Capitolo 77 Auto-realizzazione, conseguenze: apparenze superficiali

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Conseguenze: Albus Silente e –

Il vecchio mago sedeva da solo alla propria scrivania, nel non-silenzio dell’ufficio del Preside, in mezzo agli innumerabili e inosservati congegni; le sue vesti di un giallo gentile, di un tessuto morbido, abiti dissimili da quelli che normalmente indossava in presenza di altri. La sua mano rugosa reggeva una penna che grattava su di una pergamena dall’aria ufficiale. Se in qualche modo si fosse stati presenti per osservare il suo volto grinzoso, si sarebbe stati incapaci di dedurre qualcosa di più dell’uomo in sé di quanto non si fossero capiti i congegni misteriosi. Si sarebbe potuto osservare che quel volto sembrava un po’ triste, un po’ stanco, ma del resto Albus Silente sembrava sempre così quando era solo.
Nel focolare della Metropolvere c’erano solo ceneri sparse senza alcun residuo di fiamma, una porta magica che era stata chiusa così fermamente da smettere di esistere. Sul piano materiale, la grande porta di quercia dell’ufficio era stata chiusa a chiave; oltre quella porta, la Scala Senza Fine restava immobile; in fondo a quella scala, i gargoyle che ne bloccavano l’accesso non stavano fluendo, la loro pseudo-vita si era ritirata lasciando solida roccia.
Poi, proprio mentre la penna era nel mezzo della composizione di una parola, proprio mentre era intenta a vergare una lettera –
Il vecchio mago saltò in piedi con una velocità che avrebbe sconvolto chiunque stesse guardando, abbandonando la penna a metà lettera sulla pergamena; come un fulmine discese sulla porta di quercia, le sue vesti gialle che gli vorticarono attorno e la bacchetta dallo spaventoso potere che gli saltò in mano –
E altrettanto fulmineamente, il vecchio mago si fermò, interrompendo il proprio gesto proprio mentre stava per sollevare la bacchetta.
Una mano picchiò sulla porta di quercia, bussando tre volte.
Più lentamente, ora, quella lugubre bacchetta tornò alla fondina da duello allacciata sotto la manica del vecchio mago. L’uomo antico avanzò di qualche passo, si dispose in un atteggiamento più formale, ricompose il proprio volto. Sulla scrivania lì vicino, la penna si mosse a lato della pergamena, come se fosse stata disposta lì con cura invece che lasciata di fretta; e la pergamena stessa si rigirò per mostrare solo un lato bianco.
Con una silenziosa contrazione della sua volontà, le porte di quercia si aprirono di colpo.
Duri come pietre, gli occhi verdi lo fissarono severamente.
“Ammetto di essere impressionato, Harry”, disse pacatamente il vecchio mago. “Il Mantello dell’Invisibilità ti avrebbe permesso di sfuggire ai miei poteri minori di visione; ma non ho percepito i miei golem fare un passo di lato, né le scale ruotare. Come sei giunto qui?”
Il ragazzo entrò nell’ufficio, un passo dopo l’altro, intenzionalmente, fin quando la porta si chiuse dolcemente dietro di lui. “Posso andare ovunque io scelga, con o senza permesso”, disse quel ragazzo. La sua voce sembrò calma; troppo calma, forse. “Sono nel suo ufficio perché io ho deciso di essere qui, e al diavolo le parole d’accesso. Si sbaglia clamorosamente, preside Silente, se pensa che io resti in questa scuola perché sono prigioniero qui dentro. Semplicemente non ho scelto, ancora, di andarmene. Ora, tenendo bene a mente questi concetti, perché ha ordinato al suo agente, il professor Snape, di rompere l’accordo che avevamo raggiunto in questo ufficio, secondo cui non avrebbe tormentato nessuno studente dal quarto anno in giù?”
Il vecchio mago osservò il giovane eroe arrabbiato per un lungo momento. Poi, abbastanza lentamente da non allarmare il ragazzo, quelle dita grinzose aprirono uno degli svariati cassetti della scrivania, ne tirò fuori un foglio di pergamena, e lo posò sulla scrivania. “Quattordici”, disse il vecchio mago. “Non è il numero di tutti i gufi inviati questa notte. Solo i gufi inviati a famiglie con seggi nel Wizengamot, o a famiglie con grandi patrimoni, o a famiglie già alleate con i tuoi avversari. O, nel caso di Robert Jugson, tutte e tre le cose; poiché suo padre, Lord Jugson, è un Mangiamorte, e suo nonno un Mangiamorte che morì a causa della bacchetta di Alastor Moody. Ciò che le lettere dicevano, non lo so, ma posso indovinarlo. Non comprendi ancora, Harry Potter? Ogni volta che Hermione Granger ha vinto, per dirlo con parole tue, il pericolo costituito per lei da Serpeverde è cresciuto ancora, e poi ancora. Ma ora i Serpeverde hanno trionfato su di lei, facilmente e sicuramente, senza violenza o danni permanenti. Essi hanno vinto, e non hanno più bisogno di continuare a combattere…” Il vecchio mago sospirò. “Così avevo progettato. Così avevo sperato. Così sarebbe stato, se il Professore di Difesa non avesse avocato a sé il compito di intervenire. Ora la disputa continua presso il Consiglio Direttivo, dove Severus sembrerà sconfiggere il Professore di Difesa; ma per i Serpeverde questo non sembrerà la stessa cosa, non sarà finita completamente in un momento, secondo i loro desideri”.
Il ragazzo avanzò ancor più nella stanza, la sua testa che si piegò ancor più all’indietro per guardare gli occhiali a mezzaluna; e in qualche modo fu come se fosse il ragazzo a guardare il Preside dall’alto in basso, invece del contrario. “Quindi questo Lord Jugson è un Mangiamorte?” disse dolcemente il ragazzo. “Bene. La sua vita è segnata, allora, e io posso fargli qualsiasi cosa senza problemi etici –”
Harry!
La voce del ragazzo era limpida come ghiaccio ottenuto congelando acqua di una qualche sorgente immacolata. “Lei sembra pensare che la Luce dovrebbe aver paura dell’oscurità. Io dico che dovrebbe essere il contrario. Preferirei non uccidere questo Lord Jugson, anche se è un Mangiamorte. Ma un’ora di discussione con il Professore di Difesa sarebbe più che sufficiente per trovare qualche modo creativo per rovinarlo finanziariamente, o per farlo esiliare dalla Gran Bretagna magica. Questo servirebbe a far passare il messaggio, penso”.
“Confesso”, disse lentamente il vecchio mago, “che il pensiero di rovinare una Casa antica di cinquecento anni, e di impegnare fino in fondo un Mangiamorte in una guerra, per una baruffa in un corridoio di Hogwarts, non mi è sovvenuto, Harry”. Il vecchio mago alzò un dito per rimettere a posto gli occhiali a mezzaluna che gli erano scivolati un po’ giù per il naso, durante il suo precedente movimento improvviso. “Oserei dire che non sovverrebbe neppure alla signorina Granger, né alla professoressa McGonagall, né a Fred e George”.
Il ragazzo scrollò le spalle. “Non sarebbe per i corridoi. Sarebbe giustizia per i suoi crimini passati, e lo farei solo se Jugson facesse la prima mossa. Dopotutto, lo scopo non è quello di fare in modo che la gente abbia paura di me come di una variabile impazzita. È quello di insegnare loro che chi rimane neutrale è perfettamente al sicuro con me, e che provocarmi è incredibilmente pericoloso”. Il sorriso del ragazzo non raggiunse i suoi occhi. “Forse comprerò una pubblicità sulla Gazzetta del Profeta, in cui dico che chiunque volesse continuare questa disputa con me imparerà il vero significato del Caos, ma che chiunque mi lascia in pace sarà al sicuro”.
No”, disse il vecchio mago. La sua voce era più profonda ora, mostrando qualcosa della sua vera età e del suo vero potere. “No, Harry, non deve accadere. Non hai ancora compreso il vero significato del combattere, ciò che accade realmente quando gli avversari si scontrano in battaglia. E così tu sogni, come fanno i giovani ragazzi, di insegnare ai tuoi avversari a temerti. Mi spaventa che tu, ad un’età tanto precoce, possa avere potere sufficiente per trasferire parte dei tuoi sogni nella realtà. Non c’è alcuna svolta di quel sentiero che non conduca all’oscurità, Harry, nessuna. Quella è la via di un Signore Oscuro, per certo”.
Il ragazzo esitò, allora, e i suoi occhi saltarono per un istante verso la vuota piattaforma dorata dove Fawkes talvolta riposava le proprie ali. Era un gesto che pochi avrebbero colto, ma il vecchio mago lo conosceva molto bene.
