La Porte, Texas, giovedì 11 aprile 2024
– … e in questa faccenda non c’è niente che abbia un senso. – Jane Brown è stravaccata sul divano del soggiorno, mentre aspettano che la cena finisca di scaldarsi: – Se non fosse che la paga è veramente buona, sarei tentata di mandare al diavolo la M&M Analytics e quella vecchia strega della Dargan.
Kathleen Scott finisce di apparecchiare la tavola e si va a sedere di fianco a lei: – Pensi che ci sia dietro qualcosa di poco pulito?
– No… In realtà no, però ci sono un sacco di cose che non quadrano. Giusto l’altro ieri Jack di cristallografia mi diceva che stanno analizzando dei campioni che, secondo lui, vengono da carotaggi del fondale oceanico, rocce molto giovani per giunta, come se stessero sondando lungo una dorsale oceanica. Ma quelle che sto analizzando io al Raman infrarosso sono sicuramente rocce sedimentarie di origine continentale. E in mezzo, occasionalmente, ci sono alcuni campioni di minerali di cui non riesco a indovinare l’origine.
Kathleen ascolta interessata lo sfogo della moglie. Sono sposate da quasi due anni e uno dei segreti del loro rapporto sta nel fatto che ciascuna cerca di interessarsi ai problemi professionali dell’altra, anche se lavorano in campi molto differenti: lei è architetto mentre Jane si occupa di analisi mineralogiche. Da quando ha lasciato il suo precedente impiego alla Rare Earths & Metals Corporation, accettando il lavoro offerto da Shauna Dargan, è diventata visibilmente più nervosa e irritabile.
– Ma avrete delle indicazioni sulla provenienza. Voglio dire, chi vi dà questi campioni da analizzare vi dirà pure da dove vengono…
– No, zero assoluto. Al laboratorio arrivano queste casse, da una società in Mozambico che si chiama Hermes Mining e che pare sia anche azionista della nostra società, e dentro ci sono dei campioni senza nessuna altra indicazione che una sigla identificativa. – Jane è visibilmente infastidita dalla cosa: – Ho chiesto alla Dargan se sa da dove proviene il materiale e il perché di tanta segretezza e lei mi ha risposto che non lo sa neanche lei e che la Hermes ci finanzia per effettuare analisi e non per fare domande.
La cena è ormai pronta e si spostano a tavola: – E poi c’è la faccenda delle modifiche che hanno fatto allo spettrografo Raman, un’attrezzatura che costa quasi un milione di dollari; un tizio della Hermes Mining, un certo ingegner Ferrara, ha installato una specie di armadio robotizzato che inserisce campioni nello spettrografo e si interfaccia ai comandi per effettuare le analisi in modo completamente automatico: noi lo possiamo usare solo per otto ore al giorno, quando vado via devo attivare il sistema automatico che per quello che ne so va avanti da solo per le altre sedici ore, e nei fine settimana.
– E questi campioni sai almeno cosa sono? – Chiede Kathleen immaginando già la risposta, mentre si riempie il piatto.
– Naturalmente no, non li vedo neanche. Ogni due settimane arriva una cassa di campioni nuova da sostituire a quella precedente che viene rispedita via mare alla Hermes. L’unica cosa che vedo e’ il braccio che estrae dall’armadio un vetrino porta campioni e lo posiziona davanti allo spettrografo, dopo un po’ lo toglie e lo rimette nell’armadio e ripete il ciclo con un altro vetrino. Per quello che ne so potrebbero non essere neanche campioni minerali!
– Tutto questo segreto farebbe pensare che ci sia sotto qualcosa di illegale.
– Non è detto, potrebbe anche essere una questione di segreto industriale. – Jane giocherella un po’ con la bistecca, poi comincia a tagliarla: – Supponi per esempio che questi abbiano trovato un modo per rendere economicamente sostenibile l’estrazione di minerali dal fondale oceanico: lo sfruttamento dei fondali al di fuori dalle acque territoriali dovrebbe essere regolata dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, ma non tutti i paesi l’hanno sottoscritta. Quindi se qualcuno pensa di aver individuato dei giacimenti sufficientemente ricchi, è logico che cerchi di tenere tutto sotto silenzio il più a lungo possibile.
