3 – L’Osservatore


Eridu, 5530 aC

Ninsardoredisa e Enkitamedisa sono una coppia perfetta.
Anche se appartengono a diversi clan vengono entrambi dalla tribù Disa, il che è assolutamente usuale data la forte tendenza endogamica nelle tribù del popolo, e sono entrambi biologi: Ninsar, 312 anni, è specializzata in botanica mentre Enki, più giovane della moglie di una cinquantina d’anni, è un esperto nella domesticazione degli animali da allevamento; le loro professioni fanno sì che siano tra i pochi membri del Popolo, tendenzialmente e culturalmente isolazionista, a passare intervalli significativi di tempo sul continente, quasi sempre insieme, a volte persino a contatto con le popolazioni native.
Sono sposati da quasi settanta anni; naturalmente per il Popolo l’età non conta molto: è cosa abbastanza normale superare i mille anni di età e non infrequente i duemila o più; le cause principali di morte sono i molto rari atti di violenza individuale, gli incidenti e, non molto di frequente, il suicidio. Ninsar ed Enki non hanno ancora figli, ma anche questo è normale dato che sono ancora così giovani.
Da quasi due anni si trovano nell’area della foce del grande fiume che verrà poi chiamato Eufrate, foce che all’epoca si trovava circa in un punto che adesso dista circa cinquanta chilometri dal mare: nel corso dei secoli non solo i fiumi ma anche le coste si spostano, e il Golfo Persico si è lentamente ma inesorabilmente insabbiato.
Naturalmente Enki e Ninsar non restano permanentemente nelle zone selvagge del continente, ma tornano regolarmente a Tiamat quasi tutti i giorni: dopotutto è sufficiente chiedere alla Mente di Disa di aprire un portale dal luogo dove si trovano in quel momento, per tornare a casa in pochi minuti. Hanno però stabilito una specie di campo semi permanente nell’area della foce del fiume per vari motivi, non ultima la presenza di alcuni piccoli insediamenti di pescatori e cacciatori che praticano una forma di agricoltura primitiva. Per loro è una novità assoluta l’idea di esseri umani selvatici, cioè non appartenenti al Popolo, che conoscano l’agricoltura, e hanno quindi deciso di studiare le loro tecniche e i loro raccolti come progetto collaterale al loro lavoro di ricerca di nuove varietà di piante e animali più adattabili al clima sempre più caldo. Hanno imparato facilmente la lingua degli Unsangiga, come questa gente si definisce, e ogni tanto passano con loro un po’ di tempo, studiando i loro costumi e insegnando loro qualche tecnica migliore per pescare o coltivare la terra.
Rispetto agli Unsangiga, che difficilmente raggiungono il metro e sessanta di altezza, Ninsar ed Enki, soprattutto la prima che supera il metro e ottanta, sono dei giganti. In più hanno conoscenze, utensili e poteri sconosciuti ai selvaggi; non è stato quindi difficile per loro ottenere rispetto e persino venerazione da questi nativi.
È il pomeriggio di un giorno di fine estate e Ninsar sta parlando con la Mente di Disa, sta registrando i suoi appunti relativi al lavoro della giornata: – … e ho individuato una nuova varietà di triticum che produce spighe più folte e con semi più grandi di quello che coltiviamo usualmente. Ho raccolto dei campioni per la semina, sarà necessario verificare se sono adattabili al clima di Tiamat.
– Hai già scelto un nome per questa nuova varietà, Ninsardoredisa?
– Non ancora. Penso sia meglio verificare prima se può essere di qualche utilità. – Né Ninsar né suo marito Enki sono dei Testimoni anche se, trovandosi spesso a lavorare al di fuori dell’Isola, hanno un accesso diretto alla Mente di Disa, sia per comunicare e registrare i loro appunti, sia per farsi aprire portali per tornare a casa o per spostarsi da una zona all’altra in questo territorio selvaggio e senza strade: – Inoltre, oggi ho notato che gli Unsangiga coltivano tra i loro legumi una varietà di lenticchie diversa da quelle che conosciamo, e mi sono fatta promettere una parte del loro raccolto di quest’anno in cambio di un quantitativo doppio dei nostri cereali.
