POB 55542
La Porte
TX 77571
12 dicembre 2023
Caro Jack,
ti scrivo per informarti che la nostra organizzazione sta attivamente ricercando a scopo di assunzione diverse figure di tecnici con specializzazione nel settore dell’analisi mineralogica e metallografica.
Dai lavori ai quali abbiamo entrambi precedentemente collaborato, so che tu hai un’ampia esperienza nel campo e in quanto CTO e responsabile ad interim per HR posso credo di poterti fare un’offerta che probabilmente giudicherai interessante.
La nostra è un’azienda nuova, ma abbiamo già ottenuto alcuni contratti molto promettenti con imprese minerarie locali e straniere che ci permetteranno di attrezzare nei prossimi mesi un laboratorio all’avanguardia.
I nostri nuovi laboratori a La Porte, nell’area della Greater Houston, hanno bisogno di personale capace e competente, in grado di utilizzare le strumentazioni che stiamo acquisendo.
L’inquadramento prevederebbe uno stipendio compreso tra i $50,000 e $80,000 annui a seconda delle competenze e dell’esperienza, più assistenza medica, fondo pensione e altri benefit.
Spero sinceramente che questa offerta possa essere di tuo interesse e di poterti accogliere nel nostro staff.
In ogni caso, se tu conoscessi altri tecnici che rispondano alle nostre esigenze, non esitare a metterli in contato con noi.
Saluti.
Shauna Dargan, CTO & HR
Houston, lunedì 15 gennaio 2024
Shauna è mentalmente esausta, e ne ha buoni motivi. Negli ultimi due mesi ha contribuito a fondare quattro società (anche se il lavoro l’ha fatto quasi tutto Wu Hsiung, lei si è limitata a firmare le carte), ha affittato locali, ha ordinato attrezzature, ha scritto a tutti i colleghi che poteva rintracciare, ha fatto un’interminabile fila di colloqui di assunzione. Ah sì, ha anche partecipato a una missione spaziale!
Adesso che finalmente la Minerals & Metals Analytics comincia a essere una struttura funzionante e non solo un mucchio di scartoffie può cominciare a fare il suo vero lavoro, la prospezione mineraria, in condizioni e in un ambiente nei quali nessuno ha mai lavorato prima di lei.
E tutto era cominciato una sera sulla Luna. – Sulla Luna. – Buffo come ci si può abituare in fretta a quello che fino a ieri sembrava impossibile…
Luna, sabato 28 ottobre 2023
Sono le undici passate e Reinaldo e Shauna sono a letto e stanno chiacchierando: quelle tipiche discussioni che cominci quando stai per addormentarti, e improvvisamente sei di nuovo sveglio e tanto vale andare fino in fondo al discorso.
– Quindi vuoi dedicarti all’estrazione mineraria. – Dice Shauna con voce sonnacchiosa: – Posso chiederti come ti è venuta l’idea?
– Beh, diciamo che c’erano vari motivi; tanto per cominciare, era una buona scusa per tirarti in mezzo alla faccenda. – Risponde sorridendo: – E poi credo sia un’attività in cui l’Osservatore ci può aiutare a ottenere risultati, diciamo concorrenziali, sfruttando le sue capacità. Inoltre, se troviamo minerali sufficientemente rari non dovrebbe essere difficile trovare il modo di venderli: c’è una tale richiesta di rame, metalli nobili e terre rare, che non credo che un acquirente si farebbe troppi scrupoli sulla loro provenienza, se il prezzo è buono.
– Può darsi… – risponde lei evasiva – ma cosa ne sai di prospezione, estrazione e purificazione delle terre rare?
– Niente, – ammette lui candidamente – per questo sei qui tu, no?
– Lo sapevo, stai con me solo per il mio cervello! – Cerca di tirargli un pugno ma lui si scansa e, nella bassa gravità, lei vola fuori dal letto: – Che figura indegna… Ma se non sai niente di queste cose, perché pensi che l’Osservatore ci possa aiutare?
Reinaldo allunga una mano per aiutarla a rialzarsi: – Diciamo che so quello che più o meno sanno tutti: che bisogna scavare e macinare tonnellate di roccia e che ci vogliono grandi quantità di acqua e di energia. Tutte cose che grazie ai portali possono costarci molto poco.
– Non capisco, – si lamenta Shauna – con un portale puoi rendere più efficiente il trasporto, questo è chiaro, ma come puoi ridurre i costi di scavo e tutto il resto?
