell’apparenza di un muro di mattoni, le ragazze attesero; senza parlare, senza muoversi, a malapena respirando, ma osservando attraverso i buchi per gli occhi che avevano lasciato.
Quando lo sguardo di Susan inquadrò il bullo, ella poté sentire il proprio torace stringersi fino alla punta delle dita. Il ragazzo sembrava essere al settimo anno se non più grande, e le sue vesti erano bordate di verde invece del rosso per il quale avevano sperato, e aveva muscoli, e dopo aver osservato un po’ più a lungo, Susan si accorse che la sua postura aveva il bilanciamento che indicava che duellava.
Poi tutte udirono il suono di altri piedi che si avvicinavano dal corridoio. I Grifondoro e i Serpeverde del quarto anno erano appena stati fatti uscire dalla lezione di Pozioni.
I passi picchiettarono oltre, e si attenuarono e si smorzarono, e il bullo non fece nulla. Per un momento Susan provò un accenno di sollievo –
Allora un altro gruppo più piccolo di passi si avvicinò.
Ancora una volta il bullo non fece nulla, mentre i passi proseguirono oltre.
Questo accadde qualche altra volta.
E poi, mentre si avvicinava il suono appena percettibile di un ultimo insieme di passi, le sette ragazze udirono la voce del bullo dire, chiara e fredda e sommessa, “Protego”.
Allora qualcuna di loro rantolò, sebbene fortunatamente molto, molto sommessamente. Se non avessero potuto mandare a bersaglio neppure un solo colpo –
I bulli stavano già imparando, intuì Susan, non si era aspettata che la spues potesse essere in grado di farlo molto spesso prima che i bulli capissero come reagire – ma – Hermione aveva già sconfitto tre bulli – e la scuola aveva risuonato delle speculazioni sul fantasma di Salazar Serpeverde, ieri –
Ci sta aspettando!
Susan avrebbe bisbigliato di mollare tutto, di abortire il piano, solo non c’era modo di comunicare un messaggio a –
Silencio”, disse il bullo con una voce attenuata e calma con la bacchetta puntata verso il corridoio, la foschia blu del suo Incantesimo di Protezione che luccicava intorno a lui. “Accio vittima”.
Quando il ragazzo del quarto anno entrò nel loro campo visivo, stava spenzolando a testa in giù come se una mano invisibile lo stesse tenendo in aria per una gamba, le sue vesti bordate di rosso che iniziarono a scivolare giù per le sue cosce rivelando i pantaloni sotto. La sua bocca si stava aprendo e chiudendo impotente, nessun suono ne usciva.
“Suppongo che ti stia chiedendo cosa sta accadendo”, disse il Serpeverde del settimo anno con una voce sommessa e fredda. “Non ti preoccupare. È così semplice che persino un Grifondoro può capirlo”.
Dopo di che, la mano sinistra del Serpeverde si strinse a pugno e colpì duramente lo stomaco del Grifondoro. Il ragazzo del quarto anno si contrasse freneticamente, ma ancora nessuna parola uscì dalla sua bocca.
“Sei la mia vittima”, disse il Serpeverde più grande. “Io sono un bullo. E sto per picchiarti. E vedremo se qualcuno mi fermerà”.
Fu in quel momento che Susan capì che era una trappola.
E quasi nello stesso momento, risuonò forte la potente voce dal tono acuto di una giovane ragazza, che gridava, “Fermati, malvagio! Finite Incantatem!
Lavender, pensò Susan, agonizzando. La ragazza Grifondoro si era offerta volontaria per fungere da diversivo, mentre il resto di loro avrebbe eseguito un attacco laterale da una direzione da cui il bullo non se lo sarebbe aspettato, quello era stato il piano, solo che ora –
“Nel nome di Hogwarts”, gridò la voce di Lavender, sebbene non potessero vederla, “e nel nome delle eroine di ogni luogo, ti comando di lasciare andare quel eek!”
Expelliarmus”, disse il bullo. “Stupefy. Accio stupida eroina”.
Quando Lavender fluttuò nel loro campo visivo, spenzolando per un piede e senza sensi, Susan sbatté le palpebre; la ragazza era vestita con una gonna e una camicetta rosso brillante e oro, invece delle sue solite vesti di Hogwarts.
Anche il bullo stava rivolgendo una strana occhiata al corpo capovolto della ragazza, e poi puntò la bacchetta contro di lei e disse “Finite Incantatem”, ma i vestiti restarono intatti.
Poi il bullo scrollò le spalle, e, rivolto ancora nella direzione di Lavender invece che del ragazzo del quarto anno spenzolante, portò indietro il pugno –
Lagann!” gridarono cinque voci, e cinque spirali verdi esplosero da cinque bacchette puntate attraverso cinque fori nel falso muro, e un istante dopo la voce di Hermione gridò “Stupefy!
Cinque spirali verdi si infransero vanamente sulla foschia blu, e il fulmine rosso di Hermione rimbalzò contro la foschia e colpì il ragazzo del quarto anno, che si contrasse e poi rimase immobile.
E il bullo del settimo anno si girò, sorridendo cupamente, mentre le ragazze del primo anno urlarono e si lanciarono alla carica.

