Capitolo 120 Qualcosa da proteggere: Draco Malfoy

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky

Il ragazzo era seduto all’interno di un ufficio vicino a quello in cui la ex-Vicepreside aveva ricevuto. Le sue lacrime erano terminate ore prima. Ormai c’era solo l’attesa per vedere cosa sarebbe stato di lui, un orfano affidato a Hogwarts, la cui vita e felicità giacevano nelle mani dei nemici della sua famiglia. Il ragazzo era stato chiamato in quella stanza, ed egli era venuto, perché non c’era nient’altro da fare e nessun altro posto in cui andare. Vincent e Gregory lo avevano abbandonato, richiamati dalle loro madri per i funerali affrettati dei loro padri. Forse il ragazzo sarebbe dovuto andare con loro, ma non era riuscito a spingersi a farlo. Non sarebbe stato in grado di interpretare la parte di un Malfoy. La sensazione di vuoto che l’aveva riempito era così profonda che non lasciava spazio neppure alla cortesia simulata.
Erano morti tutti.
Suo padre era morto, e il suo padrino il signor McNair, e il suo padrino di riserva il signor Avery. Anche Sirius Black, il cugino di sua madre, era in qualche modo riuscito a morire, e l’ultimo membro di Casa Black non era amico di nessun Malfoy.
Erano tutti morti.
Ci fu un colpo alla porta dell’ufficio; e poi, quando il ragazzo non ebbe risposto, la porta di aprì, rivelando –
«Va’ via», disse Draco Malfoy al Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto. Non riuscì a mettere alcuna forza nelle parole.
«Lo farò presto», disse Harry Potter, mentre entrava nella stanza. «Ma c’è una decisione da prendere, e solo tu puoi prenderla.»
Draco girò la testa verso il muro, perché anche solo guardare Harry Potter richiedeva più energia di quanta ne avesse dentro di sé.
“Devi decidere”, disse Harry, “cosa accade a Draco Malfoy dopo di questo. Non lo dico in senso minaccioso. Indipendentemente da tutto, continuerai a essere il ricco erede di una Nobile e Antichissima Casa. La cosa è”, la voce di Harry stava vacillando, “la cosa è, c’è una verità orribile che non conosci, e continuo a pensare che se la conoscessi, mi diresti di non essere più tuo amico. E io non voglio smettere di essere tuo amico. Ma – non dirti mai niente – e ripetere per sempre quella bugia per continuare a essere tuo amico – non posso farlo. Ed è anche sbagliato. Non… non voglio più farlo, non voglio manipolarti. Ti ho già fatto abbastanza male.”
Allora smetti di cercare di essere mio amico, non ne sei neppure capace, comunque. Le parole salirono alla consapevolezza di Draco, e furono rifiutate dalle sue labbra. Si sentiva come se avesse già perso Harry, a causa dei giochi che Harry aveva giocato con la loro amicizia, le bugie e le manipolazioni; eppure il pensiero di tornare da solo a Serpeverde, forse senza Vincent e Gregory se le loro madri avessero posto fine all’accordo… Draco non voleva farlo, non voleva tornare a Serpeverde e vivere la sua vita solo tra le persone che avevano accettato di essere Smistate dentro Casa Serpeverde. Draco era a malapena consapevole di quanti dei suoi veri amici erano anche amici di Harry, che Padma era una Corvonero e persino Theodore era un Luogotenente Caotico. Tutto ciò che restava di Casa Malfoy era una tradizione, ora; e quella tradizione diceva che non era intelligente dire al vincitore della guerra di andarsene e di smettere di cercare di essere tuo amico.
“Va bene”, disse Draco, svuotato. “Dimmi.”