– Non è difficile, in realtà, ma in effetti da solo non ci sarei mai arrivato. Guardati intorno: come pensi che siano stati realizzati questi ambienti in cui siamo adesso?
– Non so… scavando?
– In un certo senso, ma non come pensi tu. Qui siamo centocinquanta metri sotto la superficie della Luna, è una profondità ideale perché ci protegge sia dall’impatto delle meteoriti, sia dalle variazioni termiche. Ma non c’è nessun tunnel che ci colleghi alla superficie, attraverso il quale sia stato effettuato lo scavo; quando me ne sono reso conto ho chiesto spiegazioni all’Osservatore e la sua risposta è stata illuminante. – Reinaldo fa una breve pausa cambiando posizione: – Supponi di aprire un portale quadrato, diciamo di cinque metri di lato, con una estremità sospesa sopra la superficie lunare e l’altra nel sottosuolo. Poi sposti in avanti entrambe le estremità di cinque metri, e chiudi il portale. Secondo te cosa succede?
Shauna resta silenziosa per un minuto cercando di visualizzare la cosa, poi capisce ed emette un sospiro di soddisfazione: – Elegante! Un cubo di roccia di cinque metri di lato viene spostato dal punto che hai scelto alla superficie e, quando chiudi il portale, casca per terra lì dov’è.
– Esattamente. Non c’è differenza tra spingere la roccia nel portale o il portale intorno alla roccia; in questo modo puoi scavare cavità della forma e delle dimensioni che vuoi, basta sagomare e muovere correttamente il portale, a costo letteralmente zero.
– E quindi se hai un giacimento interessante, puoi semplicemente utilizzare un portale per estrarre blocchi di minerale…
– Puoi fare anche di meglio. Riprendendo l’esempio di prima, diciamo che hai un animo ambientalista e non ti va di abbandonare dei grossi cubi di roccia in superficie. Puoi usare quello che io chiamo un portale stroboscopico: funziona come quello di prima ma, mentre sposti le due estremità del portale, a ogni decimo di millimetro di spostamento chiudi il portale per una frazione di secondo e poi lo riapri. Invece di avere un singolo blocco che compare a mezz’aria, avrai una serie lunghissima di fogli sottilissimi di roccia, che cadono a terra e, se l’altezza è sufficiente, si riducono in polvere. Alla fine avrai sempre scavato una camera cubica, ma all’esterno avrai una montagnola di polvere di roccia.
– Ooh, – fa lei – questo sì che è interessante! Solo questo potrebbe tagliare circa un terzo dei costi di produzione. E dove vorresti andare a scavare?
– Mercurio. – È la risposta laconica.
– Hai individuato un giacimento di cinabro? – Equivoca lei: – Dove?
– No, non il metallo, Mercurio il pianeta.
– … – Shauna rimane per un attimo a bocca aperta, poi si riprende: – Stavo per dire che sei matto, ma effettivamente, perché no?
– Appunto, perché no? Giusto al centro del bacino Caloris, su Mercurio, c’è un’area di alcune centinaia di chilometri di diametro contraddistinta da un’anomalia gravitazionale. Gli astrofisici ritengono che lì sotto ci sia un meteorite ad alta densità, composto da alcuni milioni di chilometri cubi di metalli…
– Bello, – commenta lei entusiasta – andiamoli a prendere!
Ed era cominciato tutto così, con una battuta: – Andiamoli a prendere. – Ma la mattina dopo non sembra più così divertente. Reinaldo e Shauna cominciano a pensare seriamente a cosa comporta l’idea di aprire una miniera su Mercurio: tanto per cominciare bisogna arrivarci, poi scavare nei punti più promettenti, prelevare campioni, effettuare analisi, sperare di trovare un giacimento abbastanza ricco. E poi scavare il minerale, separarlo, fonderlo, purificarlo. E infine trovare il modo di venderlo.
Ne discutono con Massimo e Myra e poi, a sera, con Uki Kouno e Wu Hsiung. È chiaro che non è un lavoro che possa essere fatto da sei persone, almeno se non vogliono metterci anni e anni per ottenere dei risultati, ma d’altra parte non sono ancora pronti ad aprire la Luna all’immigrazione, e su questo sono tutti d’accordo. Mancano le infrastrutture, e manca loro ancora la capacità di organizzare una colonia funzionante e capace di espansione.