– Mi è appena venuta in mente una cosa che ho letto su Facebook un paio di mesi fa: si dice che qualcuno abbia finalmente trovato il modo di estrarre oro dall’acqua di mare…
– Bah, la solita bufala! – Sbuffa Jane: – È dal diciannovesimo secolo che ogni tanto qualcuno salta fuori con questa storia e finora sono sempre stati dei truffatori. È vero che l’acqua di mare contiene oro, sotto forma di particelle o di ioni, ma la concentrazione è così ridicolmente bassa che il costo di estrazione supererebbe di molti ordini di grandezza il valore dell’oro ottenuto.
– Ma se qualcuno avesse davvero trovato il modo di filtrare l’oro dall’acqua… – Prova a dire Kathleen.
– … Rimarrebbero comunque dei problemi quasi insormontabili. – Conclude Jane: – Per ottenerne quantità significative dovresti filtrare migliaia di chilometri cubici d’acqua di mare. Ci vorrebbe una stazione di pompaggio mostruosa, con tubature gigantesche, e comunque non funzionerebbe: nel giro di poco tempo ti ritroveresti con una zona di mare deprivata d’oro intorno alla stazione e il rendimento crollerebbe ulteriormente.
– Qualcuno parlava di installare i sistemi di filtraggio sulle grandi navi, petroliere e porta container, che sono continuamente in movimento, così non avresti neanche bisogno di pompare l’acqua.
– Guarda Kate, non dico che sia impossibile, però dovrebbe essere coinvolta troppa gente, non potresti mai riuscire a tenere segreta una cosa del genere; sembra la teoria della cospirazione delle scie chimiche: tutti i dipendenti di tutti gli aeroporti e di tutte le compagnie aeree sarebbero a conoscenza di una cospirazione mondiale e nessuno ne parla!
– Dai, Jane, non arrabbiarti. È solo una roba che ho letto in giro su internet, se mi dici che sono cazzate ci credo senza problemi. Mi è venuto in mente perché sei stata tu a cominciare a parlare di analisi misteriose e di miniere segrete!
– Hai ragione, scusami. – La abbraccia: – È che questa storia mi sta facendo impazzire: sembra che facciano apposta per non farci capire cosa succede; il problema è che a pensare queste cose si diventa paranoici, si vedono complotti dappertutto, mentre in realtà c’è probabilmente una spiegazione semplicissima che non ci viene in mente.
– Beh, non è che dobbiamo risolvere l’enigma proprio questa sera. Dai, andiamo a letto.
Luna, giovedì 11 aprile 2024
– Per quanto tempo pensi che riuscirai a evitare domande imbarazzanti? – Reinaldo sembra preoccupato: – Se quelli che hai assunto non sono degli idioti, si accorgeranno certamente che c’è qualcosa che non torna.
– Naturalmente, ed era previsto che succedesse. – Risponde Shauna con noncuranza: – So per certo che stanno già girando diverse voci sull’argomento, ma il trucco sta nel fare in modo che ci siano troppe ipotesi contrastanti tra loro.
In questi mesi avevano fatto un mucchio di lavoro inutile, al solo scopo di seminare false tracce tra i dipendenti della Minerals & Metals Analytics; i carotaggi di fondali oceanici e di alcuni punti scelti accuratamente sulle piattaforme continentali, tutti effettuati con l’aiuto dell’Osservatore mediante portali mobili, avevano fornito una quantità di campioni da analizzare totalmente inutili per i loro scopi, ma sufficienti a tenere impegnati i tecnici e a far circolare le più svariate ipotesi: la misteriosa Hermes Mining aveva sviluppato tecniche per l’estrazione subacquea di minerali in profondità; o forse avevano delle concessioni minerarie in qualche paese africano tenute segrete per motivi politici; oppure avevano davvero trovato il modo di estrarre l’oro dall’acqua di mare?
Ma il colpo di genio era stato la costruzione da parte di Massimo e Myra del falso porta campioni robotizzato: l’armadio con il braccio meccanico e in cui venivano messe periodicamente delle inutili casse di campioni serviva solo a giustificare il fatto che il costosissimo spettrografo Raman lavorasse giorno e notte senza che nessuno sapesse cosa stava analizzando. Perché al laboratorio nessuno, neanche il peggiore dei complottisti, avrebbe mai potuto immaginare che lo strumento non stesse affatto misurando il contenuto dei campioni forniti dalla Hermes Mining, ma effettuasse invece letture direttamente nel sotto suolo di Mercurio mediante un portale.
– Ma alla fine stai ottenendo qualcosa di concreto?
– Sì e no. – Risponde Shauna evasivamente: – Abbiamo già analizzato circa cinquantamila posizioni, seguendo una griglia semi randomizzata intorno al centro dell’anomalia gravitazionale e a profondità variabili tra i dieci e i centocinquanta metri.
