Londra, giovedì 13 aprile 2023
La mattina dopo Reinaldo Suarez arriva in ufficio puntuale alle otto e si immerge nel lavoro: è ormai in ritardo di quasi una settimana nell’analisi dei reperti della villa di epoca romana scavata recentemente nel Dorset, ma con un po’ di impegno dovrebbe riuscire a finire in giornata.
È di cattivo umore, ma questa non è certo una novità. Per Reinaldo l’irritazione è più una condizione esistenziale che episodica: a cinquantasette anni compiuti, con due lauree e una specializzazione in chimica fisica, trovarsi a dirigere quello che è fondamentalmente un laboratorio di analisi non è proprio quello che aveva sperato dalla vita.
Quando aveva venticinque anni sognava una carriera nella ricerca pura ma poi aveva scoperto che, se voleva continuare a mangiare e avere un tetto sopra la testa, doveva provvisoriamente adattarsi a lavori molto più pratici.
Poi il provvisorio era diventato definitivo: a quarant’anni aveva dovuto ammettere con se stesso che non aveva nessuna possibilità di tornare indietro; aveva ottenuto un posto nel laboratorio del British Museum e aveva fatto quel po’ di carriera che poteva fare; adesso si rendeva conto che il meglio che poteva aspettarsi dal futuro era di andare in pensione. Almeno è un lavoro sicuro e pagato, magari non molto ma di questi tempi…
Sono passate le dieci quando finalmente gli torna in mente lo strano anello o bracciale che gli ha consegnato Andrew Hyde il giorno prima e della promessa che aveva incautamente fatto di occuparsene; decide di fare qualche test prima che l’amico lo chiami per sapere cos’ha scoperto, per non essere costretto ad ammettere che se n’è dimenticato.
– Cominciamo con le basi. – Mentre misura l’oggetto prende rapidamente appunti: – La sezione del bracciale è quasi perfettamente circolare, con un diametro medio di 9,3 millimetri, l’ovale ha l’asse maggiore di 9,3 cm… strano, quasi esattamente dieci volte lo spessore… e il minore di 5,4… Il volume complessivo è di 14,85 centimetri cubici… Il peso… 66,8 grammi… 66,8 diviso 14,85… Densità 4,5…
Reinaldo si ferma, guarda il numero che ha appena scritto, ripensa all’idea assurda che gli era venuta in mente quando aveva preso in mano l’anello per la prima volta, il giorno prima: – Ma chi pensi di prendere per il culo? – Chiede all’oggetto che ha in mano. Perché il colore, la scarsa lucentezza, il fatto di non risultare troppo freddo al tatto e, ovviamente, la leggerezza che aveva inconsciamente stimato prendendolo in mano gli avevano fatto pensare: – Titanio. – Il che è palesemente assurdo. O forse no?
Perché Reinaldo ricorda bene che la densità del titanio metallico è proprio 4,5.
Naturalmente può essere solo una coincidenza: l’anello può essere di una qualche lega di stagno o piombo ed essere cavo, o con un nocciolo di materiale leggero, la densità media uguale a quella del titanio potrebbe essere solo casuale. Ma cosa può rendere così dura una lega di stagno? Rame? Arsenico?
– Ormai ho cominciato, tanto vale andare fino in fondo. – Fissa l’anello sul piano del durometro e misura la durezza superficiale: 146 gradi Brinell. Di nuovo, niente di decisivo: è quello che si sarebbe aspettato da un campione di titanio metallico, ma è anche compatibile con alcuni tipi di bronzo.
– Quindi quest’oggetto per essere così leggero dev’essere cavo! Lo scopriremo in fretta.
Reinaldo fa rapidamente quattro radiografie al bracciale, da diverse angolazioni, e poi infila le lastre nella sviluppatrice. Se, come pensa, l’oggetto è cavo o formato da una lamina riportata su un supporto di materiale leggero, alla radiografia dovrebbe apparire più opaco ai bordi che al centro, e dall’andamento della densità in funzione della distanza dal centro avrebbe potuto facilmente calcolare lo spessore del rivestimento metallico.