“È quello che sto per fare”, disse Harry. “E poi dopo che me ne sarò andato, la Preside entrerà e sigillerà la tua ultima mezz’ora di ricordi. Ma prima di allora, conoscendo tutta la verità, avrai la possibilità di decidere se vuoi ancora avere a che fare con me.” La voce di Harry stava tremando. “Uhm. Secondo i registri che stavo esaminando prima di venire qui, la storia inizia realmente nel 1926 con la nascita di un mago mezzosangue di nome Tom Morfin Riddle. Sua madre morì di parto, ed egli crebbe in un orfanotrofio Babbano, finché la sua lettera da Hogwarts gli fu recapitata dal professor Silente…”
Il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto continuò a parlare, parole che si schiantarono su ciò che era rimasto della mente di Draco come case che crollano.
Il Signore Oscuro era stato un mezzosangue. Non aveva creduto alla purezza del sangue neppure per una frazione di secondo.
Tom Riddle aveva concepito l’idea di Lord Voldemort come un pessimo scherzo.
I Mangiamorte avrebbero dovuto perdere contro David Monroe, in modo che Monroe potesse prendere il potere.
Dopo avere rinunciato a questo, Tom Riddle aveva continuato a interpretare Voldemort invece di cercare realmente di vincere, perché gli era piaciuto comandare a bacchetta i Mangiamorte.
Voldemort mi ha usato per cercare di incastrare mio Padre per tentato omicidio, poi mi ha usato di nuovo per ottenere la Pietra filosofale. Draco non poteva ricordare quella parte, ma gli era stato già detto che era stato usato come una pedina insieme alla professoressa Strout, e che non gli sarebbe stata avanzata alcuna accusa.
E poi l’ultimo orrore.
“Tu –” sussurrò Draco Malfoy. “Tu –”
“Sono io quello che ha ucciso tuo padre e tutti gli altri Mangiamorte la notte scorsa. Gli era stato detto di aprire il fuoco contro di me l’istante in cui avessi fatto qualcosa, così ho dovuto ucciderli per avere una possibilità di affrontare Voldemort, che era un pericolo per il mondo intero.” La voce di Harry era tesa. “Non ho pensato a te e a Theodore e a Vincent e a Gregory, ma se l’avessi fatto, avrei agito comunque. La mia mente è riuscita a non capire fino a dopo che il signor Bianco era Lucius, ma se l’avessi capito, comunque non avrei rischiato di lasciarlo vivo, nel caso conoscesse la magia senza bacchetta. Mi era già venuto da diverso tempo il pensiero che sarebbe stato piuttosto conveniente, dal punto di vista del panorama politico, che tutti i Mangiamorte morissero improvvisamente. Ho sempre pensato che i Mangiamorte fossero persone orribili, molto più convintamente di quanto non ti abbia lasciato intendere, sin dal primo giorno che ci siamo incontrati. Ma se tuo padre non fosse stato là, e avessi avuto un bottone che potesse ucciderlo a distanza, non avrei premuto quel bottone solo per ragioni politiche. Il modo in cui mi sento riguardo a quello che ho fatto, e se provi o meno rimorso… beh, c’è una parte di me che sta gridando genericamente inorridita per il fatto di aver ucciso qualcuno. E un’altra parte che dice che da un punto di vista morale, i Mangiamorte hanno rinunciato alle loro vite il giorno in cui si sono schierati con Voldemort. Sono loro che hanno puntato per primi le loro bacchette contro di me, bla bla e così via. Ma in questo momento mi sento male per quello che ti ho fatto. Di nuovo. Mi sento come se”, la voce di Harry Potter vacillò un po’, “tutto quello che faccio ti ferisca, malgrado tutte le mie buone intenzioni, che standomi vicino tu ci sia andato solo a perdere, quindi se dopo di questo mi dirai di starmene completamente alla larga da Draco Malfoy, io lo farò. E se vorrai che io provi a essere davvero tuo amico questa volta, senza provare mai più a manipolarti, senza mai più usarti o rischiare di farti del mare, e io lo farò, ti giuro che lo farò.”
Il prossimo Lord Malfoy stava piangendo, apertamente e di fronte al suo nemico, decoro e compostezza abbandonati, perché non aveva nessun altro in nome del quale mantenerli.
Una bugia.
Una bugia.