“Va bene, dimentichi la parte a proposito dell’insegnare loro ad aver paura di me”, disse allora il ragazzo. La sua voce non fu meno dura, ma parte del gelo se n’era andato. “Penso ancora che lei dovrebbe impedire che sia fatto del male a dei bambini per paura di cosa potrebbe fare qualcuno come Lord Jugson. Proteggerli è l’obiettivo finale del suo lavoro. Se Lord Jugson dovesse realmente cercare di intralciarla, allora faccia tutto ciò che è necessario per fermarlo. Mi dia accesso completo al mio deposito, e io mi assumerò personalmente la responsabilità di gestire qualsiasi conseguenza della messa al bando del bullismo dentro Hogwarts, che si tratti di Lord Jugson o di chiunque altro”.
Lentamente il vecchio mago scosse la testa. “Sembri pensare, Harry, che io abbia soltanto bisogno di usare pienamente il mio potere, e tutti gli avversari saranno spazzati via. Hai torto. Lucius Malfoy controlla il ministro Fudge, attraverso la Gazzetta del Profeta influenza l’intera Gran Bretagna, solo per un minimo margine non controlla una porzione del Consiglio Direttivo sufficiente a cacciarmi da Hogwarts. Amelia Bones e Bartemius Crouch sono nostri alleati, ma anche loro si farebbero da parte se ci vedessero agire arbitrariamente. Il mondo che ti circonda è più fragile di quanto sembri credere, e dobbiamo muoverci con estrema cura. La vecchia Guerra dei Maghi non è mai terminata, Harry, è semplicemente continuata con una forma differente; il re nero dormiva, e Lucius Malfoy ha mosso i suoi pezzi per un certo tempo. Pensi che Lucius Malfoy ti consentirebbe a cuor leggero di prendere un pedone del suo colore?”
Il ragazzo sorrise, nuovamente con una punta di gelo. “Va bene, troverò un modo per far sì che sembri che Lord Jugson abbia tradito i suoi”.
“Harry –”
“Gli ostacoli significano che deve diventare creativo, Preside. Non significano abbandonare i bambini che dovrebbe proteggere. Lasci che la Luce vinca, e se ne derivano dei problemi –” Il ragazzo scrollò le spalle. “Lasci che la Luce vinca ancora”.
“Così potrebbero parlare le fenici, se avessero parole”, disse il vecchio mago. “Ma tu non comprendi il prezzo della fenice”.
Le ultime tre parole furono pronunciate con una voce chiara e particolare che sembrò echeggiare per l’ufficio, e poi un enorme rumore roboante sembrò giungere da tutto intorno a loro.
Tra l’antico scudo sul muro e la cappelliera del Cappello Smistatore, la pietra delle pareti iniziò a fluire e muoversi, riversandosi a formare due colonne e rivelando un varco tra di loro, un’apertura che mostrava una rampa di scale di pietra che conducevano in alto verso l’oscurità.
Il vecchio mago si girò e camminò verso quelle scale, e poi guardò indietro verso Harry Potter. “Vieni!” disse. Non c’era nessuno scintillio ora in quegli occhi blu. “Poiché sei andato molto oltre facendoti strada fin qui non invitato, puoi ben avanzare ancora”.

Non c’era ringhiera su quei gradini di pietra, e dopo i primi passi Harry estrasse la sua bacchetta e lanciò un Lumos. Il Preside non si guardò indietro, non sembrava guardare in basso, come se avesse salito quei gradini abbastanza spesso da non aver bisogno della vista.
Il ragazzo sapeva che sarebbe dovuto essere curioso, o spaventato, ma non c’era capacità cerebrale residua per quello. Richiedeva tutto il suo controllo l’impedire alla furia che cucinava a fuoco lento dentro di lui di non traboccare più di quanto non avesse già fatto.
Le scale proseguirono solo per una breve distanza, una rampa dritta che saliva senza curve o svolte.
Alla sommità c’era una porta di metallo pieno, che appariva nera nella luce blu gettata dalla bacchetta di Harry, il che significava che il metallo stesso era o nero o forse rosso.
Albus Silente alzò la sua lunga bacchetta come se esibisse un simbolo, e parlò ancora in quella strana voce che sembrava echeggiare nelle orecchie di Harry, come se si stesse marchiando a fuoco nella sua memoria: “Il destino della fenice”.
L’ultima porta si aprì, e Harry seguì Silente all’interno.
La stanza sembrava costruita con metallo nero come la porta che vi si apriva. I muri erano neri, il pavimento era nero. Il soffitto sopra di loro era nero, eccezion fatta per un singolo globo di cristallo che pendeva dal soffitto su di una catena bianca, e splendeva di una brillante luce d’argento che appariva come se fosse stata lanciata ad imitazione della luce del Patronus, sebbene si potesse capire che non era l’originale.
All’intero della stanza c’erano dei piedistalli di metallo nero, ciascuno reggeva un’immagine in movimento, o un cilindro messo in verticale e mezzo pieno di un qualche liquido argenteo debolmente luccicante, o un piccolo oggetto solitario; una collana d’argento bruciata, un cappello schiacciato, un anello matrimoniale d’oro mai toccato. Molti piedistalli sostenevano tutti e tre, l’immagine in movimento, e il liquido d’argento e l’oggetto. Sembrò esserci un buon numero di bacchette da mago su quei piedistalli, e molte di quelle bacchette erano spezzate, o bruciate, o sembrava che in qualche modo il legno si fosse sciolto.
Ci volle tutto quel tempo a Harry per capire cosa stesse vedendo, e poi la sua gola improvvisamente si strozzò; era come se la rabbia dentro di lui fosse stata colpita da una martellata, forse la martellata più forte della sua intera esistenza.
“Questi non sono tutti i caduti di tutte le mie guerre”, disse Albus Silente. La sua schiena era rivolta ad Harry, solo i suoi riccioli grigi e le sue vesti giallognole erano visibili. “Non sono neppure lontanamente tutti. Solo i miei amici più intimi, e coloro che sono morti per le mie decisioni peggiori, qui c’è qualcosa di loro. Coloro che rimpiango più di tutti, questo è il loro posto”.
Harry non poteva contare quanti piedistalli vi fossero nella stanza. Sarebbero potuti essere circa cento. La stanza di metallo nero non era piccola, e chiaramente c’era altro spazio lasciato per piedistalli futuri.
Albus Silente si girò e osservò Harry, gli occhi blu profondo incastonati come acciaio sotto le sopracciglia, ma la sua voce, quando parlò, era calma. “Mi pare che tu non sappia nulla del prezzo della fenice. Mi pare che tu non sia una persona malvagia, ma estremamente e terribilmente ignorante, e sicuro di te nella tua ignoranza; come fui io una volta, tanto tempo fa. Eppure non ho mai udito Fawkes tanto chiaramente quanto pare tu abbia fatto, quel giorno. Forse ero già troppo vecchio e pieno di afflizione, quando la fenice venne da me. Se c’è qualcosa che non comprendo, riguardo a quanto dovrei essere pronto a combattere, allora raccontami di questa saggezza”. Non c’era rabbia nella voce del vecchio mago; l’impatto che ti faceva espellere il fiato come se fossi caduto da un manico di scopa era tutto nelle bacchette arse e spezzate, baluginanti gentilmente nella loro morte sotto la luce d’argento. “Altrimenti girati ed esci da questo luogo, ma allora non desidero più udirne parlare ancora”.
Harry non sapeva cosa dire. Non c’era stato nulla nella sua vita che fosse simile a quello, e tutte le parole sembrarono scivolare via. Avrebbe trovato qualcosa da dire se l’avesse cercato, ma non poteva credere, in quel momento, che le parole avrebbero avuto qualche significato. Non avresti dovuto essere in grado di vincere ogni possibile discussione, solo perché delle persone erano morte per delle tue decisioni, eppure anche sapendolo sembrava come se non vi fosse nulla da dire. Non c’era nulla che Harry avesse alcun diritto di dire.
E quasi si sarebbe girato per andarsene da quel posto, se non fosse stato per l’intuizione che lo illuminò in quel momento: che c’era probabilmente una parte di Albus Silente che restava sempre in quel luogo, sempre, indipendentemente da dove egli si trovasse. E che se si restava in un luogo come quello, si poteva fare qualsiasi cosa, perdere qualsiasi cosa, se avesse significato che non era necessario combattere un’altra volta.
Uno dei piedistalli catturò l’attenzione di Harry; la fotografia su di esso non si muoveva, non sorrideva o salutava, era una fotografia babbana di una donna che guardava seria verso l’obiettivo, i capelli castani raccolti nelle trecce di un ordinario taglio babbano che Harry non aveva mai visto a nessuna strega. C’era un cilindro di liquido argenteo a fianco alla fotografia, ma nessun oggetto; nessun anello fuso o bacchetta spezzata.
Harry avanzò, lentamente, finché non fu davanti al piedistallo. “Chi era?” disse, la sua voce che sembrò strana alle sue stesse orecchie.
“Il suo nome era Tricia Glasswell. La madre di una figlia Nata babbana, che i Mangiamorte uccisero. Era un’investigatrice del governo babbano, e dopo quell’evento passò informazioni dalle autorità babbane all’Ordine della Fenice, finché non fu – tradita – e consegnata a Voldemort”. La voce del vecchio mago si spezzò. “Non è morta bene, Harry”.
“Ha salvato delle vite?”