Prende le lastre appena sviluppate e impreca ad alta voce: – Fuck the fucking fuck!
La radiografia frontale gli dice immediatamente quello che sperava di non vedere: la densità è maggiore al centro e sfuma lentamente verso i bordi. Per scrupolo mette la lastra nello scanner ed esegue un’analisi densitometrica, ma il risultato non lo sorprende affatto, l’assorbimento ai raggi X è pressoché uniforme in tutto il volume del bracciale.
A questo punto Reinaldo è furioso, con l’oggetto e con Andrew che gli ha passato questo problema. Ormai si è dimenticato delle travi di legno del Dorset e vuole arrivare in fondo alla faccenda, decide di passare alle maniere forti. Quando ottiene i risultati della spettroscopia fotoelettronica a raggi X è ormai sicuro che qualcuno lo sta davvero prendendo per il culo, e la cosa non gli piace per niente; prende il telefono e compone un numero interno.
– Andrew Hyde.
– Ciao, sono Reinaldo. Ho fatto un po’ di test su quell’oggetto che hai lasciato ieri e…
– Ah, bene. Hai trovato qualcosa di interessante sull’anello?
– Senti, Andrew, noi due ci conosciamo ormai da più di dieci anni. Se questa storia è tutto uno scherzo organizzato da te, dimmelo e ci facciamo due risate, OK?
– Uno scherzo? No, se è uno scherzo è più probabile che la vittima designata sia io. Che cosa hai scoperto?
– Che quell’anello, come lo chiami tu, deve essere un falso. La densità, l’assorbimento X e la spettroscopia fotoelettronica concordano sul fatto che sia costituito da titanio metallico, virtualmente puro, con solo qualche traccia di biossido di titanio sulla superficie, in quelle lievi striature bianche e giallastre.
– Ma è impossibile!
– È quello che ti ho appena detto. Quindi dev’essere un falso; le domande adesso sono: chi l’ha realizzato, quando e perché. Chi può avere avuto interesse a organizzare una burla così grottesca?
– Aspetta, non può essere un falso troppo recente: ho una lettera manoscritta del vecchio Loftus che descrive l’anello fin troppo bene, compreso il fatto che gli sembrava troppo leggero e duro per essere una lega antica. Quindi chiunque abbia concepito questo scherzo l’ha fatto per colpire lui, non me, né tanto meno te.
– No, anche questo è assolutamente impossibile. Il titanio metallico è stato isolato per la prima volta all’inizio del secolo scorso e la produzione industriale è cominciata solo negli anni ’50. Non è possibile che il tuo Loftus abbia avuto per le mani quest’oggetto più di centocinquanta anni fa!
– Allora dev’essere un falso anche la lettera. Eppure la calligrafia è proprio quella di Loftus, e ormai a forza di leggere i suoi manoscritti posso assicurarti che sono un esperto in questo campo.
– Guarda, ormai che ho fatto trenta, posso far trentuno: sono quasi le due, vedo di mangiare qualcosa e passo dal tuo ufficio. Tu dammi quella maledetta lettera e vedrò di analizzare anche quella.
– D’accordo, a fra poco.
Dopo aver ingoiato rapidamente un paio di sandwich al bar del museo, Reinaldo passa nell’ufficio di Hyde a recuperare la lettera di Loftus e torna nel suo laboratorio.
Mentre lo spettrografo di massa lavora su un frammento di carta ritagliato da un angolo, Reinaldo esamina agli ultravioletti entrambi i lati del foglio, alla ricerca di abrasioni che tradiscano correzioni al testo manoscritto.