Gli occhi di Susan si spalancarono e subito si stava rotolando lontano dal punto in cui era rimasta sdraiata sul pavimento, i suoi polmoni ancora in fiamme e tutto il suo corpo ancora dolorante per essere stata colpita, la battaglia era proseguita solo di pochi secondi da quello che poteva vedere, il corpo di Hannah stava cadendo con il braccio ancora proteso verso di Susan, “Glisseo!” gridò Hermione, ma il ragazzo più grande diede appena un fendente verso il basso con la bacchetta lasciando dietro di sé una scia di bagliore verde e l’incantesimo di Hermione fu visibilmente squarciato in una pioggia di scintille bianco-azzurre, poi con quasi lo stesso movimento il bullo disse “Stupefy!” e Hermione fu scaraventata all’indietro e Susan richiamò tutta la magia che le era rimasta e gridò “Innervate!” verso il corpo di Hermione, anche mentre il bullo si voltò verso di lei, la bacchetta del ragazzo puntata nuovamente nella sua direzione e poi Padma urlò “Prismatis!” appena prima che il bullo gridasse “Impedimenta!”, la sfera arcobaleno si formò attorno al bullo e il Serpeverde del settimo anno barcollò mentre la sua maledizione fu riflessa contro di lui, ma un istante dopo la bacchetta del bullo fece un movimento circolare all’indietro a toccare sé stesso e poi la Sfera prismatica di Padma fu mandata in frantumi come una bolla di sapone che esplodesse mentre la bacchetta del bullo la squarciò e “Innervate!” urlò Parvati rivolta al corpo di Hannah e Tracey e Lavender urlarono allo stesso tempo, “Wingardium Leviosa!” –

Hannah Abbott teneva protesa la sua bacchetta con una mano che tremava per la fatica, non le restava più abbastanza magia neppure per un Innervate, ora.
Il resto del corridoio era silenzioso, corpi sparsi giacevano per terra, Padma e Tracey e Lavender, Hermione e Parvati in un mucchio contro un muro, Susan in piedi in una rigidità pietrificata mentre i suoi occhi impotenti seguivano il tutto, persino il ragazzo Grifondoro giaceva scomposto e immobile (Hermione l’aveva svegliato ed egli aveva combattuto, ma non era stato abbastanza).
Era stata una battaglia molto breve.
Il bullo stava ancora sorridendo, gli unici segni del suo sforzo erano un’increspatura tremante nel bagliore blu che lo circondava, e alcune gocce di sudore sulla sua fronte.
Il bullo alzò il braccio, si asciugò il sudore dalla fronte, e iniziò a camminare lentamente verso di lei come un Letalmanto vivente e di forma umana.
Hannah si girò e fuggì, si voltò e corse con le grida trattenute nella sua gola sul punto di soffocare, accelerò oltre il pannello caduto del falso muro di mattoni, corse giù per il passaggio con tutta la velocità che poté raggiungere, zigzagando il più che poté –
Giusto prima che Hannah arrivasse alla curva del passaggio, la voce del bullo dietro di lei disse “Cluthe!” ed ella provò crampi terribili lungo tutte le gambe, cadde e scivolò e batté la testa contro il muro, solo che non sentì neppure il dolore per l’impatto mentre iniziava a gridare per i muscoli che si contorcevano –
Il bullo stava ancora camminando verso di lei, Hannah notò quando girò la testa; si avvicinava lentamente, ancora con quel terribile sorriso.
E rotolò, malgrado il dolore, mentre i muscoli delle sue gambe si annodavano tra di loro, rotolò oltre l’angolo del passaggio, e gridò “Va’ via!
“Penso di no”, disse il bullo, la sua voce, profonda e spaventosa come quella di un uomo adulto, risuonava in quel momento molto vicina.
Il bullo girò l’angolo e Daphne Greengrass gli immerse la sua Antichissima Lama direttamente nell’inguine.
Ci fu un lampo che illuminò l’intero corridoio –