Ninsar si trova sempre un po’ a disagio quando parla con la Mente. Sa bene che è sciocco da parte sua, ma non riesce a comunicare con un’entità così chiaramente intelligente e dotata di autocoscienza senza attribuirle involontariamente una volontà e delle emozioni che in realtà non ha. Ninsar conosce la teoria: da un punto di vista puramente intellettuale sa che la Mente, pur avendo una personalità propria, non è soggetta come noi all’illusione del libero arbitrio, non identifica il proprio sé con un’entità diversa dalla somma della sua programmazione e degli ordini che ha ricevuto; comprende anche, sempre da un punto di vista astratto, che questa per la Mente non è in nessun senso una limitazione, ma è solo l’inevitabile effetto della sua capacità totale di introspezione. La Mente non può pensare di fare qualcosa perché “desidera farlo”, semplicemente perché può analizzare i propri processi cognitivi a qualsiasi livello di dettaglio e “voler fare qualcosa” è solo un modo per dire “farò questa cosa anche se non so esattamente perché la faccio”. La Mente conosce sempre esattamente le proprie motivazioni.
Tutto questo però è qualcosa che un semplice essere umano può capire, ma non sentire. Il nostro cervello non è fatto per analizzare se stesso così a fondo da vedere dietro la maschera della volontà o dell’io…
Ninsar si riscuote da questi pensieri e torna a rivolgere la sua attenzione al comunicatore, per concludere il rapporto della giornata, ma è successo qualcosa: il collegamento con la Mente di Disa si è interrotto.
Molto strano, non ricordo che sia mai successa una cosa del genere.
Ninsar comincia ad armeggiare con il comunicatore, cercando senza successo di ristabilire il contatto con la Mente.
– Cosa succede Ninsar? – chiede Enki che nel frattempo si era avvicinato alla moglie: – Ti vedo preoccupata.
– Sembra che il comunicatore si sia rotto, ma non mi è mai capitata una cosa simile.
– Rotto? In che senso?
– Stavo parlando con la Mente, riferendo i risultati del lavoro di questi ultimi giorni, quando all’improvviso il portale di collegamento si è chiuso e non riesco a riaprirlo.
– Molto strano; dammelo che provo io… Hai ragione, non funziona più.
– Prova a collegarti con l’Osservatore. – Propose lei.
Enki la guardò in modo strano ma provò ad attivare il proprio comunicatore, collegato con l’Osservatore sulla Luna, da usare solo in caso di emergenza: – In effetti, questo è un caso di emergenza. – Commentò: – Se siamo tagliati fuori dalla Mente di Disa, solo l’Osservatore ci può aprire un portale verso casa.
Il collegamento si attivò immediatamente: – Osservatore, – si presentò formalmente – sono Enki del clan Tame della tribù Disa. Ti chiamo perché io e mia moglie Ninsar di Dore di Disa non riusciamo a metterci in contatto con la Mente di Disa, pensiamo che il nostro comunicatore si sia rotto.
– Il problema non è nel vostro comunicatore, Enkitamedisa, ma in qualcosa che è successo su Tiamatillaremeriati circa otto minuti e quarantasette secondi fa.
– Di cosa stai parlando? Cosa è successo otto minuti fa?
L’Osservatore riferisce a Enki del Progetto Fotosfera Solare e dell’esperimento che si è tenuto poco prima nella Casa delle Scienze Materiali di Sorna: – Dal momento in cui Temerisorna ha azionato il comando che doveva aprire il portale sperimentale si sono verificati una serie di eventi che non erano previsti. A ti-zero più tre punto ventiquattro millisecondi, il collegamento con il mio Testimone che si trovava nella sala delle conferenze si è improvvisamente interrotto.
– Dopo circa altri quattro secondi e mezzo, tutti i portali che avevo aperti con ancoraggio su Tiamat si sono chiusi, quasi contemporaneamente, con un intervallo inferiore ai duecento millisecondi tra il primo e l’ultimo. Le ultime informazioni dirette che ho ricevuto sono state da un gruppo di sensori collegati a un portale a due punto trentasette chilometri a nord della città di Sore, sulla costa settentrionale, sensori che monitoravano le attività di un grosso banco di pesci; prima che il portale si chiudesse, immediatamente dopo quelli sull’isola, qualche cosa lo ha attraversato e ha distrutto i sensori e tutto ciò che si trovava nel locale che li conteneva. Il locale stesso è attualmente così radioattivo che non mi è ancora stato possibile inviarvi un remoto per analizzare in dettaglio i danni.