Gradualmente viene messo insieme un piano. La maggior parte del lavoro dovrà essere meccanizzata o svolta sulla terra, da personale tenuto il più possibile all’oscuro della provenienza dei materiali su cui dovrà lavorare. Ci vorrà molto denaro, forse tutto quello fruttato dal furto al Wild Boar, e una complessa organizzazione per nascondere il più possibile le tracce.
– Naturalmente non potremo coprirle del tutto, – spiega Hsiung – presto o tardi qualcuno si renderà conto che c’è in ballo qualcosa di grosso e allora non possiamo sperare di mantenere a lungo l’incognito.
– Ma hai detto che faremo delle società anonime, con titoli al portatore. – Protesta Massimo: – Non dovrebbe essere possibile…
– In queste cose vale sempre il vecchio detto: “segui il denaro”. – Replica lui: – Quando cominceremo a far girare grosse quantità di soldi, e per grosse intendo molto di più di qualche milione di dollari, sarà impossibile nascondere del tutto i nostri movimenti: è vero che ci appoggeremo il più possibile a paesi in cui vige il segreto bancario, ma in questi stessi paesi chi può permettersi di pagare riesce comunque a sapere quello che vuole.
– Capisco, – interviene Reinaldo – ma non dovrebbe essere un grosso problema: se riusciamo a tenerci invisibili per due o tre anni, dopo non avrà più importanza.
– Penso di potercela fare.
E così il “Progetto Mercurio” era stato congelato prima ancora di cominciare. Shauna capiva perfettamente la necessità di quello che stavano facendo, preparativi indispensabili in vista del progetto vero e proprio, ma si sentiva quasi inutile, sapendo che stavano lavorando a un progetto minerario, ma in un modo ancora totalmente al di fuori dalle sue competenze.
Ai primi di gennaio Reinaldo era andato a Caracas insieme a Wu, o meglio si erano incontrati là provenendo l’uno da Londra e l’altro da Houston, per costituire la società destinata a diventare il capogruppo, la Società Anonima Artemis Investment, con l’emissione di cinque milioni di azioni del valore nominale di un dollaro statunitense. Reinaldo si era sentito un po’ a disagio entrando in banca con due grosse valigie piene di banconote, ma Wu aveva svolto bene il suo compito, oliato le ruote giuste, e nessuno aveva sollevato obiezioni o fatto domande.
Adesso Reinaldo possedeva un certificato azionario che gli garantiva la proprietà del cento per cento della società e una carta aziendale Amex Platinum. Il certificato era stato riposto nella sua cassaforte privata sulla Luna, un vano scavato da qualche parte nella roccia e accessibile solo attraverso le coordinate note esclusivamente all’Osservatore, mentre la carta era nel suo portafogli.
L’idea di versare solo cinque milioni nel conto era stata di Wu: se avesse portato in un colpo solo tutti i ventiquattro milioni, qualcuno avrebbe potuto collegare la cosa al recente furto a Las Vegas, e magari vendere l’interessante notizia ad Alvarez. Partendo con una cifra molto più bassa, e versando il rimanente un po’ per volta nei mesi successivi, speravano di non dare troppo nell’occhio. Comunque non avrebbero avuto modo di spendere tutti quei soldi così in fretta, quindi tra tenerli in banca o sulla Luna non c’era molta differenza.
Appena avviata l’Artemis Investment, Wu si era occupato delle pratiche per la costituzione di altre tre società in giro per il mondo.
La prima aveva sede a Panama, la Selene Real Estate era di nuovo una società anonima, e quindi l’informazione che era posseduta al cento per cento dalla Artemis Investment non era di dominio pubblico. La presidente e CEO Marya Vorobyova risultava cittadina panamense, nata da immigrati russi; la costruzione della sua identità era costata una bella cifra, ma i suoi documenti e passaporto erano assolutamente credibili e potevano reggere qualsiasi investigazione, dato che erano autentici.
– Ma io non so niente di cosa deve fare un CEO! – Aveva protestato Myra.
– Non importa, – aveva ribattuto Reinaldo – basta che firmi le carte che ti passa Wu.
– In pratica devo fare da prestanome?
– Puoi metterla anche così, se preferisci. Però pensaci un attimo: preferisci essere la cittadina panamense Marya Vorobyova presidente di un’impresa immobiliare, con i documenti a posto, un passaporto valido e la possibilità di andare dove vuoi, oppure vuoi essere Myra Vasilyeva esule russa, senza passaporto e senza permesso di soggiorno?
