“Questo pollo spennato ha due gambe e non ha le penne — quindi, per definizione, è un uomo!”
Quando le persone discutono sulle definizioni, cominciano in genere con qualche insieme di caratteristiche visibili, conosciute o almeno ampiamente credute; poi tirano fuori il dizionario, e fanno notare che queste caratteristiche corrispondono alla definizione del dizionario; e quindi concludono, “Quindi, per definizione, l’ateismo è una religione!”
Ma le caratteristiche visibili, note o largamente accettate sono raramente il vero argomento di una discussione. Il solo fatto che qualcuno pensi che le due gambe di Socrate siano sufficientemente evidenti da costituire una buona premessa per l’argomento, “Quindi, per definizione, Socrate è un uomo!” indica che probabilmente il fatto di essere bipede non è davvero quello che è in gioco — o l’ascoltatore risponderebbe, “Come sarebbe a dire che Socrate è un bipede? È proprio quello di cui stavamo discutendo!”
Ora, c’è un senso importante in cui possiamo giustificare il passaggio dalle caratteristiche evidenti a quelle non-così-evidenti. Possiamo, legittimamente, vedere che Socrate ha forma umana e prevedere la sua vulnerabilità alla cicuta. Ma questa inferenza probabilistica non si basa sulle definizioni del dizionario o sull’uso comune; si basa sul fatto che l’universo contiene raggruppamenti empirici di cose simili tra loro.
Questa struttura a gruppi non cambierà in funzione del modo in cui definisci le parole. Anche se guardi la definizione del vocabolario per “uomo” e questa dice “tutti i bipedi implumi eccetto Socrate”, questo non modifica l’effettivo grado di somiglianza tra Socrate e il resto di noi bipedi implumi.
Per ragionare correttamente sulla struttura dei gruppi, dirai qualcosa come: “Socrate ha due braccia, due piedi, un naso e una lingua, parla fluentemente in greco, usa utensili, e per ogni aspetto che posso osservare sembra avere tutte le caratteristiche, minori e maggiori, che caratterizzano un Homo sapiens; quindi presumerò che abbia DNA umano, biochimica umana, e sia vulnerabile alla cicuta come tutti gli altri Homo sapiens in cui la letalità della cicuta è stata testata clinicamente”.
E supponi che io risponda: “Ma io ho visto Socrate in campagna con un erborista; penso che stessero cercando di preparare un antidoto. Quindi io non mi aspetto che Socrate soccomba dopo aver bevuto la cicuta — sarà un’eccezione al comportamento generale degli oggetti nel suo raggruppamento: loro non hanno preso un antidoto, mentre lui sì”.
Ora non ha molto senso discutere se Socrate è o no un “uomo”. La questione dev’essere spostata a un livello di maggiore dettaglio, frugare dentro i dettagli che definiscono la categoria “uomo” — parlare della biochimica umana e, in particolare, degli effetti neurotossici della coniina.
E se tu continui a insistere: “Ma Socrate è un uomo e gli uomini, per definizione, sono mortali!” quello che stai veramente cercando di fare è di rendere irrilevante tutto quello che sai su Socrate eccetto il fatto della sua umanità — insistere che l’unica previsione corretta è quella che faresti se non sapessi nulla su Socrate eccetto il fatto che è un uomo.
Il che è come insistere sul fatto che una moneta ha il 50% di probabilità di mostrare la croce, perché è una moneta “non truccata”, dopo aver effettivamente guardato la moneta e visto che mostra la testa. È come insistere che Frodo ha dieci dita, perché la maggior parte degli Hobbit ha dieci dita, dopo aver già guardato le sue mani e visto nove dita. Naturalmente questo è illegale nella teoria della probabilità bayesiana: non puoi rifiutarti di adattare le tue probabilità sulla base di nuove evidenze.
E non puoi prendere una sola categorizzazione e fare stime basandoti su quella, ignorando deliberatamente tutte le altre cose che conosci.