Fu con mogio contegno che sette ragazze uscirono dall’ufficio di Madam Pomfrey, lasciandosi dietro una di loro in un letto d’ospedale.
Hannah sarebbe stata bene in circa trentacinque minuti, aveva detto la guaritrice; gli strappi muscolari erano facili da guarire.
Daphne si era incaricata di parlare, e secondo lei, Hannah aveva subito un incidente con un Incantesimo di Corri-Strada che aveva causato i crampi alle gambe. Madam Pomfrey aveva rivolto loro uno sguardo penetrante, ma non aveva contestato la spiegazione, anche se quell’Incantesimo era circa sei anni al di sopra del loro livello.
Madam Pomfrey aveva anche dato a Daphne una pozione per aiutarla col suo stato di totale esaurimento magico, e l’aveva avvertita di non lanciare incantesimi per le successive tre ore. Quello, presumibilmente, derivava dal fatto che Daphne aveva usato troppa magia cercando di lanciare Finite su Hannah, piuttosto che dal prosciugamento di tutta la sua energia operato dall’Antichissima Lama per spezzare il Protego.
Le altre avevano deciso di non dire nulla circa i lividi sotto le loro vesti fino a che non avessero convinto alcune ragazze più grandi a lanciare degli Episkey. C’erano dei limiti a ciò a cui Daphne poteva trovare spiegazioni.
L’intera faccenda, pensò Susan, era andata vicino ad essere un disastro, troppo vicino. Se il bullo avesse anche solo guardato dietro l’angolo – se si fosse preso un momento per rilanciare il suo Incantesimo di Protezione –
“Dovremmo smettere”, disse Susan, non appena loro sette si furono allontanate abbastanza dall’ufficio della guaritrice da non essere udite. “Dovremmo smettere di fare questa cosa”.
Per qualche ragione, allora, anche se avrebbero dovuto votare per questo genere di decisioni, tutte si girarono a guardare il generale Granger.
Il Generale Sunshine non sembrò notare che guardavano verso di lei, semplicemente continuò ad avanzare, lo sguardo fisso davanti a sé.
Dopo un po’, Hermione Granger disse, con una voce che sembrò pensierosa e un po’ triste, “Hannah ha detto che lei non voleva che ci fermassimo. Non sono sicura che sia giusto per noi… essere meno coraggiose per lei, di quanto non sia lei stessa”.
Tutte le altre ragazze, eccetto Susan, annuirono in risposta.
“Penso che peggio di così non possa essere”, disse Parvati. “E riusciamo a gestirlo. L’abbiamo dimostrato, ora”.
Susan non riuscì a pensare a nulla da dire in risposta. Non pensava che strillare a pieni polmoni contro quella macroscopica stupidità il fatto che fossero spacciate sarebbe stato convincente. E non poteva neppure semplicemente abbandonare le altre ragazze. Non era abbastanza essere maledetti dalla laboriosità, perché i Tassofrasso dovevano essere per giunta leali?
“A proposito, Lavender”, disse Padma. “In nome delle mutande di Merlino, cosa stavi indossando prima?”
“Il mio completo da eroe”, disse la ragazza Grifondoro.
Daphne sembrò stanca, mentre parlò senza girare la testa, continuando ad arrancare lungo la sala. “È il costume del Soldato di Grifondoro dall’opera Cronache dei Soldati Lunariani”.
“L’hai Trasfigurato tu?” disse Parvati, sembrando perplessa. “Ma il bullo ti ha lanciato contro un Finite –”
“No!” disse Lavender. “È vero! Vedi, avevo solo Trasfigurato il mio completo da eroe in una camicia e una gonna normali in precedenza, così che tutto quello che dovevo fare era lanciare un Finite su me stessa dopo aver incontrato il bullo. Ne vuoi uno per te, Parvati? Il mio l’ho ricevuto ieri da Katrina e Joshua del sesto anno, per dodici sicli –”
“Io penso” disse il generale Granger con voce prudente, “che ci farebbe sembrare tutte un po’ stupide”.
“Beh”, disse Lavender, “dovremmo votare sulla possibilità o meno di –”
“Io penso”, disse il generale Granger, “che indipendentemente da quello che chiunque voti, non ho intenzione di vergognarmi come una ladra facendomi trovare morta con uno di quei costumi addosso –”
Susan ignorò la discussione. Stava cercando di ideare qualche sorta di strategia intelligente per essere meno spacciate.

