Capitolo 10


Colloqui

Narbo, a.d. VI Id. Iun. 872 AUC

– Allora, di chi è stata questa bella idea? – Tito Canio Rufo agitò sotto il naso di suo figlio il manifesto che aveva staccato dalle colonne del teatro: – Avevate intenzione di suicidarvi o cosa? Se volevate dare al proconsole un motivo per arrestarvi, non potevate trovare di meglio.
Erano in quattro in una stanza al primo piano della villa urbana del proconsole, con due milites di guardia appena fuori dalla porta: Tito Canio Rufo, Egidio Iulio Enobarbo e i rispettivi figli Marco e Lucio; Mario Prisco aveva acconsentito a questo colloquio in considerazione delle importanti cariche dei due genitori. Gli altri Figli della Gallia erano sotto custodia in altri due cubicula della villa. Stranamente era proprio il flamen il più irritato dei due: Egidio, normalmente il più collerico, sembrava più rassegnato che infuriato.
– No, padre, – gli rispose pacato il figlio – semplicemente, dopo che abbiamo saputo quello che ti ha detto il liberto del proconsole, abbiamo deciso che non c’era più niente da perdere.
– Niente da perdere salvo le vostre teste. Se prima avevano solo dei sospetti ora hanno delle prove! Se vi avessero arrestati prima di questa bella trovata, potevamo probabilmente tirarvi fuori senza troppe difficoltà, così invece la situazione è molto più difficile. – Il flamen si calmò un po’ e tirò il fiato prima di riprendere: – Allora, di chi è stata l’idea?
– Non ricordo esattamente, ne abbiamo discusso tutti insieme. Lucio, tu ricordi chi l’ha proposto per primo?
– Mi pare sia stato Diviziaco a sollevare l’argomento… – Cominciò Lucio, ma venne immediatamente interrotto da suo padre:
Diviziaco? E che razza di nome sarebbe?
– Ehm… – Esitò Lucio – È il nome che usa tra noi. Il suo vero nome credo sia Cneo Domiziano.
– Credi? – Lo rimbeccò Canio Rufo: – Vuoi dire che non sapete neanche chi sono i vostri compagni?
– No, certo che no. Ci conosciamo tutti da anni, a parte Cneo: è arrivato ad Arelate un paio di mesi fa, mi pare sia proprio di qui, di Narbo; ce l’ha presentato Ambiorix, Tito Oppiano, che l’ha conosciuto alla Popina del Legionario…
– … e voi l’avete accolto a braccia aperte senza nemmeno indagare su chi fosse. – Concluse ironico Canio Rufo: – Bei cospiratori che siete! Il liberto del proconsole aveva parlato di un testimone, penso che sarebbe più corretto parlare di una spia. Ha introdotto questo Domiziano nel vostro gruppo, e lui vi ha convinti a fare la cosa più stupida che poteste fare.
– Ma, come puoi essere così sicuro che questo Domiziano sia un agente di Mario Prisco? – Si intromise Egidio.
– Come faccio a esserne sicuro? – Gli rispose il flamen: – Cneo Domiziano spunta dal nulla, anzi arriva proprio da Narbo, ed entra a far parte di questo famigerato sodalizio. Nel giro di due mesi il proconsole viene a sapere tutto di loro, abbastanza per arrestarli tutti contemporaneamente. E non solo questo nuovo arrivato li convince a darsi la zappa sui piedi da soli, ma è anche così sicuro di avere a che fare con degli imbecilli – e l’occhiata che lanciò a questo punto ai due giovani li fece diventare di un bel color porpora – che si permette anche di prenderli in giro, tranquillo di essere al sicuro.
– Prenderci in giro come? – Chiese Marco.
– Avete detto che si fa chiamare Diviziaco, ma tu lo sai chi era Diviziaco?
– Ehm no… Effettivamente il nome sono sicuro di averlo già sentito, ma non ricordo bene. Non era un capo della tribù degli Edui?
– Esattamente. Un capotribù degli Edui, uno dei più fedeli alleati di Caio Iulio Cesare e di Roma durante la conquista della Gallia. E voi Figli della Gallia avete tranquillamente dato fiducia a uno sconosciuto che ha scelto di usare questo nome? Complimenti!
– D’accordo, ci siamo fatti fregare come degli idioti. E adesso cosa facciamo? – Chiese Lucio.
– Rispetto a prima, adesso abbiamo un piccolo vantaggio: sappiamo chi è l’informatore del proconsole. – Rispose Canio Rufo: – Cercate di ricordare tutto quello che è stato detto in sua presenza, anche le cose più banali, così potremo cercare di prevedere che forma prenderanno le accuse. Poi io e tuo padre cercheremo di mettere insieme una linea di difesa per tutti voi. Il proconsole ha fissato l’udienza per l’inchiesta preliminare a tre giorni da oggi, quindi non abbiamo molto tempo.


