Epilogo


Roma, a.d. V Non. Mai. 844 AUC

Caio Arrio Emiliano sedeva sul suo scranno preferito nel tablinium della domus che era stata dei Mamilii e leggeva tranquillamente il cotidianus.
Lo faceva tutti i giorni, più che altro per abitudine: da quando pochi anni prima si era definitivamente ritirato a vita privata, non era particolarmente interessato alle ultime notizie ma, in quanto fondatore del primo e tutt’ora unico cotidianus di Roma, si sentiva in dovere di leggere ogni mattina tutte le quattro pagine dalla prima all’ultima riga.
Inoltre, questo gli dava la possibilità di restare in pace con se stesso per un paio d’ore, e anche questo non era un privilegio da poco. Soprattutto oggi, con la casa che stava subendo una benevola invasione da parte del suo figlio maggiore Lucio accompagnato dalla moglie e dai tre figli.
Lucio aveva completamente preso in mano la gestione della vecchia attività del padre, la taberna libraria, l’imprimitoria e la gestione del cotidianus, nonché la fabbrica di scinzi della madre che nel corso degli anni si era enormemente ingrandita. Il figlio minore, Publio, si occupava invece dell’attività mercantile dei Mamilii ed era, proprio in questo periodo, in viaggio in Egitto per affari.
Era strano pensare a quante cose aveva visto cambiare nel corso della sua vita che, grazie agli dei, era stata lunga e fortunata: anche il cotidianus, che adesso sembrava la cosa più naturale del mondo, esisteva solo da dieci anni o poco più, e nessuno prima aveva mai immaginato qualcosa del genere.
Prima c’erano solo i commentarii nundinarii, che Emiliano imprimeva nella sua bottega e distribuiva soprattutto alle popinae e alle tabernae della città. Era una singola pagina che riportava i programmi degli spettacoli del circo e poco altro.
Poi c’era stato il disastro del Vesuvio.
Quel giorno di October dell’anno 832 AUC, una nera colonna di fumo in direzione di Neapolis aveva annunciato la distruzione improvvisa di tre città. Quando i primi messaggeri erano arrivati a Roma da sud raccontando dell’accaduto Lucio, il figlio maggiore di Emiliano che non aveva ancora diciannove anni compiuti, aveva preso dei cavalli e un paio di schiavi ed era partito per Neapolis.
Nei dieci giorni successivi Lucio aveva inviato al padre delle lunghissime lettere con la descrizione di quello che aveva trovato laggiù: Pompeii e Stabiae non esistevano più, al loro posto una distesa di cenere e pietre. Herculaneum completamente distrutta, Neapolis e Misenum erano sopravvissute, ma la furia del mare e le rocce e la cenere cadute dal cielo avevano provocato danni enormi e un gran numero di morti.
Insieme a queste osservazioni, Lucio aveva riportato le testimonianze di tutti i superstiti che aveva potuto interrogare e dei pochi profughi di Pompeii ed Herculaneum.
Davanti a tutta questa massa di notizie che arrivavano anche due volte al giorno dal sud tramite i servi, Emiliano aveva fatto la cosa più ovvia: lavorando giorno e notte, lui e gli schiavi del laboratorio, avevano composto e impresso tutto il materiale che gli veniva inviato da Lucio, compresa la riproduzione incisa in fretta e furia di un paio di schizzi eseguiti da uno dei servi di Lucio, e li avevano distribuiti ogni giorno ai soliti clienti.
Quando l’emergenza del Vesuvio era finita e le lettere di Lucio avevano cominciato a diradarsi, il cambiamento era ormai avvenuto: i nundinarii commentarii de rebus romanis erano ormai diventati commentarii cotidiani, e tali rimasero. Il popolo di Roma aveva fatto in fretta ad abituarsi all’idea di ricevere notizie tutti i giorni e nel giro di pochi anni la diffusione si era allargata a diverse delle maggiori città italiane.
Il piccolo Caio, – Piccolo? Ormai dovrebbe avere undici, no dodici anni. Alla sua età ero già apprendista del vecchio Gregorios… – il maggiore dei suoi nipoti, si precipitò nel tablinium interrompendo il flusso dei ricordi – Nonno, ma è vero che ai tuoi tempi i libri si srotolavano invece che sfogliarli? – Chiese, con aria stupita.
– Sì giovanotto, è vero. – Emiliano sorrise, ironico: – I libri si srotolavano invece di sfogliarli, erano scritti su pergamena invece che su scinzi e costavano così tanto che solo i più ricchi potevano permettersi di possederne. Ricordati sempre quanto sei fortunato a essere nato in quest’epoca, in cui la cultura è alla portata di tutti.
– Ma è vero – chiese ancora il ragazzo – quello che dice mio padre, che siete stati voi a cambiare tutto questo?
– È vero e non è vero. – Rispose Emiliano. L’espressione era adesso più seria: – Sì, io sono stato il primo a imprimere libri, e tua nonna ha fondato la prima fabbrica di scinzi, ma Ramaswami di Nikam le ha insegnato come fare a produrlo, e il mio vecchio maestro Gregorios di Alexandria ha inventato la tecnica dell’imprimitura, e Vario Rufo ha inventato la macchina per imprimere, e Marco Lollio ha realizzato per primo le matrici modulari e Tsai Yong ha inventato lo scinzi. – Si fermò un attimo a riprendere fiato: – Vedi, è raro che un cambiamento importante dipenda dalle azioni di un singolo individuo, e spesso è ozioso domandarsi chi è che lo ha provocato.
– Ma ci sono sicuramente dei casi in cui sono le azioni di un individuo a fare la storia; per esempio, – insistette il nipote – se Ottaviano non avesse preso il potere dopo la morte di Giulio Cesare avremmo ancora le guerre civili…
– Può darsi. O forse, se non l’avesse fatto Ottaviano, sarebbe stato qualcun altro a fermare le guerre civili e a riformare la Repubblica. Chi può saperlo? – Emiliano fece una pausa: – Certo, se Antonio avesse sconfitto Ottaviano invece che il contrario, la storia sarebbe andata diversamente, ma alla fine chi può dire che il risultato finale non sarebbe stato lo stesso?
– Forse il corso degli eventi è preordinato dal Fato, come sostengono alcuni, o forse semplicemente le nuove idee si realizzano quando è giunto il loro momento. Se non fossimo stati io e tua nonna a farlo, probabilmente l’avrebbe fatto qualcun altro. Magari non nello stesso momento o nello stesso modo, magari dieci anni dopo, ma sono sicuro che essendo arrivato il momento giusto per l’imprimitura e per lo scinzi, qualcuno li avrebbe comunque inventati.
– Padre, – lo interruppe Lucio affacciandosi alla porta del tablinium – la mamma dice che se non ci raggiungi subito nel triclinium potrai pranzare tranquillamente insieme alla servitù nelle cucine.
– Lo dico sempre, questa città sta andando in malora, non c’è più rispetto per l’età e per il pater familias; – rispose Emiliano in tono scherzoso – va bene, Lucio, dille che arrivo subito. Stavo solo oziosamente filosofeggiando con il qui presente Caio di cose che non sono successe e di cose che avrebbero potuto accadere. Discorsi da vecchi, o da bambini.

© Paolo Sinigaglia 2013-2017 – È proibita la riproduzione anche parziale

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