Niente. L’analisi al 14C conferma che la carta è stata confezionata nel 1845, più o meno quindici anni; a parte i segni dove la lettera era stata piegata in quattro per essere imbustata, non ci sono segni di cancellature e anche l’analisi dell’ossidazione dell’inchiostro di china utilizzato conferma che la scrittura è vecchia almeno cent’anni.
– Tutto questo è semplicemente assurdo!
Riprende il bracciale e comincia a rigirarselo tra le dita, esaminandolo con cura. La superficie è perfettamente liscia, a parte la lieve irregolarità dovuta all’usura – Ma quanto tempo ci vuole per consumare e ossidare così un pezzo di titanio? – senza decorazioni o scalfitture. C’è solo una sottilissima riga vicina al centro del lato più lungo, anzi sono due, e sembrano perfettamente parallele…
Reinaldo prende di nuovo in mano le lastre radiografiche e le esamina con cura.
Poi prende una decisione: mette la lettera, il bracciale e le lastre in un cassetto, lo chiude a chiave e intasca la chiave; manda una e-mail ad Andrew chiedendogli se può raggiungerlo in laboratorio la mattina dopo, spegne il computer, chiude l’ufficio ed esce per tornare a casa.
Sono ormai quasi venti anni che Reinaldo vive e lavora a Londra e nella sua periferia, e quasi non ricorda più la sua Barcellona; ma negli ultimi cinque o sei anni la situazione, per lui come per altre decine di migliaia di immigrati, è cambiata radicalmente. Sette anni di propaganda hanno convinto la popolazione che il crollo della sterlina, l’aumento dei prezzi e la conseguente perdita di potere d’acquisto dei salari, fossero colpa dell’Europa, una specie di infantile ripicca per la scelta del Regno Unito di rivendicare la propria autodeterminazione. E di conseguenza, gli stranieri sono stati sempre più emarginati mentre gli inglesi sfogano contro di loro un rancore solo parzialmente inconscio per il costante peggioramento del proprio tenore di vita.
Se nella City questo non si nota ancora più che tanto, qui in periferia la faccenda è diversa. A Surbiton ormai da qualche anno si è instaurata una specie di segregazione informale: ci sono pub che sono frequentati quasi esclusivamente da immigrati, mentre in quelli utilizzati dagli inglesi non sono visti di buon occhio. E poi naturalmente ci sono gli scozzesi che non sanno bene dove andare: dopo la secessione dal Regno Unito e l’adesione all’Unione Europea di tre anni prima, sono guardati storti sia dagli inglesi che dagli immigrati.
Sono appena passate le sette di sera e Reinaldo sta già affrontando la terza pinta di lager a The Castle, uno dei pub frequentati dagli stranieri, insieme al suo amico Massimo Ferrara.
– … e ho passato tutta la settimana a datare frammenti di travi provenienti da quella fottuta villa romana che hanno trovato nel Dorset.
– È un lavoro così complicato? Pensavo che con il radiocarbonio fosse un’operazione abbastanza di routine.
– Lo è, ma il carbonio quattordici non è un metodo molto preciso, su reperti di duemila anni fa, l’incertezza di misura è di svariati decenni. Con la dendrocronologia si possono ottenere risultati molto più precisi, nei casi ottimali possiamo avere uno scarto di appena un paio d’anni in più o in meno.
– Così poco? E come funziona?
– Beh, in teoria è molto semplice: prendi un pezzo di legno antico, metti in evidenza gli anelli di accrescimento, li misuri e li confronti con serie storiche note; la velocità di crescita degli alberi dipende dal clima, e ogni anno lo spessore dell’anello è un po’ differente da quello degli anni contigui. La parte difficile è trovare la sequenza storica a cui il tuo campione si adatta meglio.
