Azrael


Chiamami Azrael.

Non è il mio vero nome, naturalmente, ma nel raccontarti questa storia cambierò tutti i nomi, i luoghi e ogni particolare che possa permettere di individuare le persone coinvolte. In sostanza quello che ti dirò è un resoconto assolutamente fedele, di fatti realmente accaduti, ma ogni singolo dettaglio è falso.

Quindi, ripartiamo dall’inizio: mi chiamo Azrael e sono un pastafariano praticante.

Normalmente non comincerei a presentarmi con una dichiarazione così esplicita, non amo quelli che ti sbattono in faccia la loro religione come una sfida e dopotutto il Primo Condimento ci invita esplicitamente ad evitare questo tipo di atteggiamenti, ma questa non è una situazione normale e, comunque, senza questa premessa la mia storia non avrebbe molto senso.

La mia conversione al pastafarianesimo risale ormai a più di quindici anni fa, tra il 2012 e il 2013; mi piacerebbe poter dire qualcosa del tipo: – Il tal giorno stavo facendo questo e quello quando improvvisamente sono stato toccato dalle Sue Prodigiosi Appendici e ho visto la luce! – Mi piacerebbe, ma non sarebbe corretto; non ho un meraviglioso aneddoto da raccontare sulla mia conversione, solo la storia di un percorso, non sempre lineare, che mi ha portato da un agnosticismo scettico all’accettazione del Prodigioso.

Era la fine del 2012 quando ho sentito parlare per la prima volta di questi buffoni con lo scolapasta in testa che dicevano di adorare un piatto di spaghetti. Parlavano di questo Prodigioso Spaghetto Volante, di diritti civili, di un Vulcano di Birra e di laicità dello stato; mi sembrava un modo divertente di affrontare problemi seri e quindi cominciai a seguirli, prima su Facebook, poi per così dire dal vivo quando cominciai a conoscerne qualcuno di persona.

Naturalmente sapevo bene che era tutta una farsa, la cosiddetta religione del Prodigioso Spaghetto Volante non era altro che un modo per prendere in giro le religioni vere, quelle che avevano fatto del bisogno di trascendenza connaturato nella maggior parte delle persone un business multimiliardario e un sistema di potere che resisteva da secoli. Mi sembrava ovvio che nessuno potesse credere veramente a quelle cose: l’intero universo creato da un Dio ubriaco che non è minimamente interessato a quello che facciamo se non come Sua fonte di divertimento personale; una cosmologia e cosmogonia ridicole, chiaramente costruite come parodia del libro biblico di Genesi e una serie di Libri Sacri composti collettivamente da una comunità di utenti su internet. Tutto questo era così grottescamente contrario a tutto quello che credevo di sapere che non riuscivo neanche a trovarlo offensivo, solo ridicolmente divertente.

Ovviamente mi ingannavo. Un uomo più di duemila anni fa disse che l’unico vero saggio è colui che sa di non sapere nulla, forse sarebbe più giusto dire che è saggio colui che si rende conto che tutto quello che sa è sbagliato. Io non sono un saggio e continuo a credere a un sacco di cose che conosco, anche se so che probabilmente sono sbagliate; ma almeno oggi posso ammettere che tutto quello che sapevo era sbagliato.

Pensando a quei primi anni vedo che un po’ per volta cominciai a rendermi conto che sì, alcuni dei pastafariani che stavo imparando a conoscere usavano l’argomento religioso come puro strumento satirico ma c’erano altri che… Alcuni di loro si comportavano come se ci credessero veramente; se li interrogavo direttamente sostenevano a spada tratta il punto di vista ortodosso, sembravano persino offesi all’idea che io pensassi che stavano fingendo. Erano solo più bravi degli altri a reggere il gioco? Erano attori migliori? O erano veramente convinti di quello che dicevano di credere?

Gradualmente mi resi conto che in realtà non c’era nessun modo di distinguere tra le due possibilità: dopotutto noi non sappiamo mai cosa pensa veramente un’altra persona, per immedesimarci nei suoi pensieri possiamo solo basarci su come si comporta e su quello che dice. Se i miei fratelli pastafariani sostenevano di credere e si comportavano come se credessero veramente nella Parola del Prodigioso, ha senso discutere se la loro era fede o simulazione? Noi pastafariani ci vantiamo del fatto che la nostra è l’unica religione scientifica, e quindi l’unico criterio lecito per rispondere a questa domanda è applicare il metodo scientifico.