Aveva accettato con poco entusiasmo: – Ok, vada per Marya.
Poi era stata la volta della Hermes Mining a Nampula in Mozambico, ancora una società anonima posseduta al cento per cento dalla Artemis Investment, con presidente e CEO Massimo Ferrara. Per ora la società non faceva niente, se non pagare l’affitto dei propri uffici alla Selene Real Estate.
E finalmente era stata costituita la Mineral & Metals Analytics Incorporated a La Porte, a quindici chilometri da Houston. La società partiva con un capitale di due milioni di dollari provenienti per il settanta per cento dai due soci di maggioranza, Artemis Investment e Hermes Mining, per il diciotto da Wu Hsiung, presidente e CEO, e per il dodici da Shauna Dargan, CTO. I due avevano realmente investito tutti i loro risparmi in quote della società, quindi a un eventuale controllo fiscale sarebbe risultato tutto in regola.
Ah, naturalmente la M&M Analytics aveva affittato un grande capannone con annessi uffici nell’area industriale di La Porte, di proprietà di una ditta panamense, la Selene Real Estate.
Mentre Wu Hsiung fa i suoi giochi di prestigio burocratici, aprendo società dentro altre società, Myra e Massimo sono impegnati in un compito più complesso: mandare una sonda su Mercurio senza l’aiuto della NASA.
Paradossalmente, la parte difficile non è raggiungere Mercurio, ma restarci. L’Osservatore può aprire portali a qualsiasi distanza da un’ancora, quindi non avrebbe difficoltà ad aprire nell’orbita di Mercurio un portale ancorato sulla Luna; il problema è che la Luna e Mercurio si muovono in direzioni e a velocità diverse: a seconda della loro posizione, la velocità relativa va da un minimo di settantamila a un massimo di centocinquantamila chilometri orari.
Se aprissero un portale del genere e lo usassero per lanciare qualcosa verso Mercurio, l’impatto con la superficie del pianeta scaverebbe un piccolo cratere distruggendo la sonda oppure, se mancasse il bersaglio, si allontanerebbe a una velocità assurda.
Myra e Massimo passano tre settimane a programmare e a fare simulazioni al computer prima di poter proporre un piano, complicato ma forse fattibile, per far atterrare su Mercurio un oggetto senza che venga distrutto nell’impatto. È questo l’obiettivo cruciale di tutta l’operazione: se si riuscirà a portare sul pianeta una sonda con l’ancora di un portale, le cose diventeranno immediatamente molto più semplici; avendo un’ancora che si muove insieme a Mercurio, è possibile aprire portali ancorati al pianeta e che quindi permettano il passaggio indipendentemente dalla velocità orbitale di Mercurio e Luna.
Reinaldo approva il progetto, guardandosi bene dal cercare di verificarne i calcoli, e si procede a far costruire il modulo di atterraggio: una sfera di mezzo metro di diametro costituita da un alveare di celle in fibra di carbonio, con al centro una biglia di acciaio al nickel di un centimetro di diametro sostenuta da otto piccoli ammortizzatori. Tutta la struttura è pensata esclusivamente per assorbire l’energia dell’impatto con la superficie del pianeta, evitando danni alla sferetta centrale a cui è agganciata l’ancora; lo scopo dell’intera missione è di fare atterrare sana e salva su Mercurio quella piccola biglia.
Luna, mercoledì 6 dicembre 2023
– L’ancora in L1 è operativa e orientata, – Myra si è immedesimata nella parte di responsabile di missione e la sua voce suona precisa e impersonale: – verificate le sonde, dieci minuti al lancio.
Gli altri si precipitano a controllare per l’ennesima volta le tre sonde intermedie e il modulo di atterraggio, che vengono chiusi nelle loro scatole a tenuta d’aria: – Contenitori chiusi, puoi estrarre l’aria. – Conferma Reinaldo.
Myra aziona il comando che aprirà un piccolo portale tra ciascuno dei contenitori e lo spazio esterno, allo scopo di metterli sotto vuoto. Questo serve ad evitare che quando verranno aperti i portali per fare uscire le sonde, l’uscita dell’aria provochi delle spinte non volute. – Contenitori sotto vuoto, otto minuti al lancio.