Naturalmente non tutte le nuove evidenze fanno una differenza significativa. Se vedo che Socrate ha nove dita, questo non sposterà in maniera misurabile la mia stima della sua vulnerabilità alla cicuta, in quanto mi aspetto che il modo in cui Socrate ha perso il suo dito non abbia modificato la sua biochimica. E questo è vero indipendentemente dal fatto che la definizione del dizionario dica o meno che gli uomini hanno dieci dita. L’inferenza legale è basata sulla struttura a gruppi dell’ambiente e sulla struttura causale della biologia, non su quello che scrivono i curatori dei vocabolari, né sul concetto di “uso comune”.
Ora, in genere, quando fai questo nel modo giusto — in maniera legittima — dici semplicemente: “L’alcaloide coniina che si trova nella cicuta produce paralisi muscolare negli umani, provocando la morte per asfissia”. O, più semplicemente: “Gli umani sono vulnerabili alla cicuta”. Questo è come viene detto in genere in una discussione legittima.
Perché qualcuno dovrebbe sentire la necessità di rinforzare l’argomento con la frase enfatica “per definizione”? (Cioè “Gli uomini sono vulnerabili alla cicuta per definizione!“) Chiaramente, perché la caratteristica inferita è stata messa in discussione — Socrate è stato visto mentre si consultava con un erborista — e quindi si sente la necessità di stringere ulteriormente la morsa della logica.
Quindi, quando vedi “per definizione” usato in questo modo, in genere significa: “Dimentica quello che hai sentito su Socrate che ha consultato un erborista — gli uomini, per definizione, sono mortali!”
Le persone sentono la necessità di incanalare la discussione in una singola direzione dicendo “Ogni P, per definizione, ha la proprietà Q!”, esattamente in quelle occasioni in cui vedono, e preferiscono ignorare, elementi aggiuntivi che mettono in dubbio l’inferenza di default basata sulla classificazione.
Stessa cosa con le affermazioni del tipo “X, per definizione, è un Y!” Ad esempio, “Gli atei credono che Dio non esista; quindi gli atei hanno una credenza su Dio, perché una credenza negativa è pur sempre una credenza; quindi l’ateismo fornisce risposte a domande teologiche; quindi l’ateismo è, per definizione, una religione.”
Non sentiresti la necessità di dire “L’Induismo, per definizione, è una religione!” perché, beh, certo che l’Induismo è una religione. Non è solo una religione “per definizione”, è proprio davvero una religione.
L’ateismo non assomiglia ai membri centrali del raggruppamento “religione”, così se non fosse per il fatto che l’ateismo è una religione per definizione, potresti magari pensare che l’ateismo non sia una religione. Questo è il motivo per cui devi schiacciare l’opposizione facendo notare che “L’ateismo è una religione” è vero per definizione, perché non è vero in nessun altro senso.
Come dire: le persone insistono che “X, per definizione, è un Y!” in quei casi in cui stanno cercando di contrabbandare una connotazione di Y che non è direttamente nella definizione, e X non assomiglia poi tanto agli altri membri del gruppo Y.
Negli ultimi tredici anni ho fatto caso a quanto spesso questa frase sia stata usa correttamente o incorrettamente — anche se temo di non aver tenuto i conti in maniera statisticamente rigorosa. Ma a occhio direi che usare la frase per definizione, in qualsiasi contesto non matematico, sia tra i segnali più allarmanti di un argomento difettoso che io abbia mai incontrato. È più o meno a livello con “Hitler“, “Dio”, “assolutamente certo” e “non puoi dimostrarlo”.
Questa euristica dell’errore non è perfetta — la prima volta che ne ho notato un uso corretto al di fuori della matematica, è stato da parte di Richard Feynman; e da allora l’ho notato altre volte. Ma probabilmente faresti meglio a cancellare semplicemente la frase “per definizione” dal tuo vocabolario — e sempre in qualunque occasione in cui potresti essere tentato di scriverla in corsivo o seguita da un punto esclamativo. Questa è una pessima idea per definizione!