“Sì”, disse sommessamente il mago. “L’ha fatto”.
Harry alzò lo sguardo dal piedistallo per guardare Silente. “Il mondo sarebbe un posto migliore se non avesse combattuto?”
“No, non lo sarebbe stato”, disse il vecchio mago. La sua voce era stanca, e triste. Sembrava più curvo ora, come se si stesse ripiegando su sé stesso. “Vedo che ancora non comprendi. Penso che non comprenderai fino al giorno in cui tu – oh, Harry. Tanto tempo fa, quando non ero molto più vecchio di come sei tu ora, imparai il vero volto della violenza, e il suo costo. Riempire l’aria di maledizioni mortali – per qualsiasi ragione – per qualsiasi ragione, Harry, – è una cosa malata, e la sua natura è corrotta, tanto terribile quanto i rituali più oscuri. La violenza, una volta iniziata, diventa come un Letalmanto che colpisca ogni vita vicino a sé. Vorrei… risparmiarti quella lezione nel modo in cui l’ho imparata io, Harry”.
Harry distolse lo sguardo dagli occhi blu, l’abbassò al nero metallo del pavimento. Il Preside stava cercando di dirgli qualcosa di importante, quello era chiaro; e non era neppure qualcosa che Harry ritenesse stupido.
“C’era un babbano di nome Mohandas Gandhi”, disse Harry al pavimento. “Pensava che il governo della Gran Bretagna babbana non dovesse controllare il suo Paese. E si rifiutò di combattere. Convinse il suo intero Paese a non combattere. Invece disse alla sua gente di andare dai soldati britannici e di lasciarsi colpire, senza resistere, e quando gli inglesi non riuscirono più a sopportare di farlo, liberammo il suo Paese. Pensai che fosse una cosa davvero bella, quando lo lessi, pensai che fosse qualcosa di più nobile di tutte le guerre che chiunque avesse combattuto con cannoni o spade. Che l’avessero fatto davvero, e che avesse realmente funzionato”. Harry fece un altro respiro. “Solo in seguito scoprii che Gandhi disse alla sua gente, durante la Seconda guerra mondiale, che se i nazisti li avessero invasi, avrebbero dovuto usare la non-violenza anche contro di loro. Ma allora i nazisti avrebbero sparato contro chiunque fosse stato davanti a loro. E forse Winston Churchill ebbe sempre la sensazione che vi fosse un modo migliore, qualche modo intelligente per vincere senza far del male a nessuno; ma non lo trovò mai, e così dovette combattere”. Harry alzò lo sguardo al Preside, che lo stava fissando. “Winston Churchill fu colui che provò a convincere il governo britannico a non concedere la Cecoslovacchia a Hitler in cambio di un trattato di pace, a convincerli a combattere subito –”
“Riconosco il nome, Harry”, disse Silente. Le labbra del vecchio mago si piegarono verso l’alto. “Sebbene onestamente sono obbligato a dire che il caro Winston non fu mai il tipo per rimorsi di coscienza, anche dopo una dozzina di bicchierini di whisky incendiario”.
“Quello che voglio dire è”, disse Harry, dopo una breve pausa per ricordare esattamente con chi stesse parlando, e abbattere con la forza la sensazione improvvisamente ritornata di essere un bambino ignorante che era impazzito per l’audacia, che non aveva nessun diritto di essere in quella stanza e nessun diritto di mettere in discussione Albus Silente su nulla, “quello che voglio dire è che affermare che la violenza è male non è una risposta. Non dice quando combattere e quando non combattere. È un problema difficile e Gandhi si rifiutò di affrontarlo, ed è per questo che persi parte del mio rispetto per lui”.
“E la tua risposta, Harry?” chiese pacatamente Silente.
“Una risposta è che non bisognerebbe usare la violenza eccetto che per fermare la violenza. Non si dovrebbe mettere in pericolo la vita di qualcuno se non per salvare ancora più vite. Sembra giusto se lo si dice in questo modo. Il problema è che se un poliziotto vede un ladro che svaligia una casa, dovrebbe cercare di fermare il ladro, anche se il ladro potrebbe reagire e qualcuno potrebbe farsi male o persino essere ucciso. Anche se il ladro sta cercando solo di rubare dei gioielli, che sono solo delle cose. Perché se nessuno desse quanto meno fastidio ai ladri, ci sarebbero altri ladri, e poi altri. E se anche tutto quello che mai rubassero ogni volta fossero cose, questo – il tessuto sociale –” Harry si interruppe. I suoi pensieri non erano in ordine come solitamente sostenevano di essere, in quella stanza. Sarebbe dovuto essere in grado di fornire una qualche spiegazione perfettamente logica in termini di teoria dei giochi, sarebbe quanto meno dovuto essere in grado di vederla in quel modo, ma gli stava sfuggendo. Falchi e colombe – “Non capisce, se i malvagi sono disposti a rischiare la violenza per ottenere ciò che vogliono, e i buoni cedono ogni volta perché la violenza è troppo terribile da rischiare, è – non è una buona società in cui vivere, Preside! Non capisce ciò che tutto questo bullismo sta facendo a Hogwarts, alla Casa Serpeverde più di tutti?”
“La guerra è troppo terribile per rischiarla”, disse il vecchio mago. “Eppure essa giungerà. Voldemort sta tornando. I pezzi neri si stanno radunando. Severus è uno dei pezzi più importanti che la nostra parte possiede, in quella guerra. Ma il nostro malvagio Maestro di Pozioni deve, come dice l’adagio, salvare le apparenze. Se Severus può salvarle ferendo i sentimenti di alcuni bambini, solo i loro sentimenti, Harry”, la voce del vecchio mago era molto delicata, “dovresti essere terribilmente ingenuo delle vie della guerra, per pensare che abbia concluso un pessimo affare. Le decisioni difficili non sono simili a quella, Harry. Sono simili – a questo”. Il vecchio mago non fece gesti. Semplicemente, rimase fermo dov’era, tra i piedistalli.
“Lei non dovrebbe essere Preside”, disse Harry malgrado la sua gola fosse in fiamme. “Mi dispiace, mi dispiace davvero, ma lei non dovrebbe cercare di essere il direttore di una scuola e di condurre una guerra allo stesso tempo. Hogwarts non dovrebbe essere coinvolta in tutto questo”.
“I bambini sopravviveranno”, disse il vecchio mago con vecchi occhi stanchi. “Non sopravviverebbero a Voldemort. Ti sei mai chiesto perché i bambini di Hogwarts non parlano molto dei loro genitori, Harry? È perché c’è sempre qualcuno vicino che ha perso la madre o il padre o entrambi. Questo è quello che Voldemort si è lasciato dietro, l’ultima volta che è venuto. Nulla vale la pena di far iniziare quella guerra anche solo un giorno prima di quando deve, o di farla durare solo un giorno in più di quanto deve”. Il vecchio mago fece un cenno, ora, come per indicare tutte le bacchette spezzate. “Non abbiamo combattuto perché sembrava giusto farlo! Abbiamo combattuto quando abbiamo dovuto, quando non c’era più altra strada. Quella è stata la nostra risposta”.
“È per questo che ha atteso così a lungo prima di affrontare Grindelwald?”
Harry aveva formulato la domanda senza realmente pensarci –
Ci fu un lento intervallo di tempo durante il quale gli occhi blu cercarono dentro di lui.
“Con chi hai parlato, Harry?” disse il vecchio mago. “No, non rispondere. Lo so già”. Silente sospirò. “Molti mi hanno rivolto quella domanda, e sempre li ho sviati. Eppure col tempo dovrai imparare la verità completa su quella faccenda. Sei disposto a giurare di non parlarne con alcuno, fin quando non ti autorizzerò a farlo?”
Harry avrebbe preferito che gli fosse permesso di dirlo a Draco, ma – “Giuro”, disse.
“Grindelwald possedeva un dispositivo antico e terribile. Fin quando ne fosse stato in possesso, non avrei potuto infrangere le sue difese. Nel nostro duello non mi fu possibile vincere, solo combatterlo per lunghe ore finché non cadde per lo sfinimento; e io ne sarei morto subito dopo, se non fosse stato per Fawkes. Ma fin quando i suoi alleati babbani avessero continuato a compiere sacrifici di sangue per lui, Grindelwald non sarebbe caduto. Egli era, durante quel periodo, veramente invincibile. Di quel lugubre dispositivo che Grindelwald possedeva, nessuno deve sapere, nessuno deve sospettare, non deve esserci un solo indizio. E perciò tu non devi parlarne, e io non dirò altro per ora. Tutto qui, Harry. Non c’è nessuna morale, e nessuna saggezza. È tutto qui.”
