Capitolo 76 Interludio col confessore: costi irrecuperabili

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Rianne Felthorne scese le scale di ruvida pietra e malta grezza, tenendo acceso un Lumos negli spazi tra le fiaccole, reggendo in alto la sua bacchetta negli intervalli tra luce e luce.
Giunse nella caverna vuota scavata nella roccia e perforata da molte aperture buie, illuminata da una torcia di stile antico che si accese quando entrò.
Non c’era nessun altro lì, ancora, e dopo lunghi minuti di attesa nervosa, iniziò a Trasfigurare un sofà imbottito abbastanza grande da permettere a due persone di sedersi, o forse persino di stendersi. Un semplice sgabello in legno sarebbe stato più facile, avrebbe potuto completarlo in quindici secondi, ma – insomma –
Anche quando il sofà fu del tutto formato, il professor Snape non era ancora arrivato, ed ella vi si sedette sul lato sinistro con il battito che le martellava in gola. In qualche modo stava diventando sempre più nervosa, invece che calma, mentre il ritardo aumentava.
Sapeva che questa sarebbe stata l’ultima volta.
L’ultima volta prima che tutti questi ricordi svanissero, e Rianne Felthorne si trovasse in una caverna misteriosa, chiedendosi cosa stesse accadendo.
In quello c’era qualcosa di simile al morire.
I libri dicevano che un’Obliazione fatta bene non recava danni, le persone dimenticavano le cose di continuo. Le persone sognavano, e poi si svegliavano senza ricordare i propri sogni. L’Obliazione non richiedeva neppure tutta quella discontinuità, solo un breve istante di disorientamento; era come essere distratti da un forte rumore e perdere il filo di un ragionamento che non si sarebbe stati in grado di riprendere in seguito. Questo era quello che i libri dicevano, e il motivo per il quale gli Incantesimi di memoria erano interamente approvati dal Ministero per ogni scopo governativo autorizzato.
Eppure, quei pensieri, i pensieri che stava pensando in quel momento; presto nessuno li avrebbe più avuti. Quando guardava avanti nel futuro, non c’era nessuno a completare i pensieri che non aveva terminato di pensare. Anche se fosse riuscita a risolvere tutte le questioni in sospeso nella sua mente nel successivo minuto, dopo non ne sarebbe rimasto niente. Non era esattamente quello su cui avresti riflettuto, se avessi dovuto morire nel minuto successivo?
Giunse il suono di passi attutiti…
Severus Snape emerse all’interno della caverna.
I suoi occhi si mossero su di lei seduta sul sofà, e una strana espressione attraversò il suo volto; strana perché non era sardonica, o arrabbiata, o fredda.
“Grazie, signorina Felthorne”, disse pacatamente Snape, “è stato molto premuroso da parte sua”. Il Maestro di Pozioni estrasse la sua bacchetta ed eseguì i consueti incantesimi di riservatezza, e poi si mosse verso di lei, e si sedette pesantemente accanto a lei sul sofà Trasfigurato.
Il suo battito stava pulsando per tutta un’altra ragione, ora.
Si girò lentamente per guardare il professor Snape, e vide che la sua testa era appoggiata all’indietro sul sofà, e i suoi occhi erano chiusi. Non stava dormendo, però. Il suo volto apparve teso, contratto, afflitto.
Seppe – ne fu improvvisamente certa – che le era concesso di vedere tutto ciò perché in seguito non l’avrebbe ricordato; e che a nessuno prima di lei era mai stato concesso di vederlo.
La frenetica conversazione in corso dentro la mente di Rianne Felthorne si stava svolgendo più o meno così: Potrei semplicemente chinarmi e baciarlo, sei completamente fuori di quella minuscola testa, i suoi occhi sono chiusi scommetto che non riuscirebbe a fermarmi in tempo, io scommetto che ci vorrebbero anni prima che qualcuno ritrovasse il tuo corpo
Ma poi il professor Snape aprì gli occhi (per la delusione e il sollievo intimi della ragazza), e disse, in una voce più normale, “Il suo compenso, signorina Felthorne”. Dalle proprie vesti estrasse un rubino, tagliato secondo la convenzione della Gringotts, e glielo porse. “Cinquanta sfaccettature. Non mi offenderei se le contasse”.