Enki e Ninsar si guardano in faccia, sgomenti, senza riuscire a dire una parola. L’Osservatore continua impassibile: – I sensori collegati ai portali in orbita geostazionaria, invece, hanno continuato a funzionare regolarmente. Dopo circa quattro secondi dall’attivazione del Progetto Fotosfera Solare, al centro dell’isola è comparso un punto di luce bianca, che si è allargato in una sfera estremamente luminosa a una velocità stimata a circa cinque volte quella del suono. La sfera ha raggiunto un diametro tre volte superiore alla lunghezza di Tiamat, senza diminuire la propria densità luminosa, e poi apparentemente ha smesso di espandersi. Non posso essere molto preciso su questo, in quanto durante l’espansione della sfera di luce la visibilità è stata prima disturbata e poi completamente annullata da un’enorme nuvola di polvere e vapore che tutt’ora impedisce di vedere l’isola.
Mentre l’Osservatore sta parlando, Enki e Ninsar sentono un suono, come un rombo di tuono prolungato, provenire da sud in direzione del mare aperto. È Enki a ritrovare per primo la parola: – Stai dicendo che qualcosa è andato storto nell’esperimento e su Tiamat c’è stata un’esplosione catastrofica?
– Non posso essere sicuro dell’entità dell’evento finché non si riapre una finestra di visibilità ma tutti gli indizi puntano in quella direzione; anche il fatto che tu abbia perso la comunicazione con la Mente di Disa corrisponde, e tra Disa e Sorna ci sono più di cento chilometri di distanza. Inoltre, ai margini della zona oscurata da polveri e vapore, si sta espandendo sull’oceano un’onda circolare che si propaga a una velocità di circa centoquaranta chilometri orari. È difficile calcolare quanta della sua energia andrà perduta nell’attraversare il lungo golfo che collega la foce del grande fiume all’oceano e di quanto verrà ridotta la sua velocità, ma probabilmente entro poco meno di due ore la costa su cui adesso vi trovate verrà colpita da un’onda di tsunami alta probabilmente decine di metri.
– Meno di due ore? – Esclama Ninsar: – Dobbiamo avvertire gli Unsangiga. Devono scappare subito o verranno distrutti!
– Hai ragione, andiamo subito a cercare gli anziani dei villaggi, dopo di che sarà meglio che ci mettiamo in salvo anche noi. Osservatore, preparati ad aprire un portale vicino a Ninsar e me, quando te lo chiederemo.
– Certamente Enki. Un portale per dove?
– La sala dei Disa sulla Luna; penso sia l’unico posto veramente sicuro.
– Confermo: portale dalla minima distanza sicura da te e Ninsar, alla sala di Disa sulla Luna.
Ninsar ed Enki si precipitano ad avvertire i capi dei villaggi: non è facile convincerli dell’importanza e dell’urgenza della cosa, ma alla fine riescono a far passare il messaggio nelle linee generali. È successo un Disastro di proporzioni cosmiche ed entro pochissimo, sicuramente prima che il sole sia a metà del suo corso, il mare si alzerà per ricoprire la terra; chiunque rimanga vicino alla costa affogherà sicuramente, neanche le barche possono dare la salvezza. Prendete con voi solo lo stretto indispensabile, meglio ancora niente, e correte verso le colline senza fermarvi!
Dopo aver fatto possibile per avvertire gli Unsangiga, quando le poche centinaia di locali stanno già cominciando a muoversi verso nordovest, Enki riattiva il comunicatore: – Osservatore, apri il portale.
A poco più di un metro da loro, un’area rettangolare di due metri per tre cambia aspetto: al di qua è tutto come prima, ma attraverso il riquadro sospeso nell’aria a qualche centimetro dal suolo si vede un pavimento di marmo e un locale arredato. Enki e Ninsar attraversano con cautela questa soglia sospesa a nulla e, dopo il loro passaggio, il portale si richiude.