Il lancio del primo stadio è il momento più critico: al momento giusto verrà aperto un portale tra il primo dei contenitori sotto vuoto e un punto dello spazio all’incirca a metà strada tra l’orbita di Mercurio e quella di Venere, a più di cento milioni di chilometri dalla sua ancora che si trova in orbita nel punto di equilibrio L1 tra Terra e Sole. Un errore di pochi secondi nel momento del lancio porterebbe la sonda a centinaia di chilometri dall’obiettivo previsto e, ancora più importante, le imprimerebbe una velocità sbagliata.
– Dieci secondi… Cinque, quattro, tre, due, uno… Lanciato!
Sei schermi si accendono contemporaneamente riportando le immagini viste dalle telecamere attraverso sei microportali intorno alla sonda appena lanciata. Su cinque degli schermi si vedono alcune stelle, poche perché le telecamere non sono molto sensibili, sul sesto una chiazza luminosa indica la presenza del Sole che si sposta rapidamente verso destra, esce dalla visuale e ricompare su un altro degli schermi.
– Bene, le telecamere funzionano; stabilizziamo questo affare e facciamo il punto. – Myra sembra soddisfatta: – Vedremo se è arrivato almeno approssimativamente dove volevamo.
La sonda sembra una pallina da ping-pong con sei alette disposte sui tre assi. Mediante una serie di microportali, due per aletta, è possibile dirigere un piccolo getto di azoto su ciascuna faccia di ciascuna aletta e generare di conseguenza una spinta: combinando tra loro le spinte è possibile far ruotare la sonda in qualunque direzione e, volendo, anche accelerarla o rallentarla. È un lavoro noioso e delicato, ma non particolarmente difficile.
Myra e Massimo si alternano per quasi un’ora agli appositi comandi e, finalmente, riescono a fermare del tutto la rotazione della sonda: l’immagine del Sole viene portata al centro dello schermo definito convenzionalmente come prua. Adesso che le immagini non ruotano più è possibile vedere, vicino al centro dello schermo di poppa, il doppio puntino luminoso del sistema Terra-Luna; se uno non lo sapesse, sembrerebbero due stelle qualsiasi.
– Adesso non ci resta molto da fare. – Commenta Myra: – Nelle prossime ventiquattr’ore misureremo velocità e posizione della sonda, poi valuteremo se bisogna fare correzioni al piano di volo. Adesso però pensiamo alle cose serie: dov’è la Vodka?
Luna, lunedì 25 dicembre 2023
Dopo diciotto giorni dal lancio la sonda stava ancora accelerando verso il Sole. La sua traiettoria era stata calcolata in modo tale da farle attraversare l’orbita di Mercurio e arrivare fino a circa venti milioni di chilometri dal Sole; se fosse sopravvissuta al calore, passato il perielio si sarebbe di nuovo allontanata seguendo un’orbita iperbolica, destinata a portarla prima o poi fuori dal Sistema Solare.
Ma tutto questo sarebbe successo solo nei prossimi anni e decenni. Al momento la cosa importante per il progetto è che verso le tre di pomeriggio di oggi la velocità della sonda sarà quasi esattamente uguale a quella di Mercurio, anche se si troverà a più di dieci milioni di chilometri dal pianeta.
In quel preciso momento verrà aperto un portale, ancorato sulla sonda, in un punto che dovrebbe essere a meno di cinquantamila chilometri da Mercurio e, attraverso di lui, verrà lanciata la seconda sonda.
– Pronti per il lancio della seconda sonda… Dieci secondi… Cinque, quattro, tre, due, uno… Lanciata!
La prima sonda viene così abbandonata al suo destino e le telecamere vengono riconfigurate per mostrare lo spazio intorno alla seconda. Ancora una volta la sonda sta rotolando, monto più lentamente della prima, e uno degli schermi è quasi completamente occupato dall’immagine di Mercurio, quindici volte più grande della Luna vista dalla Terra.
Mentre alle sue spalle scoppia un applauso, Myra lavora sui comandi per stabilizzare la sonda e orientarla con la prua puntata direttamente sul pianeta.
– Telemetria! – Chiama, e Massimo si affretta a prendere posto a un terminale e a dare alcuni comandi: – Distanza… quarantasettemila trecentocinquanta chilometri. Delta vu laterale trascurabile. Delta vu radiale… meno settantaquattro metri al secondo, in leggera diminuzione.
– Ottimo, meglio di quello che speravamo. Settantaquattro metri al secondo sono meno di duecentosettanta chilometri orari, – spiega Myra agli altri – la sonda è progettata per resistere a un impatto a fino a trecentocinquanta, quindi dovremmo farcela.