– Ah, capisco. È un po’ lo stesso tipo di analisi di cui mi occupo io. – Massimo lavora in una start-up che si occupa di bioinformatica: – Solo che tu confronti le sequenze degli spessori degli anelli, mentre il software che sto scrivendo io deve confrontare e allineare sequenze di nucleotidi. La mia ditta spera con questo nuovo algoritmo di saltare sul carro delle tecniche CRISPR/CAS che negli ultimi tre o quattro anni hanno fatto enormi passi avanti.
– Sì, ne ho sentito parlare. Qualcosa a che fare con le terapie geniche, vero?
– Esattamente. Correzione di geni difettosi direttamente nelle cellule somatiche; le applicazioni potenziali sono quasi infinite, dalla cura di malattie genetiche, all’eliminazione della predisposizione ereditaria per certi tipi di tumori o malattie, alla cura diretta di infezioni virali particolarmente difficili da trattare, come HIV, HCV o i vari tipi di herpes. – Massimo termina la sua birra e fa un cenno al cameriere: – Ma piuttosto, a cosa vi serve datare tutte quelle travi in maniera così precisa?
– Perché gli archeologi che l’hanno scavata ritengono che quella villa abbia avuto una storia abbastanza complicata, e in effetti dai dati preliminari sembra che sia stata costruita all’inizio del secondo secolo, e poi rimaneggiata più volte nei tre secoli successivi, ma almeno due dei frammenti che ho analizzato sembrano risalire all’inizio del primo secolo avanti Cristo, quando i romani non erano ancora arrivati qui; stanno cercando di capire se si tratta di riutilizzo di materiali provenienti da costruzioni precedenti o importati da altrove…
– … oppure se è passato il Dottore e ha incasinato le prove come suo solito. – Conclude Massimo con una risatina,
– No, non credo che ci siano dubbi del genere, dopotutto basta solo che abbiano riutilizzato delle travi già vecchie di duecento anni; una buona trave di quercia può durare anche molto più a lungo. – Ordinano un altro giro di birre a un cameriere annoiato che è riuscito ad arrivare fino al loro tavolo: – Piuttosto, dato che non avevo abbastanza da fare Hyde, quello di Mesopotamia Antica, mi ha scaricato un problema veramente strano; qui sì che ci dev’essere lo zampino del Dottore. Cosa devo pensare se mi portano da analizzare un oggetto trovato nel diciannovesimo secolo in una tomba vecchia di duemila anni e scopro che è una fusione di titanio quasi chimicamente puro?
– Che è uno scherzo, ovviamente.
– Il che ovviamente è quello che ho pensato anch’io. E Hyde ha tirato fuori una lettera che descrive l’oggetto e che è indiscutibilmente autentica, vecchia di almeno centosettanta anni. È stato qui che ho pensato seriamente al professor Chronotis.
– A chi?
– Chronotis, quello di Dirk Gently. Ricordi?
– Ah, sì, quel personaggio che aveva uno studio in non so quale università e che in realtà era una macchina del tempo?
– Proprio lui. Secondo me stava facendo un picnic nella Urukh del primo secolo e ha dimenticato laggiù i portatovaglioli di titanio. Onestamente, di tutte le ipotesi che ho fatto oggi, questa mi sembra la più realistica!
– Ma dai, seriamente, come puoi pensare che un coso del genere, fatto di titanio puro, abbia più di duemila anni?
– Infatti non lo penso. Ma se è per questo non può neanche averne centosettanta, eppure c’è una lettera di quell’epoca che lo descrive, scritta dalla persona che dice di averlo trovato in una tomba antica. È chiaro che tutto questo è impossibile, ma non riesco a trovare una spiegazione dei fatti più sensata di un intervento di Chronotis.
– Ma non hai modo determinare l’età del manufatto stesso?
– La risposta semplice è: no. Il titanio è un elemento leggero che non ha radioisotopi naturali e quindi non si possono usare metodi come quello basato sul rapporto uranio-piombo, o altri simili. Normalmente i manufatti metallici vengono datati a partire dal contesto in cui sono trovati, oppure in base alle tecniche e agli stili di lavorazione. In questo caso sono entrambi irrilevanti, dato che non ci sono precedenti di manufatti antichi di titanio e che l’unico contesto dimostrabile è una busta nei magazzini del British Museum.
