9 – Massimo


Londra, sabato 15 giugno 2023

– … e niente, alla fine l’hanno fatto davvero: non mi hanno rinnovato il contratto. – La voce di Massimo Ferrara suonava disgustata, mentre beveva la sua seconda birra: – Adesso sono impegnato nel passaggio di consegne, a fine mese sarò a spasso.
Lui e Reinaldo si erano trovati una mezz’ora prima al solito pub. Finora aveva parlato quasi solo lui, mentre l’amico beveva e taceva, apparentemente immerso nei suoi pensieri.
– E tu invece che fine hai fatto? Sono mesi che non ci si vede; come vanno le cose?
– Mmm… Sì, ultimamente sono stato un po’… assente. – Reinaldo è esitante, quasi reticente: – Ho lasciato il lavoro al Museum a metà aprile per dedicarmi a un progetto… – Improvvisamente sembra prendere una decisione: – Senti, Massimo, pensavo di parlarti di questa faccenda più avanti, fra qualche mese, ma forse è meglio se ti dico tutto sin da adesso. A una condizione: per quanto possa sembrarti folle o ridicola la storia che ti sto per raccontare, ti devi impegnare a tenere segreto tutto quello che ti dirò; è una faccenda importante, fottutamente importante.
– So tenere la bocca chiusa, non preoccuparti. Piuttosto, – aggiunge in tono ironico – prima di dirmi qualcosa di compromettente, quanto c’è di illegale in questa faccenda?
– Per ora niente, non ho fatto nulla di tecnicamente illegale, o che ti possa far diventare mio complice, al massimo alcune delle mie azioni possono essere state eticamente discutibili, ma niente con rilevanza penale. Potrei raccontarti di progetti di attività illegali, ma le semplici intenzioni non sono perseguibili…
Massimo guarda involontariamente intorno a sé ma, ovviamente nessuno sta facendo caso a loro due: – Ok, adesso sono veramente incuriosito. Cos’è questo progetto così grosso da farti lasciare un lavoro da sessantamila sterline all’anno?
– È una lunga storia. Ti ricordi quando ad aprile ti raccontai che stavo analizzando un bracciale di titanio trovato in una tomba vecchia di quasi duemila anni?
– Sì che me lo ricordo, credo sia stata proprio l’ultima volta che ci siamo incontrati qui.
– Esattamente. Beh, in parole povere, il giorno dopo ho finito le analisi e ho scoperto che in realtà era ancora più vecchio, circa settemilacinquecento anni. – Il viso di Massimo mostra già una certa incredulità a questa affermazione, ma Reinaldo rincara la dose: – E questa è solo la parte più credibile di quello che ho scoperto…
Reinaldo va avanti per quasi un’ora, raccontando dell’Osservatore, la storia del Popolo e del modo in cui il bracciale è stato perduto e poi ritrovato; Massimo lo interrompe poche volte, in un paio di casi con espressioni di incredulità, negli altri per chiedere chiarimenti. Alla fine conclude: – E così adesso sai tutto, o quasi. Ho lasciato il lavoro e ho passato questi due mesi a ragionare sulla situazione e a cercare di decidere come comportarmi.
– Sembra la trama di un brutto film di fantascienza. Intelligenze artificiali, teletrasporto, eterna giovinezza. Mancano solo un paio di alieni con astronavi più veloci della luce…
– Ti avevo detto che sarebbe stata una storia folle e ridicola! Senti, facciamo una cosa: supponi per ora che quello che ti ho detto sia vero, e ragioniamo sulle possibili implicazioni; fai finta che sia un gioco di ruolo.
– D’accordo, sospendo l’incredulità e sto al gioco; naturalmente se vuoi che la consideri più di una discussione accademica mi devi dare un sacco di prove.
– Naturalmente. Ma per quelle c’è tempo, e comunque non potrei certo dartele qui al pub.
– Bene, immagino che tu abbia già preso in considerazione la possibilità di passare in altre mani la patata bollente: il governo, un istituto di ricerca, qualcosa del genere.
– Ovviamente, è la prima cosa che ho pensato. E poi ho pensato alle possibili conseguenze. Ti ho detto cos’è successo all’isola dove abitava il Popolo: un singolo errore di calcolo, in un esperimento affrettato, ha completamente distrutto un’isola grande quasi la metà dell’Irlanda. Distrutta, fino al fondale oceanico, mediante un’azione che secondo l’Osservatore è durata meno di mezzo secondo! Adesso supponi di essere un governo e di avere a disposizione questa tecnologia, che ti permette di distruggere una città come Londra, Washington o Mosca in una frazione di secondo… E questo presumendo che la tecnica rimanga segreta; cosa succederebbe se finisse in mano a uno qualsiasi dei tanti gruppi fondamentalisti? O a più di uno?