Allungò una mano tremante, sperando che Snape avrebbe premuto il rubino nelle sue dita, che avrebbe sentito il tocco della sua pelle viva contro la propria –
Ma invece Snape alzò leggermente la propria mano e fece cadere il rubino in quella di lei, poi si appoggiò nuovamente allo schienale. “Ricorderà di averlo trovato sul pavimento di questa caverna, dove era venuta in esplorazione. E poiché nessuno eccetto lei vi crederà realmente, si ricorderà di aver pensato che sarebbe meno problematico se depositasse il denaro in una cassetta a parte presso Gringotts”.
Per un po’ vi fu solo il debole crepitare della torcia.
“Perché –” disse Rianne Felthorne. Sa che non ricorderò. “Perché l’ha fatto? Cioè – mi ha detto di dirle dove sarebbero stati i bulli, e chi sarebbero stati, ma non se Granger sarebbe stata lì. E io so, per il modo in cui funziona il Giratempo, che se avesse voluto far sì che Granger fosse lì, non poteva farsi dire se era già accaduto. Quindi ho dedotto che noi eravamo quelli che le stavamo dicendo dove andare. Eravamo noi, è così?”
Snape annuì senza parlare. Aveva chiuso di nuovo gli occhi.
“Ma”, disse Rianne, “Non ho capito perché la stava aiutando. E ora – dopo quello che ha fatto a Granger nella Sala Grande – non lo capisco affatto”. Rianne non aveva mai pensato di essere particolarmente buona. Aveva notato appena le controversie riguardo il Generale Sunshine. Ma qualcosa nell’aiutare Granger a combattere i bulli aveva… beh, si era abituata a pensarsi dalla parte dei buoni, e a pensare a sé stessa come una dei buoni. E aveva scoperto che in effetti le piaceva. Era difficile, lasciare la presa. “Perché l’ha fatto professor Snape?”
Snape scosse la testa, il volto contratto.
“È –” disse Rianne esitante. “Cioè – fintanto che siamo qui – c’è qualcosa di cui mi vuole parlare?” C’era qualcosa che ella voleva dire, ma non riusciva a far sì che le parole oltrepassassero le labbra.
“Posso pensare ad un argomento”, disse Snape dopo una pausa. “Se è interessata, signorina Felthorne”.
Gli occhi di Snape erano ancora chiusi, dunque ella non poté soltanto annuire. La sua voce quasi si incrinò, quando si forzò a dire “Sì”.
“C’è un certo ragazzo nella sua classe a cui lei piace, signorina Felthorne”, disse Snape con gli occhi chiusi. “Non dirò il suo nome. Ma la osserva ogni volta che lei attraversa la stanza, quando pensa che lei non lo veda. La sogna e desidera possederla, ma non le ha chiesto mai neppure un bacio”.
Il suo cuore iniziò a martellare ancor più forte.
“La prego di dirmi la verità, signorina Felthorne. Cosa pensa di quel ragazzo?”
“Beh –” disse. Stava incespicando sulle proprie parole. “Credo che – non chiedere mai neppure un bacio – sarebbe –”
Triste.
Davvero pietoso.
“Debole”, disse, la sua voce che tremava.
“Concordo”, disse Snape. “Supponga però che quel ragazzo l’abbia aiutata. Penserebbe che gli dovrebbe concedere un bacio, se lo chiedesse?”
Inalò rumorosamente –
“O penserebbe”, continuò Snape, i suoi occhi ancora chiusi, “che sia solo un seccatore?”
Le parole la trafissero come un pugnale e non poté che gemere forte.
Gli occhi di Snape si aprirono di scatto, e il suo sguardo incrociò quello di lei dall’altra parte del sofà.