L’intera Sala Grande si azzittì, anche se per solo un momento, quando loro sette vi entrarono per pranzo.
Poi l’applauso iniziò.
Fu sparso, non l’applauso massivo di tutti che applaudivano contemporaneamente. Gran parte proveniva dal tavolo Grifondoro, meno da Tassofrasso e Corvonero, e nulla da Serpeverde.
Daphne sentì il proprio volto contrarsi. Aveva sperato – beh, forse dopo che avessero trovato un bullo Grifondoro da fermare e un Serpeverde da salvare, i suoi compagni Serpeverde avrebbero capito –
Guardò il tavolo Tassofrasso.
Neville Longbottom stava applaudendo con le mani tenute alte sopra la testa, sebbene non stesse sorridendo. Forse aveva sentito di Hannah, o forse si stava chiedendo perché Hannah non fosse lì.
Poi, non del tutto in grado di fermarsi, diede un’occhiata rapida alla Tavola d’onore.
Il viso della professoressa Sprout era segnato dalla preoccupazione. Insieme alla professoressa McGonagall stava piegando la testa verso il preside Silente, che aveva un’espressione solenne, e tutte le loro labbra si stavano muovendo rapidamente. Il professor Flitwick sembrava più rassegnato che altro, e Quirrell, il volto floscio, stava indirizzando affondi tremanti contro la sua zuppa usando un cucchiaio stretto nel pugno.
Il professor Snape stava fissando direttamente –
Lei?
O – Hermione Granger, in piedi a fianco a lei?
Un piccolo sorriso sottile attraversò il viso del Maestro di Pozioni, che alzò le mani e le avvicinò insieme una volta in un movimento che era troppo lento per essere un vero applauso; e poi tornò nuovamente al proprio piatto, ignorando le conversazioni attorno a sé.
Daphne sentì un piccolo brivido scorrerle lungo la schiena, e si diresse frettolosamente verso la tavola Serpeverde. Susan e Lavender e Parvati si staccarono dal loro gruppo, dirigendosi verso le tavole Tassofrasso e Grifondoro dall’altro lato della Sala Grande.
Accadde mentre stavano passando per la parte della tavola Serpeverde dove sedeva la squadra di Quidditch di Serpeverde.
Fu allora che Hermione inciampò improvvisamente, inciampò violentemente come se fosse stata tirata bruscamente per un piede, e andò a faccia in giù nello spazio tra i posti in cui sedevano Marcus Flint e Lucian Bole, e ci fu il basso e triste suono di uno spiaccichio quando il volto di Hermione finì nel piatto di bistecca e purè di patate di Flint.
Poi tutto sembrò accadere troppo velocemente, o forse fu solo che Daphne stava pensando troppo lentamente, mentre Flint emise un urlo indignato e la sua mano strattonò all’indietro Hermione gettandola verso la tavola Corvonero, ed ella rimbalzò contro la schiena di uno studente e crollò a terra –
Il silenzio si diffuse come increspature sull’acqua.
Hermione si spinse sulle mani, ma non si tirò su in piedi, Daphne poté vedere che il suo intero corpo stava tremando, e che il suo volto era ancora coperto di purè di patate e pezzi sparsi di bistecca.
Per un lungo momento, nessuno parlò, nessuno si mosse. Come se nessuno nella Sala Grande potesse immaginare, non più di quanto potesse fare Daphne, ciò che sarebbe accaduto subito dopo.
Poi la voce potente di Flint, la voce del Capitano Serpeverde che gridava ordini sul campo di Quidditch, disse con un brontolio pericoloso, “Hai rovinato il mio cibo, ragazza”.
Un altro momento di silenzio congelato. La testa di Hermione – Daphne poté vederla tremare – si girò a guardare verso il Capitano di Quidditch di Serpeverde.
“Chiedimi scusa”, disse Flint.
Harry Potter iniziò ad alzarsi dalla tavola Corvonero, e poi si fermò repentinamente, a metà gesto, come se avesse appena pensato qualcosa –
Poi altre cinque persone si alzarono dal tavolo Corvonero.
L’intera squadra di Quidditch di Serpeverde si alzò, le bacchette che raggiunsero le loro mani, e poi studenti si alzarono dal tavolo Grifondoro e dal tavolo Tassofrasso e senza pensarci Daphne si girò a guardare il Tavolo d’onore e vide che il Preside era ancora seduto, e guardava, guardava e basta, Silente stava guardando e basta e aveva un braccio disteso per trattenere la professoressa McGonagall – in appena un secondo qualcuno avrebbe potuto gridare un incantesimo e poi sarebbe stato troppo tardi, perché il Preside non sta facendo niente
E una voce disse, “Le mie scuse”.
Daphne si girò a guardare, la sua bocca spalancata per lo stupore assoluto.
Scourgify”, disse quella voce morbida, e il purè di patate scomparve dal volto di Hermione, rivelando l’espressione sorpresa della Corvonero mentre Draco Malfoy le si avvicinò, rinfoderò nuovamente la sua bacchetta, e poi si mise su un ginocchio accanto a lei e le offrì la propria mano.
“Mi dolgo per quanto è accaduto, signorina Granger”, disse la voce colta di Draco Malfoy. “Credo che qualcuno abbia pensato di essere spiritoso”.
Hermione prese la mano di Draco, e Daphne capì improvvisamente cosa stava per succedere –
Ma Draco Malfoy non sollevò Hermione a metà per poi lasciarla cadere.
La rimise in piedi e basta.
“Grazie”, disse Hermione.
“Prego”, disse Draco Malfoy a voce alta, senza guardarsi intorno per vedere che tutte e quattro le Case di Hogwarts lo stavano fissando completamente sconvolte. “Solo rammenti, essere scaltri e ambiziosi non significa che bisogna essere in questo modo”.
E poi Draco Malfoy tornò al suo posto sulla panca di Serpeverde e si sedette come se non – non avesse appena – avesse appena –
Hermione andò al posto vuoto della panca Corvonero più vicino e si sedette.
Diverse altre persone, piuttosto lentamente, si sedettero.
“Daphne?” disse Tracey. “Stai bene?”