Se io presumo che Mario, per fare un esempio, non sia veramente convinto delle cose che dice ma si limiti a simulare la sua fede nel Prodigioso, ho modo di verificare questa ipotesi? E, ancora più importante, ho modo di falsificarla? Se la risposta è no, perché Mario è davvero convinto o è troppo bravo perché io riesca a coglierlo in contraddizione, allora l’ipotesi non è né verificabile né falsificabile e quindi non ha nessun senso porsi il problema: l’universo – a parte ovviamente l’interno della mente di Mario – non sarebbe in nessun modo differente in un caso o nell’altro. Quindi a tutti gli effetti pratici la soluzione più semplice è che se una persona dice di credere e si comporta come se credesse beh, allora posso tranquillamente presumere che creda veramente.

Perché essere pastafariani non significa solo affermare di credere in determinate cose scritte sul Libro, se così fosse sarebbe un puro esercizio retorico fine a se stesso, ma anche comportarsi in un certo modo. Non sto parlando tanto dei riti, che pure esistono – per essere una religione così giovane il pastafarianesimo ha già accumulato una notevole quantità di usanze, riti e miti – quanto della vita di tutti i giorni: gli Otto Condimenti sono a tutti gli effetti la base di un’etica pastafariana la quale, nella sua apparente semplicità, richiede uno sforzo personale non indifferente. Se è senz’altro facile dire “credo nel Prodigioso Spaghetto Volante” e rispondere “RAmen” tutte le volte che qualcuno fa un’affermazione qualsiasi in tema di religione, è molto più difficile vivere da pastafariano, cercando di rispettare lo spirito, più che la lettera, dei Condimenti.

C’è un particolare importante nel rito del Pastesimo – la cerimonia di introduzione di un nuovo fratello nella comunità – che illustra questo punto alla perfezione. Durante il rito viene letto al novizio uno degli Otto Condimenti, preso a caso, e gli viene chiesto se è disposto a seguire queste regole per tutta la vita; nella stragrande maggioranza dei casi il candidato – se non ha ricevuto prima l’imbeccata – risponde di sì con entusiasmo e il celebrante lo riprende duramente: – Non promettere quello che sai che non potrai mai mantenere! Siamo esseri umani, imperfetti, al massimo potrai impegnarti a cercare di seguirle.

E questo è importante, perché appunto noi non siamo perfetti, siamo umani, quindi possiamo cercare di seguire un codice morale, ma difficilmente possiamo sperare di riuscirci pienamente. Allora perché provare se sappiamo a priori di non poter raggiungere la perfezione? Perché la via è più importante della destinazione. Perché migliorando noi stessi anche solo di un pochettino ogni giorno, miglioriamo il mondo. Perché è più soddisfacente terminare la giornata potendo dire “ci ho provato” piuttosto che dire “tanto è inutile”.

E quindi, di nuovo, non si può dire se una persona è un vero pastafariano basandosi sul fatto che una volta o l’altra ha detto o fatto qualcosa di sbagliato. Tutti facciamo qualcosa di sbagliato prima o poi. Quello che non possiamo mai sapere è se l’altro ci sta provando o ha lasciato perdere perché tanto è inutile. Non lo possiamo sapere, quindi è inutile specularci sopra: se dici di essere pastafariano ti considererò tale; se sembri un’anatra, nuoti come un’anatra e starnazzi come un’anatra, allora sei un’anatra.

E dopo un paio d’anni mi sono improvvisamente reso conto che non sapevo più rispondere con certezza all’altra domanda: – Ma io ci credo o no? – In un certo senso lo stesso ragionamento che ho fatto prima sull’ipotetico Mario lo potevo adesso fare su me stesso: dico di credere, mi comporto come se credessi, ha ancora senso domandarsi se credo veramente? Cioè, alla fin fine, che differenza c’è tra “credo” e “fingo di credere”? Visto dall’esterno non c’è nessuna modo di distinguerlo, come ho detto prima, la differenza se c’è dev’essere percepita dall’interno, ma quando andavo a cercare questi indizi, non trovavo nulla.

D’altra parte, come ho già detto, prima della mia conversione al pastafarianesimo ero sostanzialmente un agnostico; per la maggior parte della mia vita sono stato fermamente convinto che non ci fosse alcun modo ragionevole o razionale di indagare ciò che sta al di là del mondo sensibile, quindi l’idea che il mondo possa essere stato creato da un vecchio con la barba, da un piatto di spaghetti o da un elefante con quattro braccia è comunque estremamente improbabile ma in nessun modo falsificabile. Quindi se mi comporto come un pastafariano, dico di credere nella religione pastafariana, cerco di seguire il codice morale – piuttosto elastico – pastafariano e non ho motivo di non credere all’esistenza del Prodigioso Spaghetto Volante, la domanda se sono davvero pastafariano non ha più senso. L’unica risposta sensata è: – Quack!

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