Per fortuna entrambi sono già stati una volta sulla Luna e quindi si aspettano la brusca perdita di peso; muovono i primi passi barcollando un poco, ma riescono rapidamente ad adattarsi a una gravità sei volte inferiore a quella a cui sono abituati. Si trovano in una stanza di circa quattro metri per sei, dall’alto soffitto a volta, arredata in modo essenziale ma elegante: un grande tavolo di noce massiccio al centro, una libreria che copre una delle pareti corte, diverse sedie e poltrone imbottite. Nelle pareti si aprono quattro porte e loro sanno che tre di esse danno in altrettante camere private con servizi annessi, mentre la quarta porta al corridoio circolare che circonda la Grande Sala e collega i quartieri di Disa in cui si trovano adesso con quelli delle altre trentacinque tribù, oltre all’alloggio personale del Testimone di turno.
L’Osservatore non è fisicamente in questo stesso luogo, Enki sa vagamente che si trova da qualche altra parte sotto la superficie della Luna, ma la sua presenza è comunque percepibile in tutti questi ambienti: è in grado di comunicare direttamente con chiunque si trovi in questa struttura, anche con più persone contemporaneamente, e i suoi remoti si occupano della manutenzione, delle pulizie e di assistere gli ospiti umani per qualsiasi necessità.
Mentre Enki e Ninsar cercavano di rilassarsi sotto la doccia, l’Osservatore riprese a parlare: – Naturalmente, con la chiusura di tutti i portali collegati a Tiamat, si è interrotto anche l’afflusso alla Luna di acqua potabile. Al momento ne abbiamo nei serbatoi circa trentaquattro metri cubi che, usata con un minimo di parsimonia, può essere sufficiente a due persone per almeno due o tre mesi. Ho già iniziato la costruzione di un impianto per la purificazione dell’acqua ricavata dai ghiacciai del polo sud, che dovrebbe essere operativo in circa cinquanta giorni, quindi non dovete preoccuparvi che manchi l’acqua. Il ricambio d’aria è garantito da portali nell’alta atmosfera terrestre, mentre luce, calore ed energia sono prelevati da pannelli sulla superficie della Luna.
– Quindi – chiede Ninsar – Questa base è autosufficiente. Per quanto tempo la puoi mantenere in funzione senza supporto da parte del Popolo?
– È una domanda a cui non so rispondere. – Ammise l’Osservatore: – Sono stato progettato per mantenere autonomamente in efficienza la colonia lunare, e sono dotato di remoti in grado di provvedere sia alla manutenzione ordinaria che alla sostituzione di sistemi o parti usurate o danneggiate. In teoria potrei mantenere abitabile questa colonia per un tempo indefinito, fino a che una circostanza imprevista non provochi un danno troppo grande per essere riparato. Quindi, per la definizione stessa di “circostanza imprevista”, non posso rispondere in maniera precisa alla tua domanda. Considerando che nei dodicimila anni da quando sono in funzione una simile circostanza non si è mai presentata, posso solo supporre che la probabilità che si verifichi in tempi brevi sia molto bassa.
Enki finisce di asciugarsi sotto il getto di aria calda della doccia e cerca di riportare la discussione su un argomento più concreto: – Osservatore, prima ci hai detto quello che hai visto nella sala del Progetto e gli effetti di quella che sembrava una grande esplosione. Hai un’idea di come possa essere accaduto tutto questo?
– Ho fatto delle ipotesi, naturalmente, ma non ho modo di verificare quanto siano probabili. – Risponde cautamente l’Osservatore: – Conosco la teoria dei portali ad ancoraggio gravitazionale, perché gli scienziati di Sorna hanno archiviato presso di me i risultati preliminari dei loro studi, ma non conosco i parametri con cui è stato aperto il portale, in quanto era gestito direttamente dalla Mente di Sorna. In teoria il portale avrebbe dovuto portare sulla Terra pochi metri cubi di materiale proveniente dalla fotosfera, una zona del sole a bassissima densità e a temperatura alta ma non eccessiva, tra i 5000 e i 6000 gradi.
– È evidente che qualcosa non è andato come previsto, dato che una massa di poche decine di grammi di fotosfera non avrebbe potuto in nessun modo provocare un’esplosione come quella che si è verificata. La mia ipotesi di lavoro è che sia stato grossolanamente sbagliato il posizionamento dell’ancora del portale, e che invece della fotosfera sia stato raggiunto il nucleo del Sole, che ha una densità centomila volte superiore, una temperatura di molti milioni di gradi e una pressione assurdamente alta stimata a centinaia di miliardi di volte superiore alla pressione atmosferica terrestre.