Poi il Maestro di Pozioni si mise a ridere, piccole risatine tristi.
“No, non lei, signorina Felthorne!” disse Snape. “Non lei! Stiamo davvero parlando di un ragazzo. Uno che frequenta la sua classe di Pozioni, in effetti”.
“Oh”, fece lei. Cercò di ricordare quello che Snape aveva detto in precedenza, ora sentendosi piuttosto innervosita mentre pensava ad un ragazzo che la guardava, che la guardava sempre e in silenzio. “Beh, uhm, in questo caso. È piuttosto raccapricciante, in effetti. Chi è?”
Il Maestro di Pozioni scosse la testa. “Non importa”, disse Snape. “Per curiosità, che cosa penserebbe se quel ragazzo fosse ancora innamorato di lei dopo diversi anni?”
“Uhm”, disse sentendosi un po’ confusa, “che sarebbe completamente patetico?”
Nella caverna, la torcia scoppiettò un po’.
“È strano”, disse sommessamente Snape. “Ho avuto due mentori, nel corso della mia vita. Entrambi straordinariamente perspicaci, e nessuno dei due mi ha mai detto le cose che non stavo vedendo. È chiaro abbastanza perché il primo non abbia detto nulla, ma il secondo…” Il volto di Snape si contrasse. “Suppongo che dovrei essere piuttosto ingenuo, a chiedere perché sia rimasto in silenzio”.
La quiete si allungò, mentre Rianne cercò freneticamente di pensare a qualcosa da dire.
“È una cosa strana”, disse Snape, la sua voce ancora più sommessa, “guardarsi indietro dopo soli trentadue anni, e chiedersi quando la tua vita è stata rovinata oltre ogni possibilità di recupero. È stato determinato quando il Cappello Smistatore ha gridato `Serpeverde’ per me? Sembra ingiusto, poiché non mi è stata data alcuna scelta; il Cappello Smistatore parlò nel momento in cui toccò la mia testa. Eppure non posso affermare che mi identificò in maniera non corrispondente al vero. Non ho mai avuto in grande considerazione la conoscenza per l’amore della conoscenza. Non sono stato leale all’unica persona che ho chiamato amico. Non sono mai stato il tipo della furia del giusto, né allora né ora. Coraggio? Non c’è eroismo nel rischiare una vita già rovinata. Le mie piccole paure mi hanno sempre dominato, e non ho mai sviato da nessuno dei sentieri che ho percorso, a causa di quelle piccole paure. No, il Cappello Smistatore non avrebbe mai potuto mettermi nella Casa in cui mise lei. Forse la mia sconfitta finale era predeterminata, anche allora. È giusto, chiedo, anche se il Cappello Smistatore disse il vero? È giusto che qualche bambino debba possedere più coraggio di altri, e che la vita di un uomo sia giudicata così?”
Rianne Felthorne stava iniziando a comprendere che non aveva mai avuto la minima idea di chi fosse dentro di sé il suo Maestro di Pozioni, e sfortunatamente tutte queste profondità nascoste e oscure non la stavano aiutando col suo problema.
“Ma no”, disse Snape. “So dove andò male per l’ultima volta. Potrei indicare il giorno e l’ora esatti in cui ho perso la mia ultima possibilità. Signorina Felthorne, il Cappello Smistatore le ha offerto Corvonero?”
“S-sì”, disse senza pensarci.
“È mai stata brava con gli indovinelli?”
“Sì”, disse di nuovo, perché qualsiasi cosa il professor Snape volesse dire, non l’avrebbe udita se avesse risposto no.