– Se la velocità relativa sta calando non conviene aspettare che raggiunga il minimo, tanto per stare sul sicuro? – Chiede Reinaldo.
– Certamente. Ma non mi aspetto che diminuisca molto, siamo praticamente sulla stessa orbita del pianeta, ma ci stiamo avvicinando: a questa velocità la sonda raggiungerebbe Mercurio in poco più di una settimana; ma fra non molto comincerà ad accelerare cadendo verso la superficie, quindi secondo me raggiungeremo la velocità minima entro le prossime trentasei ore. Poi dovremo lanciare la terza sonda e il modulo di atterraggio.
– Ok, lascio accesa la telemetria, – propone Massimo – con un allarme per quando il delta vu smetterà di scendere.
– Bene, metti anche un allarme nel caso il pianeta vada fuori portata: non mi fido troppo della stabilizzazione che ho fatto prima.
Luna, martedì 26 dicembre 2023
L’allarme suona alle due e quindici di mattina. Nonostante l’orario tutti si trovano in sala controllo in meno di dieci minuti.
– Delta vu sessantotto punto cinque metri al secondo. – Legge Massimo con voce assonnata: – In leggero aumento.
– Bene, adesso si balla: cento secondi di terrore. – Myra effettua un ultimo aggiustamento ai comandi: – Porto la sonda numero tre a dieci click sull’equatore. Ora!
Di nuovo la visuale dagli schermi cambia improvvisamente; per fortuna il lancio è riuscito perfettamente e le immagini sono praticamente ferme: la terza sonda non sta ruotando rispetto a Mercurio: – Telemetria! – Chiama Myra.
– Distanza undici punto ventisette chilometri in diminuzione.
Myra effettua un rapido calcolo a mente e inserisce le nuove coordinate: – OK, dammi un go quando sarà a dieci click esatti fra… mmm… ventiquattro secondi circa.
– Bene, al mio go… undici click… dieci punto cinquanta… punto venticinque… punto dieci… punto cinque… go, go GO!
Myra attiva il portale che si apre a cinquanta metri di altezza sulla superficie del pianeta. Nonostante il momento sia emozionante, non succede assolutamente nulla di visibile. Il modulo di atterraggio, imballato nella sua palla di fibra di carbonio, cade dal suo contenitore sotto vuoto spinto prima dalla debole gravità lunare e poi da quella più intensa di Mercurio. Myra aspetta due secondi prima di richiudere il portale e abbandonare la terza sonda che andrà a sbriciolarsi sulla superficie.
La caduta aggiunge qualcosa di più di dieci chilometri orari alla sua velocità, quindi il modulo colpisce la superficie a poco meno di trecento chilometri orari…
E rimbalza, mentre la struttura di fibra di carbonio si deforma assorbendo l’urto. Cade e rimbalza ancora molte volte, perdendo a ogni impatto un po’ di energia cinetica e di velocità finché, dopo circa un’ora, si ferma rotolando per qualche decina di metri.
I sei sulla Luna non possono vedere nulla di tutto questo, perché durante la caduta e i rimbalzi sarebbe troppo pericoloso tenere i portali aperti. Possono solo aspettare, temendo che l’Osservatore dica loro che ha perso il contatto con l’ancora del modulo di atterraggio, cosa che succederebbe se la sfera centrale venisse danneggiata negli impatti, sperando che dica invece che ha smesso di muoversi, segno che la missione è riuscita.
Passa un’ora, che a tutti loro sembra un’eternità, prima che l’Osservatore parli: – Il modulo di atterraggio ha smesso di muoversi in modo caotico; l’ancora continua ad essere attiva.
Urla di vittoria e pacche sulle spalle, mentre Myra riprende i comandi e attiva le telecamere. Uno schermo mostra il disco bruciante del sole, mentre quello opposto è nero, con l’obiettivo della telecamera che guarda dentro il terreno al di sotto del modulo. Gli altri quattro schermi mostrano un panorama a trecentosessanta gradi: un paesaggio caotico costituito da un terreno irregolare, coperto di rocce dalle forme spigolose e spezzato qua e là da grosse crepe, con all’orizzonte montagne più o meno alte in tutte le direzioni.
– Termografia. – Chiama Myra. E Massimo risponde prontamente: – Quattrocentoottantacinque Kelvin, pari a duecentododici gradi Celsius.
