Perché cercare la verità? E…

Articolo originale
Eliezer Yudkowsky
27 Novembre 2006

Alcuni commenti su questo blog hanno toccato la domanda del perché dovremmo cercare la verità. (Fortunatamente non molti hanno chiesto cosa è la veritá.) La motivazione principale per adeguare il nostro pensiero alla razionalità, che determina se una data configurazione è “buona” o “cattiva”, viene in primo luogo dal perché vogliamo trovare la verità.

È scritto: “La prima virtù è la curiosità”. La curiosità è un motivo per cercare la verità, e può non essere l’unico, ma ha una sua speciale e ammirevole purezza. Se la tua motivazione è la curiosità, assegnerai priorità alle domande in funzione di quanto le domande stesse stuzzicano il tuo personale senso estetico. Una sfida difficile, con maggiori probabilità di insuccesso, può meritare più sforzi che una più semplice, semplicemente perché è più divertente.

Sospetto che alcune persone potranno obiettare che la curiosità è un’emozione, ed è quindi “non razionale”. Io chiamo “non razionale” un’emozione se si appoggia a credenze erronee o, piuttosto, a un comportamento epistemico irrazionale: “Se il ferro si avvicina al tuo volto, e tu credi che sia rovente, e invece è freddo, la Via si oppone alla tua paura. Se il ferro si avvicina al tuo volto, e tu credi che sia freddo, e invece è rovente, la Via si oppone al tuo essere tranquillo”. Viceversa, un’emozione che è evocata da un convincimento corretto o da un ragionamento epistemicamente corretto è una “emozione razionale”; e questo ci dà il vantaggio di poter considerare la tranquillità come uno stato emozionale, piuttosto che un default privilegiato. Quando la gente considera “emozione” e “razionalità” come opposti, sospetto che stiano in realtà pensando in termini di Sistema 1 e Sistema 2 – giudizi percettuali veloci contro lenti giudizi deliberati. I giudizi deliberati non sono sempre corretti, come i percettuali non sono sempre falsi; è quindi molto importante saper distinguere questa dicotomia dalla “razionalità”. Entrambi i sistemi possono servire a raggiungere la verità o a fallire, a seconda di come essi vengono usati.

Al di là della pura curiosità emotiva, quali altri motivi ci sono per desiderare di conoscere la verità? Beh, potresti voler raggiungere qualche specifico obiettivo nel mondo reale, tipo costruire un aeroplano, e avere quindi la necessità di conoscere alcune verità specifiche sull’aerodinamica. O più semplicemente, vuoi del latte al cioccolato, e quindi vuoi sapere se il droghiere all’angolo ha del latte al cioccolato, così che puoi scegliere se andare lì o da qualche altra parte. Se questa è la ragione per cui vuoi conoscere la verità, la priorità che assegni alle tue domande rifletterà il beneficio atteso dalla corrispondente informazione – quanto le possibili risposte influenzeranno le tue scelte, quanto queste scelte sono importanti, e quant’è alta la tua aspettativa di ottenere una risposta che modificherà le tue scelte rispetto al default.

Cercare la verità per il suo solo valore strumentale, può sembrare impuro – non dovremo noi desiderare la verità in quanto tale? – ma tali ricerche sono estremamente importanti in quanto forniscono un criterio di verifica esterno: se il tuo aeroplano precipita, o se vai dal droghiere e non trovi il latte al cioccolato, è un’indicazione del fatto che hai fatto qualcosa di sbagliato. Ottieni una risposta che ti dice quali modalità di pensiero funzionano e quali no. La curiosità pura è una cosa meravigliosa, ma può non preoccuparsi troppo di verificare le sue risposte, dopo che è finita l’attrattiva del mistero. La curiosità, come umana emozione, era in circolazione da un pezzo prima degli antichi greci. Quello che ha indirizzato decisamente l’umanità sul cammino della Scienza è stato il notare che certe modalità di pensiero portavano a idee che ci permettono di manipolare il mondo. Per quanto riguarda la semplice curiosità, le favole di dei e di eroi, raccontate intorno al fuoco, erano altrettanto soddisfacenti, e nessuno si rendeva conto che ci fosse qualcosa di sbagliato.

Ci sono altri motivi oltre alla curiosità e al pragmatismo per cercare la verità? Il terzo motivo che mi viene in mente riguarda la morale: credere che cercare la verità sia nobile, importante e meritorio. Nonostante anche questo ideale associ un valore intrinseco alla verità, è uno stato mentale ben diverso rispetto alla curiosità. Essere curioso di sapere cosa c’è dietro il sipario non è la stessa cosa che pensare di avere il dovere morale di guardare cosa c’è. Nel secondo caso, è molto più probabile che tu ritenga che anche gli altri dovrebbero guardare dietro il sipario, o rimproverarli se deliberatamente si rifiutano di guardare. Per questo motivo io definirei “morale” la convinzione che la ricerca della verità sia pragmaticamente importante per la società, e quindi sia un dovere per tutti. Le tue priorità, secondo questo tipo di motivazione, saranno determinate dalle tue convinzioni su quali verità siano più importanti (non più utili o più interessanti); o dalle tue convinzioni su quando, e in quali circostanze, il dovere di cercare la verità sia più forte.

Tendo a esseree sospettoso della morale come giustificazione per la razionalità, non perché io rigetti l’ideale morale in quanto tale, ma perché può portare a certi tipi di problemi. È fin troppo facile acquisire, come doveri morali appresi, modalità di pensiero che sono terribili passi falsi nella danza. Consideriamo Mr. Spock di Star Trek, l’archetipo naive della razionalità. Lo stato emotivo di Spock è sempre bloccato su “calmo”, anche quando questo è terribilmente inappropriato. Fornisce spesso molte cifre significative per probabilità grossolanamente non calibrate. (Ad es.: “Capitano, se portiamo l’Enterprise direttamente in quel buco nero, le nostre probabilità di sopravvivenza sono solo del 2.234%” Eppure nove volte su dieci l’Enterprise non viene distrutta. Che razza di idiota è quello che dà quattro cifre significative di un numero che è sbagliato di due ordini di grandezza?) Eppure questa popolare immagine è quella che molte persone considerano l’ideale del dovere di essere “razionale” – non meraviglia che non ne siano particolarmente attratti. Rendere la razionalità un dovere morale equivale a tutti i terribili gradi di libertà di un arbitrario codice tribale di comportamento. Uno ottiene il risultato sbagliato, e se glie lo fai notare protesta che ha seguito tutte le regole, invece di imparare dai propri errori.

Eppure, se vogliamo migliorare le nostre capacità razionali, per superare il livello medio di prestazioni dei cacciatori-raccoglitori, dobbiamo deliberatamente modificare le nostre convinzioni su come pensare in maniera corretta. Quando scriviamo riscriviamo i nostri programmi mentali, all’inizio saranno sempre in Sistema 2, sistemi deliberati, e solo lentamente verranno convertiti – se pure ci riusciranno – nei circuiti neurali che sottostanno al Sistema 1. Così se ci sono certe modalità di pensiero che scopriamo che vogliamo evitare – ad esempio i bias – dovremo rappresentarle, all’interno del Sistema 2, come un divieto a pensare in quel modo; un esplicito divieto ad evitarlo.

Se vogliamo la verità, possiamo ottenerla in modo più efficiente pensando in certe maniere, piuttosto che in altre; queste sono le tecniche della razionalità. Alcune delle tecniche della razionalità riguardano il superamento di una certa classe di ostacoli, i bias…

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