– Se effettivamente il portale si fosse aperto nel nucleo solare, attraverso esso si sarebbero riversate immediatamente migliaia di tonnellate di materia solare al secondo, con una pressione tale da perforare la roccia per il puro impatto e con un calore sufficiente a vaporizzare la roccia stessa.
– Orribile! – Commenta Enki rabbrividendo: – Quale può essere l’entità dei danni riportati su Tiamat e nelle città?
– Dalle dimensioni della palla di fuoco e dalle stime del calore residuo fatte analizzando l’emissione infrarossa dall’orbita geostazionaria, – comincia l’Osservatore nel suo tono di voce sempre assolutamente neutro – la mia stima è che l’energia rilasciata complessivamente sia stata dell’ordine di diverse decine di milioni di megaton. È praticamente impossibile che sulla superficie di Tiamat sia rimasta una qualsiasi traccia di vita, ed è altamente probabile che l’intera isola sia andata distrutta nell’esplosione.
Ninsar ed Enki si guardano con espressione inorridita: – E quindi…
– Quindi ritengo estremamente probabile che voi due siate gli unici superstiti del Popolo. Avremo informazioni più precise fra qualche ora, quando la nuvola di polvere si sarà diradata e sarà diminuita a sufficienza la turbolenza atmosferica.


Passarono alcune ore e poi qualche giorno.
Come previsto dall’Osservatore l’onda di tsunami investì la foce del fiume e distrusse completamente i villaggi ormai deserti degli Unsangiga. L’enorme nuvola di detriti e vapore condensato sopra Tiamat venne lentamente dispersa dal vento e, dalle immagini prese dall’orbita, risultò chiaro che si era verificata davvero la peggiore delle ipotesi: dove prima c’era Tiamat, l’oceano era completamente vuoto.
– Ormai non ci sono più dubbi, – Commenta Enki con aria tetra – ed è inutile rifiutarsi di accettare i fatti: Tiamatillaremeriati non esiste più. La cosa più importante adesso è decidere cosa fare ora.
– Per prima cosa dovremmo cercare di sapere se ci sono altri sopravvissuti. – Risponde Ninsar, sempre molto pratica: – Osservatore, ti risulta che ci fosse qualcun altro oltre a noi sul continente al momento del Disastro?
– No, Ninsar; per quanto ne so io, tu ed Enki siete gli unici membri del Popolo che si trovavano fuori da Tiamat. – La cosa in effetti non è strana, visto che erano veramente pochi quelli che si allontanavano da Tiamat come loro, e quando lo facevano era quasi sempre per periodi molto brevi.
– Potremmo restare qui, dopotutto l’Osservatore può mantenere questo luogo abitabile per un tempo indefinito e possiede tutte le tecnologie mediche e scientifiche che ci possono servire. Possiamo ripartire da qui per ricostruire la nostra civiltà, un nuovo Popolo.
– No, Enki, non funzionerebbe; e se ci pensassi un attimo lo sapresti anche tu. Non è assolutamente possibile costruire una popolazione sana a partire da due soli individui: la variabilità genetica è troppo bassa. Conosci bene la teoria, persino con le nostre tribù di quarantaseimilaseicentocinquantasei individui, è sempre stato considerato necessario almeno un minimo di matrimoni misti, tra tribù differenti, per mantenere sufficientemente variato il pool genetico. E due persone sono molto meno di quarantaseimila…
– E quindi cosa proponi? Che ci mescoliamo con i selvaggi Unsangiga?
– Perché no? Sono selvaggi, ma geneticamente sono umani esattamente come noi. La differenza tra loro e il Popolo è… era esclusivamente culturale. Se ci stabiliamo tra loro alla foce del Grande Fiume e cominciamo lentamente ad istruirli, nel giro di poche migliaia di anni potremo ricostruire tutto quello che abbiamo perduto.
– Hai ragione, naturalmente. Ci vorrà un po’ di tempo, ma con un po’ di fortuna potremo vedere un nuovo Popolo nel corso della nostra vita.

2 commenti su “3 – L’Osservatore”

  1. “una sfera luminosa in maniera impossibile” non ti pare un’espressione un po’ forte per un’intelligenza artificiale?

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