Il sistema era quasi completamente automatico. Shauna si limitava a impostare le coordinate del volume da esplorare e il passo della griglia; il computer poi selezionava in sequenza i vari punti da analizzare e per ciascuno apriva un portale verso una celletta sulla Luna nella quale dei sensori rilevavano l’eventuale presenza di gas o liquidi pericolosi. Dopo aver scartato i punti pericolosi, le coordinate dei rimanenti venivano utilizzate per aprire un portale che li mostrasse allo spettrografo Raman. I risultati delle letture venivano poi archiviati in un database e visualizzati su una mappa tridimensionale che andava pian piano crescendo e aumentando di dettaglio.
– Naturalmente ho dato un’occhiata preliminare ai risultati, e ho già notato diversi campioni promettenti, ma non voglio interrompere l’analisi automatica fino a che non avremo riempito tutta la griglia; ci sarà tempo dopo per andare a verificare le aree più interessanti.
– Quanto dopo?
– Ancora un mese, massimo un mese e mezzo. Poi cominceremo i carotaggi nelle sezioni promettenti alla ricerca di filoni veri e propri. La spettroscopia Raman ha il grande vantaggio di funzionare per riflessione, quindi con l’uso dei portali non richiede di prelevare fisicamente un campione, ma non è particolarmente adatta a un’analisi quantitativa: se individuiamo delle aree con minerali utili sufficientemente estese, dovremo fare una campionatura fisica per effettuare le analisi quantitative, naturalmente mescolando i campioni a quelli fasulli che stanno già analizzando, in modo da evitare di attirare troppo l’attenzione.
– Va bene, aspetteremo. – Si rassegna Reinaldo: – Ah, nei prossimi giorni conto di andare a fare un po’ di acquisti a Londra, preparate una lista delle cose che possono servire.
Londra, martedì 16 aprile 2024
Reinaldo sta uscendo da un deli in North Street, carico di pacchi e pacchetti, quando sente una voce che lo chiama: – Suarez, sei proprio tu?
Si volta e riconosce un ex collega al British Museum, che non vede da quando si è licenziato l’anno prima: – Ciao George, sì sono proprio io. Come va?
– Boh, come vuoi che vada, come al solito… Te invece ti vedo bene, sembri ringiovanito. L’aria del Mediterraneo ti fa proprio bene.
Reinaldo sta per ribattere poi si ricorda appena in tempo che secondo la “versione ufficiale” delle sue dimissioni, era tornato in Spagna per motivi di salute: – Sì, sembra proprio di sì, grazie. Sono qui a Londra per qualche giorno e pensavo di fare un salto al Museum a salutare i vecchi colleghi: tu, Matt, Andrew…
Vede un’ombra passare sul viso dell’altro: – Andrew Hyde? Temo che non lo troverai nel suo vecchio ufficio.
– Cosa vuoi dire, gli è successo qualcosa?
– Eh, purtroppo sì. Sei mesi fa gli hanno diagnosticato un tumore al cervello, inoperabile. Adesso è a casa, in “aspettativa per motivi di salute”, ma nessuno si aspetta che torni in ufficio…
– Oh, cazzo, non ne sapevo niente. Dici che è a casa, lo si può andare a trovare?
– Dagli un colpo di telefono per verificare, ma penso di sì.
– Ok, appena arrivo a casa lo chiamo. Che brutta notizia.
– Eh sì…
Windsor, martedì 16 aprile 2024
Nei dieci anni in cui erano stati colleghi al Museum, Reinaldo non era mai stato a casa di Andrew; scopre adesso che si tratta di una piccola casa a due piani, in un quartiere dall’aria antica a due passi dalla stazione ferroviaria. L’interno è arredato in modo sobrio e funzionale, con solo qualche suppellettile a tradire la passione del suo proprietario per il diciannovesimo secolo.
Andrew è cambiato molto in questi dodici mesi: è visibilmente dimagrito e sembra invecchiato di almeno dieci anni; Reinaldo, che a sua volta è invece fisicamente ringiovanito di almeno venti, si sente molto a disagio per questo.
– Ciao Andrew, ho incontrato George stamattina e mi ha detto che sei stato poco bene…
– No, non sto poco bene, sto morendo, e immagino che sia quello che George ti ha detto. Evitiamo gli inutili eufemismi, per favore.