– Mmm… No, non credo che mi piacerebbe. Però sarebbe un peccato avere questa possibilità e tenerla nascosta: pensa a tutte le applicazioni pratiche che potrebbe avere.
– Lo so, eccome se ci ho pensato. D’altra parte rendere di dominio pubblico la tecnologia dei portali sarebbe un suicidio: qui non stiamo parlando di un’arma come la bomba a fusione, con cui potremmo fare una guerra che distruggerebbe il 90% della popolazione terrestre; stiamo parlando di qualcosa che permetterebbe, e facilmente, di distruggere il pianeta stesso! Basterebbe aprire un portale tra il nucleo del Sole e il nucleo terrestre: nel tempo necessario alla pressione per arrivare alla superficie, si accumulerebbe abbastanza energia per trasformare la Terra in una nuova cintura di asteroidi.
– Cazzo! Ma chi potrebbe pensare di fare una cosa del genere?
– Non lo so, ma ti ricordi la Bomba di Fine di Mondo del Dottor Stranamore? Qualcuno potrebbe pensare che sia la contromisura definitiva. O qualcun altro potrebbe essere completamente pazzo. Non lo so, ma solo la possibilità di una cosa del genere è un rischio che non vale la pena di correre. È nella categoria di quelli che vengono chiamati rischi esistenziali, circostanze che possono portare alla completa estinzione della vita sulla Terra.
– E l’altra grande tecnica di cui mi parlavi? L’eterna giovinezza…
– Detta così fa un po’ ridere, ma il concetto è quello. È a tutti gli effetti un metodo per invertire il processo di invecchiamento, agendo a livello subcellulare che permette di ringiovanire i tessuti, compreso il sistema nervoso, e di realizzare una specie di sistema immunitario programmabile, in grado di attaccare sia gli agenti patogeni esterni che le cellule tumorali. In pratica, è una tecnologia che permette di sviluppare cure per quasi qualsiasi malattia, endogena o esogena, e di mantenere l’organismo al livello di efficienza della prima maturità.
– Ecco, questa è una cosa che potresti, e dovresti, rendere pubblica. Anche se un’applicazione generalizzata farà schizzare verso l’alto gli indici demografici, la cosa può essere gestita. Dopotutto mi hai detto che il tuo Popolo è riuscito a mantenere una popolazione stabile per migliaia di anni, nonostante avessero una vita media lunghissima.
– Non so se i loro metodi sarebbero applicabili per noi. Il controllo demografico del Popolo era una faccenda estremamente rigida, ma avevano avuto millenni per abituarsi all’idea. Non credo che noi saremmo culturalmente in grado di accettare una regolamentazione così stretta; in confronto la vecchia politica cinese del figlio unico era estremamente liberale…
– Si potrebbero trovare metodi coercitivi o semi coercitivi. Ad esempio, l’accesso alle terapie di ringiovanimento potrebbe essere limitato a chi accetta di essere sterilizzato. In questo modo potresti fare uno o due figli, farti sterilizzare e poi continuare a vivere indefinitamente.
– È un’idea, e potrebbe anche funzionare. Forse. Ma il problema vero è un altro: la tecnica in questione si basa sull’uso di nanomacchine, sai cosa sono?
– Sì ne ho sentito parlare. È un’idea che gira da un bel po’ di anni, le chiamano anche macchine molecolari, giusto?
– Proprio quelle. L’idea di base consiste nel realizzare una macromolecola formata prevalentemente da atomi di carbonio, li chiamano diamantoidi, con forma e struttura progettate accuratamente in modo da compiere determinate azioni a livello molecolare: riconoscere selettivamente altre molecole o strutture, rompere legami, formarne di nuovi, cose del genere. Un po’ quello che fanno gli enzimi, ma in modo programmabile e potenzialmente molto più complesso. Con macchine molecolari programmate nel modo corretto, puoi effettuare modifiche al DNA di una cellula vivente, o di tutte le cellule di un organismo, o attaccare selettivamente una cellula tumorale, e così via.
– Ma non è un’idea nuova, sono almeno trent’anni che se ne parla. Se ricordo bene qualcuno ha anche preso un Nobel per la chimica qualche anno fa proprio per le ricerche in questo campo. Se sono applicabili alla medicina in modo così eclatante, com’è che non le usiamo già?