Harry annuì lentamente. Non era del tutto implausibile, secondo le consuetudini della magia…
“E allora”, continuò la voce di Silente, ancora più sommessa, quasi come se stesse parlando a sé stesso, “poiché fui io ad abbatterlo, essi mi obbedirono quando dissi che non sarebbe dovuto morire, sebbene a migliaia gridassero chiedendo il suo sangue. Quindi fu imprigionato a Nurmengard, nella prigione che egli aveva costruito, e lì resta fino a questo giorno. Mi recai a quel duello senza alcun intento di ucciderlo, Harry. Poiché, vedi, avevo tentato di uccidere Grindelwald una volta, in passato, molto tempo fa, e quello… quello fu… si dimostrò essere… un errore, Harry…” Il vecchio mago stava ora fissando la propria lunga bacchetta grigio-scura, che reggeva con entrambe le mani, come se fosse una palla di cristallo da un fantasy babbano, uno specchio d’acqua per la cristalloscopia all’interno del quale potessero essere trovate delle risposte. “E pensai, allora… pensai che non avrei mai dovuto uccidere. E poi giunse Voldemort”.
Il vecchio mago rialzò lo sguardo su Harry, e disse, con voce rauca, “Egli non è come Grindelwald, Harry. Non vi è rimasto più nulla di umano in lui. Lui devi distruggerlo. Non devi esitare, quando giungerà il momento. Solo a lui, di tutte le creature di questo mondo, non devi mostrare alcuna pietà; e quando avrai terminato dovrai scordarlo, scordare di aver mai compiuto un gesto simile, e tornare a vivere. Conserva la tua furia per quello, e quello solo”.
In quell’ufficio vi fu silenzio.
Durò per alcuni, lunghi secondi, e infine fu rotto da una sola domanda.
“Ci sono Dissennatori a Nurmengard?”
“Cosa?” disse il vecchio mago. “No! Non l’avrei fatto neppure a lui –”

Il vecchio mago fissò il giovane ragazzo, che si era raddrizzato, il volto cambiato.
“In altre parole”, disse il ragazzo, come se stesse parlando a sé stesso senza altre persone nella stanza, “si sa già come tenere in prigione dei potenti Maghi Oscuri, senza usare i Dissennatori. La gente sa di saperlo”.
“Harry…?”
“No”, disse il ragazzo. Alzò lo sguardo, e i suoi occhi divamparono come fuoco verde. “Non accetto la sua risposta, Preside. Fawkes mi ha dato una missione, e ora so perché ha dato quella missione a me, e non a lei. Lei è disposto ad accettare equilibri di potere in cui i cattivi finiscono per vincere. Io no”.
“Anche questa non è una risposta”, disse il vecchio mago; ora il suo volto non mostrava affatto il suo dolore, aveva fatto a lungo pratica nel nasconderlo. “Rifiutarsi di accettare qualcosa non la cambia. Mi chiedo ora se tu sia semplicemente troppo giovane per capire questa questione, Harry, malgrado le tue sembianze esteriori; solo nelle fantasie dei bambini si possono vincere tutte le battaglie, e si può non tollerare anche un solo male”.
“Ed è per questo che io posso distruggere i Dissennatori e lei no. Perché ritengo che l’oscurità possa essere fatta a pezzi.”
Il respiro del vecchio mago gli si fermò in gola.
“Il prezzo della fenice non è inevitabile”, riprese il ragazzo. “Non è parte di un qualche equilibrio profondo insito nell’universo. È solo una parte del problema in cui non ha ancora capito come barare”.
Le labbra del vecchio mago si aprirono, e nessuna parola ne uscì.
Luce argentea che cadeva su bacchette spezzate.
“Fawkes mi ha dato una missione”, ripeté il ragazzo, “e porterò a compimento quella missione anche se dovessi distruggere l’intero Ministero per farlo. Questa è parte della risposta che le manca. Non deve fermarsi e dire, oh, beh, pare che non riesca a trovare alcun modo per fermare il bullismo a Hogwarts, e fermarsi là. Deve continuare a cercare finché non trova un modo per farlo. Se questo richiede fare a pezzi l’intera congiura di Lucius Malfoy, bene”.
“E la vera lotta, la lotta contro Voldemort?” disse il vecchio mago con voce tremante. “Cosa farai per vincere quella, Harry? Farai a pezzi il mondo intero? Anche se un giorno dovessi ottenere un tale potere, tu non sei ancora al di là dei prezzi da pagare, e forse non lo sarai mai! Che tu agisca in questo modo ora non è nulla di meno che pazzia!”
“Ho chiesto al professor Quirrell perché avesse riso”, disse con calma il ragazzo, “dopo che aveva concesso a Hermione quei cento punti. E il professor Quirrell ha detto, queste non sono le sue parole esatte, ma è praticamente ciò che ha detto, che aveva trovato tremendamente divertente che il grande e buon Albus Silente fosse stato seduto lì senza far nulla mentre quella povera e innocente ragazza chiedeva aiuto, mentre lui era stato quello che l’aveva difesa. E mi ha detto poi che quando le persone buone e morali finiscono di legarsi strettamente le mani, ciò che di solito fanno è niente; o, se invece agiscono, è difficile distinguerle dalle persone considerate cattive. Mentre lui può aiutare ragazze innocenti ogni volta che gli va, perché non è una persona buona. E che dovrei ricordarlo, ogni volta che esaminassi la possibilità di crescere e diventare buono”.
Il vecchio mago non mostrò la forza del colpo. Solo un leggero spalancarsi dei suoi occhi l’avrebbe tradito, se si fosse stati a guardarlo molto da vicino.
“Non si preoccupi, Preside. Non sono impazzito. So che dovrei imparare la bontà da Hermione e Fawkes, non dal professor Quirrell e da lei. Il che mi porta alla vera ragione per cui sono venuto qui. Il tempo di Hermione è troppo prezioso per essere sprecato in una detenzione. Il professor Snape la revocherà, affermando che l’ho ricattato.”
Dopo un’esitazione, il vecchio mago fece cenno di sì con la testa, la barba d’argento che ondeggiò lentamente sotto di essa. “Non sarebbe la cosa migliore per lei, Harry. Ma la detenzione può essere considerata come scontata con il professor Binns, ed ella e tu potreste studiare insieme nella sua aula”.
“Bene. Penso che questo era tutto ciò che dovessimo discutere, in fin dei conti. Si può attendere, la prossima volta che lei sembrerà operare dalla parte dei cattivi o lasciarli vincere, che io faccia tutto ciò che pensi che Fawkes mi direbbe di fare, a prescindere da quanti problemi ne derivino. Spero che questo sia chiaro per tutti.”
Senza proferir altra parola, il ragazzo si girò e uscì dalla stanza, attraverso la porta di metallo nero aperta, la parola “Lumos!” e la luce della sua bacchetta che giunsero un momento più tardi.
Il vecchio mago rimase lì in silenzio, in silenzio tra le rovine delle vite che la sua stessa vita aveva lasciato dietro di sé. La sua mano rugosa si alzò tremante, per toccare i suoi occhiali a mezzaluna –
La testa del ragazzo rispuntò all’interno della stanza. “Le dispiacerebbe far ripartire le scale, Preside? Preferirei non dover rifare tutto il lavoro da capo per poter uscire nello stesso modo in cui sono arrivato”.
“Va’, Harry Potter. Le scale ti accoglieranno.”
(Qualche tempo dopo, una versione precedente di Harry, che aveva invisibilmente atteso presso i gargoyle sin dalle 21, seguì la Vicepreside attraverso il varco che si era aperto per lei, rimase silenziosamente dietro di lei sulle scale girevoli finché non giunsero alla sommità, e poi, ancora sotto il Mantello, girò tre volte il proprio Giratempo.)

Conseguenze: il professor Quirrell e –

Il Professore di Difesa attendeva in una radura ombreggiata, la sua schiena appoggiata distrattamente contro la corteccia ruvida e grigia di un faggio torreggiante, sebbene ancora senza foglie in quei giorni di fine marzo, così che il suo tronco e la sua sommità sembravano un pallido braccio alzato da terra ed esploso in una mano di mille dita. Intorno al Professore di Difesa e sopra di lui c’erano rami così densi che anche all’inizio della primavera, con pochi alberi che osassero persino germogliare, sarebbe stato quasi impossibile vedere il cielo da terra. I fili della rete di legno si incrociavano e proliferavano così tante volte che se si fosse stati in alto su di un manico di scopa, cercando qualcuno in basso, sarebbe stato più semplice seguire le proprie orecchie che i propri occhi. Né sarebbe stato d’aiuto il fatto che fosse quasi buio nel mezzo dei boschi proibiti, il sole invisibile quasi tramontato, così che solo alcuni raggi solari sempre più deboli illuminavano le sommità degli alberi più alti.
Giunse un lievissimo suono di passi, quasi inudibile anche sul terreno della foresta; l’andatura di un uomo abituato a passare inosservato. Nessun rametto rotto, né foglia frusciante –
“Buon pomeriggio”, disse il professor Quirrell. Il Professore di Difesa non si diede pena di muovere gli occhi, né le mani da dove distrattamente riposavano lungo i suoi fianchi.
Una figura avvolta in un mantello nero divenne visibile con uno scintillio, la sua testa si girò prima a sinistra e poi a destra. Nella mano destra della figura, impugnata bassa, c’era una bacchetta di legno così grigio da essere quasi argenteo.