Tutto era stato una bugia, erano tutte bugie ammucchiate su bugie, bugie bugie bugie –
Tu dovresti morire”, si sforzò di dire Draco. “Tu dovresti morire per aver ucciso mio Padre.” Le parole lo riempirono solo di altro vuoto, ma dovevano essere pronunciate.
Harry Potter si limitò a scuotere la testa. “E se quella non fosse un’opzione?”
“Dovresti soffrire.”
Harry Potter si limitò nuovamente a scuotere la testa.
Il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto insistette con Lord Malfoy perché prendesse una decisione.
Lord Malfoy si rifiutò di prenderla. Non poteva farlo, non riusciva a spingersi farlo, per nessuna delle due risposte. Non voleva che il vincitore della guerra e i loro amici in comune lo abbandonassero, e non intendeva dare a Harry l’assoluzione che voleva, neanche.
Così Draco Malfoy si rifiutò di rispondere, e poi il tempo di quel ricordo del sé finì.

Il ragazzo era seduto all’interno di un ufficio vicino a quello in cui la ex-Vicepreside aveva ricevuto. Le sue lacrime erano terminate ore prima. Ormai c’era solo l’attesa per vedere cosa sarebbe stato di lui, l’orfano affidato a Hogwarts, la cui vita e felicità giacevano nelle mani dei nemici della sua famiglia. Il ragazzo era stato chiamato in quella stanza, ed egli era venuto, perché non c’era nient’altro da fare, e nessun altro posto in cui andare. Vincent e Gregor lo avevano abbandonato, richiamati dalle loro madri per i funerali affrettati dei loro padri. Forse il ragazzo sarebbe dovuto andare con loro, ma non era riuscito a spingersi a farlo. Non sarebbe stato in grado di interpretare la parte di un Malfoy. La sensazione di vuoto che l’aveva riempito era così profonda che non lasciava spazio neppure alle bugie.
Erano tutti morti.
Erano tutti morti, ed era stato tutto inutile fin dall’inizio.
Ci fu un colpo alla porta dell’ufficio, e poi, dopo una pausa cortese, essa si aprì per rivelare la preside McGonagall, vestita nello stesso modo in cui si era vestita quando era una Professoressa. “Signor Malfoy?” disse il vittorioso nemico della sua famiglia. “La prego di seguirmi.”
Apaticamente, Draco si alzò, e la seguì fuori dall’ufficio. Vedere Harry Potter attendere vicino a lei gli lo fece fermare per un attimo, ma poi la sua mente semplicemente lo escluse.
“C’è un’ultima cosa”, disse Harry Potter. “L’ho trovata in una pergamena piegata il cui lato esterno diceva che era l’ultima arma da usare contro Casa Malfoy, dicendomi di non leggere oltre finché l’intera guerra non fosse stata appesa a un filo. Non volevo dirtelo prima perché ho pensato che avrebbe potuto pregiudicare ingiustamente la tua decisione. Se tu fossi stata una persona che non ha mai ucciso né mentito, ma dovessi fare una cosa o l’altra, quale sarebbe stata peggiore?”
Draco lo ignorò e continuò in compagnia della preside McGonagall, lasciandosi dietro Harry con un’espressione triste.
Giunsero al vecchio ufficio della Preside, dove ella accese la sua Metropolvere con un gesto della bacchetta, e disse alla fiamma verde “Ufficio viaggi Gringotts” e fece un passo per entrarvi dopo una risoluta occhiata nella sua direzione.
In mancanza di altre opzioni, Draco Malfoy la seguì.