– Fondamentalmente per due motivi. Il primo è che le nanomacchine che siamo attualmente in grado di produrre stanno a quelle del Popolo come un pallottoliere a un supercomputer; noi abbiamo appena cominciato a costruire i primi elementi, formati da poche decine di atomi, loro hanno avuto qualcosa come tremila anni di tempo per perfezionare la tecnica e non ho idea di quanto siano complesse le loro macchine che de-metilano DNA e ricostruiscono telomeri e riconoscono le cellule tumorali. Inoltre noi non abbiamo ancora idea di come realizzare il secondo elemento fondamentale, le cosiddette nanofabbriche, che sono nanomacchine in grado di assemblare altre nanomacchine.
– Intendi i replicatori? Delle macchine in grado di riprodurre se stesse?
– Non necessariamente, ma anche quelli. Una nanofabbrica è una nanomacchina che produce nanomacchine e quindi, se è sufficientemente complessa, può produrre anche copie di se stessa ed diventare un replicatore.
– Ma non è inerentemente impossibile? Voglio dire che un replicatore dovrebbe contenere al proprio interno tutte le strutture necessarie per assemblare una propria copia e le istruzioni per farlo. Le istruzioni non dovrebbero essere più grandi della macchina stessa?
– No. È un ragionamento sbagliato e la prova è semplicemente nel fatto che tutte le cellule viventi sono dei replicatori! I replicatori a diamantoidi sarebbero solo più compatti e, forse, più efficienti. Ma da questo nasce il mio secondo problema: la tecnologia del Popolo è sicuramente in grado di produrre nanomacchine auto-replicanti, dato che si basa proprio su nanofabbriche programmabili che producono altre nanomacchine basandosi su un progetto specifico; quindi è certamente in grado di produrre grey goo, e questo è un altro rischio esistenziale.
– Cos’è la grey goo? Non credo di averne mai sentito parlare.
– Non so chi abbia coniato il termine, ma indica una nanomacchina auto-replicante che è in grado di utilizzare qualsiasi materiale organico come substrato per duplicarsi. Un replicatore del genere potrebbe convertire in copie di se stesso tutta la biosfera terrestre in un tempo ridicolmente breve, da qualche giorno o pochi mesi al massimo, consumando ogni forma di vita esistente.
– È davvero possibile fare una cosa del genere?
– Teoricamente sì, e probabilmente con la tecnologia del Popolo è realizzabile anche in pratica. Questo è un rischio esistenziale persino peggiore dell’altro, perché qualcuno potrebbe progettare un replicatore del tipo grey goo come arma, nella convinzione di poterlo controllare; il primo a sbagliare in questa convinzione, distruggerà tutta la vita sulla Terra.
– E quindi anche l’immortalità è un’arma a doppio taglio. OK, ho capito il tuo problema e penso di cominciare a cogliere alcune delle implicazioni di cui parlavi; cosa pensi di fare? Far finta di niente e tenere tutto sotto silenzio? No, perché se fosse così non me ne avresti parlato. Cos’hai in mente?
– Un progetto. Un progetto su scala enorme e con tempi lunghissimi.
– Definisci “lunghissimi”.
– Mille anni, forse duemila.
Massimo riesce a malapena ad evitare di cadere dalla sedia su cui si stava dondolando.


Un’ora dopo sono ancora lì al pub, hanno mangiato qualcosa per tenere compagnia alla quarta pinta di lager, e Reinaldo ha appena finito di illustrare a Massimo il suo grandioso progetto: – Insomma, cosa ne pensi?
– Onestamente? Mi sembra una follia! Ma continuiamo pure a stare al gioco e supponiamo che tutto quello che hai detto sia la pura verità; direi che la parte più difficile del tuo progetto sia farlo cominciare, ci vorrà un sacco di tempo, di persone e di soldi.
– È vero, il tempo è il fattore più critico: più tempo passa, più persone che avrebbero potuto essere salvate muoiono di vecchiaia e di malattia; quindi la velocità di esecuzione è la priorità principale. Il fatto che ci vogliano molte persone è ovvio e, tutto sommato, quasi irrilevante, purché ci siano abbastanza soldi per far funzionare il tutto.
– Quanti soldi sono abbastanza? – Chiede Massimo, con l’aria di aver paura della risposta.
– Per cominciare alcuni milioni di sterline, per continuare, diversi miliardi. All’anno.
– Miliardi? – Nonostante si aspettasse una risposta improbabile, Massimo non riesce a credere di aver capito bene: – Ma sei impazzito? Dove pensi di poterti procurare diversi miliardi di sterline all’anno?