“Non so perché desiderava incontrarmi proprio qui”, disse Severus Snape, la sua voce calma.
“Oh”, disse pigramente il professor Quirrell, come se l’intera faccenda fosse di scarsa importanza, “pensavo che avrebbe preferito un po’ di riservatezza. Le mura di Hogwarts hanno orecchie, e non vorrebbe che il Preside venisse a conoscenza del suo ruolo nell’affare di ieri, giusto?”
Il freddo di marzo sembrò diventare più intenso, la temperatura scendere ancor di più. “Non so di cosa stia parlando”, disse gelidamente il Maestro di Pozioni.
“Sa perfettamente bene di cosa stiamo parlando”, disse il professor Quirrell con una voce divertita. “Seriamente, mio buon Professore, non dovrebbe impicciarsi degli affari degli idioti a meno che non sia pronto a difendersi istantaneamente da ogni loro violenza”. (Le mani del Professore di Difesa giacevano ancora rilassate e aperte ai suoi fianchi.) “Eppure nessuno di quegli idioti sembra ricordare di averla vista cadere, né le giovani ragazze ricordano la sua presenza. Il che fa sorgere l’affascinante domanda sul perché abbia compiuto lo sforzo così straordinario, oserei dire lo sforzo così disperato, di lanciare cinquantadue Incantesimi di Memoria”. Il professor Quirrell inclinò la testa. “Perché teme così tanto le opinioni di semplici studenti? Penso di no. Teme che la faccenda venga a conoscenza del suo buon amico, Lord Malfoy? Ma quei folli, immediatamente, hanno inventato una scusa piuttosto soddisfacente per la sua presenza. No, c’è una sola persona che esercita tanto potere su di lei, e che sarebbe estremamente disturbata dallo scoprire che lei ha messo in atto un piano senza la sua conoscenza. Il suo vero padrone segreto, Albus Silente”.
Cosa?” sibilò il Maestro di Pozioni, la rabbia palese sul suo volto.
“Ma ora, sembra, lei si sta muovendo da solo; e dunque mi trovo estremamente interessato riguardo a cosa lei potrebbe stare facendo, e perché”. Il Professore di Difesa considerò la sagoma vestita di nero del Maestro di Pozioni con l’attenzione che un uomo avrebbe potuto riservare ad un insetto eccezionalmente interessante, anche se in fin dei conti solo un insetto.
“Non sono un servitore di Silente”, disse freddamente il Maestro di Pozioni.
“Davvero? Che notizia sbalorditiva”. Il Professore di Difesa sorrise appena. “Me ne parli”.
Ci fu una lunga pausa. Da qualche albero un gufo bubolò, un suono cospicuo in quel silenzio; nessuno dei due uomini si allarmò o sobbalzò.
“Non mi vuole come suo nemico, Quirrell”, disse Severus Snape, la voce molto sommessa.
“Non voglio? Come fa a saperlo?”
“D’altro canto”, continuò il Maestro di Pozioni, la voce ancora sommessa, “i miei amici godono di molti vantaggi”.
L’uomo appoggiato contro la corteccia grigia sollevò le sopracciglia. “Ad esempio?”
“Ci sono molte cose che conosco di questa scuola”, disse il Maestro di Pozioni. “Cose che potrebbe non pensare che io sappia”.
Ci fu una pausa di attesa.
“È incredibilmente affascinante”, disse il professor Quirrell. L’uomo stava esaminando le proprie unghie con un’espressione annoiata. “Continui”.
“So che ha… indagato… sul corridoio del terzo piano –”
“Lei non sa nulla del genere”. La schiena dell’uomo si raddrizzò contro l’albero. “Non finga con me, Severus Snape; lo trovo irritante, e lei non è nella posizione di irritarmi. Una singola occhiata rivelerebbe a qualsiasi mago competente che il Preside ha intessuto quel corridoio con una ridicola quantità di protezioni e reti, inneschi e trappole. Ed altro ancora: lì disposti ci sono Incantesimi di antico potere, costrutti magici sui quali non ho udito neppure delle voci, tecniche che devono essere scaturite dalle tradizioni accumulate da Flamel in persona. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato riuscirebbe a fatica a superarli inosservato”. Pensieroso, il professor Quirrell si batté un dito sulla guancia. “E per quanto riguarda la chiusura vera e propria, un Colloportus disposto su di una normale maniglia, lanciato così debolmente che non avrebbe potuto tenere lontana la signorina Granger il giorno in cui è arrivata a Hogwarts. Mai prima nella mia intera esistenza ho incontrato una trappola così macroscopica”. Ora il Professore di Difesa socchiuse gli occhi. “Non so di nessuno che sia rimasto al mondo e contro cui tali fantastiche prodezze di rilevazione avrebbero un qualsiasi scopo utile. Se c’è qualche mago provvisto di antiche tradizioni, del quale non so nulla, contro il quale questa trappola è predisposta – lei potrebbe scambiare questa informazione per tutto il silenzio che vuole, mio caro Professore, e poi le rimarrebbe un’ulteriore generosa porzione del mio favore”.
Si sarebbe potuto giurare che il professor Quirrell stava osservando Severus Snape con bramoso interesse. Neppure la più leggera traccia di un sorriso attraversò le labbra dell’uomo.
Ci fu un altro lungo silenzio nella radura.
“Non so chi Silente tema”, disse Snape. “Ma so quale esca egli abbia disposto, e qualcosa di come sia veramente vigilata –”
“Per quanto riguarda questo”, disse il professor Quirrell, sembrando nuovamente annoiato, “l’ho rubata mesi fa, lasciando un falso al suo posto. Ma grazie mille per averlo chiesto”.
“Sta mentendo”, disse Severus Snape dopo un po’.
“Sì, è vero”. Il professor Quirrell si appoggiò nuovamente contro l’albero grigio, i suoi occhi che vagarono in alto verso la densa rete dei rami, la notte che stava scendendo scarsamente visibile tra gli intrecci complicati. “Desideravo semplicemente scoprire se me ne avrebbe chiesto conto, dato che sta fingendo di sapere così poco”. Il Professore di Difesa sorrise a sé stesso.
Il Maestro di Pozioni sembrò sul punto di strozzarsi a causa della propria furia. “Cosa vuole?
“Nulla, davvero”, disse il Professore di Difesa, continuando a guardare la volta della foresta. “Ero solamente curioso. Suppongo che dovrò restarmene a guardare dove andrà a finire il suo piano, e nel frattempo non dirò nulla al Preside – fintanto che lei sarà disposto a farmi un favore di tanto in tanto, naturalmente”. Un sorriso arido gli attraversò il volto. “Per ora lei è congedato, Severus Snape. Sebbene non mi dispiacerebbe fare un’altra chiacchierata, presto, se è disposto a dirmi onestamente a chi sia rivolta la sua lealtà. E intendo dire onestamente, non le false espressioni che ha mostrato oggi. Potrebbe scoprire di avere più alleati di quanti pensa. Si prenda del tempo per pensarci su, amico mio”.

Conseguenze: Draco Malfoy e –

Una semisfera arcobaleno, una cupola di solida forza con poca cromaticità propria che riverberava la luce incidente in riflessi frazionati, iridescenti di mille colori, mentre frantumava la brillantezza dei magnifici candelieri della sala comune Serpeverde.
Riparato sotto la semisfera arcobaleno, il volto terrorizzato di una giovane strega che non aveva mai combattuto i bulli, che non si era unita a nessuno degli eserciti del professor Quirrell, che riceveva nel migliore dei casi dei Sufficiente nelle sue lezioni di Difesa, che non avrebbe potuto lanciare una Barriera Prismatica neppure per salvarsi la vita.
“Oh, smettetela”, disse Draco Malfoy, facendo risuonare annoiata la propria voce sebbene il sudore fosse spuntato sotto le sue vesti, mentre reggeva la bacchetta puntata verso la barriera che stava proteggendo Millicent Bulstrode.
Non poteva ricordare di aver preso la decisione, c’erano stati solo due ragazzi più grandi sul procinto di lanciare una fattura contro Millicent, la sala comune che guardava in silenzio, e poi la mano di Draco aveva semplicemente estratto la sua bacchetta ed eretto la barriera, lasciando che il suo cuore si riempisse di adrenalina per lo spavento, mentre il suo povero e triste cervello si tormentava freneticamente alla ricerca di spiegazioni –
I due ragazzi più grandi si raddrizzarono dalla posizione con la quale si erano profilati minacciosi su Millicent, girandosi verso Draco, guardandolo con un misto di stupore e rabbia. Gregory e Vincent al suo fianco avevano già estratto le loro bacchette, ma non le stavano puntando. Tutti e tre insieme non avrebbero potuto vincere, ad ogni modo.
Ma i ragazzi più grandi non gli avrebbero lanciato contro una fattura. Nessuno poteva essere tanto stupido da lanciare una fattura contro il prossimo Lord Malfoy.
Non era la paura di essere colpito che stava facendo sudare Draco sotto le sue vesti, mentre sperava disperatamente che le perle di sudore non fossero visibili sulla sua fronte.