– È caldo, troppo caldo per la lega di cui è fatto il modulo. Se la temperatura sale ancora rischiamo di perdere l’ancora per le dilatazioni termiche! – Myra rivolge all’Osservatore: – Aggancia un’ancora a cento metri di profondità, sotto il modulo di atterraggio.
– Shibboleth! Esegui, per favore. – Conferma Reinaldo.
– Fatto.
– Apriamo un portale per vedere cosa c’è là sotto? – Propone Massimo.
Reinaldo si ferma un attimo a pensare. Gli viene in mente la descrizione della fine di Tiamat, dell’esplosione che ha distrutto l’intero Popolo insieme alla loro isola, solo per un errore di calcolo nell’apertura di un portale verso un posto troppo pericoloso. Sente un brivido di gelo corrergli lungo la schiena: – No, non adesso; prima pensiamoci bene.
– E comunque sono le quattro di mattina. – Interviene Shauna con uno sbadiglio: – Non so voi, ma io personalmente rimanderei i festeggiamenti a domattina.
Luna, mercoledì 27 dicembre 2023
È mezzogiorno quando Shauna e Reinaldo entrano in cucina per fare colazione, seguiti immediatamente dopo da Uki e Wu. Myra e Massimo sono già lì, con l’aria di non aver dormito molto, e li accolgono con un cenno distratto.
– Ragazzi, voglio farvi di nuovo i miei complimenti. Ho fatto un po’ di ricerche sulla sonda BepiColombo che dovrebbe arrivare su Mercurio fra circa venti mesi ed entrare in orbita. Quella sonda ha fatto sette anni di viaggio, e prima ha richiesto quasi quindici anni di progettazione e il lavoro di centinaia di persone e una spesa dell’ordine di un miliardo di euro; e per motivi di budget non atterrerà sul pianeta ma si limiterà a restare in orbita. – Reinaldo fa una pausa e si rivolge agli altri: – E questi due da soli, in meno di due mesi, con un budget di poche migliaia di dollari hanno fatto atterrare una sonda su Mercurio al primo tentativo!
– Beh, sì, – minimizza Myra – ma noi avevamo alle spalle la tecnologia dell’Osservatore.
– È vero, – ammette Reinaldo – ma questo dimostra ancora una volta quanto sia una faccenda grossa quella che abbiamo tra le mani: con questa tecnologia avete fatto da soli in due mesi quello che l’ESA non è riuscita a fare in vent’anni.
– Poverini, – commenta Myra – hanno fatto tutto quel lavoro e aspettato tutti questi anni per arrivare secondi! Gli organizziamo un party di benvenuto?
– No.
– Uno striscione “Welcome to Mercury” visibile dall’orbita…
– No.
– La faccia di Freddie Mercury disegnata per terra…
– No!
– ♪♫♪ We are the champions. No time for losers, ‘cause we are the champions of the worlds. ♪♫♪
– Lasciala perdere, – commenta Massimo – il successo le ha dato alla testa. O forse è stata la vodka.
– Oh, voi italiani non siete capaci di reggere l’alcool. – Myra sposta lo sguardo su Reinaldo: – E questo vale anche per voi spagnoli.
– Uki e Wu seguono lo scambio di battute con un’aria leggermente disgustata, mentre Shauna guarda Myra dritta in faccia e ribatte con tono tra l’ironico e il provocatorio: – E cosa ne pensi degli irlandesi? Dici che potrei essere all’altezza?
– Oh, beh, con un’irlandese potrebbe valere la pena di fare una sfida. Ma non oggi: mi sono già presa un indebito vantaggio.
– Ragazze, per favore… – Interviene Reinaldo cercando di evitare l’escalation.
– OK, parliamo allora di cose serie. – Myra si volta verso di lui: – Perché stanotte non hai voluto aprire un portale dal modulo di atterraggio? Dopo tutta questo fatica per arrivare fin lì non capisco perché fermarci proprio prima dell’ultimo passo.
– È semplice, Myra, cosa ne sappiamo della geologia di Mercurio?
– Poco o niente direi: è più denso della Terra, la superficie va da molto calda a molto fredda, un po’ come quella della Luna ma più estrema. A parte questo credo ci siano solo ipotesi.
– Vulcanismo? – Insiste lui: – Attività tettonica?
– Non si sa. Ma perché queste domande? Abbiamo mandato una sonda proprio per verificare queste cose, no?
– Esattamente. Ora, supponiamo che ci siano effettivamente dei vulcani attivi e che noi apriamo un portale sotto la superficie… Ti piacerebbe che dal portale uscisse un getto di magma bollente? O di acido solforico sotto pressione?