Il cuore di Draco stava martellando così forte nel suo petto che egli si preoccupò che potesse esploderne fuori con una fontana di sangue, come quella maledizione che Amycus Carrow aveva usato una volta su di un cucciolo.
Il volto di Draco rimase assolutamente controllato, perché sapeva (gli era stato impresso nella mente più e più volte) che se avesse mostrato il minimo segno della paura che stava provando, i suoi compagni di Casa l’avrebbero fatto a pezzi come un nugolo di Acromantule.
Non c’era stato il tempo di confrontarsi con Harry Potter, né il tempo per elaborare un piano, né il tempo per pensare, solo l’istante dell’illuminazione che il momento di iniziare il salvataggio della reputazione di Serpeverde era proprio quello.
Da tutti i lati della lunga tavola Serpeverde, volti arrabbiati fissavano Draco.
Ma erano superati in numero dai volti che erano semplicemente perplessi.
“Va bene, mi arrendo”, disse un ragazzo del sesto anno che Draco non riconobbe, seduto dall’altro lato rispetto a lui e due posti alla sua destra. “Perché l’hai fatto, Malfoy?”
Sebbene la sua bocca fosse molto secca, Draco non deglutì. Quello sarebbe stato un segnale di paura. Invece prese un boccone di carote, che contenevano la massima umidità tra tutte le cose sul suo piatto, e masticò e ingoiò, pensando il più rapidamente possibile.
“Sai”, disse Draco, rendendo la propria voce il più tagliente possibile – mentre il suo cuore batteva ancora più forte nel suo petto, mentre tutti attorno a lui smisero di parlare per ascoltare – “probabilmente c’è qualche modo di far fare a Serpeverde una figura persino peggiore che attaccare otto ragazze del primo anno provenienti da tutte le Case che stanno lavorando insieme per fermare i bulli, ma non riesco a pensare a quale. In questo modo noi godiamo del beneficio di ciò che Greengrass sta facendo”.
I volti perplessi rimasero perplessi.
“Cosa?” disse il ragazzo del sesto anno, e poi “Aspetta, quale beneficio?” disse una ragazza del quinto anno che sedeva alla sua destra.
“Far fare una bella figura a Casa Serpeverde”, rispose Draco.
I Serpeverde attorno a lui gli stavano rivolgendo sguardi interrogativi come se avesse appena cercato di spiegare loro l’algebra.
“Una bella figura con chi?” disse il ragazzo del sesto anno.
“Ma hai appena aiutato una sanguemarcio”, disse la ragazza del quinto anno. “In che modo questo dovrebbe farci fare una bella figura?”
La gola di Draco si chiuse. Il suo cervello stava subendo un orribile malfunzionamento durante il quale non riusciva a pensare a nulla da dire eccetto la verità –
Poi, “Probabilmente è un qualche genere di piano tremendamente intelligente che Malfoy ha in atto”, disse un ragazzo del quinto anno. “Sapete, come ne La Tragedia della Luce, in cui tutto ciò che nella trama sembra una battuta d’arresto fa parte del piano. E termina con la testa di Granger su di un palo e nessuno che sospetta che sia stato lui”.
Questo ha un senso”, disse qualcuno ancora più in fondo alla tavolata, e ci furono parecchi che annuirono.