– Ho delle idee, ma devo ancora approfondire alcuni dettagli quindi preferirei parlartene più avanti. Quello che è importante è trovare in fretta almeno una decina di milioni per poter cominciare, e avviare le cose in modo da poter passare a cifre veramente serie nel più breve tempo possibile.
– Ah, allora è tutto più semplice. E come pensi di procurarti solo una decina di milioni di sterline?
– Rubandoli. Alla mafia.
– Avevo ragione sin dall’inizio, tu sei completamente impazzito.
– È possibile, naturalmente se fossi impazzito potrei non rendermene conto. Continua a stare al gioco giusto il tempo di un’ultima domanda e supponi che io ti possa mostrare il modo di prendere quei soldi in modo sicuro, senza rischiare di essere scoperti: nella remota possibilità che io non sia pazzo, ti interesserebbe un lavoro da centomila sterline all’anno, potenzialmente esentasse, e con alcuni benefit aggiuntivi, come ad esempio un servizio sanitario che Sua Maestà il Re se lo sogna?
– E il lavoro in cosa consisterebbe? Rapinare mafiosi?
– No, niente rapine, solo un lavoretto da scassinatori. E sarebbe solo una tantum, non mi interessa iniziare una carriera da Robin Hood. Diciamo che ho bisogno di persone di cui mi possa fidare, che siano abbastanza intelligenti e che abbiano competenze utili. Tu sei il primo che cerco di coinvolgere, ma ce ne saranno altri.
Massimo si ferma a riflettere per un minuto. Sorseggia nervosamente la sua birra e pensa che in realtà non ha nessuna voglia a cinquantacinque anni di cercare un altro lavoro come programmatore, anche se in realtà ha già ricevuto diverse proposte potenzialmente interessanti ma… – Reinaldo è chiaramente pazzo, ma se per caso non lo fosse? – Un’offerta del genere è difficile da rifiutare – Certo, scassinare casseforti è illegale, a parte il fatto che non saprei da che parte cominciare, e tutto questo grande progetto è sicuramente pericoloso. – D’altra parte anche vivere è pericoloso, ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, e ogni giorno che passa aumenta la probabilità che sia proprio questo l’ultimo.
Alla fine si decide: – Ok, ci sto. Come li rubiamo questi dieci milioni?
– Bene, sei assunto. – Ride Reinaldo: – Ma prima direi che ti devo ancora mostrare le prove che non sono pazzo, oppure dimostrarti che lo sono; deciderai tu. Ma certamente non qui, andiamo in un posto più discreto.
– Se per te va bene possiamo andare a casa mia, abito più vicino di te.


Dieci minuti dopo sono entrambi nel soggiorno dell’appartamento di Massimo. Reinaldo si guarda intorno e poi senza altri preamboli chiama l’Osservatore: – Shibboleth! Per favore, mi apri un portale per la Sala di Disa, un metro davanti a me all’altezza del pavimento?
Immediatamente nell’aria davanti a lui si apre un rettangolo di… altrove.
Massimo guarda l’apparizione senza riuscire a trovare qualcosa di intelligente da dire. Si avvicina al portale con l’intenzione di osservarlo meglio, ma quando alza una mano per toccarlo viene trattenuto da Reinaldo che lo afferra per il gomito: – Fermo! Adesso andiamo di là e ti faccio vedere tutto, ma prima devo avvertirti di un paio di cose. Prima di tutto, non toccare per nessun motivo i bordi del portale, neanche quello inferiore, altrimenti rischi di rimetterci le dita, o peggio. Inoltre ricorda che di là da quel passaggio ti troverai sulla Luna, in un ambiente a bassa gravità; entra con cautela e quando sei di là non fare movimenti bruschi, o ti troverai lungo disteso per terra.
Detto questo Reinaldo si avvicina al portale e lo attraversa con un singolo passo misurato; dopo di che Massimo lo vede allontanarsi di un paio di passi strascicando i piedi. – E che cazzo, abbiamo fatto trenta… – Cercando di imitare i movimenti dell’amico, Massimo passa anche lui dall’altra parte, la sensazione è stranissima: il cervello gli dice che è in piedi, mentre lo stomaco gli dice che sta cadendo; inoltre, i piedi sono saldamente appoggiati su un pavimento di un materiale che assomiglia alla pietra, ma quando cerca di fare un paio di passi gli sembra di camminare su un tappeto elastico.
– Merda!
– Adesso ci credi che ho trovato qualcosa di interessante? – Chiede ironico Reinaldo.
– Merda!
– Conosci forse qualche sistema con cui potrei aver costruito un ambiente a un sesto di gravità…
– Merda!