– Va bene, come preferisci tu. Il punto è che quando ho sentito quello che mi ha detto George, ti ho chiamato subito, perché ci sono cose che ti devo raccontare da tempo e mi sono improvvisamente reso conto che potremmo non avere un’altra occasione. – Si accorge dello sguardo stupito dell’amico e riprende a parlare: – Ti ricordi un anno fa che mi hai dato da analizzare quello strano e impossibile bracciale che sembrava fatto di titanio?
– Certo che me lo ricordo, mi dicesti che doveva essere un falso perché dalle analisi risultava vecchio di quasi ottomila anni; alla fine ho deciso di non parlarne nel libro su Loftus.
– Ecco, c’è qualcosa su quel bracciale che allora non ti ho raccontato…
Reinaldo comincia a raccontare. E racconta tutto, dal suo primo incontro con l’Osservatore, alla base lunare, ai suoi progetti per il futuro e a come stanno cercando di fare soldi con l’estrazione di minerali su Mercurio. E di come, grazie alle conoscenze mediche del Popolo, lui stesso è ringiovanito e il cancro di Andrew è molto probabilmente curabile.
Racconta tutto, anche perché è da un anno che si porta dietro un senso di colpa per il fatto di aver “rubato” a Andrew quella che si è rivelata la più grande scoperta della storia. È vero che è stato lui a capirne l’importanza, ma la sensazione di aver fatto un torto all’amico non l’ha mai abbandonato.
Andrew ascolta la lunga spiegazione senza commenti, fino a quando Reinaldo arriva alla fine. Poi risponde, con un tono così duro che l’altro si domanda cos’ha detto di sbagliato: – È ovvio che mentirei se dicessi che tutto questo mi lascia indifferente. Da un lato mi stai dando una speranza di vivere più degli ultimi tre mesi che i medici mi hanno promesso; spero che tu ci abbia pensato bene prima di parlarmene, perché non puoi dare una speranza a un condannato a morte e poi rimangiartela.
– Naturalmente ci ho pensato, e non ti avrei raccontato tutto questo se non fossi ragionevolmente certo che la dottoressa Kouno può fare qualcosa per te.
– Bene, e di questo chiaramente posso solo ringraziarti. Ma d’altra parte non posso evitare di chiedermi se e quando mi avresti raccontato questa storia se tu non avessi incontrato per caso George stamattina.
– Certo che te ne avrei parlato! – La risposta di Reinaldo è così immediata da suonare falsa a lui stesso per primo: – Per ora siamo ancora in pochissimi, ci stiamo ancora organizzando per allargarci. Fra un anno o giù di lì dovremmo essere pronti ad aprirci a un’immigrazione più massiccia e per allora…
– … e per allora se tu oggi non avessi incontrato George io sarei già morto da un pezzo. – Il tono di voce di Andrew si addolcisce leggermente vedendo che l’ultima frecciata è andata a segno: – Ma non è questo il punto, Reinaldo, non capisci? Il fatto è che tu ti riempi la bocca di parole come “rischio esistenziale” e “scelta più etica”, ma all’atto pratico stai andando avanti per la tua strada trattando quelli con cui hai a che fare come strumenti per il tuo progetto. Ricordi l’Imperativo Categorico “Agisci in modo da trattare gli altri sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo.”?
– Non potevo sapere… – Cerca di giustificarsi Reinaldo: – Fino a poche ore fa non sapevo che tu stessi male.
– Ed è proprio questo che sto cercando di farti capire: non lo sapevi e non lo potevi sapere perché, dopo aver parlato con l’Osservatore, io e il bracciale non ti servivamo più. Eravamo dei mezzi, non dei fini. Ma di nuovo, non è questo il punto; il problema è quante altre persone sarai disposto a calpestare, o quantomeno a scartare in quanto inutili, per raggiungere il tuo scopo? È questo che mi fa paura del tuo atteggiamento!
– Io… Forse hai ragione, ci penserò.
– Bene, perché non sono sicuro che mi piacerebbe vivere nel mondo che stai cercando di costruire.
Luna, mercoledì 17 aprile 2024
La dottoressa Uki Kouno è molto preoccupata mentre parla con Andrew: – Non lo so, dottor Hyde, non so davvero cosa fare. Ho visto i risultati delle TAC che le hanno fatto e ho letto tutti i referti; il problema è che io non sono un’oncologa e neanche un neurochirurgo, quindi in tutta onestà non sono competente a valutare il suo caso, meno che mai a valutarne la prognosi.