“Hai capito tu cos’ha in mente il capo?” borbottò Vincent in tono sommesso.
Gregory Goyle non rispose. Nella sua mente poteva udire molto chiaramente la voce del suo padrone dire, Non riesco a credere di aver creduto ad ogni singola parola, il giorno in cui era nata la voce su Salazar Serpeverde che mostrava a Potter e a Granger dove trovare i bulli.
“Signor Goyle?” sussurrò Vincent.
Le labbra di Gregory Goyle formarono le parole, Oh no, ma nessun suono ne uscì.

Hermione aveva terminato di pranzare molto presto quel giorno, per qualche motivo non aveva fame. Quei pochi secondi di orribile umiliazione avevano continuato a bruciare nella sua mente, ancora e ancora, la sensazione del suo viso che si immergeva nel purè di patate e poi l’essere gettata per aria e poi la voce del ragazzo Serpeverde che diceva `Chiedimi scusa’… poteva essere stata la prima volta in tutta la sua vita che aveva odiato qualcuno. Il ragazzo che l’aveva spinta (Marcus Flint, avevano detto fosse il suo nome) e chiunque avesse lanciato la fattura per farla inciampare… l’aveva sentito, per un singolo orribile istante aveva voluto andare a dire a Harry che se avesse iniziato ad essere creativo al posto suo, non avrebbe protestato.
Non era uscita dalla Sala Grande per neppure un minuto prima di udire dietro di sé il suono di piedi che correvano, e si girò per vedere Daphne che veniva verso di lei.
E ascoltò ciò che il suo Soldato Raggio di sole doveva dirle…
“Non capisci?” la voce di Daphne era poco meno di un grido. “Solo perché qualcuno è carino con te non significa che sia un tuo amico! Si tratta di Draco Malfoy! Suo padre è un Mangiamorte, tutti i genitori dei suoi amici sono Mangiamorte – Nott, Goyle, Crabbe, tutti intorno a lui, lo capisci? Tutti disprezzano i Nati babbani, vogliono che tutti quelli come te muoiano, pensano che tu non sia buona a nulla se non come vittima sacrificale in orribili Rituali oscuri! Draco è il prossimo Lord Malfoy, è stato allevato sin dalla nascita per odiarti ed è stato allevato sin dalla nascita per mentire!” Gli occhi grigio-verdi di Daphne la fissavano intensamente, pretendendo consenso e comprensione.
“Lui –” disse Hermione incerta. Ricordò il tetto, il terribile strattone quando aveva iniziato a cadere, la mano di Draco Malfoy che aveva stretto la sua e l’aveva tenuta con tanta forza che dopo aveva avuto dei lividi. Aveva dovuto dirglielo due volte prima che infine la lasciasse cadere. “Forse Draco Malfoy non è come loro –”
Il sussurro di Daphne fu quasi un grido. “Se alla fine dei conti non ti ha danneggiato dieci volte tanto quanto ti ha appena aiutato, la sua vita è finita, non capisci? Voglio dire, Lucius Malfoy lo diserederebbe letteralmente! Sai quante sono le probabilità che non stia tramando qualcosa?”
“Minuscole?” disse Hermione con una vocina.
Zero!” sibilò Daphne. “E voglio dire nessuna! Voglio dire meno di zero! Voglio dire che la probabilità è così piccola che non potresti trovarla con tre Incantesimi di Ingrandimento e una fattura Indicami e – e – e una mappa antica e un profeta centauro! Tutti dentro Serpeverde sanno che sta tramando di farti qualcosa e che non vuole essere sospettato, ho sentito dire a qualcuno che l’hanno visto puntarti contro la bacchetta appena prima che tu cadessi – non capisci? Tutto questo fa parte del piano di Malfoy!

Draco era seduto a mangiare la sua bistecca con cime di cavolfiore arrostite e salsa di Ashwinder (non era fatta con vere uova di Ashwinder, era solo che aveva il sapore del fuoco), cercando di non ridere e cercando di non piangere.
Aveva sentito parlare della negabilità plausibile, ma non si era reso conto di quanto fosse importante fino a quando non aveva scoperto che i Malfoy non ne avevano.
“Vuoi sapere il mio piano?” disse Draco. “Ecco il mio piano. Non ho intenzione di fare nulla e quindi la prossima volta che la gente pensa che stia tramando qualcosa, non ne sarà sicura”.
“Eh…” fece il ragazzo del quinto anno. “Non penso di crederti, non sembra abbastanza furbo per essere realmente il piano –”
“Questo è quello che vuole che tu pensi”, disse la ragazza del quinto anno.