Anche Tito Mario Prisco e il suo segretario Citrio Pio erano nella villa, ma si trovavano al piano terreno, nello studio privato del proconsole.
– Allora, Citrio, sei sicuro che li abbiamo davvero presi tutti? – Il proconsole sembrava dubbioso: – Sono davvero così in pochi i tuoi cospiratori?
– Sembra di sì, proconsole. Secondo Domiziano alle riunioni partecipavano solo questi otto, oltre ovviamente a lui; dice che ha sentito qualche volta gli altri parlare di una donna chiamata Andarta, ma lui non l’ha mai incontrata e non sa quale sia il suo vero nome.
– Quindi abbiamo solo questi otto ragazzi, una donna che non sappiamo neanche chi sia e il tuo agente? Onestamente non sono per niente soddisfatto di come sta andando questa faccenda: mi avevi parlato di una pericolosa associazione sovversiva, ma ho il sospetto che finirà tutto in una farsa.
– Con tutto il rispetto, proconsole, ti rammento che tutto è partito da una denuncia che ci è arrivata da Aulo Pompeio, decurio di Arelate. Ricorderai certo che anch’io ero molto dubbioso sulla faccenda, ma d’altra parte i recenti avvenimenti, e la pubblicazione di quello scandaloso libello, dimostrano che qualcosa sotto c’era davvero.
– Già, il libello. – Il proconsole si era incupito pensando al risultato degli sforzi retorici di Lucio: – Certo, quella è una cosa che non possiamo lasciar passare impunita: attaccare la persona del proconsole equivale ad attaccare il Senato di Roma, di cui lui è il diretto rappresentante.
– Proprio così. – Confermò il segretario: – E quindi come intendi muoverti? Li teniamo in arresto fino alle Idus in attesa dell’arrivo del praetor Quinto Metello?
– No Citrio, accusare formalmente di sedizione davanti al praetor peregrinus alcuni giovani e ricchi cittadini romani potrebbe essere una pessima mossa per la mia carriera, se questi dovessero poi risultare innocenti.
– Hai ragione, naturalmente. Cosa intendi fare, se posso chiederlo?
– Preferisco condurre io stesso un’inchiesta preliminare: se dovessi trovare fondati sospetti della loro colpevolezza, li possiamo sempre tenere qui in attesa del praetor; ma se la cosa dovesse finire in niente, preferisco evitare di coinvolgere Quinto Metello in un processo che rischierebbe di farci fare la figura degli sciocchi.
– Molto bene. Ho sentito che i padri di due dei ragazzi stanno parlando con loro, immagino per concordare una linea di difesa.
– Sì, è così. Li lasceremo a preoccuparsi ancora per due o tre giorni, poi terremo questa inchiesta. Naturalmente i due genitori potranno partecipare come avvocati difensori. Ti puoi occupare tu dei dettagli?
– Certamente, proconsole.

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