L’agente – L’eques – Il flamen – Panico
Arelate, Prid. Kal. Iun. 872 AUC
– Era ora che arrivassi, questo posto è una fogna!
Citrio Pio era seduto da un bel pezzo ad uno dei tavolacci della Popina del Legionario e, se l’ambiente non era per niente di suo gusto, il proprietario del locale gli era risultato ancor meno gradito.
Era arrivato al porto di Arelate in mattinata, dopo un tranquillo viaggio di un paio di giorni da Narbo, ufficialmente allo scopo di incontrarsi con i magistri del locale collegium dei dendrophori per rinegoziare i vectigalia e le concessioni relative allo sfruttamento delle foreste demaniali.
In realtà aveva altre e più segrete incombenze da sbrigare ad Arelate. Per esempio, solo il proconsole sapeva di questo incontro con il suo agente infiltrato nei Figli della Gallia.
– Scusami Citrio Pio, ma mentre venivo in qua ho incontrato quello che si fa chiamare Lucterius, e ho avuto qualche difficoltà a liberarmi di lui. Ovviamente non potevo permettere che vedesse che mi dovevo incontrare con te, vero?
– Lucterius?
– Sì, è il nome di un antico capo di una tribù dei Galli. Tutti noi abbiamo un soprannome del genere, per non usare i nostri veri nomi. È una sciocchezza, ovviamente, visto che comunque ci conosciamo tutti.
– Capisco. Hai qualcosa di nuovo da riferirmi?
– Non ancora Citrio, ma… – Si interruppe vedendo Corax che si avvicinava al loro tavolo: – Portaci da bere Corax, e magari anche qualcosa da mangiare.
Non appena l’oste si fu allontanato, l’agente riprese: – Non ancora dicevo, ma credo che ormai sia questione di poco tempo prima di far scattare la trappola.
– Tu dici? Che cosa stai organizzando?
– Sto cercando di convincerli a fare il passo più lungo della gamba. Se tutto procede come dico io, presto questi sciocchi faranno un qualche tipo di azione pubblica e avrai tutte le prove che ti servono per arrestarli.
Vennero di nuovo interrotti dall’arrivo di Corax con vino e stufato di carne. Appena furono di nuovo soli, Citrio riprese a parlare: – Un’azione pubblica? Spero niente di troppo violento. Il proconsole non sarebbe affatto contento se ci dovesse scappare il morto.
– No, no, niente del genere, stai tranquillo. Stanno cominciando a capire che un gruppo di otto cospiratori, nove con me, non ha molte possibilità di fare guerra a Roma. – Risero entrambi: – Così cercheranno di reclutare nuovi membri, probabilmente mettendo in giro un libello sovversivo anonimo, o qualcosa del genere.
– Ma se è anonimo, che razza di prova è? – Sbottò Citrio.
– È una prova del fatto che quel gruppo fa attività sovversive. – Sorrise: – Per il resto hai pur sempre un testimone che può riconoscere i cospiratori.
– È vero. Hai ragione, – ammise Citrio – potrebbe bastare. Anzi, basterà sicuramente, perché oltre alla tua parola ci sarà anche la mia a convincere il proconsole.
– Bene, allora proseguo su questa strada.
– Sì, ma cerca di stringere i tempi: vorrei averli tutti arrestati prima delle Idus.
– Come mai tutto ad un tratto hai tanta premura? Cosa ti aspetti che succeda alle Idus?
– Niente che ti riguardi! Tu occupati del tuo lavoro e fammi avere quelle prove.
– Eques Egidio Iulio Enobarbo, – la voce di Citrio Pio aveva un tono persino più untuoso del solito – sono felice che tu sia riuscito a trovare il tempo per ricevermi nonostante lo scarso preavviso.
– Mi hanno detto che devi riferirmi notizie gravi e importanti che riguardano la mia famiglia, – Iulio Enobarbo non cercava neanche di mascherare la propria avversione nei confronti del segretario del proconsole – dimmi di che cosa si tratta.
– Sì, eques, ti hanno riferito correttamente. Devi sapere che qualche tempo fa il proconsole Tito Mario Prisco ha ricevuto una denuncia secondo cui, proprio qui ad Arelate, un gruppo di facinorosi sta organizzando una congiura con intenti sovversivi ed esplicitamente antiromani.
– Ma questo è spaventoso! – Egidio era inorridito: – Spero che siano stati presi immediati provvedimenti.
– Certamente, ma con cautela. Devi sapere che, dalle informazioni in nostro possesso, risultano coinvolti in questa congiura alcuni esponenti di famiglie molto in vista; di conseguenza il proconsole ha preferito svolgere ulteriori indagini prima di procedere con arresti senza dubbio clamorosi.
– Famiglie in vista? Non ti riferirai per caso…
– Purtroppo sì, eques, siamo assolutamente certi che tuo figlio Lucio sia coinvolto in questo gruppo, che si fa chiamare dei Figli della Gallia.
