Una volta ho partecipato a un dibattito sul tema “Scienza e religione sono compatibili?” Una delle partecipanti, una pagana, la tirò in lungo interminabilmente su come lei credeva che la Terra fosse stata creata quando una gigantesca mucca primordiale nacque dall’abisso primordiale e leccò in esistenza un dio primordiale i cui discendenti uccisero un gigante primordiale e usarono il suo cadavere per creare la Terra, eccetera. La storia era lunga, dettagliata e più assurda di quella della Terra sostenuta sulla schiena di una tartaruga gigante. E l’oratrice evidentemente ne sapeva abbastanza di scienza da rendersene conto.
Faccio ancora fatica a trovare le parole per spiegare cosa vidi mentre questa donna parlava. Parlava con… orgoglio? Compiacimento? Deliberato esibizionismo?
La donna andò avanti a descrivere il suo mito della creazione per quello che sembrò un tempo infinito, ma furono probabilmente solo cinque minuti. Quello strano orgoglio/compiacimento/esibizionismo aveva chiaramente qualcosa a che fare con il fatto che lei sapeva che la sua fede fosse scientificamente oltraggiosa. E non è che odiasse la scienza; nel dibattito sostenne che religione e scienza sono compatibili. Parlò persino di come sia abbastanza comprensibile che i Vichinghi parlassero di un abisso primordiale, visto il tipo di terra in cui vivevano – smontando la sua stessa religione – e nonostante questo insisteva a dire che questo era ciò che “credeva”, detto con un tono di particolare soddisfazione.
Non sono sicuro che il concetto di Daniel Dennett di “credere di credere” si possa stiracchiare fino a coprire questo caso. Era ancora più strano. Non recitava il suo mito della creazione con la fede fanatica di chi ha bisogno di rassicurare se stesso. Non si comportava come se si aspettasse che noi, il pubblico, ci facessimo convincere – o come se avesse bisogno della nostra fede per convalidare la sua.
Dennett, oltre a parlare del credere di credere, ha anche suggerito che molte di quelle che vengono chiamate “credenze religiose” dovrebbero in realtà essere studiate come “professioni religiose”. Supponiamo che un gruppo di antropologi alieni studiasse un gruppo di studenti di inglese postmoderno che apparentemente sembrano tutti credere che Wulky Wilkensen fosse un autore post-utopista. La domanda corretta potrebbe non essere “perché tutti gli studenti credono questa strana cosa?” ma “perché scrivono tutti questa strana frase nei loro compiti?” Anche se una frase è sostanzialmente priva di significato, puoi comunque sapere quando è il momento in cui ci si aspetta che tu la reciti ad alta voce.
Credo che Dennett possa essere leggermente troppo cinico a suggerire che la professione religiosa consista solo nel recitare ad alta voce il credo – la maggior parte delle persone sono abbastanza oneste da sentirsi obbligate, se pronunciano un’affermazione religiosa, a ripetere la sentenza verbale nel proprio flusso di coscienza.
Ma anche il concetto di “professione religiosa” non sembra sufficiente a giustificare la pagana che sosteneva di credere nella mucca primordiale. Se devi professare un credo religioso per soddisfare un prete, o soddisfare un correligionario – diamine, per soddisfare la tua auto immagine di persona religiosa – dovresti far finta di credere in maniera molto più convincente di quello che quella donna stava facendo. Mentre recitava la sua storia della mucca primordiale, con quello strano orgoglio esibizionista, non stava nemmeno cercando di essere credibile – non stava nemmeno cercando di convincerci che lei stessa prendesse la sua religione seriamente. Credo che sia questa la parte che mi ha sconcertato. Conosco persone che credono di credere cose ridicole, ma quando le espongono, si sforzano molto di più nel convincersi che prendono seriamente la loro fede.
Alla fine ho capito che questa donna non stava cercando di convincerci e nemmeno di convincere se stessa. La sua recita della storia della creazione non riguardava affatto la creazione del mondo. Piuttosto, lanciandosi in una diatriba di cinque minuti sulla mucca primordiale, stava tifando per il paganesimo, come sventolare una bandiera a una partita di calcio. Una bandiera che dice: “FORZA BLU!” non è l’affermazione di un fatto o un tentativo di persuadere; non ha neanche bisogno di essere convincente – è tifo.
Quello strano orgoglio esibizionista… era come se stesse marciando nuda a una parata del gay pride. (Incidentalmente, non avrei avuto nessuna obiezione se avesse marciato nuda a una parata del gay pride. Il lesbismo non è qualcosa che la verità possa distruggere.) Non era solo tifo, come marciare, ma un tifo oltraggioso, come marciare nuda – convinta di non poter essere arrestata o criticata, perché lo stava facendo per la sua parata.
Questo è il motivo per cui era importante per lei che quello che diceva fosse oltre il ridicolo. Se avesse cercato di farlo suonare più plausibile, sarebbe stato come rimettersi i vestiti.