Ella giaceva nel letto, sentendosi più apatica del solito quella mattina, svegliatasi troppo presto col Sole che aveva appena iniziato a sorgere – sebbene la luce solare diretta era bloccata dai grattacieli che adombravano la sua casa. Un tenue retrogusto dei postumi di una sbornia attanagliava le sue tempie, seccava la sua bocca; ella cercava di essere parca con l’alcol (sebbene non sapesse perché se ne dava noia) ma ieri si era sentita… ancora più depressa del solito, come se avesse perso qualcosa, in qualche modo. Non per la prima volta, non per la centesima volta, stava pensando di trasferirsi – ad Adelaide, a Perth, forse a Perth Amboy se fosse stato necessario. Aveva sempre avuto la sensazione che ci fosse qualche altro luogo in cui sarebbe dovuta essere; ma sebbene poteva vivere una vita confortevole con i pagamenti che la compagnia di assicurazioni le passava, non poteva permettersi dei lussi. Non poteva andarsene a bighellonare per il mondo cercando un posto che soddisfacesse la sua insoddisfatta sensazione di appartenenza. Aveva guardato la tv abbastanza a lungo, aveva affittato abbastanza documentari di viaggio, da sapere che che nessun luogo che il videoregistratore le mostrasse le dava una sensazione di adeguatezza maggiore di Sydney.
Si era sentita congelata, ferma nel tempo, sin da quando l’incidente stradale che si era portato via i suoi ricordi – non solo di una famiglia morta che non significava nulla per lei ora, ma ricordi come il modo in cui far funzionare un fornello. Ella sospettava, no, ella sapeva, che qualunque cosa il suo cuore stesse aspettando, qualunque chiave fosse necessario girare dentro di lei per far riprendere la sua vita a muoversi, era un’altra cosa in più che aveva perso a causa di quel pulmino fuori controllo. Ci pensava quasi ogni mattina, cercando di indovinare cosa le mancasse, cosa mancasse, mancasse dalla sua vita e dalla sua mente.
Qualcuno fece suonare il suo campanello.
Ella gemette, girando abbastanza la testa da guardare la sveglia a led a fianco del suo letto. 6:31, diceva, con il puntino dell’am acceso. Sul serio? Beh, quell’idiota poteva aspettare frattanto che ella barcollasse fuori dal letto a proprio comodo, allora.
E fuori dal letto ella barcollò, ignorando il campanello che continuava a suonare, mentre andava al bagno e si vestiva.
Discese le scale, mettendo da parte la sempre assillante sensazione che qualcun altro dovesse rispondere alla porta per lei. “Chi è?” disse rivolta alla porta chiusa; e la porta aveva uno spioncino, ma era appannato.
“Lei è Nancy Manson?” giunse la voce di una donna, che parlava con un preciso accento scozzese.
“Sì”, disse ella con cautela.
Eunoe”, disse la voce scozzese, e Nancy saltò all’indietro per lo spavento quando un raggio di luce attraversò la porta e la colpì e…
Nancy barcollò, portandosi una mano alla fronte. Lampi di luce che attraversavano porte e colpivano persone, quello era… quello era… quello non era particolarmente sorprendente…
“Aprirebbe la porta, per cortesia?” disse la voce della donna scozzese. “La guerra è finita e i suoi ricordi dovrebbero tornare a breve. C’è qualcuno qui che deve vederla.”
I miei ricordi –
La testa di Nancy sembrava già intasata, come se stesse lì lì per iniziare a estrarre qualcosa dal suo cervello a colpi di accetta, ma ella riuscì ad allungare la mano e ad aprire la porta con uno strattone.
Davanti a lei c’era una donna vestita come una (perfettamente normale) strega, dalle vesti nere all’alto cappello a punta –
– e in piedi vicino a lei c’era un ragazzo, con capelli corti bianco-biondi, che indossava delle (perfettamente normali) vesti nere bordate di verde, il quale la fissava con la mascella aperta e gli occhi spalancati che stavano iniziando a riempirsi di lacrime.
Vesti bordate di verde e capelli biondo-bianchi…
Qualcosa di caldo si rimescolò nella sua memoria. Sentì il cuore risalirle in gola mentre si accorgeva che la cosa che aveva cercato negli ultimi dieci anni poteva essere proprio davanti a lei in quell’istante. Da qualche parte in profondità dentro di lei, il ghiaccio si stava incrinando attorno al suo cuore, la parte di lei che era stata ferma per così tanto tempo si stava preparando a muoversi ancora una volta.
Il ragazzo la stava fissando, la bocca che si muoveva senza suoni.
Un nome misterioso le venne alla mente, salì alle sue labbra.
“Lucius?” sussurrò.

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