– Dottoressa, la ringrazio per la franchezza ma il problema non è questo. La diagnosi di oligodendroglioma è stata confermata dalla biopsia, ci sono diverse metastasi e il tumore non ha reagito bene né alla chemio né alla radioterapia. Gli specialisti che mi hanno visto hanno detto chiaro e tondo che non c’era più nulla che potessero fare, che al massimo avrei potuto ritardare l’inevitabile di qualche mese con terapie invasive e debilitanti, e io ho deciso di lasciar perdere. – Andrew si ferma per riprendere fiato: – Il problema non è se lei è qualificata dal punto di vista accademico a trattare la mia condizione, la domanda è se pensa poter utilizzare le tecnologie del Popolo per cercare di curarmi.
Uki si passa incerta una mano nei capelli prima di rispondere: – Vorrei saperlo! Ne ho parlato con l’Osservatore, ho descritto la sua situazione e abbiamo tradotto la diagnosi nella terminologia medica della lingua del Popolo, e lui ritiene di poterla curare. Quello che mi preme chiarire è che appunto sarà lui a curarla, non io, in quanto riesco a malapena a capire in che cosa consiste la terapia che propone. Deve capire, dottor Hyde, che sono appena due mesi che ho ricominciato daccapo a studiare medicina con l’Osservatore, ci vorranno anni prima che io possa avere una mia opinione sulle sue terapie, per il momento posso solo fare da sua assistente.
– D’altra parte non ho niente da perdere, vero?
– È vero, non ha molto da perdere. Ma se vuole tentare la decisione dev’essere sua, io onestamente non posso consigliarla.
Andrew emette un sospiro: – Va bene, allora procediamo.
A sera Reinaldo è ancora di umore nero per quello che è successo nella giornata.
– Questa cosa di Andrew Hyde e della sua malattia ti ha sconvolto. – Commenta Shauna: – Perché?
– Non è tanto la sua malattia, quanto quello che mi ha detto quando gli ho parlato del progetto. Mi ha accusato puramente e semplicemente di essere un egoista e di utilizzare gli altri come strumenti per raggiungere i miei obiettivi.
– E ha ragione?
– No! … Non lo so. Come puoi anche solo chiedermi una cosa del genere?
– Fino a ieri ti avrei detto di no senza neanche pensarci, ma il fatto stesso che la sua accusa ti abbia turbato in questo modo mi fa pensare che abbia toccato un punto delicato. Sbaglio?
– Non molto. Certamente ho dei sensi di colpa nei suoi confronti per non avergli mai parlato dell’Osservatore e tutto il resto, dopo che proprio lui mi aveva messo in mano il comunicatore.
– D’altra parte mi hai detto che l’Osservatore non può essere servo di due padroni, che chiunque abbia l’autorità di dargli ordini può anche ordinargli di non prendere ordini da nessun altro, e che questo suo comportamento non è modificabile. Questo esclude ogni possibilità di condivisione del potere, non è una questione di egoismo ma di semplice logica.
– Certo. Se dicessimo all’Osservatore di accettare ordini da tutti noi, sarebbe solo questione di tempo prima di arrivare al momento in cui sorga un dissidio insanabile, e a quel punto sarebbe automaticamente il peggiore di noi a prendere il potere assoluto.
– Però tu pensi lo stesso di esserti comportato male nei suoi confronti. – Non era una domanda: – Pensi seriamente che avresti potuto fare di meglio o è solo che avresti voluto poterti comportare meglio nei suoi confronti?
– Forse hai ragione. Ci sono un sacco di cose che vorrei poter fare ma che sono inattuabili per motivi pratici. La cosa è terribilmente frustrante: è da un anno che ci stiamo organizzando e siamo ancora in quattro gatti, e siamo costretti a procedere un passettino per volta, quando abbiamo in mano quella che può essere la più grossa rivoluzione dopo la scoperta del fuoco.
– Dobbiamo procedere gradualmente, perché non abbiamo altra scelta. La cosa importante è che la necessità non diventi una scusa per l’indolenza o per l’egoismo.
– E come posso essere sicuro che non lo diventi?
– Tenendo sempre d’occhio le tue motivazioni! E continuando a fare come hai fatto fino ad ora, condividere i tuoi progetti con noi in modo che possiamo tutti tenere d’occhio le motivazioni degli altri, cosa che in genere è più facile.
– Proverò. Ma è duro esercitare il potere quando in realtà vorresti solo farti gli affari tuoi…
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