– … Cazzo! Non ci avevo pensato. E quindi come facciamo ad esplorare il sottosuolo?
– Come fanno sesso i porcospini: con molta, molta cautela.
Houston, lunedì 15 gennaio 2024
Nell’ultimo mese Shauna ha inviato decine di lettere a quasi tutti i colleghi ed ex colleghi che ha potuto rintracciare, per invitarli a venire a lavorare per la neonata Mineral & Metals Analytics. Alcuni di loro hanno già risposto, altri probabilmente risponderanno nei prossimi giorni: l’offerta è molto buona, in un settore che ultimamente non è trainante, quindi la voce si sta spargendo.
Ha già cominciato a fare interviste con i possibili candidati e con alcuni di loro è probabile che si arriverà a concludere un accordo.
Le cose stanno cominciando a funzionare, per fortuna. Shauna non vede l’ora di tornare al suo vero lavoro, quello sul campo: l’emozione della scoperta e anche la noia delle interminabili analisi di laboratorio sarebbero comunque meglio di queste scartoffie burocratiche.
Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 3.0 Italia.
– Troppi “interessante” nella mail di reclutamento, e lo stipendio non è indicato essere annuo.
– “Dopo tutta questo lavoro” (che immagino fosse “fatica”)
più sul pezzo:
– non è possibile che non sia venuto loro in mente che la sonda sarebbe potuta finire nella faccia che Mercurio ha sempre di fronte al sole, e quindi molto più calda. Almeno incazzarsi perché sarebbe dovuta essere dall’altra parte del pianeta…
– la sezione finale mi pare un po’ moscia.
Per i primi due punti: pignolo! 🙂 Correggo.
Non c’e’ una faccia di Mercurio sempre di fronte al Sole. Il periodo di rotazione (giorno) e’ 2/3 di quello di rivoluzione (anno).
Aggancio al capitolo successivo. Poteva essere un capitolo solo, ma veniva troppo lungo.
ma allora è ancora peggio: era da tenere conto un riscaldamento di questo tipo, e quindi la sferetta doveva essere di un materiale che almeno fino a 400 gradi non si espanda più di tanto.
Non so se ci siano leghe a basso coefficiente di espansione termica che siano contemporaneamente molto elastiche (per evitare deformazioni all’impatto) e ad alto punto di fusione; tieni conto che le temperature su Mercurio possono probabilmente raggiungere i 5/600 gradi centigradi.
Comunque la cosa e’ relativamente irrilevante: anche la superficie di Mercurio e’ soggetta a dilatazioni termiche, quindi l’ancora non puo’ essere una parte della superficie o peggio ancora un oggetto appoggiato sopra che puo’ rotolare e spostarsi. La scelta di agganciare l’ancora di riferimento nel sottosuolo era gia’ stata presa in precedenza e inevitabile.
Certo, l’ancora prima o poi la devi creare sottoterra (sperando, appunto). Ma se la sferetta si scalda troppo prima di creare un’ancora devi ricominciare tutto da capo, no? Quindi è meglio andare abbastanza sul sicuro. Per l’elasticità, non c’era tutta la struttura di fibra di carbonio apposta?
Penso che non si siano posti il problema perché procurarsi una sfera di lega speciale era più complicato che una sferetta da cuscinetti.
Il guscio in fibra di carbonio attutisce l’impatto, ma stiamo comunque parlando di andare a sbattere contro la roccia solida a più di 200 km/h. E nella preparazione della missione avevano previsto anche la possibilità di velocità superiori, dato che l’unico modo che avevano a disposizione per ridurre il delta vu era l’uso di una traiettoria iperbolica che, in un qualche punto, approssimasse la velocità (vettoriale) di Mercurio allo stesso istante. Non proprio *facilissimo* da calcolare con precisione…
Gliela fai lanciare per Natale.
Beh, si’, erano pronti per quel giorno li’.
Tra l’altro, il calcolo dell’orbita della sonda 1 e’ parzialmente critico: le velocita’ relative di terra, mercurio e sole devono rispettare certi criteri, quindi in base ai calcoli che Massimo e Myra hanno fatto, ci sono solo alcune “finestre di lancio” disponibili.
Quante e quanto frequenti onestamente non ho cercato di calcolarlo.
dimenticavo: «c’erano vari morivi;»
Corretto, grazie