“Albus”, disse Minerva minacciosamente, “avevi progettato tutto questo?”

“Beh, se avessi schioccato le dita sotto al tavolo, non ve lo direi così facilmente –”

La mano tremante del Professore di Difesa fece cadere nuovamente il cucchiaio nella zuppa.

“Che vuol dire, ingannarti?” disse Millicent. Entrambe stavano sedendo con le gambe incrociate sul letto di Daphne, dopo essere arrivate lì direttamente dalla Sala Grande a fine pranzo. “Con i miei occhi di Veggente che guardano attraverso il Tempo Medesimo, vi ho viste vincere”.
Daphne fissò Millicent, i suoi occhi meramente mortali piuttosto socchiusi al momento. “Quel ragazzo ci stava aspettando”.
“Beh, sì!” disse Millicent. “Tutti sanno che date la caccia ai bulli!”
“Hannah è stata colpita da una fattura molto dolorosa”, disse Daphne. “È dovuta andare dalla guaritrice, Millicent! Se siamo amiche dovresti avvisarmi!
“Guarda, Daphne, ti ho detto –” La ragazza Serpeverde fece una pausa, come se cercasse di ricordare qualcosa, e poi disse, “voglio dire, te l’ho detto, ciò che Vedo deve accadere. Se cerco di cambiarlo, se chiunque cerca di cambiarlo, accadono cose davvero terribili, spaventose, cattive, estremamente brutte. E poi ciò che ho Visto accade comunque. Se Vedessi te che vieni picchiata, non potrei dirtelo, perché allora proveresti a non andare, e allora –” Millicent si fermò.
“E allora?” disse scettica Daphne. “Voglio dire, che succede se non ci andiamo e basta?”
“Non lo so!” disse Millicent. “Ma probabilmente renderebbe l’essere mangiati dai Letalmanto simile ad una festicciola!”
“Guarda, anche io so che non è così che funzionano le profezie”, disse Daphne, poi si fermò. “Almeno le profezie non funzionano così nelle opere…” Certo, c’era tutta una serie di tragedie in cui il cercare di evitare una profezia la faceva avverare, o in cui, d’altra parte, il cercare di agire in accordo con una profezia era l’unico motivo per cui si avverava. Ma potevi far avverare le profezie a modo tuo se fossi stato abbastanza intelligente; o qualcuno che ti amava a sufficienza poteva prendere il tuo posto; o, con uno sforzo sufficiente, era possibile infrangere una profezia definitivamente… Ma del resto, nelle opere i Veggenti non ricordavano mai quello che Vedevano…
Millicent dovette aver visto l’esitazione di Daphne, perché l’altra ragazza iniziò sembrare un po’ più sicura. “Beh”, disse Millicent bruscamente, “questo non è uno spettacolo! Guarda, ti dirò se Vedo che si tratta una battaglia difficile o facile. Ma questo è tutto quello che posso fare, hai capito? E se dico `difficile’ non potete non presentarvi! O – o –” Gli occhi di Millicent si rovesciarono, ed ella intonò cupamente, “Coloro che cercano di ingannare il proprio destino avranno destini tristi e cupi –”

La professoressa Sprout scosse la testa, il suo volto che sembrò contratto.
“Ma –” disse Susan. “Ma lei ha aiutato Harry Potter quella volta
“E mi è stato detto chiaramente”, disse la professoressa Sprout con una voce che sembrava come se stesse usando l’Incantesimo di rimpicciolimento per stringere la propria gola, “che era compito del professor Snape, e non mio, mantenere l’ordine in Casa Serpeverde – signorina Bones, la prego, non è obbligata a farlo –”
“Sì, io devo farlo”, disse Susan tristemente. “Sono una Tassofrasso, dobbiamo essere leali”.

“Una pergamena misteriosa sotto il tuo cuscino?” disse Harry Potter, alzando lo sguardo dal posto dove era seduto, nell’angolino sottoposto a Quietus in cui stavano studiando. Poi gli occhi del ragazzo si socchiusero. “Non veniva da Babbo Natale, vero?”
Pausa.
“Va bene”, disse Hermione. “Io non te lo chiederò, e tu non me lo dirai, ed entrambi faremo finta che tu non l’abbia mai detto e che io non ne sappia nulla –”

Susan si avvicinò alla tavola non appena la ragazza più grande fu sola, lanciando occhiate per tutta la sala comune Tassofrasso per essere sicura che nessuno stesse guardando (nel modo in cui sua Zia le aveva insegnato a fare, in maniera che non fosse ovvio che stava guardando).
“Ehi, Susie”, disse la Tassofrasso del settimo anno. “Hai bisogno di altre –”
“Per favore, posso parlarti per un po’ in privato?” disse Susan.