– Vuoi dire che non ti puoi fidare della documentazione di scavo?
– Voglio dire che se mi fidassi della documentazione lasciata da quell’archeologo – Reinaldo sputò la parola come se gli desse fastidio – dovrei datarlo al primo secolo dopo cristo, visto che lui dice di averlo trovato in una tomba di quell’epoca. Ma siccome questo è palesemente impossibile, i casi possibili sono solo due: o la sua testimonianza è stata falsificata, in tempi abbastanza recenti da far sì che fosse reperibile un oggetto del genere, oppure qualcuno è andato in un negozio di bigiotteria, ha comprato un braccialetto di titanio e ha usato una macchina del tempo per nasconderlo in una tomba che non è stata aperta negli ultimi duemila anni, tutto questo per fare uno scherzo a un vecchio archeologo e fare impazzire definitivamente il sottoscritto.
– Secondo me la cosa migliore che puoi fare è di restituirlo al tuo amico e dimenticarti di tutta la faccenda. Dopotutto, è chiaro che si tratta di una burla, e scoprire chi e quando l’ha concepita non vi servirà a niente.
– Hai ragione. Domattina conto di fare un ultimo test e poi mando al diavolo tutto. Dimmi di te piuttosto, come vanno le cose alla Biogen?
– Mmm… Per loro abbastanza bene, direi. Il mio software è quasi pronto, siamo già alla fase di collaudo sul campo; il problema è che il mio contratto scade ai primi di luglio e…
– Non dirai che non te lo rinnovano! Con tutto il lavoro che hai fatto per loro e il know-how che hai accumulato sarebbero degli idioti a mandarti via.
– Era quello che pensavo anch’io. Ma poi è venuta fuori questa cosa delle quote per i dipendenti stranieri e degli sgravi per chi assume cittadini inglesi; mi hanno detto chiaro e tondo che con quello che gli costerebbe rinnovarmi il contratto, possono assumere due inglesi di professionalità equivalente.
– Oh, cazzo!
– Non mi hanno ancora dato il benservito, ma la mia personale stima della probabilità che mi rinnovino è scesa sotto il trenta per cento, e quindi ho già cominciato a guardarmi intorno.
– Hai già avuto delle proposte interessanti?
– Qualcosa… Un cacciatore di teste dall’Olanda e un paio dalla Germania. Però onestamente spero che non si debba arrivare a questo; tutto sommato qui ci sto abbastanza bene, non ho molta voglia di ricominciare da capo in un altro paese.
– Ti capisco. Anch’io mi sono sempre trovato bene a Londra, anche se negli ultimi anni la situazione si è deteriorata un bel po’; d’altra parte non è che altrove le cose vadano molto meglio. Guarda ad esempio gli Stati Uniti…
Massimo rabbrividisce all’idea: – Ecco, quello è un posto dove non andrei a vivere! Ad ascoltare le notizie sembra che siano sull’orlo di una guerra civile.
– Forse no, ma sicuramente in questo momento non è il posto migliore per essere uno straniero immigrato.
Comincia a far tardi e di comune accordo lasciano il Pub e si dirigono ciascuno verso casa propria. Per Reinaldo domani sarà un’altra lunga giornata da passare a datare travi romane, con un po’ di fortuna potrebbe riuscire a concludere le analisi.
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Nel caso qualcuno di voi stesse **davvero** aspettando il quinto capitolo di Indistinguibile dalla Magia, temo dovrà avere un po’ di pazienza.
Ho passato questo fine settimana in ufficio a smaltire lavoro arretrato, e quindi sono in ritardo a scrivere.
Dovrei riuscire a completarlo domani sera o, al peggio, martedì.