Draco stava sudando a causa della nascente e nauseante certezza che anche se questa volta ne fosse uscito sano e salvo, se avesse continuato a seguire questo percorso, sarebbe giunto un momento in cui tutto sarebbe crollato; e allora sarebbe potuto non essere più il prossimo Lord Malfoy.
“Signor Malfoy”, disse il ragazzo dall’aspetto più grande. “Perché la state proteggendo?”
“Così avete scoperto colei che tirava i fili della congiura”, disse Draco col Sogghigno Numero Due, “ed è, lasciatemelo dire chiaro e tondo, una ragazza del primo anno di nome Millicent Bulstrode. È solo il tramite, zucconi!
“E allora?” chiese il ragazzo più grande. “Comunque li ha aiutati!”
Draco sollevò la propria bacchetta e la Sfera Prismatica svanì all’istante. Parlando sempre con una voce annoiata, Draco disse, “Sapeva cosa stava facendo, signorina Bulstrode?”
“N-no”, balbettò Millicent ancora seduta alla propria scrivania.
“Sapeva dove erano diretti i messaggi Serpeverde che stava trasmettendo?”
“No!” disse Millicent.
“Grazie”, disse Draco. “Voi tutti, lasciatela cortesemente in pace, è solo una pedina. Signorina Bulstrode, può considerare ripagato il favore che mi ha fatto a febbraio”. E Draco ritornò ai propri compiti di Pozioni, sperando per Merlino che Millicent non dicesse qualcosa di incredibilmente stupido come `Quale favore?’ –
“Allora perché” disse chiaramente una voce dall’altra parte della stanza, “quelle streghe sono andate dove diceva loro di andare una nota di Millicent?”
Sudando ancor più copiosamente, Draco sollevò nuovamente la testa per guardare nella direzione da cui Randolph Lee aveva parlato. “Cosa diceva esattamente quella falsa nota? Era forse `Vi comando di avanzare nel nome della Signora Oscura Bulstrode’ oppure `Per favore vediamoci qui, in amicizia Millicent’?”
Randolph Lee aprì la bocca, esitò per una frazione di secondo –
“Come pensavo”, disse Draco. “Non era un indizio molto forte, signor Lee, può – può –” Un momento frenetico e snervante mentre cercava di capire come dirlo senza usare parole alla Harry come falso positivo. “Può essere sufficiente a convincere le streghe ad andare là, se qualcuna di loro è anche solo amica di Millicent”.
Come se la faccenda fosse completamente risolta, Draco abbassò nuovamente lo sguardo sui propri compiti di Pozioni, ignorando (ad eccezione di un timore nauseante allo stomaco) i sussurri dell’intera stanza.
Fu solo con la coda dell’occhio che colse Gregory che lo fissava.

Gli occhi di Draco erano fermi sui suoi compiti di Astronomia, ma non riusciva a farvi concentrare la sua mente. Se stavi cercando di non pensare alle cose che Harry Potter aveva detto, la cosa peggiore che potessi fare in pratica era guardare le immagini del cielo notturno sul tuo libro di testo, e cercare di ricordare che non avresti dovuto sapere come si muovevano i pianeti. L’astronomia, un’arte nobile e prestigiosa, un segno di cultura e conoscenza; solo che i Babbani possedevano artefatti moderni segreti che potevano praticarla un milione di miliardi di volte meglio, usando metodi che Harry aveva cercato di spiegare e che Draco ancora non poteva iniziare a capire, eccetto per il fatto che apparentemente non c’era neppure bisogno della magia per far sì che degli oggetti operassero l’Aritmanzia.
Draco guardò le immagini delle costellazioni, e si chiese se fosse così anche nelle altre Case, se le persone si minacciassero continuamente l’un l’altra in Corvonero.
Una volta Harry Potter gli aveva detto che sul campo di battaglia i soldati non combattevano realmente per il loro Paese. Il patriottismo avrebbe potuto portarli sul campo di battaglia al principio, ma una volta che erano lì, combattevano per proteggersi l’un l’altro, per proteggere gli amici con cui si erano addestrati e che erano proprio davanti a loro. E Harry aveva osservato, e Draco aveva saputo che era vero, che non potevi usare la lealtà verso un capo per dare forza ad un Incantesimo Patronus, non era esattamente il genere giusto di pensiero affettuoso e felice. Ma pensare di proteggere qualcuno oltre a te stesso –
Quello, aveva detto pensieroso Harry Potter, era stato probabilmente il motivo per cui i Mangiamorte si erano sgretolati il momento in cui il Signore Oscuro aveva lasciato questo mondo. Non erano stati abbastanza affezionati l’uno all’altro.
Si poteva reclutare un gruppo che includesse Bellatrix Black e Amycus Carrow insieme a Lord Malfoy e al signor MacNair, e tenerlo sotto controllo con la Maledizione Cruciatus. Ma l’istante in cui il padrone del Marchio Oscuro fosse scomparso, non si sarebbe più avuto un esercito, si sarebbe avuto un circolo di conoscenti. Era quello il motivo per cui suo Padre aveva fallito. Non era neppure stata davvero colpa sua. Non c’era nulla che suo Padre avrebbe potuto fare, dopo aver ereditato dei Mangiamorte che non erano realmente amici l’uno dell’altro.
E anche se era la Casa Serpeverde che avrebbe dovuto difendere – la Casa Serpeverde che egli e Harry avevano concordato di salvare – talvolta Draco non poteva non pensare che era meno pesante quando dirigeva gli addestramenti dell’esercito. Quando lavorava con studenti provenienti dalle altre tre Case che non erano Serpeverde. Una volta che vedevi i problemi e davi loro un nome, non potevi smettere di vederli, diventava ogni giorno più seccante.
“Signor Malfoy?” disse la voce di Gregory Goyle, che giaceva sul pavimento a fianco alla scrivania di Draco, nella piccola ma riservata stanza da letto; Gregory stava facendo i suoi compiti di Trasfigurazione, per i quali aveva spesso bisogno di aiuto.
Qualsiasi distrazione era la benvenuta a quel punto. “Sì?” chiese Draco.
“Non stava affatto complottando contro Granger”, disse Gregory. “Giusto?”
La sensazione che si stava diffondendo nello stomaco di Draco sembrava proprio come la voce di Gregory, disgustata e spaventata.
“In realtà stava aiutando Granger, quel giorno che l’ha sollevata dal pavimento”, disse Gregory. “E prima, quella volta che ha impedito che cadesse dal tetto. Lei ha aiutato una sanguemarcio –”
“Sì, certo”, disse Draco sarcasticamente, senza la minima esitazione o ritardo, tornando a guardare i propri compiti di Astronomia come se non fosse minimamente nervoso. Stava andando proprio come Draco aveva temuto che andasse, ma almeno significava che aveva ripassato mentalmente questa conversazione più e più volte, facendosi venire in mente l’apertura giusta. “Dai, Gregory, hai duellato contro il generale Granger, sai quanto sono forti i suoi incantesimi. Come se una vera nata da Babbani potesse essere più potente di te, più potente di Theodore, più potente di ogni singolo purosangue nel nostro intero anno scolastico eccetto me? Non credi a niente di quello che dice mio Padre, allora? È stata adottata. I suoi genitori morirono nella guerra e qualcuno l’ha affidata ad una coppia di Babbani per nasconderla. È impossibile che il generale Granger sia una vera sanguemarcio”.
Un lento impulso di silenzio attraversò la stanza da letto. Draco voleva sapere, aveva bisogno di sapere quale espressione vi fosse sul volto di Gregory. Ma non poteva alzare lo sguardo dalla sua scrivania, non ancora, non finché Gregory non avesse parlato per primo.
E poi –
“È questo quello che le ha detto Harry Potter?” chiese Gregory.
La voce tremò, poi si spezzò. Quando Draco alzò lo sguardo dai compiti, vide che delle lacrime stavano scorrendo dagli occhi di Gregory.
Apparentemente non aveva funzionato.
“Non so cosa fare”, disse Gregory in un sussurro. “Non so cosa fare ora, signor Malfoy. Suo padre non – quando lo scoprirà – non gli piacerà, signor Malfoy!”
Non spetta a te decidere cosa piacerà a mio Padre, Goyle
Draco poté sentire le parole nella propria testa; risuonarono nella voce di suo Padre, con la stessa severità. Era il genere di cose che suo Padre gli aveva detto di dire, se Vincent o Gregory l’avessero mai contestato; e se quello non avesse funzionato avrebbe dovuto lanciare contro di loro una fattura. Non erano amici alla pari, aveva detto suo Padre, non doveva mai dimenticarlo. Draco comandava, loro erano i suoi servitori, e se Draco non riusciva a mantenere quella situazione allora non era adatto ad ereditare Casa Malfoy…
“Va tutto bene, Gregory”, disse Draco il più gentilmente che poté. “Tutto quello che devi fare è preoccuparti di proteggermi. Nessuno ti accuserà per aver seguito i miei ordini, non mio padre, non il tuo”. Mettendo tutto il calore che poté nella propria voce, come se cercasse di lanciare un Incantesimo Patronus. “E ad ogni modo, la prossima guerra non sarà simile all’ultima. Casa Malfoy c’era molto tempo prima del Signore Oscuro, e non tutti i Lord Malfoy fanno la stessa cosa. Mio Padre lo sa”.