– … all’interno del tuo soggiorno.
Massimo riesce ad arrivare senza cadere a una sedia e ci si siede. Si sta ancora guardando intorno, nella sala scarsamente arredata che è da sola grande quasi metà del suo intero appartamento: – OK, siamo sulla Luna, oppure sono impazzito anch’io. Quindi tutta quella storia che mi hai raccontato era vera?
– Tutta. – Conferma Reinaldo.
– E mi hai davvero offerto centomila sterline all’anno per rapinare banche?
– No. Ti ho offerto, e confermo l’offerta, di lavorare per me in cambio di quella cifra, facendo varie cose che comprenderanno tra l’altro scassinare un caveau per procurare il capitale iniziale della mia impresa.
– Varie cose di che tipo?
– Nei limiti del possibile, quello che è la tua specialità, occuparti di computer. Ma all’inizio saremo in pochi e dovremo tutti adattarci per supplire alla carenza di mano d’opera. Ad esempio, – aggiunge con un sorriso ironico – come te la cavi a montare i mobili dell’Ikea?
– Abbastanza bene, quando mi ricordo di leggere le istruzioni prima di cominciare.
– Ecco, quello che ti posso promettere è che probabilmente questo colpo iniziale sarà l’unico lavoro apertamente illegale che ti chiederò di fare.
– E come pensi di organizzare questo furto?
– Non ho ancora chiari i dettagli, per ora so qual è l’obiettivo: il Wild Boar Casino di Las Vegas; è un complesso sorto negli ultimi quattro anni: mi sono informato, è di proprietà di un certo Moreno Alvarez, un boss della mafia messicana che si è ritirato a vita privata e ha investito lì dentro i soldi che ha accumulato in vent’anni di attività illegali. – Reinaldo sogghigna: – Non ho grossi scrupoli morali a rubare i suoi soldi, che peraltro saranno certamente assicurati. La parte difficile è farlo in modo che non venga coinvolto nessuno, non voglio avere sulla coscienza qualcuno dei suoi dipendenti disperso in mare con un paio di scarpe di cemento né, ovviamente, che si possa in alcun modo risalire a noi…
– E quindi quale sarà il primo passo?
– Raccogliere informazioni. E qui abbiamo bisogno almeno di un’altra persona: qualcuno che se la cavi bene a gestire telecamere a circuito chiuso, sistemi di registrazione e cose del genere. Conosci qualcuno di adatto?
– Forse sì, – risponde Massimo con un sorrisetto – ma ci sono un paio di problemi: il primo è che abita a Mosca, il secondo è che credo che le abbiano ritirato il passaporto e non possa uscire dalla Russia.
– Dimmi di più. Chi è, che cosa fa, in che tipo di guai si trova?
– Si chiama Myra Vasilyeva ed è un ingegnere elettronico, oltre che un’informatica. L’ho conosciuta cinque anni fa alla European Perl Conference di Lione e siamo diventati… molto amici. È in gamba, so che si è occupata di sistemi di streaming audio e video, sia dal punto di vista software che hardware, quindi potrebbe fare al caso nostro. Però da un paio d’anni si è messa nei guai con i movimenti per i diritti civili, e il fatto che sia dichiaratamente atea e abbia attaccato con forza la Chiesa Ortodossa non aiuta.
– L’hanno arrestata?
– È stata fermata un paio di volte, ma per quello che so non l’hanno mai processata. Però è sicura di essere tenuta d’occhio e le hanno rifiutato il rinnovo del passaporto, quindi è impossibile che possa raggiungerci qui a Londra.
– Beh, conosci il detto: se la montagna non va a Maometto… C’è qualche motivo per cui non potresti chiedere un visto turistico per la Russia e andarla a trovare a Mosca?
– Eh… no, effettivamente mi piacerebbe. Non so quanto tempo ci voglia per ottenere il visto, e comunque una vacanza in Russia sarà costosa.
– Di questo non preoccuparti, hai una nota spese. Facciamo così: io vado in Spagna una decina di giorni, devo sistemare alcune cose e fare cassa per coprire le spese iniziali, tu comincia le pratiche per il visto, scrivi o telefona alla tua amica, senza dirle niente di questo progetto, dille che stai pensando di prenderti una settimana di ferie a Mosca, e vedi di fissare le date, compatibilmente con la sua disponibilità e i tempi per il visto. Immagino comunque che non sarà prima di un paio di settimane, fino alla fine del tuo contratto con la Biogen, quindi farò in tempo a tornare prima della tua partenza.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Chaos Legion wants you!