“Sono pessimo con gli indovinelli”, disse Snape con una voce distaccata. “Una volta mi è stato dato un indovinello da risolvere, e non sono riuscito a capirne neppure la parte più semplice finché non fu troppo tardi. Non capii neppure che l’indovinello era destinato a me finché non fu troppo tardi. Pensai che mi fosse semplicemente capitato di udirlo per caso, quando in verità furono gli altri ad udirlo per caso. Quindi vendetti il mio indovinello ad un altro, e fu allora che la rovina della mia vita superò ogni possibile rimedio”. La voce di Snape era ancora distaccata, sembrando più distratta che addolorata. “E anche ora, non capisco nulla di importante. Mi dica, signorina Felthorne, supponga che un uomo stia trasportando un coltello, e inciampi su di un neonato e si accoltelli da solo. Direbbe che quel bambino ha”, la voce di Snape divenne più grave, come se stesse imitando una voce ancor più baritonale, “il potere di sconfiggere quell’uomo?”
“Uhm… no?” rispose esitante.
“Allora cosa significa avere il potere di sconfiggere qualcuno?”
Rianne esaminò l’indovinello. (Desiderando, non per la prima volta in vita sua, di aver scelto Corvonero e al diavolo la disapprovazione dei suoi genitori; ma il Cappello Smistatore non le aveva mai offerto Grifondoro.) “Beh…” disse. Aveva problemi a formulare i propri pensieri. “Significa che devi averne il potere, ma che non è necessario che tu lo faccia. Significa che potresti farlo se ci provassi –”
“Scelta”, disse il Maestro di Pozioni con la stessa voce distante, come se non stesse realmente parlando con lei. “Ci sarà una scelta. Questo è quello che l’indovinello sembra sottintendere. E quella scelta non è una scelta scontata per chi la fa, poiché l’indovinello non dice sconfiggerà, ma piuttosto il potere di sconfiggere. Come potrebbe un uomo adulto segnare un neonato come proprio eguale?”
“Cosa?” disse Rianne. Non riusciva proprio a capire.
Segnare un neonato è semplice. Qualsiasi Maledizione oscura produrrebbe una cicatrice durevole. Ma una cosa simile potrebbe essere fatta a chiunque. Quale marchio significherebbe che un neonato è un suo eguale?
Rispose con il primo pensiero che le venne in mente. “Se firmasse un contratto matrimoniale, significherebbe che sarete eguali un giorno, quando il neonato crescerà e vi sposerete”.
“Probabilmente…” disse Snape. “Probabilmente non è questo, signorina Felthorne, ma grazie per averci provato”. Le lunghe dita delicate, affinate dal mescolare le pozioni con tolleranze inconcepibilmente piccole, si sollevarono a massaggiare la fronte dell’uomo. “È sufficiente a rendermi folle, così tanto dipende da parole così fragili. Il potere sconosciuto… deve essere qualcosa di più di un semplice incantesimo sconosciuto. Non qualcosa che egli potrebbe acquisire semplicemente con l’esercizio e lo studio. Qualche talento innato? Nessuno può imparare ad essere un Metamorfomagus… eppure questo difficilmente sembra un potere che egli non conosce. Né posso capire come uno dei due possa distruggere tutto dell’altro ad eccezione di un residuo; posso capirlo in un verso, ma non in quello opposto…” Il Maestro di Pozioni sospirò. “E niente di tutto questo significa nulla per lei, giusto, signorina Felthorne? Le parole non sono nulla. Le parole sono ombre. È la loro intonazione che convoglia il significato e questo è qualcosa che non sarò mai in grado di…”
Il Maestro di Pozioni fece morire la frase, mentre Rianne lo fissava.
“Una profezia?” disse Rianne con un forte squittio. “Ha sentito una profezia?” Aveva seguito Divinazione per un paio di mesi prima di abbandonarla disgustata, e sapeva solo quel poco su come funzionasse.
“Farò un’ultima prova”, disse Snape. “Qualcosa che non ho mai provato prima. Signorina Felthorne, ascolti il suono della mia voce, il modo in cui le pronuncio, non le parole in sé, e mi dica cosa pensa che significhino. Può farlo? Bene”, disse Snape, quando ella annuì obbediente, sebbene non fosse affatto sicura di cosa ci si aspettasse che facesse.