Jaime Astorga, Serpeverde del settimo anno, e fino a poco tempo prima considerato un promettente nuovo arrivato nel circuito giovanile dei duelli, se ne stava dritto come un fuso nell’ufficio del professor Snape, con i denti stretti e il sudore che gli gocciolava lungo la schiena.
“Ricordo distintamente”, disse il Preside della sua Casa strascicando beffardamente le parole, “che questa stessa mattina ho avvertito lei, e un certo numero di altre persone, che c’erano talune ragazze del primo anno che avrebbero potuto rivelarsi fastidiose, se un combattente fosse stato incauto e si fosse lasciato cogliere di sorpresa”.
Il professor Snape camminava in un cerchio lento intorno a lui.
“Io –” disse Jaime, mentre altro sudore imperlava la sua fronte. Sapeva quanto suonasse ridicola, quanto fosse patetica come scusa. “Signore, non sarebbero dovute essere in grado di –” Una ragazza del primo anno non sarebbe dovuta essere in grado di infrangere il suo Protego, indipendentemente da che genere di antico Incantesimo avesse usato – Greengrass doveva essere stata aiutata
Ma era molto chiaro che il Preside della sua Casa non l’avrebbe creduto.
“Oh, sono piuttosto d’accordo”, mormorò Snape con un tono basso, pieno di minacce. “Non avrebbero dovuto. Inizio a chiedermi se il signor Malfoy, quale che sia il suo piano, abbia una qualche ragione, Astorga. Non può essere un bene per la reputazione di Casa Serpeverde se i nostri combattenti, invece di dimostrare la loro forza, perdono contro delle bambine!” La voce di Snape era salita di volume. “È un bene che lei abbia avuto il buon gusto di essere sconfitto da una bambina che è una compagna Serpeverde di una Nobile Casa, Astorga, o le avrei sottratto punti io stesso!”
I pugni di Jaime Astorga si strinsero lungo i fianchi, ma non poté pensare a nulla da dire.
Ci volle del tempo prima che a Jamie Astorga fosse permesso di allontanarsi dalla presenza del Preside della sua Casa.
E in seguito, solo i muri, il pavimento, e il soffitto videro il sorriso di Severus Snape.

Quella sera Draco ricevette la visita del gufo di suo padre, Tanaxu, che non era verde solo perché non esistevano gufi verdi. Il meglio che suo padre era riuscito a trovare era un gufo con le piume dell’argento più puro, con grossi e luminosi occhi verdi, e un becco tanto appuntito quanto il dente di un serpente. La pergamena arrotolata attorno alla zampa di Tanaxu era breve e diretta:
Che cosa stai facendo, figlio mio?
La pergamena che Draco rimandò indietro fu ugualmente breve, e diceva:
Sto cercando di mettere fine ai danni arrecati alla reputazione di Serpeverde, padre.
Nel tempo esatto che ci voleva a un gufo per volare da Hogwarts al Maniero Malfoy e poi tornare, il gufo di famiglia recò un altro messaggio a Draco, e questo diceva soltanto:
Che cosa stai facendo realmente?
Draco fissò la pergamena che aveva srotolato dalla zampa del gufo. Le sue mani tremavano, mentre la teneva alla luce del suo camino. Cinque parole, cesellate in inchiostro nero, non avrebbero dovuto essere più spaventose della morte.
Non c’era molto tempo per pensare. Suo Padre sapeva esattamente quanto tempo ci volesse affinché un messaggio andasse dal Maniero Malfoy a Hogwarts e poi tornasse indietro; avrebbe capito se Draco si era attardato per formulare una bugia meticolosa.
Ma Draco attese comunque che la sua mano smettesse di tremare, prima di scrivere la propria risposta, l’unica risposta a cui era riuscito a pensare e che suo Padre avrebbe potuto accettare.
Mi sto preparando per la prossima guerra.
Draco arrotolò quella pergamena attorno alla zampa del gufo e la legò, e poi mandò Tanaxu a svolazzare fuori dalla sua stanza, attraverso le sale di Hogwarts, nella notte.
Attese, ma non giunse alcuna risposta.

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