“Lo sa?” disse Gregory con voce incerta. “Lo sa davvero?
Draco annuì. “Anche il professor Quirrell lo sa. È a questo che servono gli eserciti. Il Professore di Difesa ha ragione, quando la prossima guerra arriverà, mio Padre non sarà in grado di unire l’intero Paese, si ricorderanno dell’ultima guerra. Ma chiunque abbia combattuto negli eserciti del professor Quirrell ricorderà chi fossero i generali più forti, saprà chi è degno di guidarli. Proclameranno Harry Potter loro Signore, e io sarò il suo braccio destro, e Casa Malfoy ne verrà fuori sopra a tutti, come sempre. La gente potrebbe persino rivolgersi a me, se Potter non sarà lì, fintanto che crederà che sono degno di fiducia. Questo è quello che sto preparando ora. Mio Padre lo capirà”.
Gregory alzò la mano e si pulì gli occhi, guardando nuovamente in basso verso i propri compiti di Trasfigurazione. “Va bene”, disse Gregory con voce tremante. “Se lo dice lei, signor Malfoy”.
Draco annuì nuovamente, ignorando la sensazione di vuoto dentro di sé per le bugie che aveva appena raccontato al proprio amico, e ritornò alle stelle.

Conseguenze: Hermione Granger e –

Essere invisibili sarebbe dovuto essere molto più interessante di così, i corridoi di Hogwarts sarebbero dovuti essere delineati con colori strani o cose simili. Ma in realtà, pensò Hermione, essere sotto il mantello dell’invisibilità di Harry era esattamente come non essere sotto un mantello dell’invisibilità, eccetto per la parte del mantello. Quando dal cappuccio facevi scendere il velo di morbido tessuto nero giù sul tuo volto, non potevi neppure vederlo disteso davanti a te, e dopo non sembrava intralciare il tuo respiro. E il mondo sembrava perfettamente uguale, tranne quando oltrepassavi oggetti di metallo, non vedevi alcun minuscolo riflesso di te stesso. I ritratti non ti guardavano mai, facevano solo qualunque strana cosa facessero quando erano soli. Hermione non aveva ancora provato a passare davanti ad uno specchio, non era sicura di volerlo fare. Soprattutto, non c’eri più tu mentre camminavi, niente mani, niente piedi, solo un punto di vista mutevole. Era una sensazione snervante, non tanto di essere invisibile quanto di non esistere.
Harry non le aveva fatto alcuna domanda, ella aveva appena pronunciato la parola `invisibilità’ che Harry stava estraendo il suo mantello dell’invisibilità dalla borsa. Non le era stata data neppure una possibilità di spiegarsi a proposito del suo incontro estremamente segreto con Daphne e Millicent Bulstrode, o che pensava che sarebbe servito a proteggere le altre ragazze, Harry le aveva tranquillamente ceduto quello che probabilmente era un Dono della Morte. Ad essere giusti, e cercava di essere giusta, bisognava ammettere che talvolta Harry poteva essere un amico molto, molto sincero.
L’incontro segreto si era dimostrato un gran fallimento.
Millicent aveva affermato di essere una veggente.
Hermione aveva attentamente spiegato a Millicent e Daphne con dovizia di dettagli che questo non poteva essere vero.
Insieme a Harry avevano dato un’occhiata alla Divinazione durante le fasi iniziali della loro ricerca; Harry aveva insistito affinché leggessero tutto ciò che potevano trovare sulle profezie che non fosse nella Sezione Riservata. Come aveva osservato Harry, si sarebbero risparmiati molto tempo se avessero convinto un veggente a profetizzare tutto ciò che avrebbero capito trentacinque anni dopo. (O, per usare le parole di Harry, ogni mezzo per ottenere informazioni trasmesse dal futuro remoto era potenzialmente una condizione di vittoria globale istantanea.)
Ma, come Hermione aveva spiegato a Millicent, la capacità di vaticinare non era controllabile, non c’era modo di chiedere una profezia su di un certo argomento in particolare. Invece (avevano detto i libri) c’era una specie di pressione che cresceva nel Tempo, quando qualche enorme evento stava cercando di avvenire, o di impedirsi di avvenire. E i veggenti erano come punti deboli che lasciavano sfogare la pressione, quando l’ascoltatore giusto era nei pressi. Così le profezie riguardavano solo cose grosse e importanti, perché solo loro generavano una pressione sufficiente; e quasi mai accadeva che più di un veggente profetasse la stessa cosa, perché dopo la pressione era svanita. E, come Hermione aveva anche spiegato a Millicent, i veggenti stessi non ricordavano le loro profezie, perché il messaggio non era per loro. E il messaggio sarebbe giunto sotto forma di indovinelli, e solo qualcuno che avesse udito la profezia nella voce originale del veggente avrebbe ascoltato l’intero significato presente nell’indovinello. Era assolutamente impossibile che a Millicent potesse venire una profezia ogni volta che volesse, a proposito di bulli a scuola, e poi se la ricordasse, e se l’avesse fatto sarebbe uscita come `lo scheletro è la chiave’ e non `Susan Bones deve essere presente’.
Millicent era sembrata piuttosto spaventata a quel punto, così Hermione aveva rilassato i pugni che aveva premuto con forza sui propri fianchi, si era calmata, e aveva affermato con attenzione che era contenta che Millicent le avesse aiutate, ma talvolta erano finite in una trappola seguendo le indicazioni di Millicent, e così Hermione aveva davvero voglia di sapere da dove realmente quei messaggi provenissero.
E Millicent aveva detto con una vocina:
Ma, ma a me aveva detto di essere una veggente…
Hermione aveva detto a Daphne di non insistere, dopo che Millicent si era rifiutata di svelare la propria fonte. Non fu solo perché Hermione aveva provato una sensazione terribile circa l’espressione spaventata di Millicent. Fu perché Hermione aveva una forte sensazione che se avessero trovato la persona che aveva raccontato a Millicent quelle cose, beh, si sarebbe scoperto che lei aveva semplicemente trovato delle buste di mattina, sotto il proprio cuscino.
Stava provando la stessa sensazione di disperazione che aveva avuto durante la battaglia prima di Natale, guardando i grafici di Zabini con tutte le linee colorate e i rettangoli e… e aveva capito solo ora cosa significava il fatto che Zabini fosse stato colui che le aveva mostrato quel grafico.
Anche per un Corvonero, sentì, esisteva una cosa come l’avere una vita che diventava eccessivamente complicata.
Hermione iniziò a salire una corta spirale di gradini di marmo giallo che sporgevano da una spina centrale, una rampa di scale “segreta” malamente mantenuta che era in effetti una delle vie più rapide dai sotterranei Serpeverde su alla torre Corvonero, ma che solo le streghe potevano attraversare. (Perché le ragazze in particolare avessero bisogno di una via veloce per muoversi da Corvonero a Serpeverde e ritorno era qualcosa che Hermione trovava un po’ enigmatico.) Alla sommità della scala, ora che si era allontanata dalla zona Serpeverde ed era tornata nella parte principale di Hogwarts, Hermione si fermò e rimosse il mantello dell’invisibilità di Harry.
Dopo che la sua borsa aveva ingoiato il mantello, Hermione aveva svoltato a destra e aveva iniziato a scendere per un breve corridoio, ora tenendo automaticamente un occhio in tutte le direzioni senza davvero pensarci, e il suo sguardo costantemente all’erta diede un’occhiata in una nicchia in ombra –
(un disorientamento passeggero)
– e poi una scarica di turbamento e paura la colpì come una Fattura Stordente su tutto il corpo, scoprì che senza alcun pensiero o decisione conscia la sua bacchetta le era saltata in mano e stava già puntando contro…
… un mantello nero così ampio e gonfio che era impossibile capire se la figura sotto di esso fosse maschile o femminile, e alla sommità del mantello un cappello nero dall’ampia falda; e una nebbia nera che sembrava raccogliersi sotto di esso e oscurare il volto di chiunque o di qualunque cosa vi si trovasse sotto.
“Salve ancora, Hermione”, sussurrò una voce sibilante da sotto il cappello nero, da dietro la nebbia nera.
Il cuore di Hermione stava già martellando possentemente nel suo petto, le sue vesti da strega sembravano già zuppe di sudore contro la sua pelle, c’era già un sapore di paura nella sua bocca; non sapeva perché fosse così improvvisamente piena di adrenalina ma la sua mano strinse più fermamente la bacchetta. “Chi sei?” chiese Hermione.
Il cappello si inclinò leggermente; la voce sussurrante, quando fuoriuscì dalla nebbia nera, suonò arida come polvere. “L’ultimo alleato”, disse il sussurro sibilante. “L’unico che alla fine risponde, quando nessuno ti risponde. Forse sono l’unico vero amico che hai in tutta Hogwarts, Hermione. Poiché ora hai veduto come tutti gli altri sono restati in silenzio quando ne avevi bisogno –”
“Come ti chiami?