E Severus Snape inspirò, e intonò, “poiché quei due speleti divelsi non possono esistlele nello stesso muond”.
Le causò dei brividi lungo la schiena, ancora più intensi perché sapeva che quelle parole cavernose erano state pronunciate ad imitazione di una vera profezia. Innervosita, disse tutta d’un fiato la prima cosa che le venne in mente, che forse fu influenzata dalla sua attuale compagnia. “Quei due diversi ingredienti non possono esistere nello stesso calderone?”
“Ma perché no, signorina Felthorne? Qual è il significato di un’affermazione del genere? Cosa ci sta realmente dicendo?”
“Ah…” arrischiò, “se i due ingredienti si mescolassero, prenderebbero fuoco e brucerebbero il calderone?”
Il volto di Snape non cambiò minimamente espressione.
“Forse”, disse infine Snape, dopo che furono rimasti seduti sul sofà in un terribile silenzio per quelli che sembrarono dei minuti. “Spiegherebbe la parola dovrà. Grazie, signorina Felthorne. Ancora una volta è stata estremamente utile”.
“Sono –” disse, “sono felice di –” e le parole le rimasero incastrate in gola. Il Maestro di Pozioni l’aveva ringraziata con un tono di irrevocabilità, ed ella sapeva che il tempo della Rianne Felthorne che ricordava quei momenti stava per raggiungere la sua fine. “Vorrei non dover dimenticare tutto questo, professor Snape!”
“Vorrei”, disse Severus Snape in un sussurro così basso che ella poté udirlo a fatica, “che tutto fosse stato diverso…”
Il Maestro di Pozioni si alzò dal sofà, il peso della sua presenza che svanì da vicino a lei. Si girò ed estrasse la sua bacchetta dalle vesti, puntandola contro di lei.
“Aspetti –”, disse lei. “Prima di questo –”
In qualche modo era incredibilmente duro fare il primo passo dalla fantasia alla realtà, dall’immaginazione all’azione. Anche se era solo un passo e non sarebbe mai andata oltre. La distanza si ingrandì fino a diventare simile a quella tra due montagne.
Il Cappello Smistatore non le aveva mai offerto Grifondoro…
… era giusto che la vita di una donna fosse giudicata così?
Se non puoi dirlo ora, quando non ricorderai più nulla dopo – quando nulla continuerà da questo momento, proprio come se stessi morendo – allora quando lo dirai mai, a chiunque?
“Prima posso avere un bacio?” disse Rianne Felthorne.
Gli occhi neri di Snape la studiarono così intensamente che il suo rossore iniziò a scenderle fino al petto, e si chiese se egli sapesse perfettamente che lei era ancora debole, e che non era un bacio che desiderava realmente.
“Perché no”, disse pacatamente il Maestro di Pozioni, e abbassò la testa verso il sofà e la baciò.
Non fu per nulla simile a ciò che aveva immaginato. Nelle sue fantasie, i baci di Snape erano impetuosi, e presi con la forza, ma questo era – era solo impacciato, in effetti. Le labbra di Snape premettero troppo duramente sulle sue, spingendole a forza contro i suoi denti, e l’angolo non era corretto e i loro nasi si stavano quasi piegando e le labbra di lui erano troppo strette e –
Fu solo mentre il Maestro di Pozioni si raddrizzò nuovamente, sollevando ancora una volta la propria bacchetta, che ella comprese.
“Non può essere stato –” disse con una voce stupefatta, alzando lo sguardo su di lui. “Non è stato – o sì – il suo primo
Rianne Felthorne sbatté le palpebre guardando la caverna di pietra che aveva scoperto, reggendo ancora in mano lo straordinario rubino che aveva trovato in un angolo, immerso nella sporcizia. Era un colpo di fortuna incredibile, e non sapeva perché guardare il rubino la rendesse così triste, come se avesse dimenticato qualcosa, qualcosa che per lei era stato prezioso.

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