– Lucio!
– Naturalmente il proconsole si rende conto che il ragazzo è giovane, e probabilmente si è fatto trascinare da cattive compagnie. Nessuno potrebbe davvero credere che tuo figlio sia un pericoloso criminale, ma…
– Ma? – Ormai Egidio si limitava a seguire gli eventi.
– Ma c’è un problema. Sono assolutamente sicuro che al momento dell’inchiesta tuo figlio ne verrebbe fuori senza macchia, se il processo fosse tenuto dal proconsole. Il guaio è che sta per arrivare da Roma il praetor peregrinus Quinto Metello, lo aspettiamo a Narbo per le Idus di Iunius e, vista la gravità delle accuse sollevate, vorrà certamente occuparsi lui delle relative indagini.
– Questo solo se mio figlio arriva vivo al processo. Lo strangolo io con le mie mani quel disgraziato!
– Capisco la tua indignazione, eques, ma ti ripeto che sono certo che tuo figlio è stato coinvolto in qualcosa di più grande di lui, qualcosa che è troppo giovane per capire.
– Sciocchezze, non è più un bambino. È responsabile delle sue azioni, e ne pagherà le conseguenze, quali che siano.
– Sei sicuro di non essere un po’ troppo severo, eques? Le conseguenze di un’accusa di sedizione e tradimento possono essere molto gravi. È proprio per questo che ho voluto parlarti della cosa, approfittando della mia presenza qui ad Arelate per altri impegni: il proconsole è così sicuro dell’effettiva innocenza di tuo figlio che vorrebbe aiutarlo stralciando la sua posizione dall’inchiesta. Il problema è che ci sono dei testimoni, pronti a confermare sotto giuramento che Lucio ha partecipato a quelle infami riunioni dei Figli della Gallia; d’altra parte, come sai, il silenzio di un testimone si può sempre comprare…
– E quanto chiederebbe il proconsole per scagionare mio figlio da questa accusa?
– Duecentomila sesterzi. Tu capisci che…
– No!
– Ma eques, tu capisci che i testimoni…
– Ho detto no! Non sono disposto a pagare né duecentomila né dieci sesterzi. Se mio figlio si è messo nei guai sono affari suoi, e se ne dovrà tirare fuori da solo. Se è innocente, come dici che sei sicuro che sia, dovrà dimostrare la sua innocenza; se è colpevole, pagherà per le sue colpe.
– Eques, non credo che la tua sia una scelta saggia.
– Può darsi che non lo sia, ma questa è la mia decisione, e non intendo cambiarla.
– Allora temo che non abbiamo altro da dirci, eques. – Concluse Citrio Pio alzandosi: – Auguro la migliore fortuna a te e a tuo figlio, vale.
– Flamen Canio Rufo, sono felice che tu sia riuscito a trovare il tempo per ricevermi nonostante lo scarso preavviso…
Quella sera Lucio arrivò alla taberna dell’erma di corsa, trafelato e in ritardo. Dopo aver seguito il solito rituale alla porta si precipitò dentro, trovando una confusione indescrivibile: tutti cercavano di parlare contemporaneamente, con il risultato che nessuno riusciva a terminare una frase.
Ci volle mezz’ora perché tornasse un minimo di calma, e intanto Lucio, cioè Cingeto, si era fatto un’idea della situazione; i suoi compagni avevano già ricevuto da Ambiorix le stesse notizie che lui portava: l’inchiesta del proconsole, l’esistenza di testimoni che li potevano identificare, il prossimo arrivo del praetor peregrinus da Roma.
– Bene amici, – Diviziaco riuscì finalmente a prendere la parola: – queste notizie ovviamente cambiano tutto: siamo stati scoperti, quindi non ha più senso nasconderci. Æterno duro. Resistiamo, sempre, fino all’ultimo!
– Æterno duro! – Risposero tutti gli altri, chi più convinto, chi meno.
– Io penso che questa situazione richieda che qualcuno faccia un’azione assolutamente futile e stupida… – Commentò Ambiorix: – Si tratta solo di stabilire quale.
– Ha ragione Diviziaco, – aggiunse Dumnorix – arrivati a questo punto sarebbe inutile e impossibile tirarci indietro. Propongo di procedere con l’imprimitura dell’oratio di Cingeto. Il testo è pronto?
– Sì Dumnorix, – confermò Cingeto – il testo è pronto ed è già in mano all’imprimitore che aspetta solo una conferma da parte nostra.
– Allora io propongo di procedere, – riprese Diviziaco – il più rapidamente possibile, sperando che il maledetto proconsole ci lasci abbastanza tempo. Mettiamo ai voti.
Avendo ormai appurato che non avevano più niente da perdere, la proposta venne approvata all’unanimità.