Il mantello nero ruotò appena, avanti e indietro, e non sembrò che stesse scrollando le spalle, ma comunicò una scrollata di spalle. “Quello è l’enigma, giovane Corvonero. Finché non lo risolverai, potrai chiamarmi come desideri”.
Poté sentire il proprio palmo già sudato e fu grata per le scanalature a spirale della bacchetta che aiutavano la sua mano ad avere una presa salda sul legno. “Bene, Signora Persona Incredibilmente Sospetta, cosa vuole da me?”
“Questa è la domanda sbagliata”, giunse il sussurro dalla nebbia nera. “Dovresti chiedere, piuttosto, cosa io posso offrire a te”.
“No”, disse saldamente la giovane ragazza, “non penso che dovrei chiedere questo, in verità”.
Una risatina dal tono acuto da dietro la nebbia nera. “Non il potere”, sussurrò la voce, “non la ricchezza, ti importa poco di queste cose, giusto, giovane Corvonero? Conoscenza. Questo è quello che posseggo. So quello che si sta svolgendo all’interno di questa scuola, tutti i piani nascosti e i partecipanti, le risposte all’enigma. Conosco la vera ragione della freddezza che vedi negli occhi di Harry Potter. Conosco la vera natura della misteriosa malattia del professor Quirrell. So chi Silente teme realmente”.
“Buon per te. Ma sai quante volte bisogna leccare per consumare un lecca-lecca?”
La nebbia nera sembrò oscurarsi leggermente, la voce sembrò più bassa quando parlò, delusa. “Così non sei neppure curiosa, giovane Corvonero, delle verità che giacciono dietro le bugie?”
“Centoottantasette”, continuò ella. “Una volta ci ho provato e questo è il numero che è venuto fuori”. La sua mano stava quasi scivolando sulla bacchetta, c’era una sensazione di affaticamento nelle sue dita come se la stesse reggendo da ore invece che da minuti –
La voce sibilò, “Il professor Snape è segretamente un Mangiamorte”.
Hermione si fece quasi sfuggire la bacchetta di mano.
“Ah”, sussurrò la voce soddisfatta. “Pensavo che questo ti sarebbe potuto interessare. Allora, Hermione. C’è qualcos’altro che vorresti sapere dei tuoi nemici, o di quelli che chiami amici?”
Guardò in su verso la nebbia nera che coronava quel torreggiante mantello nero, cercando freneticamente di mettere in ordine i propri pensieri. Il professor Snape era un Mangiamorte? Chi avrebbe detto qualcosa del genere a lei, perché, cosa stava accadendo? “Questa –” disse Hermione. La sua voce stava vacillando. “Questa è una faccenda molto seria, se è vera. Perché stai dicendo una cosa del genere a me, e non al preside Silente?”
“Silente non ha fatto nulla per fermare Snape”, sussurrò la nebbia nera. “L’hai visto, Hermione. A Hogwarts il marcio inizia dalla testa. Tutto quello che c’è di sbagliato in questa scuola, ogni cosa inizia con il Preside matto. Solo tu hai osato chiedergliene conto – e perciò parlo con te”.
“E hai parlato anche con Harry Potter, allora?” disse Hermione, tenendo la propria voce la più neutra possibile. Se questo era fantasma servizievole del ragazzo –
La nebbia nera si oscurò e si illuminò, come se scuotesse la testa. “Ho paura di Harry Potter”, sussurrò. “Del gelo nei suoi occhi, dell’oscurità che cresce dietro di loro. Harry Potter è un assassino, e chiunque sia un ostacolo per lui morirà. Anche tu, Hermione Granger, se oserai davvero opporti a lui, l’oscurità dietro i suoi occhi ti raggiungerà e ti distruggerà. Questo so”.
“Allora non conosci la metà di ciò che fingi di sapere”, disse Hermione, la sua voce un po’ più salda. “Anche io ho paura di Harry. Ma non per quello che potrebbe fare a me. Ho paura di quello che potrebbe fare per proteggermi –”
“Sbagliato”. Il sussurro fu senza tono, e duro, come se non tollerasse alcuna possibilità di smentita. “Harry Potter ti si rivolterà contro col tempo, Hermione, quando l’oscurità si impossesserà completamente di lui. Non verserà una lacrima, non lo noterà nemmeno, il giorno in cui i suoi passi ti schiacceranno”.
Doppiamente sbagliato!” rispose ella con una voce più alta, sebbene vi fossero brividi che le scendevano lungo la schiena. Le venne in mente una delle frasi di Harry. “Cosa pensi di sapere, e come pensi di saperlo, ad ogni modo?”
“Ci sarà –” La voce sembrò dominarsi. “Ci sarà abbastanza tempo per questo in seguito. Per ora, per oggi, davvero Harry Potter non è tuo nemico. Eppure sei in estremo pericolo”.
“A questo posso crederci”, disse Hermione Granger. Voleva disperatamente spostare la bacchetta nell’altra mano, si sentì come se avesse bisogno di stringersi il braccio destro anche solo per tenerlo sollevato, la sua testa le faceva male come se avesse fissato la nebbia nera per giorni; non sapeva perché si stava stancando così rapidamente.
“Lucius Malfoy ti ha notato, Hermione”. Il sussurro era salito di volume, abbandonando la propria mancanza di tono, e aveva preso una nota di udibile preoccupazione. “Hai umiliato Casa Serpeverde, hai sconfitto suo figlio in battaglia. Anche prima d’allora eri un imbarazzo per tutti coloro che sono dalla parte dei Mangiamorte; poiché sei una Nata babbana eppure possiedi un potere magico superiore a qualsiasi purosangue. E ora stai diventando famosa, gli occhi del mondo sono su di te. Lucius Malfoy cerca di schiacciarti, Hermione, di ferirti e forse anche di ucciderti, ed egli ha i mezzi per farlo!” Il sussurro era divenuto urgente.
Ci fu una pausa.
“Tutto qui?” disse Hermione. Se fosse stata l’ex-colonnello Zabini o Harry Potter, probabilmente avrebbe fatto domande intelligenti per ottenere più informazioni; ma la sua mente sembrava lenta e stanca. Aveva davvero bisogno di andarsene da lì e stendersi per un po’.
“Non mi credi”, disse il sussurro, ora più sommesso e più triste. “Perché no, Hermione? Io sto cercando di aiutarti”.
Hermione fece un passo indietro, allontanandosi dalla nicchia in ombra.
Perché no, Hermione?” chiese la voce, divenuta un sibilo. “Me lo devi! Dimmelo, e poi –” La voce si controllò, e tornò più calma. “E allora potrai andartene, credo. Solo dimmi – perché
Forse non avrebbe dovuto rispondere; forse avrebbe dovuto girarsi e andarsene, o meglio ancora, prima lanciare un Muro Prismatico e poi gridare a pieni polmoni mentre correva; ma in quella voce c’era una nota di vero dolore che la colpì, e così rispose.
“Perché sembri incredibilmente oscuro e spaventoso e sospetto”, disse Hermione, mantenendo la voce sotto controllo, mentre la sua bacchetta restava puntata contro il torreggiante mantello nero e la nebbia nera senza volto.
“Tutto qui?” sussurrò incredula la voce. Sembrava imbevuta di tristezza. “Mi aspettavo di meglio da te, Hermione. Certamente una Corvonero come te, la più intelligente Corvonero ad onorare Hogwarts da una generazione a questa parte, sa che le apparenze possono essere ingannevoli”.
“Oh, lo so”, disse Hermione. Fece un altro passo indietro, le sue dita stanche che si strinsero sulla bacchetta. “Ma la cosa che le persone talvolta dimenticano è che sebbene le apparenze possano essere ingannevoli, di solito non lo sono”.
Ci fu una pausa.
“Tu sei intelligente”, disse la voce, e la nebbia nera evaporò, non più offuscando; ella vide il volto al di sotto, e il riconoscerlo causò una scarica di adrenalina terrorizzata dentro di lei –
(un disorientamento passeggero)
– e poi una scarica di turbamento e paura la colpì come una Fattura Stordente su tutto il corpo, scoprì che senza alcun pensiero o decisione conscia la sua bacchetta le era saltata in mano e stava già puntando contro…
… una splendente signora, il suo lungo vestito bianco come gonfiato da venti invisibili attorno a lei; né le mani né i piedi visibili, il volto nascosto sotto un velo bianco; e interamente brillante, non come un fantasma, non trasparente, solo circondata da una morbida luce bianca.
Hermione fissò a bocca aperta la gentile visione, chiedendosi perché il suo cuore stava già martellando, e perché si sentiva così spaventata.
“Salve ancora, Hermione”, il gentile sussurro fu emesso dal bagliore bianco dietro il velo. “Sono stata mandata ad aiutarti, ti prego di non essere spaventata. Sono la tua servitrice in ogni cosa; poiché tu, mia Signora, sei la latrice di un meraviglioso destino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Chaos Legion wants you!